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Autore: OmbraSmagliante    17/12/2012    1 recensioni
Questa è una storia. Una storia a tratti vera, a tratti no. Non è a capitoli. E' a emozioni. A volte saranno tratti narrati, a volte lettere. Letti in fila, questi pezzi di vita, daranno una storia. Spero vi piaccia.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Ritorno al passato, un passato ancora più remoto dell'inizio di questa storia. O meglio, nella metà.

Ricordo benissimo il 17 aprile. Come fosse ieri. E lui? Molto probabile. Tutto iniziò per colpa di un auto. Un auto qualunque, in una città qualunque.


Centro di Trento, 8 e mezza di una mattina parecchio incerta, nuvolosa.
Lui era semplicemente se stesso, se ne andava per la strada, diretto all'università e completamente ignaro del suo Destino. Del resto, alle 8 di mattina e dopo aver lavorato tutto il giorno precedente, era ancora addormentato. Ma questo non fu importante per lo svolgersi degli eventi. 
Era tutto premeditato. La macchina aspettava, silenziosa e vigile. Aspettava il suo uomo. Un ragazzo sui 20 anni, giocatore di calcio. Era proprio questo il motivo. Giocatore di calcio: la macchina (o meglio, il conducente) erano stati appositamente pagati per infortunarlo. 
Lui, ignaro, era bellissimo. E vivo. Immensamente vivo. Sentì il rumore dei freni e la gente urlare, ma stava attraversando la strada, di certo non poteva aspettarsi di essere investito in pieno sulle strisce pedonali.
Il buio. Quello se lo ricordava bene. Seguito dalla paura e dall'emozione del volo provocato dall'impatto. E, appena prima di toccare terra, il suo ultimo pensiero prima di svenire. Lei. Bella, sorridente. Il volo terminò con un sorriso.


Lei era annoiata. Parecchio. Quella mattina la lezione di matematica sembrava non finire mai. Erano già le 9.30, eppure la campanella che segnava la fine del primo tempo non si decideva a suonare.
Suonò, o meglio vibrò, qualcos'altro e, ripensandoci dopo la fine di questa storia, avrebbe voluto non suonasse mai.
Era il suo telefono. La sorella di lui. Beh? A quell'ora? Aveva appena risposto al suo messaggio, sicuramente le era partita la chiamata per sbaglio. Comunque, suonò la campanella e saettando in bagno riuscì a rispondere prima dell'ultimo squillo.
"Pronto?"
"Non sai cos'è successo! Oddio, oddio! E adesso, con che coraggio te lo dico?" finita la frase a stento, scoppiò a piangere,
"Marianna? Cos'è successo?"
"Mio fratello è stato investito da un auto poco fa in centro a Trento. E' grave."
Tutto si aspettava, ma non questo.
"Arrivo."
"Come? E... come fai? Dovresti prendere il treno e..." riattaccò. 



Un'ora dopo, era in treno. Ancora stentava a crederci. La chiamata al padre, la sua assoluta fiducia. La sua comprensione e la sua premura sul fatto dello stare attenta. Era venuto a firmare per poterla farla uscire. Ferma a Bologna, aspettava il treno che l'avrebbe fatta giungere al suo posto.


Freddo. Tanto freddo. E vuoto, tutto intorno a sè. Voci. Indistinguibili, incomprensibili. Dolore, all'altezza dell'addome. E lei, lei così splendida e dolce. Lei... adesso incominciava a rimpiangere tutte le cose che non le avrebbe mai detto. Urlò il suo nome. E ancora e ancora. Le voci si erano zittite.



"Pronto?"
"Dove sei?"
"Sto arrivando."
"Lui non fa altro che urlare il tuo nome. I medici han detto che gli farebbe bene sentire la tua voce, la tua presenza. Cerca di fare presto." aveva la voce di qualcuno che nonostonte il peso degli eventi non si concede il pianto ma lotta.
"Sto arrivando."
"Ti prego, muoviti. Gli urli che fa sono strazianti."
"Non potrebbero sedarlo?"
"Devono aspettare. Se ha un'emorragia interna, peggiorano la situazione. Avrebbero bisogno si tranquillizzasse."
"Sto arrivando."
   
 
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