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Autore: LenK    17/12/2012    3 recensioni
Non riuscendo a convincere i suoi genitori a farla partire per il suo viaggio da allenatrice, la diciassettenne Wendy Wink si trova un lavoro come sorvegliante al Parco Nazionale di Fiordoropoli. Un'ottima scusa per scappare di casa e liberarsi finalmente dal confronto con la migliore amica Marigold, andatasene da più di un anno, eppure sempre così presente.
«Cominciamo l’intervista! E per concludere la puntata del lunedì, abbiamo fermato questa graziosa Allenatrice fuori dalla stazione del Supertreno, con un’aria spaesata e una singolare coppia di Pokémon al suo fianco! Devi chiaramente venire dalla campagna, cara, come ti chiami?»
Rimasi per un momento scioccata dalla velocità con cui le cose mi stavano sfuggendo di mano.
[...]
«Mi chiamo Wendy e in realtà vengo da Zafferanopoli.»
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Vanishing'
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Risalii la scaletta viscida, concentrata solo sulla sensazione fisica dei piedi che poggiavano sul legno e sul dolce peso del piccolo Abra, aggrappato alle mie spalle come uno zainetto.
Avvolta intorno al mio polso, la Fune di Fuga che avevo comprato al Pokémon Market di Azalina.
Era stato un acquisto previdente che mi aveva fatto risparmiare un sacco di tempo: avevo impiegato nemmeno cinque minuti a ritrovare la scala per uscire.
La Roccia di Re al sicuro nella tasca dei jeans mi dava lo slancio per salire quei pioli con una velocità che nemmeno mi sarei sognata quando, non so quanto tempo prima, avevo affrontato la discesa.
Io e Seth eravamo andati ad Azalina a trovare il nostro amico Capopalestra.
Mentre ci faceva visitare la cittadina, un luogo così ameno e ridente in confronto alla metropoli in cui ero abituata a vivere, Raffaello aveva buttato là con noncuranza che sarebbe stato carino se io mi fossi decisa ad avventurarmi davvero nel Pozzo Slowpoke, come avevo finto di aver fatto la prima volta che ci eravamo incontrati. Seth aveva immancabilmente rincarato la dose, sempre pronto a nuove avventure, anche quando non era lui a doversi ritrovare affondato nel fango fino alle caviglie e a gelarsi le ossa a causa della temperatura fredda-umida che la pareti di pietra del pozzo mantenevano costante.
Il pozzo era veramente il buco profondissimo, nero e maleodorante che immaginavo; non c’erano poi tanti Slowpoke, ma in compenso, sul fondo, il terreno era una superficie melmosa e irregolare costellata di pozzanghere e laghetti.
Soprattutto laghetti, pensai irritata.
Durante la ricerca frenetica di una Roccia di Re da presentare come prova della mia impresa, il Flash di Abra non mi aveva salvata dallo sdrucciolare dritta dentro uno dei ristagni d’acqua del pozzo, dove mi ero inzuppata dalle ginocchia in giù. Le scarpe da ginnastica erano gonfie d’acqua e producevano un rumore orribile ogni volta che sollevavo un piede fradicio per salire il piolo successivo.
Ormai ero quasi in vista dell’uscita, dove sapevo che Seth e Raffaello mi stavano attendendo.
Abituata com’ero alla semi-penombra del pozzo, rischiarata soltanto dal debole Flash del mio Pokémon, la luce dell’ambiente esterno mi accecò per qualche secondo.
«Ops!»
Il mio piede scivolò e mancò l’ultima asta. Per un attimo la mia mente andò in black-out completo: stavo cadendo.
Agitai convulsamente le mani in aria per – almeno – tentare di aggrapparmi alla scala a pioli, ma già sapevo che l’avrei mancata.
All’improvviso una mano calda si serrò alla mia, e mi sentii sollevare fuori dal pozzo.
«Non puoi proprio andare da sola da nessuna parte!» rise Seth Fitzwilliam, che mi afferrò saldamente per la vita e mi issò di peso a sedere sul bordo di pietra fredda.
Ansimando, inspirai la fresca aria settembrina e un alito di vento scompigliò i capelli biondo miele miei e quelli di un biondo più chiaro di Seth.
Invece di irritarmi, accettai quell’affermazione come un dato di fatto, un po’ rassegnata e un po’ divertita.
«Non hai tutti i torti» constatai. «Ma almeno ho preso questa!»
Estrassi dalla tasca la Roccia di Re e gliela mostrai fiera.
«Grande! Sapevo che l’avresti trovata!»
Seth mi abbracciò con slancio, ma si scostò subito al contatto con le mie gambe fradicie.
«Ma che hai fatto? Sei tutta bagnata!» si meravigliò. «Non hai nemmeno un cambio di vestiti?».
Scossi la testa.
Sembrò un attimo combattuto, come se stesse per prendere una decisione difficile, ma poi sganciò dalla cintura la sua quarta Pokéball, quella del Pokémon che non avevo mai visto.
«Typhlosion! Vai!» esclamò.
Sgranai gli occhi sbalordita.
Il maestoso Pokémon Vulcano comparve in un fascio di luce rossastra e si drizzò in piedi, superandomi in altezza.
Non riuscivo a credere che Seth potesse avere in squadra un Pokémon così raro e potente, ma la cosa che mi meravigliava più di tutte era che cercasse di tenerlo nascosto.
«Tu…» balbettai. «Posso… posso…».
Seth si mordicchiò l’unghia del pollice, sembrando a disagio per la prima volta da quando l’avevo conosciuto.
«Accarezzalo, se vuoi.»
Mi avvicinai titubante al grosso Pokémon, misurando i passi. Mi arrischiai a far scivolare la mano sulla pelliccia color petrolio del dorso, dove Typhlosion accendeva la sua fiamma durante i combattimenti.
«È così caldo» mormorai. «Strano che si lasci toccare» commentai, e realizzai che c’era una punta di allarme nel mio tono di voce.
«Non ti fa niente… a meno che non glielo ordini io!» precisò Seth. «Typhlosion, usa Ondacalda! » ridacchiò come se si stesse divertendo un mondo.
«Ma che…?» protestai.
All’improvviso le fiamme intorno al collo di Typhlosion divamparono in tutto il loro splendore, e io mi allontanai di scatto impaurita, domandandomi se Seth fosse andato fuori di testa.
Sentii Abra, spaventato, saltare giù dalla mia schiena e un ronzio sommesso mi informò che si era Teletrasportato lontano.
Il Pokémon di fuoco ruggì e spalancò le fauci.  Fui investita da un’ondata di calore, e urlai spaventata.
A un tratto mi stupii di non trovarlo insopportabile, ma stranamente piacevole. Quando il turbine cessò, ero perfettamente asciutta.
«Wow.»
Mi girai verso Seth, che rideva di gusto, tenendosi la pancia.
«La tua faccia! Avresti dovuto vedere la tua faccia!»
Incrociai le braccia al petto, combattuta tra il prenderla sullo scherzo o arrabbiarmi.
«Mi hai spaventato a morte! Non sono scherzi che si fanno, o no?»
Cercai con lo sguardo il Capopalestra di Azalina per chiedergli di supportarmi e mi accorsi in quel momento della sua assenza. «Ma dov’è Raffaello?» chiesi.
«Ah, giusto!» rise il mio amico. «È stato mandato a chiamare perché aveva una lotta in Palestra. Mi ha chiesto di dirti che lo sfidante di oggi viene da Kanto, come te. Perché non passiamo a dare un’occhiata?» mi invitò in tono affabile.
«D’accordo.» accettai con un’alzata di spalle, già dimentica dello scherzo di cattivo gusto.
Guardai Seth di sottecchi mentre dava un colpetto amichevole a Typhlosion e lo faceva rientrare nella sua sfera. Sentivo che qualcosa non mi quadrava, ma non avrei saputo dire cosa.

 

 Non ero mai entrata in una Palestra, nemmeno in quella di Chiara, sebbene si trovasse poco lontano dal mio appartamento a Fiordoropoli.

A Kanto l’unica Palestra in cui avrei potuto mettere piede era quella di Zafferanopoli, specializzata in Pokémon di tipo Psico, ma non mi aveva mai attirata troppo l’idea di farci una capatina: ammetto che Sabrina, la Capopalestra, mi terrorizzava in modo non indifferente.

Appena varcai la soglia di quella di Azalina, fui pervasa da un’improvvisa eccitazione. Sentivo uno strano formicolio nelle punte delle dita, e il mio cuore iniziò ad accelerare i battiti.
Mi sentivo come se fossi io a dover sfidare il Capopalestra.
Mi piaceva quella sensazione, non era malessere, ma un’ansia positiva, genuina: esistono quelle ansie inevitabili, quelle ansie che sono le benvenute perché senza di esse sentiresti di non poter fare del tuo meglio.  
All’interno la luce era soffusa; i raggi di sole venivano filtrati dal vetro fumé delle finestre, come a ricreare l’atmosfera di una foresta. Mi ritornò in mente subito il Bosco di Lecci, che io e Seth avevamo attraversato quella mattina per giungere ad Azalina. Non era stato poi così male percorrerlo di giorno, con i fasci di luce dorata che fendevano l’intricato motivo formato dai rami degli alberi.
Feci qualche passo in avanti in quell’ambiente chiuso che sembrava estendersi all’infinito in lunghezza.
«Attenta!» mi ammonì Seth. Sentii che mi prendeva per mano e mi tirava velocemente verso di sé.
Strizzai gli occhi per vederci bene: il prossimo passo che avrei fatto sarebbe stato verso il vuoto. La pavimentazione di terriccio si interrompeva in un baratro di cui non riuscivo a intuire la profondità, sul cui ciglio erano attraccate tre piattaforme a forma di ragno piuttosto distanziate tra di loro.
«Oh.». alzai le sopracciglia, guardando Seth con aria interrogativa. «Bisogna proseguire su queste?».
«È quella di destra» disse Seth deciso.
Inclinai la testa da un lato, dubbiosa. «Aspetta, guardiamo bene le rotaie» tentai di fermarlo. Non mi piaceva prendere decisioni alla cieca. «Se saliamo sul ragno di sinistra, ci ritroveremmo a cambiare percorso in quel punto lì, e poi…».
Voltai la testa per cercare l’approvazione del mio amico, ma non lo vidi più al mio fianco. Aveva già poggiato un piede sulla piattaforma di destra, e mi faceva ampi gesti con la mano per invitarmi a seguirlo.
«Fidati! Monta su!» mi incoraggiò Seth allegro.
Quando fui a portata di mano, mi afferrò un braccio e mi trascinò a bordo con lui, appena prima che il ragno metallico iniziasse a muoversi sui suoi binari. A ogni cambio di direzione, le sterzate erano così violente che pensai bene di chiudere gli occhi e aggrapparmi a Seth con tutte le mie forze.
Quando la piattaforma urtò la banchina dall’altra parte, sospirai di sollievo così profondamente da far scappare un risolino a Seth.
Una volta scesi, lui mi tirò verso di sé e puntò il dito indice verso sinistra. Al di là del filare di arbusti c’era un Pigliamosche che giocherellava impaziente con il suo cappellino di paglia. Il ragazzino era di schiena e sembrava non essersi accorto della nostra presenza.
«Vedi? Se avessimo preso la piattaforma sbagliata, ci saremmo trovati a dover affrontare quell’allenatore là. Ècosì che funziona la maggior parte delle palestre. Sono quasi tutte progettate nello stile di un labirinto.» mi spiegò Seth.  
Annuii senza parlare, e lasciai che Seth mi guidasse fino alla fila successiva di rotaie.       
Non rimasi troppo a riflettere su come facesse Seth a conoscere la struttura delle Palestre Pokémon; probabilmente ero io quella bizzarra che non si era mai interessata ad approfondire la propria conoscenza delle Palestre, dato che sapevo di non avere speranze di arrivare a sfidarne una. Forse non sarei stata nemmeno in grado di recitare in ordine quelle di Johto.
Dovevo essermi rabbuiata, perché la domanda di Seth mi riscosse dai miei pensieri: «Ehi, che hai?»
«Uhm… quelle piattaforme…» mentii.
«Tranquilla, la prossima è l’ultima.» sorrise dolcemente. «Quella in mezzo.».
Stavolta mi affrettai a seguirlo senza protestare.
Il ragno – che, ora che l’avevo guardato bene, sarebbe stato più corretto chiamare Spinarak, perché ne aveva decisamente le sembianze – attraccò alla postazione del Capopalestra con un rumore sordo.
Io e Seth scendemmo e ci fermammo da una parte, in silenzio, ad assistere alla lotta.
Di fronte a noi, sotto le fronde di un maestoso salice, Raffaello stava combattendo contro il suo sfidante, che mi sembrava fosse una ragazza.
L’allenatrice era di spalle, indossava una polo verde scuro e un paio di calzoncini bianchi dal taglio maschile.
Cercai di individuare i Pokémon dei due contendenti tra il fogliame.
Raffaello aveva schierato il suo Heracross, che sembrava piuttosto provato. Notai che al momento era da solo sul campo di battaglia. Non riuscivo invece a vedere da nessuna parte il Pokémon della ragazza.
Raffaello stava dando istruzioni a Heracross: «Attenzione… attenzione…» mormorava lentamente.
All’improvviso udii la ragazza gridare: «Ora, Sandslash! Lacerazione!».
Un Sandslash con gli artigli sfoderati balzò giù dal ramo su cui si era nascosto, atterrando sull’Heracross che non fu abbastanza reattivo da evitare l'attacco e fu messo al tappeto da un’unghiata formidabile.
Raffaello richiamò il Pokémon dentro la sfera, bisbigliandogli qualcosa che non riuscii a sentire. «Molto astuto, complimenti» si congratulò poi con la sua avversaria.
«Heracross non è più in grado di combattere! La sfidante si aggiudica l’incontro!» tuonò l’arbitro, alzando un braccio in direzione dell’allenatrice di Kanto.
Lei lanciò un urletto di esultanza e si passò una mano nel caschetto di capelli scuri, per poi abbracciare Sandslash, che era trotterellato vicino alla sua allenatrice per ricevere qualche carezza in premio.
Raffaello infilò una mano nel taschino del gilet e ne estrasse qualcosa di luccicante: «Ok, hai vinto tu. Vieni a prendere la Medaglia Alveare, Marigold di Zafferanopoli!».
Trattenni il fiato rumorosamente e mi irrigidii. Non era possibile.
«Wendy? Stai bene?» si preoccupò Seth, circondandomi le spalle con un braccio pieno di premura.
Volevo rispondere di no, che non stavo bene, che non potevo crederci che per una volta che avevo trovato il coraggio di staccarmi da lei, ecco che ricompariva, che mi infestava come un fantasma persistente, come un’ombra al tramonto, che per quanto tu sia alto, sarà sempre più lunga di te.
Ma dalla mia bocca non uscì nient’altro che un urlo: «MARIGOLD!».
La ragazza, che aveva appena finito di appuntarsi la medaglia alla polo, si voltò con lentezza esasperante, e ne ebbi la conferma: era proprio lei.
Sul suo volto si aprì un sorriso incredulo che mi sembrò così sincero da farmelo trovare fastidioso.
Vidi che mi correva incontro, e mi mancò l’aria.
Mi rifugiai tra le braccia di Seth, nascondendogli il viso nella giacca. Realizzai che avevo paura.
 
 


 
Eccoci all’epilogo!
Mi ci è voluto più del previsto a scriverlo. Non so se è perché non sapevo come chiudere questa storia, o perché non volevo farlo ^^
È la prima Long che sia mai riuscita a terminare e sono emozionata, mi sono affezionata a questi personaggi!
Ma le avventure di Wendy non sono certo finite qua! Anzi, sono appena iniziate per lei :3 Pensate forse che la ricomparsa di Marigold rimarrà senza conseguenze?
Non so ancora quando arriverà, ma il secondo capitolo di questa serie si intitolerà How to reappear completely – The Road.
Grazie a chi l’ha letta, a chi l’ha recensita, a chi l’ha inserita tra i Preferiti (addirittura! Grazie *-*).
Un abbraccio grandissimo,
Len. 


Note del 24 dicembre: I volti ufficiali di Seth e Wendy sono visibili nella mia Pagina Autore! Faccio pena con l'editing, le immagini sono fatte proprio male, ma è il massimo che potevo chiedere a PicMonkey :3

  
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