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Autore: ClaryMorgenstern    17/12/2012    9 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Author's corner: Ho un paio di scuse da fare. Come sempre, scusate il ritardo. Lo so che mi odiate tanto. Scusate anche perchè il capitolo è piccolissimo, ma l'ho scritto trecento volte e non è mai uscito più grande di così, così mi sono arresa. E scusate a *spoiler* a tutti coloro che sono per il Jem/Tessa.  Lo so che non ve ne frega niente, però è sempre meglio dirlo!


He went to the church, and walked about the streets,
and watched the people hurrying to and for, and patted the children on the head,
and questioned beggars, and looked down into the kitchens of homes,
and up to the windows, and found that everything could yield him pleasure.
He had never dreamed of any walk, that anything, could give him so much happiness.
C. Dickens

Capitolo XX; Parte seconda
So much happiness




Il whisky scese liscio sulla sua gola come fosse acqua.
Will Herondale fece appena una smorfia prima di chiamare l'ennesimo cameriere per cambiare il suo bicchiere vuoto con un altro colmo di liquido ambrato. Che mandò giù velocemente quanto gli altri.
Era appoggiato a una delle colonne, le braccia strette al petto e lo sguardo fisso sulla sala. Charlotte ed Henry stavano ballando in un angolino appartato, guardandosi teneramente. Notò distrattamente che Charlotte non aveva ancora bevuto nulla. Quel deficiente di Gabriel Lightwood stava ballando con quell'altra deficiente della sorella, rigido come un manico di scopa. Will alzò gli occhi al soffitto. E questo dovrebbe essere un soldato?
Clary e Jace stavano ballando da almeno venti minuti nella loro bolla privata di amore zuccheroso. Gli sarebbe piaciuto da morire andare e farla scoppiare con giusto qualche parola. Non per Clary e Jace in sé, ma per lo sguardo che avevano quando si guardavano. Era lo stesso sguardo con cui Charlotte guardava Henry, con cui suo padre guardava sua madre. Un amore così vivido e bruciante da far quasi male. Li invidiava così tanto da far male. Perché loro potevano averlo, quello sguardo? Perché c'era una donna che li guardava così?
Senza ombra di dubbio, era lo stesso sguardo con cui lui guardava Tessa.
Will ormai l'aveva capito di essere condannato. Si era innamorato di lei dal primo momento in cui l'aveva contraddetto, o forse da quando l'aveva colpito con la brocca. Nessuna donna al mondo l'aveva mai ferito, emotivamente o fisicamente. Lei era stata capace di fare entrambi quando ancora non conosceva nemmeno il suo nome.
Siete per caso ubriaco fradicio?
Ah, quella lingua! Velenosa come quella del diavolo, e altrettanto dolce come il frutto proibito che esso offriva.
Poco importava che fosse una nascosta. Per quel che lo riguardava, poteva anche essere Lilith in persona, Will l'avrebbe amata comunque.
Ed era il fatto di sapere che non era l'unico a fermarlo.
Non era uno scemo, Will. L'aveva letto negli occhi del suo parabatai quanto sentimento condividessero per quella giovane. Jem era totalmente e indiscutibilmente innamorato di Tessa. Così come lo era Will.
Destino crudele. La persona più importante della sua vita gli impediva, senza saperlo, di stare con la donna che amava.
Represse la voglia di prendere a pugni il muro e sfilò un altro bicchiere dal vassoio che gli era appena passato accanto. Era gin, quello, ma sarebbe andato bene comunque.
Tessa e Jem stavano ballando sulle note del Minuetto. Lei gli teneva quasi distrattamente una mano sulla spalla, come posata lì per caso, e lui le stava stringendo i fianchi con delicatezza, quasi fosse la sua ancora.
La canzone finì, e Jem e Tessa si separarono. Will li osservò mentre il ragazzo s'inchinava al suo cospetto, con evidente venerazione, e lei gli sorrideva con dolcezza. Da che lui ricordasse, Tessa non gli aveva mai sorriso con dolcezza. Non riuscì a trattenersi quando poi Jem si diresse al bancone in fondo alla sala per qualche minuto, bevve ciò che rimaneva nel bicchiere che teneva stretto in mano e si diresse verso di lei.
Stava chiacchierando con qualcuno. Un ragazzino basso e ancora non troppo cresciuto che la guardava con sguardo ammirante. Will li lanciò un'occhiataccia assassina da dietro la schiena di Tessa e quello sbiancò, mormorò delle parole di scuse in direzione della ragazza e se ne andò. . Tessa, con lentezza, si voltò verso di lui e Will si rese conto di non sapere cosa dirle. I suoi occhi si tinsero di una sfumatura più cupa quando si posarono su di lui e il sorriso le si smorzò. Era amaro sapere il dolore che gli procurava, come se fosse costretto a bere del veleno di demone.
Will deglutì con forza. Era davvero bellissima. Non bella come Jessamine, che assomigliava a una di quelle inquietanti bambole di porcellana che collezionava sua sorella Cecily, ma bella come lo era l'Angelo che emergeva dalle acque. Perfetta per i suoi occhi. Le ciglia le gettavano ombre scure sulle guancie, che erano di un adorabile rosa acceso.
«Ciao» mormorò quindi Will, ritrovando nella sua mente pensieri che non fossero la bocca di lei sulla sua.
«Ciao» fece lei, in risposta. Tra le mani stringeva un bicchiere di vino bianco che mandava delle bollicine verso l'alto.
Lo stringeva con forza. Aveva le dita bianche dalla pressione. «Ti stai divertendo?» le chiese
Tessa fece un timido sorriso. «Si, è una festa splendida.» rispose guardandosi intorno. «E poi, ho sempre desiderato visitare Buckingham Palace.»
Will fece un sorriso sottile. «E dovresti vedere le sale segrete della Regina. Non puoi immaginare cosa le piace fare quando il popolo è dormiente»
Lei scosse le spalle, trattenendo una risata. «Ad esempio?»
«Giochetti strani, sai com'è..» scrollò le spalle con filosofia. «Non sono alle guardie piace usare le catene»
Tessa fece una smorfia per nascondere il divertimento. «Avrei dovuto saperlo che eri un esperto in maniera. Ma la regina non è troppo grande per te?»
«Non mi dirà che è gelosa, signorina Gray» le rispose ammiccante.
Le guancie della ragazza si tinsero di un adorabile rossore. Bevve un goccio di champagne per nasconderlo. «Certo che no, signor Herondale. Mi preoccupavo per la salute mentale della regnante»
Will sorrise. «Il regno è al sicuro. Almeno per il tempo di un ballo» e lasciò in quelle parole una domanda inespressa ma che gli premeva nella gola da quando l'aveva vista, quella sera, scendere le scale dell'istituto e salire nella carrozza. L'aveva guardata come un ceco guarda nei propri sogni: Con la disperazione e la nostalgia di qualcosa che non si è mai potuto avere. Le porse una mano cercando di nascondere il tremore. Se lei l'avesse rifiutato allora, sarebbe finita. Will avrebbe capito che il suo cuore apparteneva a Jem, e sarebbe finita.
Tessa rimase immobile per qualche tempo fissando la mano che lui le offriva, tanto che Will cominciò a preoccuparsi. Poi, tremando realmente, fuori e dentro, posò il bicchiere di Champagne sul tavolo e posò la mano sulla sua.
 
Così discesi del cerchio primaio /giù nel secondo, che men loco cinghia, / e tanto più dolor, che punge a guaio. 
Nei momenti più oscuri della sua vita, Tessa si era sempre rifugiata nei libri.
Quando i suoi genitori erano morti, lei non sapeva nemmeno leggere. Glieli leggeva la zia Harriet, mentre lei, seduta sul piccolo lettino, la ascoltava rapita dagli avvenimenti. Nathaniel non prestava attenzione quasi mai: Era sempre distratto da qualcos'altro.
Quando le sorelle oscure l'avevano trattenuta. La sera, nel freddo letto della sua prigione, si rifugiava nel calore della carta stampata, capace di trasportarla in un posto lontano da ogni malvagità e dolore.
A Buckingham Palace, quella sera di Dicembre, non c'era niente che Tessa dovette temere di per sé. Solo Will, e la mano che le offriva per ballare. Una paura folle di accettare quel piccolo spiraglio le aveva catturato il cuore. e, come ogni volta che aveva paura, non potè che rifugiarsi almeno mentalmente in quel suo mondo di carta.
Will era ancora lì, fermo e paziente, con una mano tesa verso di lei e l'altra posata dietro la schiena. La cosa sconvolgente era che glielo stesse chiedendo. Will non chiedeva mai niente: Pretendeva e basta.
Alzando gli occhi nei suoi, infine, vi vide dentro una tale insicurezza che le fece sciogliere il cuore, come quello di Francesca si era sciolto per Paolo. E decise di dannarsi per sempre, così come la ragazza italiana, prendendo la mano che il giovane le offriva.
…cotali uscir de la schiera ov’è Dido, / a noi venendo per l’aere maligno, / sì forte fu l’affettuoso grido.
Tessa lo soffocò quel grido che sentì premerle nella gola. Will le fece appena un sorriso, stringendo con forza la sua mano. La condusse  in quell' aere maligno, tra le altre anime dannate, in mezzo alla folla mista tra angeli e demoni, con una dolcezza infinita.
Forse sarebbe stato meglio scegliere un altro libro. L' Inferno di Dante era troppo funesto nei suoi pensieri confusi e accaldati. Accaldati dal vino che aveva bevuto, dalla folla che le si stringeva intorno, dallo sguardo di Will, che sentiva bruciante su di sé. Ripensandoci, forse, l'Inferno era proprio perfetto.
La prima volta che lei l'aveva corretto, era stato proprio parlando dell'opera dell'Alighieri. Allora lui le aveva detto che non sbagliava mai. Eppure, con lei di errori ne aveva fatti parecchi.
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende / prese costui de la bella persona / che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
La mano di Will era gentile, mentre si posava sulla sua spalla e scendeva delicatamente fino al fianco. Tanto quanto era gentile la sua voce, mentre le diceva di portare le mani al suo collo. Tessa lo fece, lentamente, e sentì le dita formicolare quando si posarono sulla pelle della nuca di Will. Le venne da sorridere, nel constatare che anche la pelle di lui fosse accaldata quanto la sua.
Amor ancora l'offendeva. La teneva stretta fra le sue spire, che per lei erano le braccia forti di Will, la lasciava senza respiro, ancora più del corsetto stretto, e le faceva battere il cuore come un uccellino sbatteva le ali.
..mi prese del costui piacer sì forte, 
Costui che adesso la stava guidando sopra le note dell' Aria sulla quarta corda.  Il piacer si forte, che come poteva vedere, ancora non l'aveva abbandonata. Ma il punto tra di loro non era quanto lei volesse lui, Tessa sapeva di averlo sempre voluto e, per quanto le era costato ammetterlo, l'avrebbe voluto per sempre, ma quanto lui volesse lei.
E non solo i suoi baci o il suo corpo, ma tutta lei. Tessa abbassò lo sguardo, improvvisamente stanca di tutto questo. Stanca di lui che la portava in paradiso e subito dopo la gettava all'inferno. Stanca di sé stessa, che non riusciva a tener lontana dal ragazzo, e stanca di quel gioco senza uscita che era il suo rapporto con Will.
 E quella a me: «Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria;
Perché c'erano, quei momenti felici, con Will. Quando l'aveva baciata in soffitta, il suo primo bacio, al sapore dell'acqua Santa e del sangue. Quando avevano parlato di libri, e quando lui con l'espressione di chi ha appena perso tutto era venuto a salvarla nel rifugio.
Il problema era ciò che avveniva dopo i momenti felici. Quel maggior dolore che Tessa era stufa di provare: Non era così che  voleva che andassero le cose. Lei voleva il bello e il brutto, voleva il sole e la luna. E voleva il Will dolce e il Will amaro. Lo voleva in ogni sua sfumatura, mentre lui, di lei, non sembrava voler niente.
Non si era nemmeno accorta che avevano smesso di ballare e che ora lui la stava trascinando in un luogo più appartato. Solo quando il vento freddo le arrivò sulla pelle, si rese conto di non essere più nella sala da ballo. Alzando lo sguardo si rese conto di essere su uno dei balconcini annessi alla sala. Faceva molto freddo e Will, togliendo le mani da lei, si tolse la giacca e, sfiorandole con delicatezza la pelle, gliela poggiò sulle spalle. Lei mormorò appena un ringraziamento.
Quando leggemmo il disiato riso / esser basciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi basciò tutto tremante. 
Era lì, che voleva arrivare la sua testa, continuando a citare i versi del Quinto canto dell' Inferno.
Gli occhi di Will erano un oceano vivo incastrati nei suoi. Sarebbe bastato un solo passo, affinché le labbra del ragazzo toccassero le sue. Un solo passo verso quell'inferno che continuava a chiamarla. Verso il girone di quegli amanti che avevano ceduto alla passione, anche solo una volta.
Paolo e Francesca vi stavano meglio che sulla terra: Tormentati dal vento infernale erano insieme. In vita, non avevano potuto.
E allora Tessa decise di dannarsi per l'eternità. Si alzò sulla punta delle scarpette di raso, perché nonostante fosse più alta della media non arrivava all'altezza di Will, e posò le labbra su quel disiato riso.
Will rispose al suo tocco con ardore. Le passò una mano tra i capelli, sciogliendoglieli con dolcissima lentezza sulle spalle, e l'altra sui suoi fianchi, come se stessero ancora ballando. C'era tutto il calore di cui aveva bisogno, in quel bacio.  Tutte le certezze che aveva cercato, tutto l'amore che aveva sempre voluto. E poco importava se sarebbe tutto finito insieme a quel bacio che sapeva di Whisky e gin. La sua anima era già dannata per l'eternità.
Will si separò da lei in un secondo, facendo scorrere la mano che fino a un attimo prima era tra i suoi capelli, sulla pelle del viso.  «Tess...» disse, boccheggiando aria come un disperato. «Io..»
E la porta si aprì. Jem entrò nel balconcino con un bel sorriso sul volto, prima che gli morisse sul viso quando il suo sguardo si posò su di loro.
E caddi, come corpo morto cade.
  
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