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Autore: Glowen    04/07/2007    6 recensioni
“Domani chiederò a Bellatrix di diventare la mia fidanzata” spiegò senza guardarla “Ufficialmente, intendo. Volevo fossi la prima a saperlo”. Narcissa e Rodolphus, due brevi momenti insieme, due istantanee sbiadite dal tempo.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello era il giorno del suo matrimonio, e invece di stare davanti a uno specchio per acconciarsi i capelli, camminava a passo svelto per i corridoi impolverati di quella vecchia villa

Il giorno del suo matrimonio

 

 

Quello era il giorno del suo matrimonio, e invece di stare davanti a uno specchio per acconciarsi i capelli, camminava a passo svelto per i corridoi impolverati di quella vecchia villa.

Ricordava bene i muri coperti da vecchia carta da parati verde –che una volta, a suo tempo doveva aver donato a quel posto uno splendore regale- e da quadri da elaborate cornici, storti quasi senza eccezioni.

Ricordava il tappeto lungo e stretto al centro dello stretto corridoio e le porte chiuse –un’infinità di porte chiuse- che si aprivano su entrambe i lati del corridoio.

Erano tutte uguali, di legno scuro con una maniglia dorata.

Ma lei sapeva bene, qual’era la stanza che stava cercando.

Quello era il giorno del suo matrimonio, e invece di ricevere le damigelle mostrando in ogni sorriso come quello fosse il momento più felice della sua vita, se ne stava ferma davanti ad una porta.

L’elaborato lampadario proprio sopra la sua testa pendeva a mezz’aria, i cristalli oscillanti e sporchi, altro ricordo dello splendore di tempi ormai lontani.

Prese un profondo respiro, si tirò un ricciolo ribelle –sfuggito dall’elaborato chignon sulla nuca- dietro l’orecchio e fissò la porta.

Un altro respiro, e poi bussò, piano, dolcemente, con le nocche bianche che pian piano si arrossavano.

*

“Avanti” disse Narcissa Black, alzando gli occhi dal libro.

La porta del dormitorio si aprì leggermente e il viso dagli zigomi alti di Rodolphus Lestrange si introdusse dentro, i capelli sottili e scuri che gli pendevano davanti.

Aveva l’espressione vispa di quando entrava per comunicarle qualche nuova divertente idea, ma qualcosa nei suoi occhi era diverso.

“Ciao” disse lui e dopo aver appurato che fosse sola, entrò nel Dormitorio, gettando la scopa che aveva usato per raggiungerlo sul primo letto che trovò lungo il suo cammino.

Narcissa sedeva sull’ultimo letto infondo, come un diamante nella sua custodia verde scuro.

Aveva i capelli biondi raccolti in uno chignon, con qualche ciocca ribelle che le coronava il viso da bambina. Teneva un libro sulle ginocchia e il nasino alla francese era arrossato.

Lo guardò avvicinarsi con la sua solita andatura dinoccolata, le gambe avvolte in jeans babbani e le maniche della camicia nera rimboccate. Era oggettivamente un bel ragazzo, e non c’era da stupirsi che Narcissa fosse stata rapita dai suoi occhi blu fin dalla prima volta che si erano posati su di lei.

Era la sua prima sera ad Hogwarts, sedeva in Sala Comune, silenziosa e leggermente imbarazzata.

Intorno a lei la baraonda più totale.

Lucius Malfoy, grande amico di famiglia –ma purtroppo, non ancora, non suo- seduto di fronte a lei le parlava gentile, cercando di coinvolgerla e metterla a suo agio, ottenendo però –con tutta quella formalità- solo l’effetto contrario.

Quando lui aveva fatto una pausa, Narcissa aveva alzato su di lui gli occhi, per rivolgergli un sorriso e invitarlo a proseguire, e allora l’aveva notato. Seduto proprio accanto a Lucius, Rodolphus Lestrange la guardava da sotto i capelli lisci, portati davanti al viso, con guardo malizioso ed irriverente –uno sguardo che il rampollo dei Malfoy mai si sarebbe permesso di posare su una rispettabile ragazza-

Da allora non aveva desiderato altro che essere desiderata da lui e si era sentita in paradiso ogni volta che quegli occhi si erano posati su di lei per un tempo più lungo del normale secondo di passaggio di sguardo-alla-ricerca-di-qualcuno-o-qualcosa.

Lui si fermò proprio davanti al suo letto e la guardò, i capelli che gli ciondolavano davanti al viso –forse un po’ troppo- pallido

“Tutto bene?” chiese Narcissa, tenendo un sorriso caldo sulle labbra rosse. Lui aveva qualcosa di strano e non sfoggiava il suo solito sorriso coinvolgente e misterioso.

“Mi sto per fidanzare” le disse, usando quello che probabilmente era lo stesso tono che riservava per le risposte alle domande della McGranitt. Non c’era calore nella sua voce.

Narcissa distolse gli occhi, puntandoli sulle proprie ginocchia e sul libro poggiato su di esse. Annuì piano.

“Grazie di avermelo detto” disse; fin da quando aprì la bocca le sembrò una cosa immensamente stupida da dire, ma non diede segno di essersi pentita di aver parlato e mantenne l’espressone seria che con cura si era appena dipinta addosso, maschera dei suoi veri sentimenti.

Rodolphus abbassò gli occhi sul pavimento di legno, in un gesto che lui –nobile principe Purosangue e adolescente popolare e ribelle- non compiva mai. Annuì a sua volta, con gravità.

“Domani chiederò a Bellatrix di diventare la mia fidanzata” spiegò senza guardarla “Ufficialmente, intendo. Volevo fossi la prima a saperlo”.

Bellatrix e Rodolphus uscivano insieme già da un po’, e lui non ne aveva mai fatto mistero a Narcissa.

Ingenuamente, lei aveva però sempre pensato che la loro fosse una semplice storia che presto sarebbe finita.

Erano entrambe due bei ragazzi, Serpeverde e Purosangue e sarebbe stato strano piuttosto il contrario, cioè se non fossero mai usciti insieme. Ma che arrivasse un fidanzamento non l’aveva mai pensato.

“Perché?” chiese Narcissa, riferendosi a tutti e a niente, gli occhi sempre persi nelle pieghe della lunga gonna blu che indossava.

Con la coda dell’occhio vide Rodolphus mordersi il labbro ed esitare.

*

“Avanti” disse una voce maschile dall’interno della stanza “Narcissa” aggiunse ancora prima che la porta si fosse del tutto aperta.

Forse aveva riconosciuto i suoi passi lungo il corridoio, o magari il profumo della sua pelle.

Mentre lei entrava, lui alzò gli occhi dal romanzo polveroso che stava leggendo e la guardò.

“Ciao” disse Narcissa, avanzando a passo lento nella piccola biblioteca, sentendosi stretta tra quelle pareti di libri e storie.

Lui sedeva alla scrivania, immerso nella penombra, una camicia scura con le maniche rimboccate come segno distintivo di quel Purosangue un po’ ribelle che non aveva mai smesso di essere.

Portava al collo quella stessa catenina che aveva sempre avuto –per quanto Narcissa potesse ricordare- e che non aveva tolto nemmeno nei momenti più intimi. Nemmeno quando dormiva.

Gli occhi blu sembravano più scuri, ma erano belli e misteriosi come quelli dell’adolescente che l’aveva guardata –tanti anni prima- nella Sala Comune del Serpeverde.

Lei raggiunse la scrivania e lo guardò, seduto dall’altra parte del tavolo, con un sorriso vagamente accennato.

“Sei fredda” commentò lui con quel tono atono che aveva sempre caratterizzato la sua voce. Constatazioni neutre come questa, erano sempre state nel suo stile.

Narcissa si lisciò l’abito lungo e stretto che indossava e si portò nuovamente la ciocca ribelle dietro l’orecchio. Accennò a un sorriso tirato, che rimase impigliato da qualche parte e non si liberò appieno sulle sue labbra dipinte di rosso.

“Sto per sposarmi” disse, senza preamboli, guardandolo diritto negli occhi.

Quello era il giorno del suo matrimonio, e invece di essere a fare le foto con le damigelle e a farsi aiutare ad indossare l’abito elaborato, se ne stava in una buia e polverosa biblioteca, in compagnia di un uomo che non era il suo fidanzato –e volendo guardare non ci assomigliava quasi per niente.

Rodolphus distolse lo sguardo. Con movimenti lenti chiuse il libro che teneva in mano e lo poggiò sulla scrivania, dove la pesante copertina di pelle si sottrasse anche alla poca luce che filtrava dalle pesantissime tende sulla finestra alle spalle dell’uomo e fu quindi impossibile per Narcissa leggerne il titolo.

Con espressione seria e vagamente triste, fissò a lungo le sue stesse gambe incrociate una sull’altra.

Narcissa rimase in piedi all’altro lato della scrivania, algida ed elegante nel suo abito panna, lungo e stretto.

Lo guardava senza distogliere lo sguardo –quasi senza sbattere ciglio- per cogliere ogni espressione del ragazzo, che silenzioso come soleva essere, spesso si esprimeva tramite smorfie o ombre nello sguardo.

Con stupore vide un sorriso beffardo dipingersi sulle sue labbra sottili. Sempre guardando nel vuoto, parlò con voce seria, Rodolphus Lestrange

“Grazie di avermelo detto”

Narcissa ne fu stupita e aprì la bocca, che rimase aperta in una piccola O prima che lei se ne accorgesse e tornasse a serrare le labbra. Una semplice frase, l’aveva riportata indietro, a quasi 3 anni prima, ad Hogwarts.

“Fra poco vedrò Lucius e senza esitare, davanti a quell’altare, gli dirò di sì. Volevo che fossi il primo a saperlo” aggiunse con lo stesso tono, senza che la maschera impassibile che indossava lasciasse trapelare alcunché.

Il sorriso beffardo di Rodolphus invece guadagnò più spazio sulle sue labbra.

“Perché?” chiese, alzando gli occhi su di lei, come se improvvisamente volesse incolparla.

Con quella domanda intendeva tutto e niente.

Narcissa si morse il labbro a lungo, arrossandolo più di quanto non facesse già il suo rossetto, poi esitò. Ma solo per un attimo. Del resto, conosceva già la risposta a quella domanda.

“Perché è questo che tutti si aspettano da me. Da noi”

*

Dopo una breve esitazione, il ragazzo alzò gli occhi su Narcissa, che ora lo guardava come in un lampo di rabbia accusatoria.

Fece uno strano mezzo sorriso e annuì impercettibilmente con la testa, come se avesse appena afferrato una grande verità.

“Perché è questo che tutti si aspettano da me. Da noi”

Uscì dal dormitorio chiudendosi piano la porta alle spalle e lasciando Narcissa più sola che mai su quel letto

*

Narcissa riattraversò la vecchia casa, senza salutarlo, sapendo che al matrimonio lui non si sarebbe presentato.

  
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