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Autore: FiammaRuna    17/12/2012    0 recensioni
per quanto possa essere andata male, per quante delusioni ci possano essere state, per me Voi resterete il mio regalo più grande
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLINO: ok, non riesco a correggere le mie introspettive, come al solito…arrivo alla terza riga e inizio a piangere, quindi la lascerò così in attesa del momento in cui potrò leggerla tranquillamente ç_ç
 
 
 
 “Se fai cadere un vaso e gli chiedi scusa non si ricostruisce, ormai è rotto.”
Un mio amico quando tornai mi disse questo e in quel momento ero troppo instabile per ribattere.
Così mi convinsi che non c’era niente, assolutamente niente, che io potessi fare per cambiare le cose, ma pensandoci lucidamente adesso, non mi sta bene. Siamo esseri umani e non vasi.
C’è stato dato il dono del perdono. Con questo non voglio dire che devo essere perdonata, sto solo dicendo che non si possono cancellare le persone dalla propria mente con un click, per uno sbaglio, stupido o serio, per quello che possa essere. Sarà che nella vita mi è stato fatto di tutto e io ho sempre perdonato per un motivo o per un altro.
Molti miei amici mi dicono che sono troppo buona o troppo stupida per non perdonare  chiunque e a volte per questo mi aspetto che anche gli altri con me facciano lo stesso. A volte dimentico che le persone non sono tutte uguali.
“Quanto ci si può tormentare per un errore?”
Tanto. Fino ad odiarsi fino in fondo. Cosa strana per qualcuno che non sa odiare.  Non sono mai riuscita ad odiare nessuno nella mia vita. Mi stavano antipatiche delle persone, ovvio, ma mai sono riuscita a provare quel sentimento di profondo odio verso qualcuno. A volte, mi sento in colpa quando penso che l’unica persona che ho mai pensato di odiare sia stata mio padre, quello vero, il mio padre biologico che non si è mai preoccupato di capire i miei comportamenti.
Lui che era sempre occupato a pensare ai suoi problemi e mai a guardare dentro l’animo dei sui figli, perché i problemi di noi bambini non potranno mai essere seri come quelli di un adulto.
Anche ora che non sono più una bambina, per lui i miei problemi non sono equiparabili ai suoi. Perché i problemi della vita sono solo i soldi e il lavoro. Non c’è spazio per l’amore, l’amicizia, la famiglia o altri valori, perché senza i soldi non ci può essere la serenità e per cui dobbiamo tutti sacrificarci per quei fottuti bigliettini di carta.
Da quando sono tornata mi sono sentita dire così tante cose, che penso di dover ringraziare qualche divinità lunare per non essere ancora schiattata al suolo.
Perché a quanto pare sono malata.
Ho una malattia del cuore, non di quelle cardiache, sembra che la mia malattia sia tutta  psicologica.
No, non sono matta.
Anche se a volte ho temuto davvero di esserlo…
Ricordo che la mia professoressa di psicologia ad una lezione disse “sentire delle voci nella propria testa è sintomo di schizofrenia ed è una malattia”, io le risposi “dipende dalle voci, quando non hai nessun altro d’intelligente con cui parlare….” All’epoca ero piuttosto acida e intollerante alla gente. Preferivo starmene da sola a pensare e parlare con me stessa era l’unica alternativa.
Non che mi mancassero gli amici, quelli c’erano sempre. Alcuni sono ancora con me, altri sono andati via man mano che crescevo, ma è naturale. Gente che viene, gente che va e gente che resta.
Non ho mai sofferto di nessuna perdita in particolare, forse solo quella del mio migliore amico. Almeno fino ad ora…
E così torniamo alla mia malattia.
Vi siete mai sentiti come se vi mancasse la terra da sotto ai piedi, come se i vostri polmoni avessero smesso di lavorare, come se non riusciste ad incamerare aria e come se sentisse il cuore battere all’impazzata, fino a farvi temere che stia per scoppiare?
Bè è un po’ così che ci si sente quando si è soggetti a crisi di panico o d’ansia….chiamatele come volete.
Non voglio sembrare una vittima, spesso mi sono trovata a litigare con la mia migliore amica proprio perché diceva che il mio modo di parlare e di raccontare è da vittimista, per cui vi prego, voi che leggete, non consideratemi una vittima. Sto solo cercando di spiegare bene come mi sono sentita e come mi sento oggi, quindi prendetela molto alla leggera, per quanto per me non ci sia nulla di leggero.
La descrizione medica di questa malattia è molto più dettagliata e soddisfacente, ma penso che a voi lettori non interessi sapere il colore del mio vomito o cose schifose del genere ed io non sono qui per descriverle. È solo che tutto questo è legato al mio passato…
Un passato che ho distrutto io stessa.
Ovviamente, ognuno ha il diritto di dire, ognuno quello di non ascoltare, ma….
Sono passati dei mesi e l’esperienza non provoca cambi, che ad avvicinarci nel tempo ormai sono i danni e non sono più gli anni.
E conto i giorni al contrario e come sempre la stessa innocenza  e mi sorprendo sempre quando troverò ogni parvenza di tracce vostre anche se vivo ormai senza…
Ed è proprio ogni volta che vedo qualcosa che mi ricorda di voi, che sento questo vuoto all’interno del petto. Perché per quanto ci siano cose che non riesco a dimenticare, cose ingiuste che trovo in quel passato, c’è sempre tutto il resto.
Tutto quel “resto” di cose che non si cancellano dalla mente.
Con il passare del tempo mi rendo sempre più conto che non sono una persona così buona come tutti mi hanno sempre descritto.
Le persone che come me cercano di essere sempre, costantemente, del tutto buone prima o poi sviluppano un lato totalmente negativo, che non deve per forza essere considerato “cattivo” nel vero senso del termine, solo che se queste persone normalmente nella quotidianità sono buone e generose e si fanno in quattro per far piacere alla gente che le circonda, a volte, quando raggiungono un limite di bontà esagerato esplodono per un attimo e esternano tutta la negatività che hanno dentro.
Con questo non voglio dire che ammazziamo qualcuno o chissà cosa, semplicemente ci sono comportamenti più menefreghisti verso la gente, risposte che non si sarebbero mai date in un contesto di tranquillità o altro.
Io ad esempio divento  acida, polemica e calcolatrice.
Non voglio giustificarmi assolutamente di alcuni miei comportamenti dicendo che era colpa della situazione o cose del genere, perché per quanto sono assolutamente convinta che se non avessi vissuto in un determinato contesto, non sarei mai arrivata al punto di rottura, sono altrettanto convinta nel prendermi le mie responsabilità.
Ovviamente me le prendo solo per quello che ho oggettivamente fatto e non per tutto il resto che c’è stato cucito sopra in seguito.
Nego i ricordi peggiori e richiamo i migliori pensieri. Vorrei ricordare tra i drammi più brutti che il sole esiste per tutti.
Nego il negabile, rido il possibile, curo il ricordo e mi scordo di me. E perdo il momento sperando che solo perdendo quel tanto voi restiate con me.
Un'altra cosa che appunto mi accade nei momenti di crisi e di dimenticare.
È come se il mio cervello si staccasse e resettasse tutto.
Quando sono tornata credo di aver dimenticato molte cose, soprattutto riguardanti certe persone.
Cose non brutte, che non avrei mai voluto cancellare, ma probabilmente a detta del medico il mio cervello ha pensato che se io avessi scordato le cose belle, probabilmente non mi sarebbe pesata così tanto la mancanza di certe persone nella mia vita, ma mi sono ripromessa di ricordare.
Mi sono giurata che avrei fatto di tutto per ricordare ogni minimo dettaglio come è realmente stato.
Sono arrivata alla conclusione che il mio cervello immagazzina solo quello che vuole e che ho una fottutissima visione distorta della realtà.
“Smettila di parlare e comportarti come se stessi recitando a teatro”
Questo mi è stato detto ultimamente dal mio padre biologico.
Penso che sia vero.
Mi è sempre piaciuto recitare e come molte delle altre cose che mi hanno sempre appassionato è una di quelle cose che mio padre ha deciso che non valesse la pena di approfondire nello studio, quindi mi sono sempre esercitata da sola, fino a diventare brava ad assumere il ruolo di chiunque io scegliessi di essere.
Così ho iniziato a vedere e raccontare le cose con enfasi, come fanno i cantastorie, per trasmettere emozioni, per far appassionare la gente e per evadere dalla realtà.
Caratteristica perfetta per un regista, uno scrittore o un attore, caratteristica un po’ meno perfetta per chi deve vivere realmente a contatto con la gente.
Per quanto io non abbia mai recitato nessuna parte con le persone a cui tengo, dal di fuori posso sembrare falsa o come mi hanno detto altri “troppo perfetta”.
Il dolore quotidiano cambia e cresce pari al corso del suo tempo…il legame tra tempo e gioie perse. Dubbi eterni tra i legami e il tempo stesso.
Non so convincervi a restare mentre cambio qualsiasi cosa e sbaglio. Sbaglio e cambio. Cambio e sbaglio.
Perché mi sforzo ogni volta di esserlo per le persone a cui tengo e allora cambio, cambio per far piacere agli altri e non per piacere agli altri, che sono due cose completamente diverse.
Non mi sforzo nemmeno particolarmente, semplicemente cerco di assimilare ogni commento che ascolto per poi metterlo in pratica per migliorarmi.
Non c’ho mai trovato niente di sbagliato, fino a quando non ho perso me stessa.
Perché ho avuto paura di non sapere più chi fossi, perché ho fatto  o detto cose con modi e toni che non avrei mai usato, perché mi sentivo smarrita e non volevo dare la colpa alla mia pazzia.
Volevo prendermi le mie responsabilità.
Tuttavia mi chiedo se sarei arrivata a fare o dire certe cose se non fossi mai stata li, o se…se avessi dato la colpa alla mia pazzia sarei stata perdonata?
È una domanda che ultimamente mi ponevo spesso, ma ormai non voglio nemmeno una risposta.
Forse si forse no, vi siete chiesti mai perché farsi male è più facile che darsi un bacio? Per quale motivo non so, per un po’ sparirò. Guardo negli occhi il nemico mio peggiore e non lascio che mi guidi il rancore.
Per un po’ ho pensato cose poco carine. Ho pensato che tutto quello che c’è stato in quel periodo fosse stato solo una messinscena. Tutta una finzione per prendersi gioco della nuova arrivata.
Un teatro vivente.
Per le cose scostanti che ho sentito, per quello che mi era stato detto e poi non ho visto realizzato, per tante cose, e stavo male, pensarci mi faceva così male.
Ciò nonostante dentro di me sentivo che non era possibile, che non poteva assolutamente essere così.
So che mi fido del mondo e che sono ingenua e stupida, probabilmente, ma non potevo pensare che le persone che avevo considerato i miei genitori potessero davvero mentirmi così spudoratamente.
E i dubbi mi uccidevano.
Mi lasciavo divorare lentamente dalle tenaglie che partivano dallo stomaco e soffocavano la mia vitalità in silenzio, giorno dopo giorno, senza trovare il coraggio di fare qualcosa, senza mai accertarmene.
Perché era meglio il dubbio che la certezza…perché sarebbe stata una catastrofe.
Avere le conferme dei miei timori mi avrebbe portato ad un ulteriore crisi, che non avrei saputo gestire.
Mi chiedo come sia possibile che sia arrivata a tanto, dopo tutte le cose che mi sono successe che ho sempre superato da sola. Possibile che avessi accumulato tutto fino al limite? O che gli ritenessi davvero così importanti?
 So che serve tempo non lo nego, anche se infondo tempo non c’è né, ma se cerco lo vedo, l’amore va veloce e io sto indietro…il bene più segreto sfugge all’uomo che non guarda avanti mai.
Infondo credo che se non avessi ritenuto qualcuno degno d’importanza non me ne sarei mai lamentata.
Credo che essermi lamentata dei comportamenti di certe persone sia stato proprio perché ci rimanevo male, anche se erano cose stupide  e probabilmente avrei fatto meglio ad affrontarle con i diretti interessati, sono una codarda è vero, ma sono sicura di non mentire nel dire che non avrei mai e poi mai voluto deludere certe persone.
Perché è sempre stata la mia più gran paura deludere le persone che “amo”, dove Amore non è considerato quello sessuale o i suoi derivati, ma affetto, quello profondo che ti lega alla gente   di cui pensi di non poter fare a meno.
Conti ferito le cose che non sono andate come volevi, temendo sempre e solo di apparire peggiore di ciò che sai realmente di essere….conti precisi di quanti sguardi hai evitato e quante le parole che non hai pronunciato per non rischiare di deludere…non basta…non basta mai…
E allora ripenso a tutte le cose brutte che sono state dette su di me e credo che se di queste ne fossero vere anche solo la metà mi sarei già suicidata, ma non nego che molti dei difetti che sono stati trovati in me sono veri e li riconosco io stessa. Non sapevo cosa volesse dire essere definita una lontra e ora che lo so sinceramente non è una cosa piacevole, come non lo è veder ridere le persone che te l’hanno detto. Diciamo che sono una mezza lontra, perché per quanto io mi possa ritenere codarda, non mi riterrò mai un’approfittatrice. Mi dispiace, ma credo di essere la prima persona al mondo che quando può fa di tutto per fare favori al mondo e i miei amici di una vita possono confermarlo.
Tuttavia so di essermi ritrovata in enormi difficoltà in quel periodo e mi sono trovata nella situazione di chiedere degli enormi favori di cui mi vergogno enormemente e a cui non avrei mai neanche immaginato di dover pensare in situazioni normali, ma ho dovuto e ormai è andata.
Sapete, da quando sono tornata non ho fatto altro che evitare di parlarne, di star calma e di non pensare.
Ho passato la maggior parte del tempo a sentirmi dire che ero una pazza a difendere delle persone che mi avevano fatto tornare a casa “malata” secondo la gente.
Perché non possono sapere che non è solo per quello che mi è stato fatto che ora sto così, ma anche per quello che ho fatto e quello che penso di non aver fatto e che avrei potuto fare.
Perché all’inizio pensavo e ripensavo a tutto e a niente, a quello che ho perso e a quello che avrei potuto avere.
E quando diventava tutto buio e cadevo nell’abisso senza respiro era proprio questa la causa, ma ciò nonostante quello che mi tirava fuori dal buio erano i pensieri felici di quel periodo, ma pensando a quelli tornava in me la nostalgia e la consapevolezza di aver perso tutto.
Per cui la mia malattia non è altro che un circolo vizioso di un esatto momento spazio-tempo del mio passato.
Come quando cambi casa perché sei da solo…come quando intorno chiedi e non hai mai perdono…come quando ovunque andrai, ovunque non c’è luce…come sembra chiunque parli sempre una voce. E hai bisogno di esser triste, lo vuoi tu però l’errore non esiste….esiste solo quando è sera…sbaglia solo chi voleva…ovunque andrò quella paura tornerà domani…
C’era una persona che consideravo la mia luce in quel periodo, ma di cui non mi va di parlare al momento, perché questo breve racconto all’interno dei miei pensieri è dedicato solo a due persone.
A volte mi chiedo come sia avere dei genitori che si amano e si sostengono a vicenda, senza urlare, senza insultarsi, senza dare la colpa ai figli. Mi sono sempre chiesta com’è sentirsi amati incondizionatamente dai propri genitori. Non che i miei non mi amino certo, a detta di mia madre siamo figli suoi quindi è naturale amarci, anche se detto così da lei sembra più un obbligo, un dovere, che una cosa “naturale”.
Eppure ho potuto provare tutto questo. Io mi sono sentita amata.
Per un intero anno ho avuto la possibilità di sentirmi amata da un padre che si è sempre preoccupato dei miei bisogni, dei miei amori, delle mie gioie e dei miei timori. Anzi, ne ho avuti due, due persone che a modo loro si sono prese cura di me, viziandomi e coccolandomi come dei veri genitori, fino a volermi autoconvincere di questa realtà. Fino a non voler vedere altro.
Quindi “giocare” ad essere loro figlia mi ha portato a chiedermi se in realtà non fosse tutto finto in quello stesso periodo, ma puntualmente arrivavano parole rassicuranti che mi accertavano che non importava gioco o meno, io ero amata davvero, nella vita reale.
E allora diventa ancora più difficile rendersi conto di aver rovinato tutto per niente.
Perché una volta tornata qui mi viene spesso da ripensare alla prima volta che vi ho incontrato.
In questa mattina grigia, in questa casa che ora è veramente solo mia riconosco che siete le uniche persone che io conosca.
Che incontrando una persona e guardandola per la prima volta ci si prende una vera e lunga sosta. Una sosta dai concetti e i preconcetti. Una sosta dalla prima impressione, che rischiando di sbagliare e prova a chiedersi per prima cosa chi sia quella persona veramente…potrò mai volerle bene?
Già, me lo sono chiesta spesso.
La gente pensa che  io abbia passato un anno in una casa di matti, che io stessa sia impazzita stando lì dentro. Pensa che per me sarebbe meglio dimenticare tutto e andare avanti, che devo smettere di difendere un ideale che in realtà non esiste e allora mi chiedo se potrei tenerlo nascosto….se fare finta di star bene davanti alla gente e dilaniarmi dentro possa essere una buona soluzione.
“Ne è valsa la pena?”
Mi è stato chiesto.
“Dimmi una cosa per cui ora vale la pena di star male”
Mi viene da ridere alla risposta che ho dato quella volta. So che per voi che leggete probabilmente non avrà senso, ma la mia risposta è stata “si, i biscotti”.
Non so perché, ma credo sia stato uno dei momenti in cui mi sono sentita maggiormente legata a quella persona che chiamavo “papi” senza nessun legame di sangue.
Il mio vero padre per quanto lavori in un panificio, quando dovevo imparare a fare i biscotti per il negozio mi mise davanti un foglio e mi disse “non sbagliare, che se no perdiamo soldi”…. la persona che chiamavo papi si è chiusa in cucina con me e insieme abbiamo preparato i biscotti fatti in casa, mi ha mostrato come si fa l’impasto come si fa con i bambini. Non avevo assolutamente niente di cui lamentarmi, perché era così che mi sentivo vicino a lui, una bambina che desiderava l’affetto di un padre.
Dietro le lacrime che vi ho nascosto e negli spazi di un segreto opposto, resto ferma e vi aspetto…da qui non mi è possibile no non rivedervi più se lontani non vi ho sentito mai.
Così continuavo a starmene ferma e martoriarmi in silenzio pensando e ripensando a cosa mi era successo.
Al perché mi sono comportata così, al perché non sono riuscita a sistemare tutto, al perché sono arrivata a farmi detestare così tanto, per cosa poi?
Quando mi venivano gli attacchi mi tornava sempre in mente il primo della serie. Ero ancora lì con voi, che nottata…ricordo anche il motivo che non ho mai detto visto che mi era stato chiesto di non riferirlo e che non ho intenzione di rivelare, perché per quanto possa sembrare strano so mantenere i segreti…anche se ora mi chiedo se fosse una cosa vera…comunque, ricordo che passammo la nottata in piedi a cercare di farmi respirare.
“Fa male.” Ripetevo e voi mi tenevate la mano, mi accarezzavate e mi ribadivate di respirare, anche se faceva male, perché mi avrebbe aiutata…ricordo che passai l’altra metà della nottata in bagno a piangere, un po’ per il dolore della bruciatura che mi ero procurata dopo, un po’ grazie al tuo aiuto che mi hai fatto tirare fuori tutti i miei timori del momento sulla mia vera famiglia e cose varie. Perché piangere mi avrebbe aiutato a sfogarmi, perché mi sarei sentita meglio…grazie.
Mentre ora quando sto male (a parte la prima volta in cui ho terrorizzato a morte mia madre per più di tre ore) mia madre mi guarda e mi dice: “Ancora? Io ho sonno. Tanto poi ti passa”…e allora per sentirmi meglio cerco di ripensare ai vostri consigli di quella prima volta e alle altre volte in cui lì ho cercato di respirare da sola e mi è stato detto “Perché non mi hai svegliato se stavi male?” semplice, perché non volevo disturbare e volevo dimostrarti che potevo farcela da sola….ma non c’è l’ho mai fatta da sola. Il fatto che io continui a star così, se non peggio, ne è la dimostrazione…
Voglio precisare che non sto scrivendo tutto questo per un secondo fine, non voglio che la gente abbia pietà di me, ne tantomeno essere perdonata per due frasi scritte in questo momento di crisi.
Mi va solo di mettere nero su bianco i miei pensieri.
Non voglio che si fraintenda quello che dico, perché sono stanca di malintesi e che le mie parole siano capite in malo modo.
Nessun secondo fine, nessun tentativo di impietosire qualcuno o di far sembrare dei mostri qualcun altro.
Solo puro e semplice sfogo, redenzione, o chiamatela come vi pare.
Fatto sta che ora mi ritrovo qui ad immaginare come sarebbe stata la mia vita se tutto fosse andato per il verso giusto.
Cosa va di moda adesso io non lo so. Fino l’altro ieri si seguiva l’istinto. Cosa resterà di noi io non lo so, so soltanto che per voi non sarò più la stessa.
Ripenso a quanto mi sentissi estranea all’inizio, a come mi sentissi sola e volessi far parte di quel gruppo che sembrava non volermi accettare.
Perché io ero quella nuova, perché io facevo paura, eppure c’era una persona che nonostante tutto cercava sempre di farmi sentire a mio agio, a volte goffamente, ma era sempre disposta ad ascoltarmi e a regalarmi un sorriso di conforto.
La mia ammirazione per quella persona era arrivata a tal punto da far credere alla gente, e devo ammetterlo per qualche giorno perfino a me stessa, di esserne innamorata, fino a quando non mi sono resa conto che non era amore, ma totale stima e voglia di renderlo fiero di me, proprio come una figlia.
Volevo che mi apprezzasse come persona, lui tanto quanto gli altri.
Volevo essere accettata, così mi sono impegnata e pian piano sono riuscita ad entrare a far parte di quella squadra così affiatata e finalmente mi sentivo felice.
Anche con tutte le complicazioni che c’erano, con tutti i dubbi che mi caratterizzavano, mi sentivo felice.
Ripenso a quella foto insieme e decido che non vi avrei mai perduti perché vi volevo troppo e mancano i colpi al cuore, quel poco tanto di dolore…quell’attitudine di chi ricorda tutto…
Purtroppo mi conosco e non sono stata abbastanza forte da sostenere certe situazioni.
 “Se la gente con te parla male degli altri, cosa ti fa pensare che con gli altri non faccia lo stesso su di te?”
Cominciai a vedere ombre ovunque.
Credo che questa frase è stata l’inizio del crollo delle mura di difesa della mia mente.
Non avevo manco la forza di ribattere.
Mi rendevo conto delle cose che avevo sbagliato, ma mi rendevo altrettanto conto che non volevo, che non era fatto a posta e l’unica cosa che riuscivo adire era “ho mai inventato niente?”…mi ero improvvisamente resa conto che raccontavo le cose in maniera esaltata, era davvero come se recitassi, ampliavo le mie emozioni e ovviamente nelle lamentele non potevano essere emozioni positive, ma non ho mai avuto intenzione di far sembrare qualcuno un mostro, ne volevo la pietà di nessuno, erano solo sfoghi.
Torni a sentire gli spigoli di quel coraggio mancato che rendono in un attimo  il tuo sguardo più basso e i tuoi pensieri invisibili. Devi abbracciare ciò che non hai più….
Ultimamente mi passava per la testa che forse ero sbagliata.
Forse c’era e c’è qualcosa che non va in me.
Allora perché non mi hanno aiutato a guarire? A diventare “giusta” invece che distruggermi?
Poi ragiono e capisco che mi sono auto-distrutta e che non l’hanno fatto perché non sono più una bambina.
Non posso sempre sperare che siano gli altri a salvarmi.
E invento momenti abbracci e consigli. Immagino storie, le noie e gli abbagli che avrei calcolato se fossi capace,  che solo provando a fare meglio mi renderò felice…però fondamentalmente tutto apposto, perché obbiettivamente non riesco… Penso alle risate a quanta gioia che non toccheranno mai nessuno ormai.
E così ricasco nell’oblio.
È davvero così assurdo pensare a quanta fatica io c’abbia messo per arrivare fino al punto in cui ero arrivata e con quanta semplicità io l’abbia rovinato.
Anche se non dovrei prendermi totalmente tutta la colpa, come non dovrei darla agli altri.
Infondo sapevo che il momento era stressante per tutti e non dovevo rimanerci male per delle cose così stupide conoscendo la situazione generale, ma come gli altri anche io ero ad un punto di non ritorno.
Dovendo già sopportare determinate cose da una persona e non mi andava di dover trovare rimproveri anche dalle persone a cui volevo bene, perché loro me ne volevano e allora non dovevano trattarmi male, neanche un pò. Perché volevo essere la figlia viziata, perché volevo tutto senza capire gli altri.
Solo dopo, mettendomi nei panni di certe persone mi sono resa conto di quanto loro stessero attraversando un brutto periodo e di quanto dovessi essere io, da figlia, a sostenerli.
Mi rendo conto di essere stata una bambina capricciosa.
Volevo sistemare le cose e allora cercavo di giustificarmi, perché in quel momento mi sembravano scuse plausibili e corrette, solo quando mi sono resa conto che avevo davvero perso tutto, quando dentro di me ho sentito quel CRACK forte e tondo mi sono accorta che non volevo giustificarmi più.
Non volevo scuse, non volevo niente, volevo solo essere perdonata e non sentire più quel “mi hai delusa” che mi ha uccisa.
Volevo solo…non lo so.
Non so cosa volevo.
Fatto sta che c’è stato un momento in cui ho desiderato voler scomparire all’istante.
In cui mi sono sentita una grande, grandissima stupida.
Il momento in cui ho percepito come la certezza che non l’avrei più rivisto. 
Ho sempre odiato le partenze, ma quando sai che rivedrai presto la persona che va via non ti pesano più di tanto.
Cioè, sai che tornerà e allora non ti rimane altro che aspettare con ansia di poter riabbracciare la persona attesa, ma quando senti dentro di te che non farai in tempo a rivederla?
Quando hai capito che andar via di lì significa non tornarci mai più e ancor prima della tua stessa partenza vedi andar via tuo padre e pensi che tornerà, ma che tu non sarai lì per riabbracciarlo, come ti senti?
Come ti senti se sai di averlo deluso e che se ne sta andando senza averci chiarito?
Vuota.
E allora cercai di sembrare distaccata e matura, salutandolo normalmente, ma poi lui mi abbracciò forte e allora mi accorsi che era da quando avevamo litigato che non lo faceva e allora crollai.
Perché mi mancava il mio papi e non sopportavo che mi trattasse freddamente e sentirlo mentre mi diceva “fai la brava” mi fece tremare.
Allora uscii fuori cercando di calmarmi per non fargli accorgere che tremavo, ma una volta fuori non riuscii a trattenermi e allora corsi a suonare il campanello per poterlo riabbracciare.
Per l’ultima volta.
“Dai! Non ti preoccupare che torno presto!”
Alle mie orecchie suonò così sincero che quasi quasi riuscii a crederci.
Una dolce bugia.
E mentre uno mi dava speranza, l’altro  mi diceva che dovevo completamente uscire dalla sua vita, che non dovevo più cercarlo, che a partire dalla mia partenza dovevo far finta che di non esserci mai conosciuti.
Non vedevo speranze e mi chiedevo come era possibile per una persona cancellare così una figlia…
L’avevo deluso così tanto?
Ero davvero riuscita a fargli desiderare di non avermi mai considerato sua figlia?
Avevo sbagliato fino a quel punto?
Ed ho così perso coraggio che è facile cadere in uno sbaglio e cerco tra tutta la gente almeno un vostro dettaglio. Ho intesta ancora l’essenza della tua ultima carezza e aspetto stordita con un sorriso, mi dia la mia salvezza.
Dio quanto mi sento piccola a scrivere tutto questo.
Eppure credo di averne bisogno.
Mi è stato consigliato di scrivere per poter sentire meno il peso che mi portavo dietro così magari le crisi sarebbero passate.
Devo confessare che prima di iniziare a scrivere tutto questo ammasso di ricordi ed emozioni tristi e dolci volevo scrivere uno sfogo assurdo in cui mi arrabbiavo con me stessa e con il mondo, ma ho deciso di aspettare e di calmarmi cercando dentro di me dei chiarimenti e cercando prima di tutto di chiarire almeno le basi di ciò che era accaduto, ma la gente continuava a suggerirmi di lasciar perdere e dimenticare.
E allora ci provai.
Provai a non pensarci. Iniziai a tenermi occupata in ogni modo possibile. Iniziai a darmi da fare per migliorare me stessa e le mie capacità manuali ed intellettuali.
Iniziai ad imparare a cucire, intagliare il legno e tante altre cose.
È stato in quel momento che iniziai a scrivere.
Perché mi faceva sentire un po’ più vicina, perché se fossi stata davvero vostra figlia sarei stata davvero brava a scrivere.
So di non essere neanche lontanamente capace quanto te, ma mi fa sentire…bene…
Sarà, lo so, sempre difficile la vita mia e la vostra al contrario ma simile…è assurdo pensare che avvolte le cose non vadano bene e vadano rese…che giunti ad un traguardo neanche c’arrivi e diventa un ricordo…E son meno triste se almeno ti parlo.
Ogni tanto rileggo i messaggi di quell’ultimo periodo…
“Le delusioni fanno male ma non mutano gli affetti”
Quante volte mi ci sono soffermata su questa frase?
E allora attendevo…perché non volevo disturbare, non volevo rischiare di dar fastidio con la mia presenza, ma le uniche volte che mi contattavate era per faccende burocratiche e questo non faceva che rafforzare le mie paure…
Credo di dover ringraziare una persona per aver trovato il coraggio di scrivere quel messaggio quel giorno.
Ringrazio Alice, che mi ha consigliato di chiedergli una delle cose che mi tormentava a tal punto da non farmi dormire.
Penso che agli altri possa essere una domanda così stupida rispetto tutte quelle che potevo fargli, ma per me era importante sapere.
Io dovevo sapere se quella volta volevi salutarmi o solo assistere alla mia carneficina.
Perché non avevo più certezze, solo eterni dubbi.
Perché il cuore continuava a fidarsi di voi, mentre la mente andava vagando nel mare dell’incertezza.
Mi è hai detto che mi affido totalmente alle persone, il che non è un bene.
“Fidarsi e bene, ma non affidarti completamente a delle persone”
Credo sia un buon consiglio.
Cerco di comportarmi come se non fosse successo nulla, almeno con lui così da potermi sentire un po’ più tranquilla.
Così da poter superare tutto questo con la certezza di non essere odiata davvero.
Almeno da uno di loro…
Forse sono davvero matta e ce ne sono molti di motivi che potrebbero confermarlo, ma se essere matta vuol dire credere che tutte le cose belle che sono successe, per quanto strane, siano vere, allora preferisco essere matta.
E andare avanti con la consapevolezza di aver accettato ciò che è successo e cercando di smettere di darmi contro da sola o di uccidermi con i dubbi.
Siamo persone, non vasi.
Se davvero mi hanno amata, prima o poi so che il rancore passerà.
Forse non mi cercherà, forse non sarò più sua figlia, ma si ricorderà anche lui delle cose belle che continuano a tenermi legata ad entrambi.
Intanto, arriva Natale e non voglio più tormentarmi, perché ho capito una cosa. Comunque siano finite le cose io…
Voglio farvi un regalo. Qualcosa di dolce.  Qualcosa di raro. Non un comune regalo. Di quelli che avete perso o mai aperto o lasciato in treno o mai accettato. Uno di quelli che aprite e poi piangete, che siete contenti e non fingete…vi dedicherò il regalo mio più grande. Per ricordarvi che il mio Amore è importante e non importa ciò che dice la gente, perché voi mi avete protetta con la vostra gelosia e il vostro sorriso anche se stanco non andava via…devo partire però se ho nel cuore la vostra presenza è sempre arrivo e mai partenza… E se arrivasse ora la fine che sia in un burrone non per volermi odiare, solo per voler volare, se vi nega tutto questa estrema agonia, se vi nega anche la vita respirate la mia e stavo attenta a non amare prima di incontrarvi e confondevo la mia vita con quella degli altri, non voglio farmi più del male adesso…Amore…Amore dato, Amore preso, Amore mai reso e Amore grande come il tempo che non si è arreso.
Siete voi…il regalo mio più grande.
 
Grazie Papi…
 
 
   
 
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