Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: RecklessElf    17/12/2012    0 recensioni
Il tempo scorre lentissimo, e Dublino mi manca da morire, ma non è certo una novità,questa.
(...)
«Capisco. Ce l’hai una band ?»
Una band? Stava scherzando? Certo che no! L’avevo avuta, tempo prima, quando le cose erano ancora completamente diverse.
(...)
«L’avevo intuito, ti spaventi solo a parlarne, di suonare! Non capisco..» esclamò Eric, alzando un po’ la voce. Il professore ci guardò entrambi malissimo, richiamandoci. Dopo qualche minuto riprese.
«Tu dovresti farti un giro a qualche concerto. La musica buona la ascolti, ma dannazione..la tua energia dov’è? Non ti verrebbe voglia di suonare un po’..»
«Guarda che la voglia di suonare ce l’ho, tu stai parlando senza nemmeno conoscermi! Credi che io non suoni mai? Se non vado in giro a urlarlo ai quattro venti e non ne parlo così volentieri ho i miei motivi, credimi. »
Sebastian ed Eric, Eric e Sebastian. Due personalità opposte con un passato difficile da dimenticare, che si incontreranno quasi casualmente. La musica come filo conduttore della storia.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Capitolo IV- Ramble On

Le foglie stanno cadendo,
é tempo che io vada.
Grazie a te, ti sono molto grato
per una così piacevole permanenza.
Ma ora devo andare.
La luna d’autunno m’illumina la strada.
A volte divento così stanco, ma ora c’è una cosa che devo fare…

Vagabondare, e ora è il momento,
il momento è ora, di cantare la mia canzone.
(Ramble On- Led Zeppelin)



Secondo giorno di scuola, un nuovo giorno.
Ma chi ha voglia di andare in quello stupido edificio? Io no di certo. L’unica nota positiva che riesco a trovare è vedere Eric Weymouth.
Perché, lo ammetto, quel ragazzo mi incuriosisce terribilmente. Sono tentato di dirgli subito che sono il ragazzo con cui chatta da mesi,
ma prima voglio osservarlo ancora per un po’.
Il mio umore migliora leggermente, e mi rendo conto che Marjane ha ragione, un amico come Eric mi farebbe  bene.
 Ma ecco che i ricordi tornano a travolgermi come un fiume in piena, ricordi di gente e luoghi troppo lontani, ricordi allegri su cui non voglio più soffermarmi,
perché di essi è rimasto giusto qualche granello di polvere, che tengo inutilmente stretto nella mente.
Ma mi fanno sentire in colpa, questi granelli di polvere. Mi fanno sentire come se non avessi più via di uscita, come se non avessi altra scelta che tenerli con me,
e unirmi a loro, al posto di dimenticare ed andare avanti.
Il primo giorno di scuola della seconda media mi è rimasto impresso almeno quanto quello in cui abbiamo formato il gruppo, io, Richard e Marjane.
E' stato quello il primo giorno in cui decidemmo di fiondarci finalmente nel mondo della musica, affrontando una sfida che per noi era enorme.
I volti dei miei amici li rivedo in quelli di tutti gli altri.          
Il sorrisetto beffardo di Rick, gli occhi scuri e curiosi di Marjane, persino i riccioli castani di mio padre, li rivedo ovunque.
E Richard mi manca, mi manca troppo per poterlo sopportare.
 
.
Era un mattino tiepido. Un pallido sole color mandarino si nascondeva timidamente tra le nuvole grigio chiaro, e la pioggia aveva finalmente smesso di scrosciare
incessantemente sul terreno umido e fangoso.
Sebastian era seduto in un banco accanto alla finestra, gli occhi fissi sul verde paesaggio che circondava l’edificio scolastico, e le mani intrecciate, che tormentava
impaziente.
Era ormai giunto l’autunno, e le foglie secche degli alberi, dai toni caldi e accesi, svolazzavano sul prato, mosse da una leggera brezza, come coriandoli nel vento.
Sebastian sorrise tra sé e sé, e la sua mente, come al solito, volò subito alla musica.
Gli sarebbe piaciuto, prima o poi, comporre un brano che riguardasse l’autunno, la sua stagione preferita.
Già si immaginava un basso che, con un ritmo ordinato, scandiva i passi di un possibile viaggiatore perso in un bosco. La batteria erano i tuoni del temporale,
quando veniva percossa con forza, era le gocce di pioggia quando veniva leggermente picchiettata.
La chitarra, con le sue elaborate melodie, poteva ricordare il suono melodioso del vento, mentre la voce del cantante era il narratore, che descriveva le sensazioni
provate dal protagonista della canzone, il viaggiatore nella foresta autunnale.
 
Il suono acuto di una campanella interruppe il flusso dei pensieri del ragazzo, che si alzò in piedi di scatto, affrettandosi ad uscire dall’aula.
Richard lo aspettava fuori dalla porta, e lo salutò con un ampio sorriso, correndogli incontro.
«Dio, che palle la scuola! Come vorrei tornare in vacanza! Hanno già iniziato a chiedere i compiti.. come se io li avessi fatti, poi!» esclamò il ragazzo con una
smorfia indispettita, sgranando gli occhi castani e corrugando il labbro.
Sebastian rise, stringendosi nelle spalle e indicandogli le scale.
«Andiamo da Marjane? Mi ha detto che è al piano di sotto.»
«Certo! Wow, è strano pensare di averla qui a scuola, adesso. Chissà se le piacciono le medie?»
 
I due amici corsero giù per le scale, fino a raggiungere l’aula dell’amica.
Marjane era in mezzo al corridoio, con aria piuttosto stizzita, intenta a discutere animatamente con un ragazzo, presumibilmente suo coetaneo.
«Sei carina, sul serio! Sei la più carina della classe. Ecco perché voglia che tu esca con me.»  disse seccamente il ragazzo, incrociando le braccia, scocciato.
Marjane gli rise in faccia senza tanti complimenti, scuotendo il capo.
«Ma se non mi conosci neanche! E poi guardami, ho undici anni!»
«Sì, ma te l’ho detto, sei così carina che posso anche far finta di dimenticarmi che sei una straniera, solo per te!»
Il ragazzo appoggiò la schiena contro il muro, senza nemmeno guardare Marjane in faccia, gli occhi incollati a un costoso cellulare mentre masticava
rumorosamente una cicca, a bocca aperta.
Rick lo scrutò con evidente scetticismo: era vestito con abiti firmati da capo a piedi, e portava i capelli tagliati corti, a spazzola. Il suo viso,dai lineamenti
forti e marcati,sarebbe potuto essere considerato bello e regolare, eppure lui non vedeva altro che una faccia da schiaffi grande come un aereo.
Marjane incrociò le braccia, fissando il ragazzo con un sorriso di sufficienza, e sospirò a lungo.
«Mia madre è iraniana, sì. I suoi genitori l’hanno mandata all’estero quand’era giovanissima,perché da loro c’era una guerra terribile.
E’ qui da tanti anni, poi si è sposata con mio padre. Ma tu che cavolo vuoi capirne, marmocchio viziato? »
A quelle parole il ragazzo sembrò vagamente intimidito, tuttavia non si scompose. Finse un’aria spavalda, alzando le spalle con una grossa smorfia,
e assunse un tono di voce offeso, cosa che divertì ulteriormente Marjane.
«Sei comunque una stupida straniera, e sai una cosa? Tanto meglio se non esci con me, sfigata!»
 
Rick e Seb, che avevano osservato la scena da un paio di minuti, si fecero avanti, e finalmente Marji notò che anche i suoi amici erano lì con lei.
«Ti prego, continua a divertirci con i tuoi originalissimi insulti, dai!» disse Richard con un sorrisetto di scherno, guardando il ragazzo negli occhi.
«E fattene una ragione, se non esce con te. » aggiunse Sebastian «Certo, devi capire che se sei così stupido è anche difficile prendere sul serio le tue proposte.»
Il ragazzo ammutolì per una manciata di secondi, per poi scoppiare in una fragorosa risata, e guardare Marjane.
«E questi due capelloni chi sarebbero? Begli amici, due finocchi.»
«Certo, io e Sebastian siamo felicemente sposati da dieci anni, non lo sapevi?»
«Dobbiamo celebrare presto le nozze d’oro! Tu ci sarai, vero?»
Rick e Sebastian si stavano divertendo un mondo a prendere in giro quel ragazzino insopportabile, e non facevano altro che ridere, tuttavia lui non
sembrava di umore altrettanto allegro.
«Ahahah, molto divertenti! Davvero, andatevene tutti a cagare!»
«Ma vacci tu, piuttosto! Che razza di problemi ti fai? Ti stanno antipatici gli stranieri, ti stanno antipatici i gay..oh, beh, tanti saluti, allora.
Però faresti bene, una volt tanto, a tapparti quella fogna.»  replicò Richard  senza scomporsi, alzando le spalle.
Il ragazzino, non trovando più altre parole adatte, si gettò improvvisamente contro Rick, piantandogli un pugno nello stomaco.
Richard si piegò leggermente su sé stesso, con un gemito di dolore, e Sebastian si affrettò ad afferrare il ragazzino per i fianchi, con tutta la forza
che aveva nelle braccia esili, strappandoglielo di dosso.
Il ragazzino si dimenava come un piccolo cavallo imbizzarrito, ma Sebastian si sforzava di tenerlo fermo, mentre Richard stava per accorrergli in soccorso a sua volta.
«Corro a chiamare un professore!» sbottò Marjane, terrorizzata, ma cosciente che quell’avvertimento sarebbe bastato a calmare il piccolo bulletto.
Come volevasi dimostrare, a quelle parole il ragazzino si fermò improvvisamente, smise di tirare calci e guardò le tre figure davanti a lui con muta e disperata rabbia.
Era ancora troppo piccolo, credulone e debole per non spaventarsi al possibile richiamo di un insegnate, e Marjane l’aveva capito subito, nonostante lo conoscesse solo da poche ore.
«Ecco, allora non rompere più a Marjane.» disse Sebastian, allentando la presa sui fianchi del ragazzino, che annuì debolmente.
«Non dite niente ai prof! Se non ho un buon voto in condotta gli insegnanti non mi regaleranno mai un cellulare più figo di quello che ho!»
 
Nessuno dei tre amici replicò, si limitarono ad alzare le spalle con un ghigno, girare i tacchi ed andarsene, scoppiando poi in una fragorosa risata, lasciandolo il ragazzino solo ed irritato a fissarli in mezzo al corridoio.
 
«Iniziamo già con gli spasimanti, eh, Marji? Furbacchiona!» fece Rick, ridacchiando, anche per sdrammatizzare.
Marjane sgranò gli occhi scuri con una smorfia disgustata, per poi scuotere il capo con forza e ridacchiare anche lei.
«Bah, preferisco diventare una zitella piena di gatti piuttosto che uscire con un simile scemo!»
«No, tranquilla, ci saremo sempre io e Rick a portarti la spesa e passare l’aspirapolvere in casa tua, vecchietta!»
Marjane scoppiò a ridere, e diede una leggera gomitata nelle costole di Sebastian.
«No, no, no! Sarò una brava vecchietta energica, che suonerà la batteria tuuuutto il giorno!»
La campanella suonò improvvisamente, proprio quando Richard, Marjane e Sebastian stavano uscendo in cortile.
«Ma come?! Di già?» esclamò Marjane,delusa e sorpresa.
«Eh, alle medie la ricreazione dura pochissimo! A dopo, Marjii!» rispose Richard, affrettandosi a raggiungere la sua classe, di fianco a quella di Seb, che rientrò con più calma.
 
Le ore di lezione trascorsero scorrevoli, veloci.
Il primo giorno di scuola, se non addirittura la prima settimana, erano piuttosto leggeri.
Se solo avessero abolito l’ora di educazione fisica, pensò Sebastian con una punta di sarcasmo. Metterla il primo giorno di scuola aveva reso felici
la maggior parte dei suoi compagni, ma assolutamente non lui.
Non era male nella corsa, perché era abbastanza veloce, ma nelle altre attività si sentiva un disastro completo, soprattutto ginnastica artistica.
E poi veniva quasi sempre scelto per ultimo nelle squadre. Lo imbarazzava da morire, quella cosa, e sinceramente non ne capiva nemmeno il motivo.
Non era un completo sfacelo in tutti gli sport, eppure non lo chiamavano mai.
Sembrava quasi sempre che la gente lo evitasse, che non si accorgesse della sua presenza, e che quando si rivolgeva a lui lo facesse solo per rimproverarlo per sciocchezze.
«Sebastian, sei scemo? Cosa ci vuole a prendere una stupida palla? Ci hai fatto perdere!»
«Sebastian, ma ci sei o ci fai? Perché hai sempre la testa fra le nuvole?»
Insomma, per fortuna che a Richard e Marjane non importava che lui andasse bene negli sport, che amasse giocare a calcio o che avesse l’ultimo
modello di cellulare, l’unica cosa che importava a loro era stare insieme senza farsi troppi problemi, ed era per questo che Sebastian li adorava.
 
 
 

«Oggi avete da fare?»
La voce di Rick risuonò allegra, come al solito, e interruppe il breve silenzio che si era creato tra i tre amici mentre ritornavano a casa insieme,
camminando in una strada larga e poco trafficata.
«Io no, hai già qualche idea?» rispose Marjane, anch’essa di ottimo umore.
«Eccome! Ho letto che in un posto in centro..Eden, mi pare si chiami, organizzano concorsi di musica, e via dicendo. Una sera, verso Maggio, alcune band
si esibiranno. I miei chiaramente non vorranno che io partecipi.» mormorò Richard, dopo qualche istante di riflessione.

Subito dopo, il suo viso assunse un’espressione altezzosa, e, gesticolando ampiamente con le mani, il ragazzò andò ad imitare perfettamente il tono di voce dei propri genitori.
«Riiiichard! Per l’amor del cielo, ma la vuoi piantare con queste scemenze? Ma pensa a studiare che devo far bella figura con gli amici!
Riiichard, ascolti musica da saaatanisti! La musica rock è la musica del diavolo, ommmmmiodddio,chiamiamo un esorcista!Cantare a un concorso?
Manco per sogno! Il coro della chiesa, questo è l’unico posto dove accetteremo vederti cantare!»
I due amici, di fronte a quella scena, non si riuscirono a non a ridere, nonostante purtroppo conoscessero veramente il carattere ossessivamente opprimente dei
genitori di Richard, che non si discostava poi così tanto da quell’imitazione.

Richard sorrise, per poi aggrottare leggermente la fronte. «Ma sinceramente non me ne frega niente se a loro non va. Io ci andrò di nascosto, ma non da solo. Solo con voi due. E’ la nostra occasione, ragazzi! Per il nostro gruppo! Naturalmente non vi obbligo, ma a me piacerebbe tantissimo!»
Marjane e Sebastian non nascosero la loro sorpresa.
Un concerto, un’esibizione di fronte a chissà quante persone! Non era certo una cosa da poco. Sebastian già si sentiva preoccupato.
Lui che si vergognava anche soltanto a parlare con la maggior parte delle persone, lui che si preoccupava che la gente trovasse qualcosa che non andasse in
lui ogni volta che lo guardava, avrebbe dovuto suonare di fronte a della gente, confrontarsi con altri gruppi. Era senz’altro una bella sfida. Ma Richard aveva ragione,
era un’occasione ottima. Forse, con molte prove, avrebbero raggiunto un livello tanto buono da permetter loro di partecipare.
«Maggio? Ma occorre iscriversi subito? »
«Non ne so nulla. Ho visto soltanto dei volantini ieri sera, vicino a casa mia, appesi a dei lampioni, sui muri..ce n’erano un bel po’, e ne ho preso uno.
A casa ce l’ho e posso portarvelo, così vediamo un po’ l’indirizzo del teatro, e magari andiamo direttamente là a controllare. Non ho avuto il tempo di dirvelo oggi a scuola,
ma insomma, ora lo sapete! » replicò Richard, visibilmente emozionato.
«Ma che cos’è questo Eden, scusa? Non l’ho mai sentito, è un gran teatro, un conservatorio, un pub, un circolo..?» chiese Marjan, perplessa.
Sebastian, a quel punto, si accorse di essere stato tanto preso dall’idea del concorso da non aver nemmeno fatto caso al nome del luogo dove si sarebbe tenuto.
Cos’era, un conservatorio? Ci sarebbero stati giudici pignolissimi? O era un locale gigantesco dove suonavano i migliori gruppi della città?

«Ah, è un teatro, cinema, insomma, un posto che ha un palcoscenico e dove occasionalmente ci sono anche film, non so se mi spiego.» rispose Richard, con una risata.
«Ma sicuro l’iscrizione sia permessa agli estranei? E tra l’altro siamo..beh, piccoli. Andiamo ancora alle medie. A te non sembrerebbe strano?» chiese Sebastian, apprensivo.
Richard alzò le spalle, noncurante.
«Certo che sembrerebbe strano, come minimo gli altri saranno molto più grandi, ma dunque?»
«E se non ci fanno iscrivere?» aggiunse Marjane, dando man forte ai dubbi di Sebastian.
Richard, a quel punto, guardò i due amici con una smorfia divertita, scuotendo il capo vigorosamente, e battendosi una mano sulla fronte in un gesto quasi teatrale.

Ormai aveva raggiunto la propria casa, più vicina alla scuola di quelle di Marjane e Sebastian, e si allontanò da loro con una corsa, fino a raggiungere il cancello
che lo avrebbe condotto all’abitazione. Non si risparmiò una sonora pernacchia, prima di scomparire tra le siepi incolte che circondavano il giardino,
e di fronte alle espressioni perplesse dei due ragazzi sospirò con un sorriso rassegnato.
«Siete il gruppo più apprensivo del mondo!»
«E vorrei ben vedere, sarebbe il nostro primo live!» replicò Marjane, con un sorriso indispettito.
«Allora oggi pomeriggio diamoci da fare.» propose Sebastian con un tono deciso, che raramente utilizzava. «Andremo a questo teatro, e capiremo cosa dovremo fare a questo concorso, insomma. Quante canzoni dovremo cantare, e queste cose qui. Non trovate sia una buona idea?»
«E’ un’ottima idea!» concordò Richard, e Marjane annuì a sua volta, con un gran sorriso.
Pochi istanti dopo, senza preavviso, Richard finalmente rincasò, e, aperto il cancelletto, rivolse un ultimo cenno di saluto ai due amici,
che tornarono sulla propria strada confabulando tra loro opinioni entusiaste, elettrizzate su quell’evento annunciato da Rick, che in quel momento gli appariva come la cosa più importante del mondo.


Non passarono molte ore che i tre amici erano di nuovo insieme, ad attendere con impazienza il pullman che li avrebbe condotti in città nel giro di pochi minuti.
Non che conoscessero bene le dinamiche degli autobus, o le tappe che avrebbero dovuto compiere per arrivare a quel teatro di cui conoscevano soltanto il nome,
ma chiedere ad un adulto di accompagnargli sembrava fuori discussione.
I genitori di Richard non avrebbero neppure dovuto sapere, di quel concorso, erano già insofferenti del fatto che il loro figlio suonasse con “quei ragazzini strambi”,
come li avevano definito loro.

I genitori di Marjane erano invece entrambi gentili e accondiscendenti, ma poco presenti durante il pomeriggio.
Marji era spesso a mangiare da Sebastian, nonostante la madre di lui non ne fosse poi così entusiasta. Impossibile chiederglielo.
E la madre di Sebastian, per l’appunto, non li avrebbe certo accompagnati col sorriso sulle labbra, e lo avrebbe rinfacciato al figlio per almeno qualche giorno.
Il padre di Sebastian ancora non lo sapeva, e, nonostante sarebbe stato certamente il più indicato per accompagnarli, in quanto musicista, in quel momento non c’era.

Ma anche aspettare oltre era fuori discussione. Non stavano più nella pelle, e, in un modo o nell’altro, il luogo lo avrebbero raggiunto.

La loro giornata proseguì con venti agitati minuti di autobus, durante i quali Richard si scervellava a cercare di trarre più informazioni possibili dal
volantino stropicciato che teneva tra le mani, decifrando ad alta voce un’arzigogolata mappa e ripetendo i nomi di vie e strade come a volerseli imprimere per bene nella mente.
Una volta scesi alla fermata che gli pareva meno distante dal misterioso bar che avrebbero dovuto trovare, un intreccio di strade ed edifici, rumori e suoni,
vento freddo e automobili accolse i ragazzi non appena misero piede al di fuori dell’autobus, che si affrettarono poi a raggiungere il marciapiede meno distante, appartandosi in un angolo tranquillo per discutere un istante sul percorso che avrebbero dovuto compiere.

Tuttavia, non poterono evitare, almeno per qualche istante, di guardarsi in giro con un sorriso soddisfatto, erano riusciti da soli ad arrivare nella grande città, ed era soltanto l’inizio di ciò che presto avrebbero affrontato, e li rendeva così impazienti ed emozionati.
Dublino, ai loro occhi, era un luogo allegro ed accogliente, nonostante il consueto clima nuvoloso e rigido.
L’aria stessa sembrava impregnata di vita, e allo stesso tempo spazzar via i pensieri più negativi, per lasciar spazio ad altri, più freschi e sereni.
I tre amici sembrarono essere subito coinvolti da quell’atmosfera, fiondandosi con passo rapido per le strade principali, dopo aver osservato frettolosamente la mappa che Richard teneva stretta tra le mani, quasi a volerla custodire gelosamente.

Quel loro spavaldo entusiasmo sarebbe potuto risultare buffo agli occhi di un adulto, si sarebbe quasi potuto ridere di fronte a quei tre ragazzini che correvano per le strade quasi ne valesse della loro stessa vita. Ma alla loro età, il bello stava ancora nell'ebbrezza costituita da tutte quelle cose che apparivano nuove e fuori dal comune, quei venti contrastanti
che s'abbattevano contro gli statici schemi che alcuni adulti gli propinavano, il loro sogno che inseguivano.
Ogni piccola novità era un segnale di libertà.
Il cielo era di una luminosità insolita, quel giorno, non c’era nemmeno una nuvola a interrompere la continuità di un azzurro pallido, rischiarato da un tiepido sole autunnale.
Si stava bene, di Autunno. Sebastian lo adorava. Sembrava sempre di essere avvolti in una crisalide di foglie e vento, un vento freddo che scuoteva ogni cosa,
dalle fronde degli alberi ai cappotti della gente, ma che a lui appariva come un essere invisibile che salutava tutti con la sua strana carezza.
E in quegli istanti il mondo sembrava infinito sia sotto che sopra di loro, tutte le possibilità danzavano loro attorno come piume nel vento, ed era come se stessero solo aspettando un soffio di vento più forte che li sollevasse in aria, a volare.

Per raggiungere il locale chiamato Eden fu necessaria una mezzora buona. Le vie di Dublino potevano essere intricate come una matassa di fili di spago, o larghe, spaziose ed accoglienti, e trovarlo, nonostante l’aiuto della mappa, non fu affatto semplice.
Fu Sebastian a riconoscere per primo il nome della via, e in seguito quello del locale, indicato su una vecchia insegna di legno sbrecciato, a caratteri chiari su sfondo scuro.
«Qui, in questa strada, ragazzi!» urlò il biondo con aria trionfante, avvicinandosi con una breve corsa all’insegna, per riuscire finalmente ad individuare il luogo desiderato.


Giunti vicino al locale, I tre ragazzi lo osservarono per qualche istante, cercando di vincere l'impazienza di fiondarsi al suo interno.
Più che un teatro ricordava un vecchio pub, un ampia vetrata rivelava l'aspetto della sala principale, da cui si diramava poi una fitta rete di corrodoi.

Le sue pareti erano completamente tappezzate di manifesti, mentre le mura esterne avevano un aspetto leggermente decadente, il legno delle travi
che si incrociavano sopra all'intonaco bianco era leggermente consunto, la pittura nera che lo ricopriva era quasi completamente scrostata.
Eppure, nonostante l'aspetto antiquato e vagamente sciatto, quel luogo aveva anche qualcosa che rimandava alla tradizionalità, somigliava così tanto a
quelle case tipiche dell'Irlanda antica, dando cosí un senso di accoglienza, di particolarità.

Marjane spalancò la porta del locale senza preavviso, entrando finalmente in quel piccolo mondo fatto di musica e sfide, seguita subito dopo dai due amici, che si lasciarono immediatamente coinvolgere dall'atmosfera tesa del luogo, in cui si sentivano le melodie e le voci provenienti da un'altra stanza, e in cui dovettero solo attendere che qualcuno venisse a interellare loro, con il cuore in gola e la gioia alle stelle.
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: RecklessElf