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Autore: persempretusarai    17/12/2012    4 recensioni
La vita coniugale di Finn e Rachel va alla grande: aspettando il momento giusto per sposarsi nella Grande Mela, continuano gli studi rispettivamente alla NYADA e all’Actor Studio vivendo nella bolla del loro grande amore. Quando Finn viene preso per la parte di un personaggio secondario in un film, ed entrambi conoscono due ragazzi nuovi e misteriosi, non sanno che determinate situazioni e avvenimenti metteranno alla prova, ancora una volta, il loro amore e anche quello dei due ragazzi misteriosi che avranno in comune con loro molti aspetti.
Note: storia scritta a quattro mani
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Finn Hudson, Rachel Berry | Coppie: Finn/Rachel
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Just a dream.

 

Capitolo ventidue.

“E stop! Siete stati bravissimi in questa scena”

La voce potente di Brad si estese per tutto lo stabile facendo partire dei rumorosi applausi verso i due attori che avevano appena finito di girare, compreso Finn che era rimasto a guardare le ultime riprese, anche se il suo lavoro era praticamente finito da qualche giorno ma si era decisamente affezionato alla storia e ai suoi colleghi che non voleva lasciarli. Uno dei due attori impiegati nella scena era Lea e doveva ammetterlo: era veramente una bravissima attrice. Non aveva mai visto nessuno girare una scena così intensa e vera. Si vedeva che amava il suo lavoro.

Solo che c’era qualcosa di diverso in lei, anche se non lo dava a vedere. Era troppo iperattiva negli ultimi giorni di riprese e non l’aveva mai vista così. Era solito vedere Lea parlare con la troupe, sorridere ad ogni istante, soprattutto quando prendeva in mano il suo telefono.

In questi giorni però, appena finivano le lunghe riprese, prendeva le sue cose e si rifugiava nel suo trailer dicendo che era molto stanca e tornava poco dopo per riprendere il lavoro. Giravano voci che la sua stanchezza fosse dovuta a una presunta gravidanza ma non sapeva che pensare. Poteva essere vero come no ma non erano affari suoi e non voleva violare la privacy di una sua collega.

Non sapeva descrivere il suo rapporto con Lea. Gli era passata l’infatuazione ma desiderava essere qualcosa per lei. Tipo un amico, qualcuno con cui parlare anche in modo distratto. Però lei manteneva sempre le distanze e non capiva perché. Era stata lei inizialmente a contattarlo e poi più niente. Pensava che le cose sarebbero cambiate dopo la scena in ospedale ma nulla.

Lea non lo calcolava per niente.

 

La vide allontanarsi avvolta dal suo enorme cardigan grigio e lui riprese a guardare il copione e a prendere appunti su ogni cosa che aveva visto negli ultimi giorni. Si maledì per non aver portato con sé il suo portatile così da lavorare alla sua relazione dell’esperienza avuta con il film: avrebbe portato ad un elevato punteggio nella valutazione a fine anno.

Prese il telefono dalla tasca dei suoi jeans e scrisse velocemente un messaggio alla sua ragazza per assicurarsi che stesse bene e per comunicarle che non sarebbe rientrato per pranzo; aveva lasciato la casa con una Rachel stanca e ancora addormentata nel loro grande letto e non sapeva come stava, dopo quella sera di tre giorni fa. Si era ammalata e sapeva che non doveva preoccuparsi più di tanto ma il comportamento di quella sera l’aveva messo sull’attenti, come se qualcosa era sul punto di cambiare. Devi pensare di meno Finn Hudson disse dentro la sua testa e tornando a concentrarsi al suo lavoro però venne interrotto dalla suoneria del suo telefono.

Guardò il numero e sinceramente non aveva la più pallida idea di chi lo stava chiamando.

“Pronto?”

“Ehi, Finn! Sono Paul”, disse la voce proveniente dal telefono. Come poteva non conoscere quella voce: Paul faceva parte dell’esercito e nei suoi due anni di permanenza aveva fatto amicizia con lui e sembrava l’unico a capirlo quando soffriva della sua situazione.

“Paul, amico mio! Come stai?”, disse entusiasta allontanandosi dalla zona delle riprese andando verso i trailers.

“Procede bene. Sono in licenza e mi trovo all’aeroporto in Georgia. Tu sei ancora a New York?”

“Certo. Devo trovarti un posto per qualche giorno da queste parti?”, chiese con il sorriso sulle labbra.  Era contento di rivederlo dopo tanto tempo.

“Sarebbe grandioso, anche perché ho una voglia matta di vederti. Ti avviso quando arriverò, okay?”

“Certo, Paul. Non vedo l’ora di vederti!”

Quando chiuse la chiamata per dirigersi nuovamente sentì un rumore provenire da uno dei trailer posizionati nel parcheggio dello stabile. Si fermò guardandosi attorno cercando di capire la provenienza e per non sembrare pazzo. Si incamminò verso i trailer quando sentì nuovamente quel rumore. Era un rumore strozzato, come se fosse un lamento o perfino un pianto.

Proveniva dal trailer di Lea.

“Lea, tutto bene?”, chiese cercando di farsi sentire bene dalla ragazza. Come risposta sentì di nuovo un rumore strozzato.

“Lea, sono Finn. Sono in pensiero, stai bene?”

“S-si, sto bene Finn. Puoi anche tornare dagli altri”

“Se apri la porta e vedo che stai bene, torno dagli altri e ti lascerò in pace”, affermò con voce ferma e decisa.

Dopo qualche minuto la porta si aprì facendo vedere una Lea con guance e occhi arrossati segnale che aveva pianto.

“Credo che non tornerò dagli altri perché non stai bene”, disse Finn sorridendo dolcemente.

“Finn”, si lamentò, “sto bene”

“Oh, certo. Perché una ragazza sta divinamente quando piange”

Lea sospirò pesantemente, segno che aveva colpito nel segno. “Non cerco la tua pena, Finn.”, disse sulla difensiva.

“Non voglio provare pena per te.  Non sono una persona del genere.”

“Dai, entra. Scusami del disastro”, disse facendolo entrare.

Il suo trailer era grazioso e si adattava completamente allo stile di Lea. Vicino alla cucinetta spiccava una macchina da caffè segno che non poteva resistere senza quella bevanda – che lui non amava particolarmente. In effetti c’era un po’ di confusione ma riguardava principalmente i miliardi di fogli e da bicchieri di caffè che erano sparpagliati sul divanetto e sul tavolino, insieme a una coperta pesante.

Una volta che Lea liberò il divano dai fogli lo fece accomodare mentre lei cercava di farsi un altro caffè.

“Sei proprio dipendente dal caffè”

“Oh, si. È tutto quello che ho ora, al momento.”, disse accomodandosi di fianco a Finn. Raccolse le gambe vicino al petto coprendo le gambe con il suo enorme cardigan.

“Ho sempre pensato che eri una grande lavoratrice.”, iniziò a dire Finn guardandola, “ho ammirato le tue doti e devo ammettere che ho imparato molto da te. Sei sempre stata spontanea e hai trasformato la troupe come una famiglia e hai fatto amicizia con tutti, tranne che con me”, disse sorridendo.

“Mi dispiace, non volevo”, ammise Lea attenta alle sue parole.

“Non scusarti, avrai avuto i tuoi motivi. Il punto è che ti ho notato abbastanza – non pensare male, ho avuto una cotta per te ma è stato agli inizio delle riprese – per capire che qualcosa è cambiato. Sei troppo iperattiva in questi giorni e dopo ore di stancanti riprese, ti nascondi in questo posto.”

“Sono soltanto stanca.”

“Molti affermano che la causa potrebbe essere una gravidanza ma non credo. Ho ragione, vero?”

“No, non è vero. Non aspetto nessun bambino.”

Un silenzio alquanto imbarazzante scese dentro il trailer. Finn voleva solo che Lea si aprisse con lui, che trovasse un amico con cui parlare e lei era sempre sulla difensiva.

“Che ti succede, Lea?”, chiese timidamente. Lei sospirò.

“Volevo sposarmi, un giorno”, iniziò, “era dal primo dell’anno che segretamente mi prendevo del tempo e guardavo i cataloghi da sposa, tutto senza farmi vedere dal mio ragazzo. Ne avevo perfino parlato con il mio migliore amico e sa quanto tengo alle tradizioni e quanto significano per me. Sai, dopo che stai insieme da più di tre anni con una persona che ti fa sentire costantemente amata e protetta, be’, un po’ inizi a pensare al matrimonio e poi casomai a un figlio. L’altro giorno ero pronta per parlargli di questa cosa perché so per certa che lui sarebbe un ottimo marito e anche un ottimo padre. Ero tutta euforica, le mie amiche volevano uccidermi quella sera.”, disse allegra. Andava tutto bene, per ora. Si vedeva quanto teneva a questa cosa. Finn gli venne in mente la sera di Capodanno quando si immaginò la sua Rachel in attesa del loro figlio.

Poi vide il volto di Lea oscurarsi.

“Quando ero scesa dalla macchina, mi tolsi subito le scarpe e mi affrettai per raggiungere casa per parlarne. Non c’era più. Era sparito. Si era portato via tutto lasciando due fogli e il suo cardigan.”

Finn capì perché quel cardigan era importante per lei. Apparteneva al suo ragazzo.

“Non capisco il perché l’abbia fatto. Andava tutto bene.”

“Se ne è andato via così?”, chiese sconvolto Finn dopo tutta la storia. Come poteva averla abbandonata così?

“Sì”, disse alzandosi e andando a prendere dei fogli appoggiati su una credenza, “è andato via lasciandomi questi”

Afferrò i fogli e vide che uno era ancora chiuso e c’era scritto il suo nome; l’altro, invece, era per Lea e spiccava un perdonami.

“Non mi chiedere perché c’è scritto il tuo nome in uno di quei fogli. Non ti ha mai visto, sa solo la tua esistenza per il film”

Controllò il telefono e vide un messaggio di Paul che gli comunicava l’orario di arrivo a New York e doveva ancora trovargli un alloggio. Non voleva lasciare sola Lea.

“Lea, ora devo andare ma tieni il mio numero”, disse.

“Perché?”

“Non voglio lasciarti sola. Quindi se hai qualche problema, se hai voglia di urlare, picchiare qualcuno o semplicemente parlare, questo è il mio numero. Basta che mi chiami e vengo subito da te.”

“Grazie”
 

Vide Finn Hudson andarsene dal suo trailer rivolgendole un dolcissimo sorriso. Fissò il biglietto con il suo numero di telefono chiedendosi come fosse possibile che proprio lui doveva accorgersi che non stava bene. Solo una volta era capitato ed era stato dopo la rottura con Theo e Cory… no, non doveva pensarci. Avrebbe ripreso a piangere ancora una volta.

Era sempre stata forte, si ripeteva, ma lui le donava quella protezione che la faceva sentire invincibile, tipo wonder woman. Andato via lui, era sparita tutta la sua forza. Lo stava odiando ma non riusciva a smettere di amarlo.

Non poteva non amarlo.

Con Theo era diverso, la loro relazione si era spezzata da tempo colpa della gelosia del ragazzo ed erano arrivati alla decisione di separarsi dopo due anni. Aveva pianto, si ma solo perché ci era dentro, perché dopo anni aveva capito come era realmente. Cory l’aveva aiutata, le era stata accanto nei momenti di rabbia, di pianti isterici e quando trovava rimedio nell’alcol.

Sorrise debolmente quando le venne in mente una fredda giornata di anni indietro quando si era rinchiusa in un pub a ubriacarsi pesantemente, lui l’aveva raggiunta e portata a casa. Da quella volta lui le aveva vietato di consumare alcolici in sua assenza, chiudendo a chiave il mobiletto delle bottiglie. Si erano uniti ancora di più e da quel giorno non si erano più separati.

Sospirò pesantemente cercando di frenare le lacrime che erano pronte, ancora una volta a scendere sul suo viso. Doveva andare avanti ma come poteva? Era tutto così strano e vuoto senza di lui. Non ce la poteva fare.


Ripose le chiavi di casa sul mobiletto togliendosi il cappotto.

“Finn sei a casa?”, disse vedendo le luci della cucina accese.

“Sì, Rachel.”

La ragazza sorrise mentre si precipitava a salutarlo. Erano passati dei giorni da quella sera e aveva fatto finta che non fosse successo nulla. La vita doveva andare avanti, no? Cory era sparito, non si era fatto più sentire ed era giusto così.

“Sono passata da Blaine per aiutarlo per l’audizione off-Brodway e mi manda i tuoi saluti”, disse baciandolo dolcemente notando che il suo portatile era aperto su degli hotel della zona.

“Come mai stai guardando degli hotel?”

“Ti ricordi di Paul? Te ne avevo parlato molto tempo fa”

“Il tuo amico dell’esercito?”, chiese.

“Sì, ora è in licenza e passa per di qui per ricordare i vecchi tempi e per conoscerti.”, sorrise, “sai, quando ero in esercito facevo sempre sentire a tutti la tua bellissima voce così Paul si era fissato di conoscerti”

“Sono curiosa di conoscerlo. Casomai organizziamo una cena e poi andiamo in qualche locale.”

“Certo”

Terminato la sua piccola ricerca, Finn e Rachel iniziarono a preparare la cena. Rachel gli parlò di come stava preparando Blaine per l’audizione e che presto sarebbe tornata a lavorare come insegnante privata per qualche bambina che voleva prendere lezioni di canto.

“A te com’è andata?”, chiese curiosa. Sapeva che Finn aveva terminato da qualche giorno le sue riprese ma le attirava quel mondo tutto strano.

“Benissimo. Hanno girato una delle ultime scene e Lea e Jackson sono stati fenomenali.”

Lea. Rachel sentì un dolore provenire dal petto e non riuscì a fermare le immagini di lei e Cory insieme.

“Non vedo l’ora di vedere il film, allora”, disse cercando di essere il più normale possibile.

“Si”

“C’è qualcosa che non va?”, chiese vedendolo preoccupato e pensieroso.

“No, no. Stavo pensando un attimo a Lea. In questi giorni non sta molto bene”

“Ma sei hai appena detto che ha registrato oggi.”

“Infatti è vero ma fisicamente sta bene. Ho notato che era fin troppo iperattiva così ho provato a parlare con lei. Si è confidata con me e mi ha detto che il suo ragazzo l’ha lasciata senza avvisare o dirle una parola. Se n’è andato approfittando di una serata tra amiche”

Era come ricevere uno schiaffo in pieno viso in una giornata d’inverno: faceva male il doppio. Cory se n’era andato per non rivelare il suo tradimento sapendo che avrebbero sofferto entrambi perché sapeva che Cory amava ancora Lea ma si era preso una sbandata per lei.

“Hai una faccia sconvolta”

“È che… è orribile quello che ha fatto il suo ragazzo”

“Questo è certo. Un uomo non dovrebbe comportarsi così, è da codardi. E pensare che Lea voleva sposarlo.” Rachel cercò con le sue forze di non scoppiare a piangere e di dire tutta la verità.

“Le ho dato il mio numero così da chiamarmi se ha problemi.”

“Hai fatto la cosa giusta, Finn”, disse cercando di pensare solo alla cena.

Cenarono tranquillamente, lasciando perdere il mondo esterno. Solo Finn e Rachel. Amavano coccolarsi, riscaldarsi con gli sguardi e sentirsi amati. Tutto sembrava perfetto.

Si erano accomodati sul divano mangiando schifezze e bevendo birra mentre si mettevano a commentare qualche serie tv in modo assolutamente infantile e senza senso. Finn amava vedere Rachel ridere e Rachel amava vedere Finn ridere con lei.

Si sentiva viva con lui, gli anni trascorsi da sola a New York erano soltanto un ricordo lontano e sfocato. Le avance rifiutate da studenti del suo stesso corso, le dure prove per essere sempre all’altezza per Carmen Tibideaux, i pianti dentro il suo minuscolo appartamento e il rifiuto dell’aiuto di Kurt e successivamente di Blaine. Era come se a vivere non era la vera Rachel Berry. Era determinata, sì ma lo faceva per Finn perché se l’aveva costretta a partire per New York c’era un vero e proprio motivo. Voleva vincere per lui e lo faceva tutt’ora.

La suoneria del telefono di Finn la fece riportare alla realtà.

 

“Pronto?”

Una voce prese a ridere. “Lo sai che vado matta per gli M&M’s? Amo mangiarli con Jon ma lui non c’è”

Non ci mise molto Finn a capire chi era dall’altra parte del telefono. Chi poteva chiamare alle undici e mezza passate?

“Lea?”, chiese per avere conferma.

“Si, si, sono io. Lea, quella non adatta alla televisione”

“Sei ubriaca, per caso?”

“Cory non si è portato via la chiave del mobiletto degli alcolici e io l’ho trovata!”

Finn guardò Rachel cercando di capire cosa stava succedendo dall’altra parte del telefono. Lea era ubriaca e poteva commettere qualche sbaglio e, visto che non aveva nessuno, era meglio raggiungerla.

“Lea, dove abiti?”

“Nel Bronx, no? Sono italiana, ho tanti tatuaggi e il mio porno preferito è il cibo!”, rispose.

“Non bere, adesso arrivo”.

Chiuse la chiamata guardando Rachel negli occhi. Non amava abbandonarla così, stavano passando una bella serata da soli in tranquillità.

“Mi disp…”

“Non dispiacerti, Finn”, disse Rachel interrompendolo, “vai da lei e non farle fare qualche cavolata. Questa separazione le sta facendo male e se non ha nessuno in questo momento, è giusto che ci sia qualcuno al suo fianco e tu sei l’uomo e l’amico perfetto.”

“Grazie, Rach”, disse sfoggiando un mezzo sorriso e dirigendosi verso la porta mettendosi di corsa cappotto e scarpe.

 

Se Lea stava soffrendo così tanto era solo per colpa sua si disse Rachel guardando ormai la porta chiusa che segnava che Finn era andato via. Era colpa sua perché era entrata nella vita di Cory e di aver fatto del male a tutti e due. “Lea desiderava sposarsi con lui, voleva parlarne la sera stessa” quelle parole facevano male. Mai come ora desiderava correre da lui e dirle la verità.

 

Non fu difficile trovare l’appartamento di Lea – okay, doveva ringraziare tutte le persone a cui aveva chiesto indicazioni se no non ci arrivava proprio – e lei abitava in uno dei più modesti edifici nella zona del Bronx circondata da migliaia di negozi dall’insegna italiana. Quando giunse di corsa nel grande pianerottolo pensò che l’appartamento suo e di Rachel era decisamente la metà di quello che si trovava davanti alla sua faccia.

Bussò la porta con insistenza per farsi sentire dalla ragazza; continuava a chiamarla per assicurarsi che stesse bene e dopo cinque minuti abbondanti gli aprì una Lea con un maglione enorme, dei leggins e i capelli arruffati con tanto di bottiglia alla mano. Era per caso del whisky, quello? si chiese mentre guardava Lea con espressione seria.

“Ma tu sei Finn!”, urlò prendendolo per un braccio e portandolo dentro casa.

“Lea è meglio se mi dai la bottiglia”, disse Finn seriamente. Di tutta risposta la ragazza gli rise in faccia facendo una giravolta e inciampando sui suoi stessi piedi così da cadere per terra ridendo ancora più forte. Iniziò a intonare Defying Gravity senza nessuna sbavatura e Finn si chiese da quanto era attaccata alla bottiglia per essere così fuori controllo.

Si tolse il cappotto mentre vide Lea avvicinarsi a lui e iniziare a ballare in modo goffo che fece sorridere Finn.

“Lo sai che sei un po’ ridicola quando sei ubriaca?”

“Lo sai che sei completamente noioso?”

“Io sarò noioso ma di certo non ubriaco!”

“Si, sei noioso”, ripeté.

“Dammi la bottiglia, Lea. Casomai te la ridò indietro quando sarai un po’ più lucida.”

Vide Lea bloccarsi e guardarlo con rabbia e disperazione.

“Non dirlo.”, disse sottovoce.

“Cosa, Lea?”, chiese confuso. Non aveva detto nulla di strano; allora perché scaldarsi così senza motivo?

“Non dirlo!”, iniziò a urlare iniziando a piangere, “non parlare come Cory!”

“Lea calmati. Non piangere”, disse Finn provando a calmarla. Mai come d’ora si era sentito impotente. Non sapeva che fare e Lea non stava ragionando.

“Io piango quanto cazzo voglio!”, urlò ancora facendo cadere a terra la bottiglia che aveva in mano frantumandosi a terra e ferendosi a una mano.

“Non muoverti, Lea. Cerca di fare un respiro profondo.”

Vide Lea rispondere ai suoi ordini mentre si avvicinava a lei spostando con i piedi i pezzi di vetro. “Ascoltami. Hai i tuoi amici e hai me. Riusciremo ad uscirne. Non ti dico che lo dimenticherai ma proveremo a farti ritornare un po’ serena con te stessa perché continuando a ferirti non lo riavrai indietro.”

“Perché ti comporti così?”, chiese

“Non c’è un perché. Ho sempre aiutato le persone.”, disse prendendo la mano di Lea che continuava a sanguinare per un pezzo di vetro che si era conficcato nella mano.

“Ti sei ferita. Adesso ti curo e poi vai a riposare, okay?”

Lea annuì e Finn la prese in braccio facendole evitare di calpestare i pezzi di vetro e la portò in bagno medicandola; poi, portandola in camera, le diede del tempo per cambiarsi. Intanto lui si mise a sistemare il disastro rimasto in soggiorno.

 

Poco dopo vide tornare in soggiorno e lo guardò con occhi smarriti e colpevoli di qualcosa di ingiusto.

“Non dovevi”, disse.

“Ti senti meglio?”

“Brucia un po’”

Finn sorrise cercando di farla sentire a suo agio. “Vuoi che ti preparo una tazza di tè? Con Rachel funziona quando beve qualche bicchiere di troppo”

Scosse la testa. “No. R-Rachel è la tua ragazza?”

“Sì, è la mia ragazza.”

“L’ami tanto?”

“Più della mia stessa vita”, rispose senza esitazione. Non sapeva perché Lea gli aveva fatto quella domanda ma non importava più di tanto.

La vide portare le piccole mani alla testa e fare una smorfia di dolore, “ho un mal di testa allucinante”

“Forse è meglio che ti vai a riposare”

“La camera degli ospiti è libera. C’è tutto, anche il pigiama se vuoi”

“Grazie”

“Buonanotte Finn”

“Buonanotte Lea”
_______

Angolo delle Laras
 

Oddio, finalmente sono riuscita a scrivere e sposare il ventiduesimo capitolo - sto prendendo una piccola pausa dal mio 'studio matto e disperto'. chiedo e chiediamo perdono per questa pausa di due settimane ma siamo prese con le bombe letteralmente. sono due settimane di fuoco e vorrei decisamente spararmi un colpo - credo che anche Lars vorrebbe fare la mia stessa fine.

Comunque, passiamo al capitolo. siamo ritornati nel sogno dove è ancora intrappolata e per ritornare da Cory deve innamorarsi di Finn e non è per niente facile perché lei ama immensamente il suo ragazzo.
Finn lo amo, decisamente. credo che sia l'uomo più dolce e disponibile di questo mondo e vorrei averne uno anch'io (anche un Cory Monteith mi va bene uu). Lui è un personaggio che scorre sulla mia tastiera con molta facilità; è lui a comandare me e mi cambia tutte le scene che mi ero preparata.
Lo adoro e tutti dovrebbero amarlo, soprattutto in questa quarta stagione. si sta facendo valere e non solo come il ragazzo di Rachel.
so, mi sto perdendo in chiacchiere, decisamente. quindi vi ringrazio tutti e ci sentiamo presto con il prossimo aggiornamento.

Lara (persempretusarai) Lara (Nano)
  
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