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Autore: genbufan    05/07/2007    1 recensioni
Introduzione della serie di racconti di Luthwigg il mercenario. Diciamo che la mia intenzione sarebbe di portare in primo i personaggi che di solito sono perdenti e fanno da carne da macello per dare maggior lustro ai personaggi principali... Ad ogni modo spero che in questa mia versione di universo fantasy si noti un tocco personale! Ogni capitolo fa storia a sè, diciamo che si tratta del modello "Le avventure di..", ma erco di dare un filo logico e delle conseguenze tra capitolo e capitolo...
Genere: Parodia, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Confondersi tra la folla



Da pochi secoli si era di nuovo in grado di rappresentare l’intera superficie del pianeta su di una cartina geografica, perlomeno nei contorni dei continenti.

Osservando una di queste cartine, troviamo, all’estremità di nordovest, il continente di Amrron.

Qui, centinaia di migliaia di anni or sono, le Forze unite della Natura, della Storia e dello Spirito fecero sì che nascesse una particolare specie, una vera curiosità, seppur all’interno del vasto panorama di stranezze offerto dal nostro pianeta.

Gli individui che la componevano erano gli umanoidi più alti esistenti, eccettuati i giganti, superando i due metri e dieci centimetri, sebbene gli individui di sesso femminile fossero leggermente più bassi dei maschi; la loro forza era proporzionata al fisico possente, e li rendeva da sempre temibili avversari per chiunque; il volto era animalesco, il cranio era schiacciato, la mascella allungata e possente, ma appuntita, ripiena di denti spessi e aguzzi, in particolare canini lunghi e affilati, il tutto a ricordo delle loro origini predatorie; le orecchie erano piccole e legggermente appuntite, situate ai lati di quel cranio quasi triangolare; avevano inoltre mani tozze e forti, la pelle grigia come il cielo sotto cui vivevano solitamente, capelli solitamente lunghi e scuri, peluria leggermente sopra la norma, ma non eccessiva. Essi si autodefinivano semplicemente “taggha”. Non erano dotati di una scaltra intelligenza, nè di un’astuzia diabolica, ma una certa saggezza e profondità di pensiero denotava la presenza di un cervello ben funzionante in quel corpo così massiccio; nondimeno avevano saputo avere successo contro gli incredibili avversari propri delle aspre terre loro dimora, nonchè aggiornare le loro conoscenze in materia di guerra e tecnologia, fondamentali per la sopravvivenza di un gruppo, sebbene ovviamente il loro livello in questi campi fosse inferiore - e di molto - rispetto a quello di quasi tutte le altre specie dotate di intelletto superiore.

Di particolare interesse era la disposizione delle loro dimore.

Essi, infatti, vivevano in tane per la maggior parte costruite sottoterra, e potevano tranquillamente trascorrere anche molti giorni senza mai godere della luce del giorno. In queste strane città,annidate nelle foreste, il retaggio tribale e sciamanico,lungi dallo scomparire,si mescolava alla modernità: per quelle strade per metà sotterranee e per metà superficiali si incontravano sia guerrieri armati all’incirca alla stessa maniera delle altre specie, o studiosi interessati alle novità del mondo esterno, sia sciamani o stregoni le cui maniere avevano sempre un vago sapore di antico. Cerimonie derivanti da millenni di tradizione sopravvivevano assieme ai mercati e alle botteghe di cianfrusaglie; persino la loro maniera di abbigliarsi mescolava un numero abbondante di amuleti e oggettini portafortuna simbolo della loro superstiziosità, con vestiti che denotavano un gusto assai moderno e del tutto particolare.

Ultioma, ma non per importanza, caratteristica fondamentale per una popolazione evoluta, era la presenza di individui ricchi,e ciò era stato possibilie poichè un’economia fatta principalmente di condivisione e baratto non aveva impedito agli astuti mercanti di questa specie di acquisire oggetti provenienti dal’esterno e a volte fare fortuna....

Ma nonostante i pregi appena descritti, non si poteva dimenticare che quella gente era stata vittima di sonore sconfitte sul piano storico. Da feroci e spietati conquistatori (si diceva che si fossero spinti anche negli altri continenti, un tempo, a bordo di temutissime flotte navali), si erano progressivamente arresi agli altri esseri senzienti con cui si trovavano in competizione, che possedevano un forte talento nella produzione di armi più moderne e precise, a differenza loro, e soprattutto nell’ organizzazione.

Nei secoli, a partire dalla fine dell’ Era dei Reami, essi erano tornati a ad abitare le terre di Amrron, e si erano perfino dovuti abbassare a cederne una parte. Inoltre, la progressiva caduta della civiltà che era in atto in quel periodo fece sì che la Natura riacquistasse il potere di un tempo su Amrron più che in ogni altro luogo, e il fatto che le specie più feroci aumentassero continuamente di numero, minacciando i confini di ogni loro villaggio, impedì ai taggha, insieme alla proverbiale mancanza di una mentalità che arrivassse più in là dei singoli interessi tribali, di creare una grande nazione che potesse riportarli all’antico splendore. Problemi simili si ebbero in reatà ovunque nel mondo, e questa fu la loro salvezza, poichè qualunque forza abbastanza grande e coesa avrebbe potuto spazzarli via in poco tempo, nello stato in cui si trovavano.

Nei secoli successivi, i taggha erano riusciti a riportare un barlume di ordine al loro interno, arrivando a organizzarsi al livello delle altre specie senzienti.

Ma una certa debolezza era rimasta, nell’insieme, all’interno delle loro società, cosicchè essi diventarono gli ultimi, coloro che eseguivano i lavori più umili per gli altri, il prototipo degli sfruttati. Non erano pochi coloro che sognavano di riprendere piede e buttarsi alle spalle questa infamia. In definitiva, i taggha seguitavano ad essere, si poteva dire, dei guerrieri formidabili, ma con armi non abbastanza efficaci.

La nostra narrazione parte dal 1201, in cui, nel villaggio di Dorkbaarg, piccola realtà rurale, situata ai confini dei territori taggha, quasi una porta verso l’esterno, nacque una famiglia nient’affatto speciale.

Un uomo piuttosto anziano, ma ancora in grado di aver figli, sposò una donna non molto attraente, che aveva superato l’età della freschezza giovanile, e che tutti pensavano destinata a diventare una vecchia nubile.

Le chiacchiere e i pettegolezzi nel villaggio trovarono ulteriore e più proficuo nutrimento, quando quell’unione, nonostante le premesse, diede luogo nel tempo a ben sei nascite.

<< Chi l’avrebbe mai detto che il vecchio calzolaio fosse ancora in grado, eh? >> si sentiva dire in giro.

<< E’ crudele da parte degli spiriti dargli questo potere solo ora, i figli nati da due persone così anziane non potranno mai diventare sani e forti. >>

Il primo a nascere fu Luthwigg, il protagonista di queste nostre storie.

Appena nato, si presentò come un grasso e goffo infante, che esigeva quantità abbondanti di cibo, esigenza che pagò col non ricevere altri tipi di attenzioni durante la crescita, ancor meno quando nacquero altri bimbi in famiglia.

Ad ogni modo il destino gli diede, chissà come, la possibilità di crescere e imparare ad arrangiarsi come poteva per condurre la propria esistenza

Il bambino goffo e stupido divenne un adolescente privo di capacità di spicco, cosicchè si trovò a sperimentare molti campi senza mostrarsi: oltre a lavorare assieme alla famiglia, cacciava, coltivava, allevava per il proprio villaggio, e accettava saltuariamente qualunque tipo di occupazione, specialmente tra quelle in cui poteva essere proficuamente utilizzata la forza fisica, e in cui si potesse guadagnare un certo ammontare d’oro, ovviamente.

Questa vita difficile e precaria aveva infuso in lui la scaltrezza, l’astuzia e lo spirito pratico di chi è abituato a fronteggiare di tutto, qualità utili in qualcuno che nemmeno dal punto di vista intellettuale mostrava grandi doti, pur in mezzo ai suoi simili generalmente incivili. Fu così che il giovane Luthwigg crebbe, in parte troppo in fretta, troppo lentamente sotto altri aspetti, e arrivò all’età di ventun’anni.

In quel tempo egli si presentava alto e forte, certamente, ma non così tanto rispetto ai suoi simili; la sua stazza poderosa era tale anche a causa di una considerevole massa grassa, la sua abilità in batttaglia non era quella che ci si aspettava dal combattente medio. Era così ordinario che in mezzo ad un plotone di venti soldati non si sarebbe riusciti a distinguerlo particolarmente, mentre in un esercito di mille sarebbe risultato una figura di importanza minore, invisibile tra la folla.

Come tutti i giovani, egli coltivava ingenuamente un desiderio, banale come la propria esistenza, che era quello di acquistare fama e ricchezza. E ovviamente, come tutti i giovani, non aveva idea di come farlo.

Maturò così, progressivamente, la convinzione che una prima strada per realizzare i propri sogni fosse quella di ricercare incarichi tipici di una figura che era molto in voga tra i taggha, quella del mercenario.

Come si impegnano, ogni giorno, i giovani come Luthwigg, per ottenere ciò che cercano, senza sapere veramente cosa sia! Che cosa merita chi dà tutto se stesso, e che cosa ottiene?


  
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