Un altro viaggio…un'altra destinazione…alla ricerca di qualcosa che forse non troverò mai… Guardo fuori dal finestrino, piove, le gocce sembrano grosse lacrime che scendono sul treno in corsa e lo attanagliano in un atmosfera di tristezza.
Il mio cuore e il treno hanno qualcosa in comune oggi.
Ero così deciso appena partito…tutte e due le volte…
Solo che la prima volta che andai via, la prima volta che il mondo mi si parò davanti con tutta la sua brutalità, ero solo un bambino…un bambino con la grinta di un ragazzo, con lo sguardo deciso di una adulto, con le aspirazioni di un dio…
La seconda volta è stato più traumatico, ma forse ancora più definitivo…
Ero deciso, convinto, l’avrei fatto per mio fratello, non avrei preteso nulla di divino, o forse si…il perdono…quasi impossibile, ma almeno per lui lo vorrei, per ridargli ciò che il mio egoismo gli ha tolto.
La paura però mi attanaglia sempre più.
E se lui mi odiasse? Se mi considerasse davvero l’unico responsabile? Potrei vivere con il suo odio celato? No! Non ci penso altrimenti impazzisco…
Tra i due sono io il più grande anche se di poco, ma sembra che sia lui invece ad essere il maggiore…chissà dove sarei senza di lui ora…
Sposto il mio sguardo su di lui, sta giocando con quel dannato gatto…quante volte gli avrò ripetuto che non può tenerlo nell’armatura!! Ma lui è fatto così…
“Qualcosa non va fratellone?” chiede notando che lo fisso.
“No Al tutto ok” cerco di sorridere mentre lo dico, tornando ad osservare il paesaggio che scorre veloce.
Al mi squadra, è inutile non riesco a nascondergli quando sono agitato.
“Fratellone cosa c’è che non va?” mi chiede con la sua voce da ragazzino resa metallica da quell’armatura…il suo corpo…maledetto…
“Niente Al sono solo stanco piantala di seccarmi” rispondo cattivo, seccato, lui capisce e ritorna a fissare il micio senza però aver voglia di giocarci.
Anche attraverso quella maschera di latta riesco a vedere il suo volto triste…mi maledico.
“Scusa Al…è solo che sono stanco e…non so…” scuse, scuse…sempre scuse…
“Non ti preoccupare fratellone vedrai che troveremo quello che cerchiamo e allora potrai riavere i tuoi arti” mi dice lui con gli occhi che gli brillano.
I miei arti? Ma io non li voglio! Non voglio il mio braccio o la mia gamba! Rivoglio il corpo di mio fratello!
‘Ma a chi la dai a bere?’
‘E’ vero!!’
‘Certo! Combatti, soffri, sei un cane dell’esercito solo per Al…come no!!’
‘Io gli voglio bene!!!’ grido forte nella mia mente
‘Stupido! Bugiardo!! Gli volevi bene quando l’hai trascinato con te nei tuoi sogni proibiti?? Quando per colmare il vuoto che vostra madre ha lasciato in TE l’hai costretto ad aiutarti??? Hai pensato che lui soffriva come te? Te ne sei interessato? No!! L’unica cosa a cui pensavi era di riavere tua madre…e hai pagato per questo! Ma l’hai fatta pagare soprattutto a lui!!!! LUI che ti ama davvero! LUI che ora per colpa tua non ha più un corpo, una vita…’
La mia mente esplode.
“Al mi dispiace” riesco solo a dire.
Mi guarda spaesato.
“Per cosa fratellone?”
“Per tutto, per quello che ti ho fatto, per tutti questi pericoli, per non essere un bravo fratello maggiore…” sono disperato abbasso lo sguardo e contemplo le mie ginocchia, ho paura di quello che può rispondermi.
“Non hai nulla di cui scusarti”
Me lo dice così, guardandomi negli occhi che ora ho piantato nei suoi, gentile, senza rancore. Scoppiò a piangere.
Mi getto su di lui, lo abbraccio, per quanto la sua mole me lo permetta, ripeto mille e mille volte “Ti voglio bene” e lui ricambia il mio abbraccio.
Piango senza vergogna e ci addormentiamo sdraiati sul divanetto del treno, vicini, sognando la mamma, proprio come nel lettone, tanti anni fa, quando eravamo piccoli.