Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: endlosenacht    18/12/2012    3 recensioni
Non è previsto che le macchine per uccidere abbiano sentimenti. Negli Hunger Games, i Favoriti sono quelli a cui più si fa affidamento per avere un bello spettacolo. Nessuno pensa alla loro storia. Ma Cato e Clove hanno avuto un passato prima dell'arena, un passato che è impossibile dimenticare.
*** Disclaimer ***
Questa è una storia incompleta. Vi chiedo scusa se per disgrazia l'avete cominciata.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo XI
Big and shiny






Durante il viaggio in treno le parole del padre risuonarono nella mente di Cato come una maledizione: E’ una macchina perfetta.
Era vero? Lo era diventato? Non gli importava. Che il padre lo credesse, che si vantasse del suo figlio guerriero. Non avrebbe avuto niente in cambio. Cato non aveva intenzione di spartire nulla con lui, non avrebbe dimostrato la minima benevolenza verso quell’uomo. Quelli erano i suoi Hunger Games, e li avrebbe vinti solo per sé stesso.
Fu distratto dai suoi pensieri dall’arrivo di Clove, seguita a breve distanza da Brutus ed Enobaria: la vera preparazione agli Hunger Games stava per cominciare.
“Vi odiano tutti…” esordì Brutus senza preamboli, ghignando. Trovava divertente il fatto che tutti odiassero i suoi Tributi e che questi puntualmente vincessero praticamente ogni anno. Era una bella soddisfazione.  
Era tedioso per Cato avere di fronte le stesse facce che lo avevano tormentato nel Distretto 2; una volta nell’Arena, almeno avrebbe visto dei visi nuovi. Sorrise alla prospettiva, immaginando l’euforia di trovarsi faccia a faccia con visi sporchi di sangue, terrorizzati e deliranti.
“… ma hanno paura di voi. Dovete puntare tutto sul timore che imponete sugli altri concorrenti.”
“Alleatevi col Distretto 1” interloquì Enobaria con la sua voce melliflua “Ormai è una tradizione, e anche se voi due potreste tranquillamente arrivare in finale anche da soli, i leccapiedi tornano utili.” Cato non sopportava quasi più la voce della donna; avrebbe voluto che ci fosse lei nell’Arena per poter togliersela dai piedi una volta per tutte. Era un vero peccato che fosse abbondantemente fuori età massima per partecipare.
“E durante i tre giorni di allenamento cercate di controllarvi nei confronti degli altri Tributi. Avrete tutto il tempo che vorrete per ammazzarne il più possibile alla Cornucopia” concluse Brutus scoccando uno sguardo penetrante a entrambi i Tributi che aveva di fronte “Quegli incapaci vi arriveranno tra le braccia senza il minimo sforzo da parte vostra.”
Dicendo questo indicò con il dito il televisore che stava alle loro spalle, il quale proprio in quel momento si stava accendendo su un sorridente Caesar Flickerman che commentava estasiato le Mietiture di quell’anno.
Cato si voltò subito, interessato, e vide con la coda dell’occhio che Clove lo aveva imitato, il braccio appoggiato allo schienale della sedia e gli occhi verdi accessi d’attenzione. Le guance le si erano tinte di un leggero rossore: la cacciatrice stava studiando le sue prede.
I Tributi cominciarono a sfilare sullo schermo: un ragazzo alto e magro, con un sorriso arrogante in volto, insieme a una ragazza dai lunghi capelli biondi e occhi verdi che sembrava uscita dalle fantasie proibite di ogni adolescente, entrambi dal Distretto 1; un ragazzino ricciuto e minuscolo che sarebbe stato addirittura noioso uccidere, Distretto 4; una ragazza dai capelli rossi e l’espressione trasognata, Distretto 5; uno storpio che sorrideva raggiante – “Idiota” borbottò Clove -, Distretto 10. E un ragazzo mastodontico dal Distretto 11 che aveva preso posto senza assumere alcun tipo di espressione. Silenzioso, truce, combattivo. Sembrava il nemico naturale di Cato.
“Oh, quello sarebbe un buon alleato” sentì Enobaria commentare con tono critico, “Tenetelo d’occhio”.
Cato vide Clove alzare gli occhi al cielo; sorrise pensando che anche la ragazza stava probabilmente ripetendo a raffica nella sua mente lo stesso genere di insulti verso la loro mentore che stava rimuginando lui. Dopo anni, il viso di Clove era espressivo come quel giorno sotto la neve.
Il servizio terminò con dei frammenti della Mietitura del Distretto 12, che non aveva raccolto niente di meglio che una ragazza disperata per la sorellina e un ragazzetto che sembrava stesse per mettersi a piangere da un momento all’altro.
Brutus ed Enobaria si alzarono e si ritirarono nelle loro stanze.  “Non avete bisogno d’altro”, dissero uscendo dalla porta, mentre Caesar starnazzava ancora entusiasta annunciando servizi speciali su ogni Tributo. Era ovvio che non c’era bisogno d’altro, la concorrenza era così scarsa che non valeva neanche la pena di considerarla.
 “Sono praticamente tutti delle mezze calzette” brontolò Cato quando anche l’ultimo servizio fu concluso.
Aveva aspettato con anticipazione quei Giochi per tutta la vita e il pensiero che potessero rivelarsi una noia mortale lo irritava oltremisura.
Avrebbe potuto uccidere la maggior parte di quei ragazzi già ad undici anni. Stava cercando di cacciare dalla mente la ragione del suo vero rammarico, quando questa si fece sentire in tutto il vagone.
“Alcuni non sono male” dissentì Clove. Si era alzata e ora guardava fuori dal finestrino il profilo di Capitol City che già si stagliava in lontananza. Erano quasi arrivati, i suoi Hunger Games.
“Ad esempio?” le domandò Cato diffidente.
Era la loro prima conversazione dopo anni di silenzio e non sfuggì a nessuno dei due. C’era una tensione diversa tra loro, piena di cose non dette. Eppure stavano parlando degli Hunger Games, il discorso che da sempre era stato il loro preferito, quello in grado di riportarli uno vicino all’altra dopo i vagabondaggi solitari nei loro pensieri,  e questo contribuì a diffondere nell’animo di Cato un calore rassicurante.
“Il tizio dell’11 ci darà un bel daffare, e quella del 5 ci farà correre un po’. Sembra una volpe” stava commentando Clove.
“Me ne frego della rossa, una volta presa sarà faccenda corta. Piuttosto, il ragazzo del 3 ha un collo che promette un bello schiocco, quando glielo spezzerò.”
Quest’ultima affermazione accese la curiosità di Clove.
“Ci sei riuscito?”, lei si illuminò e guardò Cato sorpresa… quasi ammirata. “Hai imparato a spezzare il collo alla gente?”
Ricordava quando Cato le aveva confessato anni prima il desiderio di uccidere a mani nude, con un colpo secco al collo. Lei aveva riso, affermando che era più difficile che tenere in mano una spada, ma lui si era dimostrato determinato. Non lo aveva mai visto riuscirci neanche con la selvaggina, ma sapeva di aver perso due anni di allenamenti serrati.  Venire quindi a sapere che il ragazzo ce l’aveva fatta, che si era talmente perfezionato da riuscire in un’impresa del genere, aveva fatto cedere il riserbo di Clove. Sembrava morire dalla voglia di vedere Cato in azione.
Lui se ne accorse e rispose con un sorriso sghembo: “Potrei farlo a occhi chiusi.”
Vedendo la ragazza tesa verso di lui, aggiunse: “Vuoi provarlo sulla tua pelle?”
Voleva ritrovare la Clove che aveva lasciato in Palestra anni prima, quella che accettava ogni sua sfida con un sorriso sicuro di sé in viso e si piazzava di fronte a lui senza la minima paura, voleva ritrovarla per essere sicuro che se ne fosse andata per sempre, e fu felice di trovarla ancora lì, con gli occhi fissi su di lui.
“Non ci riusciresti” gli sibilò, estraendo un coltello dalla cintura e mettendosi in posizione d’attacco.
Cato non stava in sé dalla gioa. Balzò in piedi.
“Non è un po’ sleale che tu sia armata e io no?” la punzecchiò. Se era ancora la stessa, non avrebbe sopportato un vantaggio che avrebbe potuto far apparire la sua vittoria immeritata.
Lei, infatti, sbuffò.
“Se hai paura…” e con noncuranza mandò il coltello a conficcarsi nel muro alla sua sinistra, esattamente fra due quadri. Non si prese neanche la briga di prendere la mira, lanciò d’istinto. E fece perfettamente centro. Si stropicciò le mani.
“Grazie mille” la canzonò Cato, e la invitò a prendere posto al centro della carrozza. Il minuto dopo, lui le era già saltato addosso.
Il loro scontro ebbe il sapore dei ricordi: Clove era cresciuta ed era migliorata, tantissimo, ma era sempre lei, e nonostante le nuove strategie imparate i suoi punti forti restavano sempre gli stessi. E come sempre, riusciva a tenere testa a Cato maledettamente bene.
Nel tempo anche Clove aveva imparato a fermare i colpi prima di colpire l’avversario in allenamento, e fu così che combatterono per più di un’ora. Furono trascinati nell’euforia della lotta talmente tanto che a un certo punto cominciarono a volare suppellettili, cuscini, pietanze. Ogni cosa era valida per essere utilizzata come un’arma.
“Eviterei il punch, sei troppo giovane per bere” scherzò Cato mentre Clove prendeva il mestolo all’interno del contenitore del liquore e faceva per lanciarlo.
“Sono abbastanza grande per vincere gli Hunger Games, non ho bisogno di altro” gli rispose, sferrandolo contro le costole di Cato. Lui lo parò, continuando a ridacchiare.
”E poi, non ho sete” aggiunse Clove, fermandosi.
“E’ un peccato, perché è buonissimo” disse Cato leccandosi le dita sporche di liquore.
Si accorse un minuto troppo tardi che si era lasciato distrarre. Clove era scivolata fuori dalla sua vista e gli aveva teso un potente sgambetto, che fece cadere Cato direttamente sul tappeto.
La risata della ragazza riempì il vagone, limpida e straordinariamente simile alla risata della bambina che era stata nelle sere passate in Palestra.
“Fortuna che nell’Arena non ti attaccherò con un mestolo” gli disse, guardandolo dall’alto in basso con aria di vittoria.
“Tanto dovremo essere alleati per un po’, rassegnati. E’ praticamente una regola” le rispose Cato, tirandosi a sedere.
Lei esitò solo un istante.
“Non durerà.”
 
* * * * * * * * * * * *
 
Capitol City era sfolgorante come Cato l’aveva immaginata.
Le persone erano un po’ strane, con tutti quei colori addosso, ma erano entusiasti degli Hunger Games quasi quanto lui. Più si avvicinava l’inizio, più scalpitava.
Gli stilisti si rivelarono degli sbruffoni pieni di sé, ma gli piacque che dessero per scontata la vittoria del Distretto 2, proprio come lui.
Stava per avere inizio la sfilata dei Tributi, la vera inaugurazione dei Giochi della Fame, e Cato cominciava a sentirsi veramente eccitato.
Attorno a lui il suo sogno stava prendendo forma; gli altri partecipanti erano come lui attorniati dai propri stilisti e nell’intero salone regnava un brusio concitato.
“Alza il braccio!” gli ordinò la stilista. Era indaffarata da un buon quarto d’ora con le rifiniture del suo costume per il carro, le quali avevano qualche problema a fasciare appieno gli enormi bicipiti di Cato.
Quell’anno, i costumi dei tributi del Distretto 2 richiamavano gli dei greci, completamente dorati e muniti di corone. A Cato piacevano: erano profetiche, stavano a simboleggiare che il Vincitore sarebbe stato uno di loro due. Poteva vedere che Clove ne era altrettanto entusiasta: il suo abbigliamento era la perfetta manifestazione del suo stato d’animo.
Lei salì per prima sul carro e lo guardò poi salire.
“Non sorridere” gli intimò.
“Non ne ho l’intenzione.”
E lo spettacolo cominciò. Uscirono nella piazza quasi subito, i visi trasformati in maschere di potenza. Cato fu inondato dalle mille luci che risplendevano attorno a lui, poteva percepire i riflessi che le loro armature mandavano.
Alzò la mano in segno di saluto e vide la folla in delirio tra gli spalti; alcuni già chiamavano il suo nome, incapaci di trattenersi dallo strillarlo quando il carro passava sotto di loro.
Cato ne era inebriato: tutti lo volevano. Se anche lo odiavano, come riteneva Brutus, erano coscienti che quell’anno era lui il più forte. Ed era una soddisfazione sufficiente.
Fu solo quando il suo carro fu quasi arrivato al centro della piazza che sentì un nuovo boato della folla che però non era diretto a lui.
Smise di salutare, stizzito, e si voltò verso i megaschermi solo un breve attimo, per non perdere l’attenzione del pubblico a lui ancora fedele. Quello che vide non gli piacque: i Tributi del Distretto 12 stavano sul loro carro avvolti nelle fiamme. Sembrava potessero prendere fuoco da un momento all’altro, ma nessuno dei due sembrava preoccupato, e anzi, a un certo punto alzarono le mani intrecciate al cielo. Il ragazzo sorrideva, salutava, urlava ringraziamenti. La ragazza se ne stava zitta e guardava il mondo caotico attorno a sé. Mimò un solo bacio verso la folla, dopo aver ricevuto una rosa, ma bastò a mandare gli spettatori in delirio.
Quella vista era insopportabile. Il pubblico doveva acclamare solo lui. Era lui quello che si era allenato per anni, immolando a quei Giochi la sua vita, rinunciando al padre e alla sua unica amica. Era lui l’unico a meritare di vincere.
Il discorso del Presidente Snow fu noioso, tremendamente noioso. Cato avrebbe voluto poter sgranchirsi un po’, correre intorno alla piazza mentre il vecchio barbuto finiva di parlare, ma fu costretto a restare immobile. A mostrarsi impassibile.  
Finalmente Snow chiuse il becco e i carri cominciarono salvifici a muoversi verso il Centro di Addestramento. Allora Cato si voltò verso Clove, che aveva sentito rigida accanto a lui per tutto il tempo. Lei captò il suo movimento e volse la testa verso di lui: per un secondo il loro sguardo si incrociò, per poi essere distolto in fretta.
Tuttavia, fu sufficiente a Cato per assicurarsi che negli occhi di Clove brillasse la stessa sua rabbia nei confronti dei tributi del Distretto 12: nessuno dei due avrebbe permesso oltre che la scena venisse loro rubata.  


 




Nota:
Ohohohoh, che sia un capitolo lungo, questo? Chissà, a voi il giudizio.
Non sono molto soddisfatta: Cato e Clove stanno cominciando a scalpitare, a voler fare quello che vogliono loro senza ascoltarmi più. Non hanno ancora capito che l'epilogo, purtroppo, sarà sempre lo stesso (con quest'affermazione spero di non avervi fatto passare la voglia di leggermi, ops). Questi Tributi scapestrati.
Ma c'è una buona notizia! Arrivano le vacanze di Natale, e questo vuol dire che avrò di nuovo il tempo di scrivere a lungo e arrabbiarmi con Cato e Clove se non mi ascolteranno e convincerli a fare quello che dico, senza vedermi costretta a pubblicare cose di cui non sono soddisfatta. Yay!
Come sempre ringrazio chiunque si sia soffermato a leggermi almeno una volta, tutti coloro che commentano, che mi seguono, che hanno inserito questa storia tra le preferite. Vi voglio tanto bene (Sì Queen_B/Fra, anche a te asashdfhgh <3)
Al prossimo capitolo, 
Vick
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: endlosenacht