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Autore: OmbraSmagliante    17/12/2012    1 recensioni
Questa è una storia. Una storia a tratti vera, a tratti no. Non è a capitoli. E' a emozioni. A volte saranno tratti narrati, a volte lettere. Letti in fila, questi pezzi di vita, daranno una storia. Spero vi piaccia.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Freddo. Sempre più freddo. I ricordi sbiaditi scorrevano nella sua mente, come cavalli impazziti che galoppano al vento, così, senza nessun filo logico i pensieri si attorcigliavano gli uni agli altri. E il suo viso era sempre lì, pronto a farlo sentire in colpa, in colpa per un amore non dato: non per scelta, ma per amore stesso.
Il dolore acuiva i suoi pensieri e rat
trappiva i suoi sensi, ancora sentiva le voci. Non sapeva bene se nel suo subconscio o se nella realtà, ma sentì la sorella dire: "Sta arrivando" e la madre rispondere: "Vado a prenderla".
Realtà e visioni si mescolavano le une alle altre, ma da quel momento, incominciò a sperare. Se c'era lei, tutto sarebbe stato facile. Se c'era lei, era sempre facile.



Un incubo senza precedenti era il vortice in cui si erano trasformati i suoi pensieri. L'angoscia di ricevere una telefonata dove le dicevano che non c'era più nulla da fare, il dolore per la condizione in cui si trovava lui e la consapevolezza di poter cambiare le cose.
"Si avvisano i signori passeggeri che stiamo per arrivare a Trento Nord."
Finalmente. 
Scesa dal treno, ad aspettarla trovò la madre di lui. Non ci fu bisogno di parole, nè nella stazione nè durante il viaggio per raggiungere l'ospedale. 
Aveva paura.



Non sapeva se avrebbe resistito. Il dolore era così forte, era come se tutto il suo essere stesse protestando contro la vita e la morte stessa premesse per abbracciarlo con le sue braccia calde. Non doveva cedere.



Erano arrivate. Si precipitò fuori dall'auto e corse come non aveva mai corso in vita sua. Non faceva fatica, volava. Era un angelo in quel momento. Il suo angelo. "Resisti, sto arrivando" disse a bassa voce.



Il suo angelo sorrideva. Sorrideva in modo dolce, caldo, un sorriso pieno di promesse. "Resisti, sto arrivando." "Fai presto, scricciolo."



Su per le scale e poi destra, sinistra e ancora destra. Uno scivolone finale quando raggiunse l'estremità del corridoio emergenze, dove una folla di persone era silenziosa e immobile, come in attesa di un segno.
E il segno era lei.
"Muoviti, entra!"



Non ce l'avrebbe fatta. Era la fine.



"Non... come sta?"
"Malissimo. Continua ad urlare e si contorce dal dolore."
Si aprì la porta della camera. Ne uscì un dottore, il volto cupo.
"Temo ormai stia per lasciarci."
"NO! Mi lasci provare, la prego!"
"Sei la sua ragazza?"
"No, io..."
"Allora no, mi spiace. E' tutto il tempo che urla il nome della sua ragazza, e posso fare un'eccezione solo per lei."
"Ma è lei quella ragazza!" a parlare, erano stati i suoi amici. 
"Vai, e riportalo qui. Tienilo stretto alla vita."
Entrò.



Un tunnel. La luce in fondo. E un senso di risucchio verso il basso, come quando si cade in un incubo e ci si sente mancare, svegliandosi poi e dandosi degli stupidi per la paura avuta.
Ma stavolta, non ci sarebbe stato il risveglio.



La camera era illuminata da una luce soffusa. Lui giaceva nel letto, immobile e pallido, fasciato e imbrattato di sangue.
Le lacrime solcarono il suo volto, ma ora toccava a lei, doveva essere forte. Le sue urla erano diminuite, le sue guance erano rigate dalle lacrime. Si dimenava ancora, ma sempre più debolmente ogni secondo che passava.
Urlò il suo nome. Lei gli prese la mano e la strinse con forza.
"Sono qui! Sono arrivata!"



Quella era la sua voce. Avrebbero potuto passare anni, e l'avrebbe comunque riconosciuta. Strinse la mano, per farle capire che c'era.



"Ascoltami, devi calmarti! Devono operarti e se reagisci così, non possono farlo... ti prego, combatti! Non posso perderti, lo sai, senza di te non resisto un giorno! Non posso..." la sua voce si spezzò a metà.



Per tutto il tempo in cui aveva parlato, lui aveva cercato di reagire, ma non ce l'aveva fatta. Furono i suoi singhiozzi a dargli forza. Lei aveva bisogno di lui. 



Piangeva senza ritegno. Lui non dava segni di vita. Lei era inutile.
"Non... mi... lasciare... la mano."
Tirò su la testa, di scatto. Incontrò i suoi occhi, profondi, di quel marrone caldo che tanto la affascinava. Velati di dolore, la guardavano come se fosse la salvezza.
"Non lo farò. Mai."
"Promettilo. Ho... bisogno... di te..."
"Sssssh fai fatica a parlare, ora riposa, che ti operano."
"Scricciolo?"
"Dimmi."
"Sei... bellissima. E..."
"Si?"
"Grazie... per essere venuta."
"Dovevo."







Lo operarono, e lei si rifiutò di lasciargli la mano anche durante l'operazione. Figuriamoci poi per la convalescenza. Non accettava di lasciarlo un minuto, fino a che, dopo quasi 12 ore di veglia ininterrotta, la obbligarono a mangiare qualcosa e a lasciare il suo posto.


Aprì gli occhi. Era indolenzito, ma tutto sommato se la cavava. Si guardò intorno. La sorella emise uno strillò e gli saltò addosso.
"Stai bene! STA BENE!"
"Urla poco, mi fa male la testa."
E lei dov'era? Non c'era... si era sognato tutto. La verità lo travolse. 
"Perchè sei triste?"
"Niente... mi era sembrato... niente."
"Guarda che lei è andata a mangiare. E' stata al tuo fianco veramente, l'hanno obbligata i tuoi amici a lasciare il tuo 'capezzale', han dovuto portarla via di peso. Adesso torna, rilassati."
"Ma..." delle voci dal corridoio lo interruppero. 
"Eddai, ho mangiato! Fammi tornare da lui!"
"Dio, ragionare con te è impossibile! Dai, entra!"
Entrarono tutti e tre. Lei e i suoi due migliori amici.
Sorrise. Lei era bellissima. E quando lo vide, la gioia si espanse sul suo viso e la illuminò tutta. Era ancora più bella.
"Stai bene?" chiese lei, emozionata.
Gli altri uscirono. La parola privacy per fortuna non era loro sconosciuta. Lui le prese la mano.
"Ora si".
 
 
   
 
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