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Autore: xhugmeharoldx    17/12/2012    2 recensioni
Sunshine non era come il suo nome.
Aveva una storia che l'aveva fatta cambiare.
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-Lasciate soli Styles e Sunshine, forza!- Amy spinse fuori dalla stanza tutti quanti.
[...]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Lasciate soli Styles e Sunshine, forza!- Amy spinse fuori dalla stanza tutti quanti.
In effetti, si poteva intendere male quello che c’era tra me e Harry: eravamo seduti su delle sedie e io avevo la testa appoggiata per la stanchezza sulla sua spalla. Ma era solo amicizia, quella.
-Ma che stai facendo? Non dire cazzate, dai!- mi alzai.
-Fate i bravi!- ci raccomandò, appoggiata alla maniglia della porta.
-Amy, non rompere i coglioni.- le diede contro Harry. Lei chiuse la porta.
Il buio della notte inghiottì in pochi secondi la stanza.
-Harry? Dove sei?- strizzai gli occhi cercando di vederci di più.
-Segui la voce.
Quella voce la seguirei da qualche altra parte, pensai ridendo tra me e me.
Calda, bassa e roca. Sinceramente, dava un tocco più horror a quel posto.
Allungai la mano, cercando la sua. Trovai, però, una stoffa ruvida e ritirai la mano.
-La mia mano è più a destra, se è quella che cerchi!- ridacchiò.
-Forza Styles, andiamo dagli altri!- ottenni la mano, questa volta.
-Perché?- mi tirò verso di sé, arrivando a soffiarmi sulla fronte, -non ti va di stare un po’ con me? Poi la festa è noiosa.
Non aveva torto, in effetti. E stare con lui, da soli, non mi dispiaceva per niente.
Mi sfiorò il dorso della mano, poi la strinse e con il pollice accarezzò i polsi.
I polsi… No.
Tirai indietro la mano.
-Potrebbero capire male, di noi intendo-, tentai di cambiare discorso.
-Sun...- afferrò la mia mano. Svelto, tirò fuori dalla tasca il cellulare e fece luce sui polsi.
Cazzo.
Il suo sguardo mi trasmetteva tutta la disapprovazione possibile.
-Sun, mi vuoi spiegare cosa sono questi?
Ora compatimento.
-Non guardarmi così, non voglio la tua compassione. Non voglio né la tua, né di quella stronza dell’assistente sociale.
Mi girai verso la porta e uscii, singhiozzando. Velocemente, scesi al piano di sotto e andai fuori senza farmi vedere.
Il freddo iniziò a pungermi la pelle.
La pioggia iniziò a cadere.
Come se non fosse già abbastanza che io fossi sola per le strade di Londra, di notte, con solo un vestito addosso.
-Sunshine, fermati!
Era lui.
Mi trovai ferma in mezzo al marciapiede ad aspettarlo.
Perché? Non volevo vedere il suo sguardo interrogatorio e compatito.
Piedi, muovetevi cazzo!
Non obbedirono, però, fino a quando il riccio non appoggiò sulle mie spalle un giubbotto e mi porse la mia borsa.
-Vieni, andiamo a casa mia.
 
-Tieni, non voglio che ti prenda una polmonite.- mi lanciò dei pantaloni della tuta e una maglia. Mi cambiai in bagno.
-Grazie- sussurrai, mentre mi avvicinavo a lui, seduto sul divano.
-Cosa hai detto agli altri?- chiesi.
-Che saremo andati via; credo che abbiano pensato male.
-Non importa.
-Non eri preoccupata di quello prima?
-Non così tanto.
 
Silenzio.
Non parlammo per qualche minuto, persi a fissare il vuoto del salotto illuminato solo dalla lieve luce dei lampioni che penetrava dalle finestre.
 
-Ne… Ne vuoi parlare?
-Non ho niente da dire.
-Quindi ti tagli perché…
-Non lo so. E’ un bisogno. Mi fa stare meglio per qualche minuto.
-E quello che ti fa stare male è…
Cos’è? Una verifica?
-Mi stai prendendo per il culo, scusa? Lo sai. Lo sapete tutti. Mio padre è morto e mia madre è una drogata. I miei nonni paterni non ci sono più e non conosco quelli materni. Negli ultimi mesi ho vissuto a casa della mia assistente sociale che mi guarda ogni giorno con la stessa faccia. Non ce la faccio a resistere ancora per tanto. Non voglio più vivere con una perfetta sconosciuta. Non voglio sentirmi osservata in ogni momento mentre cammino per strada.
-Mi dispiace.
-Lo so.
Ritornai a lacrimare.
Si avvicinò e mi strinse, massaggiandomi la schiena e baciandomi la testa.
Affondai la testa nel suo petto, tremando.
-Scusa- mormorai, non allontanandomi.
-Per cosa?
-Ti ho bagnato tutta la maglia e ti ho rovinato la serata.
-La maglia la dovevo lavare, tanto. E non mi hai rovinato la serata, anzi! Grazie per avermi portato via di lì- sorrise.
-In realtà sei venuto tu da me.
-Beh, allora ho fatto bene.
Dieci minuti dopo, eravamo ancora nella stessa posizione.
Guardai l’ora, staccandomi di poco.
-Forse è meglio che vado, è tardi.- mi alzai.
-No, tu non vai da nessuna parte. Almeno questa notte non la passerai in casa di una sconosciuta!- mi tenne la mano, guardandomi negli occhi e alzandosi.
Era decisamente più alto di me: la sua bocca arrivava alla mia fronte.
Potevo sentire il suo respiro posarsi sulla mia pelle, accarezzandola.
Portò un dito sotto il mio mento e mi alzò il viso. Gli bastò piegare di poco la testa per arrivare a soffiare sulle mie labbra. Con un permesso dato da sguardi, chiuse gli occhi e poggiò la sua bocca sulle mia. Picchiettò la lingua sulle mie labbra, facendole schiudere e facendo diventare tutto meno casto.
Avevo paura, però.
Paura che tutto questo potesse finire dopo quella sera.
Paura che fosse lì solo perché gli facessi pena.
Paura che stessimo sbagliando tutto.
Paura che in un futuro potessimo diventare come i miei genitori. O come i suoi.
 
La mente fa brutti scherzi, a volte.
Collega cose che all’apparenza potrebbero non centrare niente l’una con l’altra.
Provoca sbalzi di umore inaspettati.
Ti fa ricordare cose che vorresti dimenticare.
 
Mamma e papà si stavano urlando contro da ore, ormai.
La causa? Papà era stressato per il lavoro e mamma si sottovalutava. Lui continuava a imprecare mentre lei gli diceva di smetterla.
-Vado a farmi un giro.
Papà aveva preso le chiavi della macchina ed era uscito sbattendo la porta mentre mamma gli urlava dietro di andare, così si sarebbe calmato.
Il problema è che quella sera lui non tornava più. Quando le sirene si erano fermate davanti a casa riempiendo l’atmosfera di luci blu, tutto il vicinato si era ributtato nelle strade e stava venendo a vedere cos’era successo.
-Signore Smith?- aveva chiesto il poliziotto dopo aver suonato.
-Si?- mia madre cercò di stare calma.
-Mi dispiace ma il signor Smith ha avuto un incidente.

 
I mesi dopo erano stati monotoni: lacrime, telefonate, visite, psicologi, mia madre che si drogava, non reagiva, non gli importava più della vita. Poi sono arrivati gli assistenti sociali. Poi sono arrivati i tagli.
 
Altre lacrime inondarono il mio viso.
-Ehi, ehi, che succede?- Harry si affrettò ad asciugarmi le guance.
-Non ce la faccio, scusa.
Corsi nella cucina, afferrando il primo coltello che trovai.
-Sunsh…- mi raggiunse, -Che stai facendo?- urlò.
Si affrettò a buttare il coltello lontano da me, poi mi abbracciò, bloccando ogni mio tentativo di muovermi.
-Adesso basta, basta con queste cose.
Non riuscii a calmarmi.
Mi portò nella sua stanza continuando a stringermi, a baciarmi e a sussurrarmi parole dolci per calmarmi. Ma continuai a tremare e a piangere. Non mi lasciò e mi cullò fino a quando le lacrime si trasformarono in singhiozzi sempre più smorzati.
Harry prese un pennarello indelebile dalla sua scrivania e mi scrisse sul braccio il suo nome.
-Pensa a me tutte le volte che vorrai farti qualche taglio. Pensami e non farlo. Fallo per me, fallo per le persone che ti vogliono bene. Me lo prometti?
Tirai su con il naso.
-Allora, me lo prometti?- mi fece voltare verso di lui.
Annuii. Gli buttai le braccia al collo. –Grazie, Harry. Grazie davvero.
 
La notte dormimmo insieme, nello stesso letto.
Mi tenne stretta tra le sue braccia.
Mi fece sentire bene. Felice. Amata.
 
-Non sarai più sola.
-Che intendi?
-E’ una promessa. Una mia promessa. Non solo per te, ma per noi.
-Non mi lascerai più, quindi?
-Non ti lascerò, ti proteggerò, ti aiuterò. Supererai questo momento, lo faremo insieme. Ci sarò ogni volta che cadrai, sarò pronto a tenerti in piedi.
Ricorda che fino a quando il mio nome sarà scritto sul tuo braccio io ti sosterrò sempre.
-Giuralo.
-Ti amo.
Lo baciai.
-Domani ho intenzione di andare in un posto.
-Dove?
-A farmi un tatuaggio.









 

PINGUINO OBESO.
Era per rompere il ghiaccio.
No, non fa ridere. E' che... E' il mio primo spazio autrice e non so assolutamente cosa scrivere.
Faccio che ricomincio. 

AHAHAHAHAH, stavo scrivendo 'ricominchio' al posto di 'ricomincio'. 
Nuova parola.



-Nuova nel mondo di EFP?-
*ALZO IL PIEDO!*
Ok, questa OS faceva parecchio cagare. Mi era venuta un idea e volevo farla in un modo,
però poi mi è uscito questo obrobrio.
Ma se ci penso non è poi così tanto male. 
No, fa schifo invece. Sono troppo buona con me stessa.

Ecco, dopo avervi mostrato la mia crisi d'identità me ne vado.
Fatemi sapere quanto fa schifo da uno a uno.
Spero che vi sia piaciuta e che farete un salto anche dall'altra OS. E' più corta ed è su Niall. 
*smile*



All right darlings, bye!


 

  
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