Serie TV > I Cesaroni
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Autore: ChiaraMad    17/12/2012    4 recensioni
E' una storia diversa. Parte dalla scena in cui Eva, seduta sul suo letto in camera sua, messa alle strette dalla madre, decide di confessarle di Parigi, e del motivo del suo in'aspettato ma atteso ritorno. Con una differenza però, per quanto riguarda la spiegazione data alla madre. Vi dico solo che qui, Eva, non è l' egoista che hanno dipinto in questa quinta serie. Ed è un'ipotetica sesta serie..
In'utile dire che chi è per Marco e Maya, qui non ha nulla da cercare.
Buona lettura -spero D: - a tutti voi! Recensioni e critiche, sempre ben accette. (:
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Cudicini, Eva Cudicini, Marco Cesaroni, Nuovo personaggio, Rodolfo Cesaroni
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Notte. Notte fatta per dormire. Notte fatta per pensare. Notte fatta per piangere. Notte fatta per sorridere, in silenzio, con se stessi.
L'orologio appeso in cucina, segnava l'una e mezzo. Ma una ragazza, non riusciva a dormire. Era da poco riuscita a far addormentare sua figlia, che non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Si girava e rigirava nel letto, in cerca di quel sonno che proprio non voleva accoglierla. Non quella notte. 
Si alzò piano dal letto, cercando di non svegliare Marta, appena addormentata. Uno sguardo ad Alice, beatamente addormentata. Un sorriso, prima di richiudere piano la porta della stanza.
Avvolta nel buio, cercava di muoversi senza inciampare. Scese piano le scale, dirigendosi in cucina. Non aveva sonno, non riusciva a dormire. Troppi i pensieri.
Si avvicinò al frigo, aprendolo, al buio. Una teglia a metà di tiramisù fatto dalla madre, quel pomeriggio. Sorrise, dicendosi: "Perchè no?"
Infondo, era tempo che non lo faceva. Svegliarsi nel cuore della notte, arrivare in cucina, e divorare qualcosa. Affogare i propri dispiaceri nel cibo. Metodo infallibile, per dar un po' di sollievo al cuore e alla mente, che proprio non ne volevano sapere di star in silenzio.
Prese la teglia, una forchetta dal cassetto, e si diresse piano verso il tavolo della cucina. Si sedette, affondando la forchetta in quel dolce che tanto le piaceva. 
Un boccone, due, tre. E si sentiva meglio, si sentiva più leggera. Si sentiva più rilassata, tranquilla. 
Nemmeno aveva sentito i passi sulle scale, che si stavano dirigendo in cucina. 
Alice accese la luce della cucina, trovandosi davanti Eva, spaventata.
"Ma che ci fai sveglia a quest'ora?"
"Potrei chiedere la stessa cosa a te, sorellona.."
Sorrise, avvicinandosi al tavolo.
Si guardarono un attimo. Eva, invitò la sorella con uno sguardo, ad unirsi a lei. Sorrise, dirigendosi verso il cassetto per prendere una forchetta.
"Allora? Come mai non riesci a dormire?"
Alice guardò la sorella, per poi abbassare lo sguardo.
"Non riesco a prendere sonno.. E te invece?"
"Hai mai sentito parlare di pensieri che fanno rumore?"
Alice aveva sorriso alla sorella, annuendo divertita. 
"Certo che ne ho sentito parlare.. Ho anche sentito che tormentano sopratutto di notte.."
"Di notte le emozioni sembrano più dense.. Di notte.."
Aveva citato le parole di quella canzone che conoscevano bene entrambe. E ad Alice, era davvero mancata tanto la sorella. Le erano mancate le loro chiacchiere infinite. Parlare, raccontarsi, ridere, piangere assieme. Le serate davanti alla tv, a leggere pezzi di libri assieme. Le era mancato vederla girare per casa. Le era mancata tanto anche sua nipotina, Marta. Così tanto simile a lei, alla sorella. Cos' dolci, entrambe. Così dannatamente perfette, ai suoi occhi. 
La guardava, e il pensiero di Maya, le balzò per un attimo in testa. Certo, Maya era generosa, simpatica, dolce. Spesso, si era ritrovata a chiederle consiglio per qualcosa che la tormentava. Ma lei, non era Eva. Non poteva nemmeno minimamente avvicinarsi a quello che lei era, e che per tutti in quella casa, rappresentava. Era sua sorella, era sua amica. E le voleva bene, le voleve un bene dell'anima. Eva era diversa da tutti. Con lei, non poteva competere nessuno. Nessuna principessa -si diceva- potrebbe competere con lei. E' bellissima, è intelligente, è dolce, romantica. Divertente, sarcastica. Continuava a ripetersi questo nella sua mente, mentre guardava la sorella maggiore mangiare quel dolce, che tanto piaceva ad entrambe. 
"Eva.. Perchè hai lasciato Parigi?"
Aveva aperto la bocca, e girato lo sguardo dall'altra parte, come faceva di solito, quando non si aspettava una domanda o qualcos'altro.
Era rimasta sorpresa. Non si aspettava una domanda del genere da parte della sorella. Non si aspettava di dover affrontare quell'argomento un'altra volta.
Decise di risponderle. Infondo, era giusto che lei sapesse. 
"Non me la sentivo di rimanere ancora in una città che non ho mai sentito mia per davvero.."
"Si ma.. Avevi una vita. Un lavoro.. Un finto fidanzato francese.."
Spalancò gli occhi, puntando lo sguardo sulla sorella. Eva, non credeva a quello che aveva appena sentito. Come faceva Alice a saperlo?
"Scusa, ma tu.. Che ne sai?"
"Diciamo che.. Ho parlato con mamma. E mi ha raccontato della conversazione che avete avuto oggi pomeriggio, in camera nostra."
Un sorriso vincente sul volto di Alice, aveva messo un'altra volta Eva con le spalle al muro. Non si sarebbe più potuta nascondere.
"Eva, non ti sto dicendo che hai sbagliato a tornare a Roma, anzi.. Siamo tutti felicissimi di riaverti qui! Ma.. Ora, cos'hai intenzione di fare?"
"Alice.. So che non sarà semplice. Non lo è mai per nessuno. Ma voglio ricominciare tutto da zero. Sarà complicato, doloroso. Ma voglio ricominciare. Tutto, tutto quanto. Un nuovo lavoro. Una nuova vita. Una nuova me, insomma. Basta con i problemi, basta con le paure, i silenzi, le continue incomprensioni con tutti gli altri. Voglio solo ricominciare. Ho bisogno di tranquillità.."
Alice le aveva preso la mano. Aveva gli occhi lucidi, assieme a quelli della sorella che raccontava quello che aveva in mente di fare. Sapeva che sarebbe stata dura. Sapeva che non sarebbe stato facile per la sorella. Con Marco e Maya, per casa. Con Marta da crescere. Ma una cosa, la sapeva. Lei, le sarebbe stata sempre accanto. Sempre. In qualsiasi situazione. Le era mancata troppo, in quei mesi. E ora che l'aveva ritrovata, non voleva perderla per nessun motivo al mondo.
"So, che non sarà facile. Che avrai bisogno di tempo, forza e coraggio. Ma io te lo giuro, non ti lascerò sola. Non vi lascerò mai. Ricorda che io.. Sarò sempre dalla tua parte. Sempre. Qualsiasi cosa accada, Eva. E so che per te, non è facile. Sopratutto ora, con.."
Si fermò, alzando la testa verso l'altò, indicando il soffitto. Non voleva farsi sentire. Non voleva che Maya odiasse Eva, più di quanto già la stesse facendo in quel momento. Ma se Maya fosse stata un'ostacolo, si diceva, l'avrebbe abbattuto, assieme alla sorella. Non avrebbe lasciato che lei, si intromettesse nella vita della sorella. Ne tanto meno in quella di Marta. 
Una smorfia da parte di entrambe, e poi una risata. Quel gesto, significava invece tanto. Alice, sapeva. Sapeva che Eva, voleva avere a che fare il meno possibile con Maya. E sapeva che non sarebbe stato semplice. Perchè lei, le urla, in mansarda, le aveva sentite. Qualche ora prima, lei aveva sentito quella litigata. E ne aveva capito anche il motivo. 
"E tu? Abbiamo parlato tutto il tempo di me, ma.. Non mi hai detto che ci fai sveglia a quest'ora.."
Alice aveva abbassato lo sguardo, con la mano stretta a quella della sorella che, invece, aspettava una sua risposta.
"Francesco?"
Aveva scosso piano la testa, in silenzio.
"Ali, dai, apriti con me!"
Eva aveva cercato di incalzarla. Di farla sorridere, con quel "apriti con me", che più di una supplica, sembrava una vera e propria liberazione.
Infatti Alice, aveva sorriso, divertita dall'esclamazione della sorella. Decise così, di confidarle quei pensieri che facevano rumore, non lasciandola dormire.
"Ti posso chiedere una cosa?"
"Certo, sono qui per questo.."
"Hai mai fatto una cosa, della quale poi avresti dovuto pentirti, ma poi invece, col passare del tempo, hai scoperto che se avessi avuto la possibilità, lo avresti rifatto ancora?"
"Fammi un esempio.."
"Non so, così, a caso eh.."
Alice cercava di sembrare il più vaga possibile. Si vergognava troppo, a confessarle ciò che realmente la torturava.
Ma al contrario di quello che pensava lei, ad Eva non era affatto sfuggito il suo nervosismo.
"Ad esempio.. Metti che c'è una ragazza, che sta con un ragazzo. Però questa ragazza, ha anche un amico, alla quale tiene molto. Tiene davvero tanto. Mettici pure che un tempo, questo amico non era poi tanto amico nei suoi confronti. E metti che il ragazzo con la quale sta la ragazza, abbia avuto un periodo difficile. Così loro si sono lasciati. E col passare del tempo, lei ha iniziato a.. Provar qualcosa per il suo amico. Fino ad una notte passata assieme. 
Il ragazzo di prima però, si è pentito del suo sbaglio. E così la ragazza, l'ha perdonato, tornando con lui. Solo che però, non gli ha confessato della notte passata con l'amico. Secondo te, la ragazza, dovrebbe star zitta e far finta di niente, o.. Dovrebbe dire la verità al suo ragazzo?"
Eva, aveva ascoltato tutto con attenzione. Aveva colto nello sguardo della sorella, una strana luce, che brillava. L'aveva guardata per tutto il tempo, lei con la testa bassa, e lo sguardo che evitava accuratamente il suo. Le aveva stretto la mano, prima di parlare. Eva, aveva capito tutto. Aveva capito che, quella ragazza, in fondo, non era poi tanto presa a caso. E che, in quel momento, le stava proprio sedendo davanti, con'unespressione preoccupata.
"Alice.."
"Mmh?"
"Con chi hai passato la notte?"
Alice l'aveva guardata allibita, stupita. Possibile che alla sorella, non sfugga mai niente?
Eva aveva sorriso, in silenzio. Poi, continuò.
"Andiamo, davvero non mi vorrai far credere che ti sei inventata tutta questa situazione al momento, presa poi a caso!"
Aveva iniziato a ridere di gusto, seppur silenziosamente, per non svegliare gli altri. Aveva stretto ancora di più la mano alla sorella, per darle coraggio, e dirle chi fosse quel famoso amico.
"E va bene, hai vinto! Questa ragazza.. Si insomma.. Sono io!"
"Ma dai? Non l'avevo capito, guarda.."
Continuava a sorridere, prendendola in giro. 
"Dai, chi è il tuo "amico"?"
"Se te lo dico, prometti di non urlare, o di non farti venire un infarto?"
Continuava a ridere, silenziosamente.
"Si, dai, te lo prometto! Allora? Chi è?"
Alice si guardò attorno, per prender coraggio e dire quel nome formato da quattro lettere. Non sapeva come dirlo. Così abbassò lo sguardo, evitando quello della sorella. 
"E'.."
"Ali, dai!"
"E' Rudi!"
Eva rimase allibita, esterrefatta, sbigottita. Un altro po', e si strozzava col tiramisù che stava mangiando. 
Spalancò gli occhi, incredula. La bocca spalancata. E lo sguardo di chi, vuole sapere di più. Sguardo di chi, non può credere alle proprie orecchie.
La fronte corrucciata, e un'espressione spaesata. Ancora qualche secondo di silenzio, prima di lasciar uscire quell'esclamazione che teneva dentro ormai da qualche minuto.
"Che cazzo hai detto?!"
Non era solita usare quei termini. E la sorella lo sapeva. Li usava solo quando qualcosa la sorprendeva, la lasciava senza parole, la lasciava semplicemente allibita. Non era rabbia, e Alice lo sapeva. Era pura sorpresa. 
Cercò di ricomporsi, di calmarsi. Ma non ci poteva davvero credere. 
"Ecco, sapevo come avresti reagito.."
"Alice, tu sei stata a letto con Rudi Cesaroni?"
"Non era un letto! Sta zitta, che se ti sente qualcuno sono morta!"
"No ti prego, risparmiami i dettagli!"
Bisbigliavano, cercando di fare il meno rumore possibile. 
Alice cercava di calmare la sorella, chiedendole di smetterla di ripetere: "Sei stata a letto con Rudi, sei stata a letto con Rudi", come fosse in balia di qualche strana ipnosi. Una scena quasi comica, che si concluse non appena il rumore della porta d'ingresso, aveva distratto entrambe.
"Ma chi è?"
Aveva bisbigliato Alice alla sorella, alzandosi piano dalla sedia per andare incontro a quei rumori.
"E io che ne so!"
Si alzarono entrambe di scatto, andando verso la porta d'ingresso. Camminavano piano, avvolte dal buio dell'ingresso. Il rumore aumentava, e la paura di entrambe cresceva. Alice si avvicinò all'appendi abiti per poi prenderlo in mano, come fosse una sorta di mazza. Eva si era avvicinata alla porta, guardando la sorella, spaventata. 
"Al mio tre.. Uno, due, tre!"
Eva aveva contato fino a tre, e aveva aperto la porta. Spalancò gli occhi, quando davanti, invece che un possibile ladro, si ritrovò Marco, barcollante e sicuramente ubriaco.
Alice aveva posato l'appendi abiti, e si era avvicinata a lui, preoccupata, con gli occhi spalancati.
"Che carine, mi avete aspettato alzate?"
Un sorriso ebete stampato in volto, e gli occhi lucidi. Allegro, completamente in balia dell'alcol che aveva ingerito nella notte trascorsa al bar vicino al parco. Si era fatto accompagnare a casa da Francesco, che l'aveva riportato fino a li, per poi andar via, evitando di svegliare qualcuno. 
Eva rimase immobile, guardandolo sorriderle, come non faceva da tempo. Mentre Alice, si apprestò subito a provare a sorreggerlo, per quanto le fosse possibile.
Lui, che non capiva più niente, avvicinò il suo viso a quello di Eva. Lei era rimasta ferma, a guardarlo negli occhi come non faceva da tempo.
"Che fai ferma li? Dammi una mano a portarlo sul divano! Che se lo becca giulio così, è morto!"
"Ragazze, ma lo sapete che io vi voglio tanto ma tanto bene? E tu, Eva, lo sai che mi sei mancata tanto tanto?"
Se pur con titubanza, si era avvicinata per sorreggerlo. Le sue parole, l'avevano lasciata ancora più stupita. E' vero, era ubriaco. Ma lei, aveva sempre creduto ad una cosa, che le aveva insegnato l'esperienza. "In vino veritas". 
Barcollavano tutti e tre, cercando a piccoli passi di avvicinarsi al divano in soggiorno.
"Alice, ma tu lo sai che Francesco ti ama tanto tanto?"
Rideva, scoppiava a ridere per ogni cosa. Alice rideva divertita, assecondandolo. Anche Eva, sorrideva, divertita. L'aveva stretta forte, Marco. Le aveva messo una mano sulla spalla, avvolgendola col braccio. Continuava a parlare, a dire cose che apparentemente, sembravano senza senso.
"Tutto quello che ho! Marta!"
Continuava a ridere.
"Smettila! Che così svegli tutti!"
"Shh, Shhh!"
Si portava un dito davanti al naso ridendo. Eva e Alice lo guardavano divertite, assecondandolo.
"Scusa, non è meglio se lo portiamo di sopra?"
"E come vuoi fare? Lo trasciniamo? No, mettiamolo sul divano, Ali. Rischiamo di svegliare tutti così."
Si avvicinarono al divano, facendolo sedere piano. Lui, continuava a parlare.
"Maya, io ti devo dire una cosa.."
Rideva tra una frase e l'altra, ma Eva e Alice si erano fermate a prestare attenzione alle sue parole. 
"Io, non voglio venire a vivere con te! Ne ora, e ne mai!"
Eva e Alice, erano rimaste in silenzio. Sorprese dalle parole di lui. Era ubriaco. Tutto ciò che usciva dalla sua bocca, era solo pura verità. Non poteva mentire, non ne era capace. Almeno, non ora. 
Dopo aver detto quel "Ne ora, ne mai!" scoppiò in un'altra risata. 
Eva lo guardava, come non aveva più fatto da tempo. Ora, poteva perdersi nel suo sguardo. Poteva annegarci dentro, senza la paura di in'utili conseguenze. Tanto lui, il giorno dopo, non se ne sarebbe mai ricordato. Lo fecero stendere sul divano, togliendogli le scarpe, la giacca, e il maglione bagnato d'alcool.
"Su dai, ora stenditi, che io ed Eva andiamo a dormire!"
Alice lo aveva lasciato sul divano, allontanandosi. L'unica che non potè farlo, era rimasta vicino al divano, con la mano stretta a quella di lui che, come un bambino, non voleva più lasciarla andare, per nessun motivo al mondo.
"No, no no, no no, ti prego, resta qui con me.."
L'aveva trascinata a sedersi vicino a lui. E lei, non sapeva cosa fare. Non sapeva come poter lasciarlo.
Alice rise divertita, vedendo lui trascinare sul divano lei che, al contrario, non riusciva a stare tranquilla. Quell'effetto, riusciva a farglielo solo lui. 
Lui si distese sul divano, stringendo forte la mano di lei. Lei, non sapeva che fare. 
Lui aveva appoggiato la testa sul cuscino, accoccolandosi. Aveva stretto ancora la mano di lei. Eva, non trovava la forza di staccare la sua mano da quell'incastro perfetto. Alice, prese il plaid dall'altro divano, e lo coprì. 
"Senti.. Aspetta che si addormenti, e poi vieni su."
"Si.."
Aveva annuito incerta alla sorella. Li aveva lasciati li, soli. Lo aveva fatto di proposito. Marco continuava a sorridere, con gli occhi chiusi, stringendo la mano di lei. 
"Marco.. Marco.."
Aveva bisbigliato piano il suo nome, cercando di non farsi sentire, cercando di fare il meno rumore possibile.
Lo guardava. Gli occhi chiusi, le labbra socchiuse in un sorriso appena accennato. Un'espressione rilassata in volto, e la mano stretta a quella di lei. In quel momento così perfetto, non pensava a niente. Aveva solo bisogno di tenere stretta la mano di lei, aveva bisogno di sentirla vicina, aveva bisogno di quella sensazione mai sopita che solo lei, era capace di trasmettergli con uno sguardo. Un sorriso. 
Sarebbe rimasto li per sempre. In quella posizione, in quel momento. Aveva la mente annebbiata, aveva i sensi fuori uso. Ma quella notte, l'aveva passata a pensare. Ad elaborare pensieri su pensieri, senza darsi tregua. Voleva capire, voleva andare a fondo a quello che sentiva. 
E così, si era ritrovato seduto sullo sgabello di quel bar che l'aveva accolto spesso, in quei ultimi mesi. E tra una birra e l'altra, si era lasciato trasportare da quello che teneva dentro, nel profondo di se stesso. 
Eva era ancora li, su quel divano che tante di quelle volte li aveva visti complici, vicini, innamorati. Tante volte quel divano, era stato testimone delle loro nottate passate a raccontarsi, quando ancora erano del ragazzini innamorati dell'idea dell'amore. Quando ancora non sapevano che cosa fosse quel sentimento così grande che piano piano li stava travolgendo. 
Lei, non riusciva a trovare la forza per abbandonare la sua mano. In tutto quel tempo passato lontani, si era convinta ad andare avanti, a dimenticarlo. A non provare più niente per lui, a non stravolgergli la vita un'altra volta, dopo che lui, una vita, se l'era ricostruita assieme ad un'altra donna. Non aveva il diritto, non poteva provare niente per lui, non poteva chiedere nulla, dopo che l'aveva lasciato andare via in lacrime quella notte, a Parigi. Si ripeteva dentro la sua testa, che tutto, tutto quanto in quel momento, era sbagliato. Che lei, non era tornata per lui. Che lei, era tornata per ricominciare da zero, per la sua famiglia, per assicurare la presenza d'amore e d'affetto a sua figlia, unica ragione del suo sorriso. Non poteva riprendere da dove aveva lasciato, non poteva tornare la ragazza di un tempo. La aspettava una nuova vita, l'aspettava un nuovo lavoro. L'aspettava una nuova Eva. E nella vita della nuova se stessa, non ci sarebbe stato nessun amore tormentato. Nessun amore irrepremibile ed inconfessabile. Non si sarebbe più fatta del male, ma sarebbe andata avanti, a testa alta. 
Scosse la testa, prese coraggio, e decise di lasciare la mano di lui, disteso sul divano con gli occhi ancora chiusi. 
Si alzò di scatto per allontanarsi, per scappare da quel divano così dannatamente comodo e caldo, così accogliente. Non poteva fare un passo avanti, per poi farne tre indietro. Non poteva. 
"Eva, eva, dove sei?"
Lui aveva iniziato a mugugnare il suo nome, con gli occhi chiusi, agitandosi. Lei l'aveva guardato, con uno sguardo triste. Gli occhi lucidi, e i pensieri contrastanti che la stavano torturando dentro. Fece un passo verso il divano, sfiorando la testa di lui. Si sentiva in colpa. Non poteva lasciarlo li solo. Ma sapeva che se fosse rimasta ancora, li, accanto a lui, si sarebbe fatta ancora del male. Avrebbe sofferto in'utilmente. 
"Sono qui.. Sono qui Marco.."
Gli aveva accarezzato leggermente la testa. E lui, era tornato tranquillo. La faceva tremare quel contatto, la faceva star bene, la faceva star male. Lasciò la sua testa, solo dopo aver sentito il suo respiro calmo, regolare. Si era finalmente addormentato, accarezzato dalla calda mano di lei, sulla sua testa. Lei sorrise, vedendolo così. Così indifeso, così dolce, così bambino. Le era mancato, tutto questo. Le era mancato vederlo addormentato, con le labbra socchiuse e quell'espressione rilassata in volto. Le era mancato sentirlo pronunciare il suo nome. Le era mancato il contatto con la sua pelle, le era semplicemente mancato tutto di lui. Ma non poteva. Sorrise, scuotendo la testa, allontanandosi finalmente da quel divano. Lo guardò un'ultima volta, prima di voltarsi per salire le scale. Non aveva sentito i passi, non aveva sentito nessun rumore. Rimase sorpresa, quando davanti a lei si ritrovò Maya. Nervosa, agitata, preoccupata. Quasi si scontrano.
"Scusa, non ti avevo vista.."
"No, scusami tu.. Eva, hai visto Marco? E' tutta la notte che lo aspetto, non risponde al telefono, e sono preoccupata."
Eva abbassò lo sguardo, incassando il colpo. Ora, c'èra lei, a prendersi cura di lui. Lei, non avrebbe più dovuto farlo.
Alzò lo sguardo verso Maya, piegando le labbra in un sorriso che più che tale, sembrava una smorfia. 
"Vieni.."
L'aveva invitata a seguirla, scendendo assieme le scale. Si ritrovarono in soggiorno, per poi avvicinarsi al divano. Eva aveva indicato con un braccio il divano, sorridendo leggermente. 
Maya si era avvicinata al divano, preoccupata.
"Oddio, ma quando è tornato?"
"Circa mezz'ora fa."
"Ma cos'è sta puzza?"
"Penso abbia bevuto un po' troppo.. Va beh, io vado a dormire, che è tardi. Buonanotte."
Aveva cercato di salutarla alla svelta, per tornare al piano di sopra. Maya, seduta vicino a Marco, l'aveva guardata con un mezzo sorriso, ringraziandola.
"Grazie.."
Alzò gli occhi al cielo, infastidita, prima di voltarsi di nuovo verso di lei. Cercò di sorriderle, tranquillamente. Più che un sorriso, quello di Eva sembrava un ghigno.
"Figurati, non mi devi ringraziare."
Maya l'aveva guardata un'ultima volta, per poi tornare a guardare Marco addormentato. Vennero entrambe distratte da un mugugno inizialmente incomprensibile, che poi, diventò chiaro e più che comprensibile.
"Eva.. Eva, ti prego.."
Eva aveva spalancato gli occhi, socchiudendo leggermente la bocca. Non ci poteva credere. Lui, stava ancora mugugnando il suo nome nel sonno. Maya, restò stupita. Aveva guardato Eva, fulminandola. Al contrario, Eva, che era un'ottima attrice all'evenienza, sorrise avvicinandosi a lei, per tranquillizzarla. 
"Pensa che vicino a lui, ci sia ancora io.."
Finse di ridere divertita, trascinando con se Maya, che invece, non era poi rimasta tanto convinta dalle sue parole. 
"Amore.. Marco.. Sono io, Maya.."
Si era avvicinata a lui, accarezzandogli il viso. Eva, incassò un'altra volta il colpo, in silenzio. Le faceva male vederla con lui. Le faceva male, vederla nella posizione in cui si trovava lei prima. 
Voltò la testa dall'altra parte, infastidita.
"Scusa, ma ora vado a dormire. Notte."
"Buonanotte."
Entrame avevano risposto fredde e secche, fulminandosi con gli sguardi. Eva aveva finto di sorriderle, e Maya aveva fatto lo stesso. Non si sopportavano. Maya odiava Eva. E anche se Eva ancora non sapeva dare un nome a quella strana sensazione di fastidio che la invadeva non appena la vedeva comparire davanti ai suoi occhi, sapeva che di certo, con lei, non ci avrebbe mai parlato più di tanto. Le aveva portato via la persona che più amava su questa terra. Ma continuava a ripetersi che, Maya, non aveva proprio portato via niente a nessuno. Perchè Marco, non era più suo da un bel pezzo. Si voltò salendo le scale, di corsa, in fretta. Voleva andarsene al più presto da quel soggiorno, voleva andarsene al più presto da quella situazione assurda. Voleva solo tornarsene in camera sua, nel suo letto, sotto le coperte, per non avere un'altra volta davanti agli occhi l'immagine di lei, vicino a lui. Per non avere più nelle orecchie, il suono del suo nome pronunciato da lui, nel sonno. Rumore di una supplica, di una preghiera. "Eva, Eva ti prego.."
Quella frase, continuava a risuonare nella sua mente. Quella notte, lo sapeva, avrebbe portato a dei momenti difficili da affrontare, ma troppo importanti per rinunciarvi. Aveva ancora davanti agli occhi, lo sguardo stupito, quasi arrabbiato di Maya.
Arrivò piano nella sua stanza, cercando di fare il meno rumore possibile, per evitare di svegliare Alice e Marta addormentate. Sorrise accarezzando il volto della sorella, per poi infilarsi sotto le coperte, nel suo letto, accanto a sua figlia addormentata. Dormiva, dormiva beatamente, con la bocca socchiusa e le labbra piegate in avanti. La guardò, e per un attimo nella sue mente, si fece spazio il ricordo dell' l'espressione di Marco addormentato. Così simile, uguale a lei. Le sfiorò la testa, accarezzandola. La guardava, la contemplava. Si avvicinò a lei, accoccolandosi contro il suo piccolo corpo esile. 
"Amore della mamma. Dormi, dormi tranquilla. Perchè la mamma, da ora in poi, non farà più niente che non voglia anche tu. Si lascerà guidare da te. Ti prometto che, tutto ciò che farò da qui in poi, sarà solo per te. Per garantirti un futuro migliore. Per vederti sempre sorridere
come solo tu sai fare. Ti prometto che starai sempre bene. Ti prometto di darti tutto l'amore che ho, ti prometto che non ti strapperò più alla tua famiglia. Alla nostra famiglia. Questa nostra famiglia, che ti ama talmente tanto, che per te farebbe di tutto. Crescerai qui, con i tuoi nonni, i tuoi zii, e con il tuo papà che ti è mancato tanto. E io sarò con te, qui, ora e per sempre. Ti insegnerò a conoscere questa famiglia pazza e strana, che sa davvero volere bene alle persone alla quale vogliono bene. Me l'ha detto tuo nonno Giulio, un giorno di qualche anno fa. E io, gli ho creduto. Come voglio che anche tu, ti abituassi a vivere in questa casa, in questa famiglia. L'altro giorno mi hai chiesto chi fosse quella ragazza che sta sempre con papà. Ti ho guardata, amore mio, e ti ho detto la verità. Non ho avuto la forza di mentirti.
"E' la fidanzata di papà, amore." Cercai di sorridere, cercai di fingere davanti a te di star bene. Hai inclinato la testa di lato, e mi hai guardata come solo tu riesci a fare. Mi hai abbracciata, forte, come se sapessi che in realtà quello che ti stavo dicendo, non mi faceva star bene. 
E ti ho stretta a me, amore mio. Sei l'unica ragione del mio sorriso. Sei tutto quello che ho, e che avrò per sempre. Nessuno mi farà mai pensare il contrario. Sei l'unica certezza che ho. Sei qualcosa di indelebile, di indissolubile, che mi legherà per sempre al tuo papà. 
Perchè in te c'è tanto di me, quanto ce n'è di lui. E te lo prometto, amore mio. Non ti porterò più via da lui. Perchè credimi, il tuo papà ti vuole tanto bene."
Si asciugò un paio di ribelli lacrime che stavano scendendo sul suo viso. Chiuse gli occhi, stringendo forte sua figlia, unico scudo contro la vita al di fuori di quella stanza. 

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Eeeeccomi! :D
Allora, questo capitolo è lungo, molto lungo. Onestamente, non so nemmeno come sia venuto. o.O 
Ho cercato di far accadere qualcosa, smuovendo un po' le acque. Non so se ci son riuscita, però. -.-" 
Cmq, detto questo, spero che vi sia piaciuto leggere, e se siete arrivati fino a qui, come sempre vi ringrazio, di cuore. (: 
A presto, con un altro capitolo! :D
Un bacio, e grazie ancora. **

Chiara. <3
  
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