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Autore: Morgana126    05/07/2007    2 recensioni
Per quelle persone che hanno perso il loro amore o che ancora lo devono trovare! Rialzatevi e continuate a lottare!
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La città dei ricordi

*Il ghiaccio! Dolce, freddo, spietato, duro, morbido, modellato ghiaccio! I suo elemento!

Volteggiava con leggiadria in mezzo a quella pista che tante volte aveva sognato. Comincia a prendere velocità sui bordi della pista, facendo sferzare l’aria immobile e muta, fra le fessure del suo vestito, sul viso e fra i capelli, irregolarmente liberi e non legati come si esigeva.

Va al centro della sala, con un colpo di punta si spinge verso l’alto! Non toccava più il ghiaccio, i pattini appesantiti dalle lame cercavano sostegno, ma rimanendo fermi! Torse il busto all’indietro, facendo movimenti fluidi con le braccia e disegnando dolci arabesque con le mani, come se fossero delle farfalle.

Riatterrò sulla superficie cristallina, flettendo leggermente le ginocchia, alzando in dietro la gamba destra per mantenere l’equilibrio. Piegò la mano sinistra all’interno del corpo e la destra davanti a sé. Portò la gamba destra in avanti avvolgendola lontanamente attorno alla sinistra, allungandola verso il ghiaccio, abbassandosi e facendo una trottola perfetta risalendo con grazia!

Ma qualcosa interruppe il suo paradiso. Un battito di mani!

Quello era il SUO posto, non poteva entrare nessuno.

Guardò in direzione dell’estraneo.

Sulla scalinate si ergeva un uomo. Aveva in dosso semplici jeans con una maglia nera. Il suo viso lo poteva paragonare al suo elemento. Era pallido, diafano, con leggeri lineamenti duri. I capelli erano lisci e neri con le ali di un corvo, quando le apre per spiccare il volo.

Pur vedendolo non proprio da vicino, si vedeva la sua statura possente e la sua forma da dio greco. Sembrava di avere di fronte, anche se un po’ lontano, una statua greca, ma con i capelli neri che risaltavano su tutta la purezza della statua. Il peccato.

-Chi sei?-. La sua voce uscì chiara e cristallina dalle labbra rosse e carnose.

-Piacere Sofy, io mi chiamo Giorgio!-. Delle onde uscirono dalla sua bocca dolce, sottile e rosea.

-Aspetta un attimo-.

Aprì lo sportellino per uscire dalla pista, a malincuore, e andarsi a togliere i pattini. Prese le stecche per coprire le lame e camminò fino alle gradinate, dove aveva lasciato la borsa con gli indumenti e la scarpe.

Si sfilò i pattini, si mise delle calze doppie e cominciò a camminare verso lo sconosciuto di nome Giorgio che sapeva il suo nome.

-Scusami ma io non ti conosco, sei per caso un giornalista o roba simile? Nessuno deve sapere che io sono qui!-. Lo guardò con sguardo sicuro ma allo stesso tempo dolce e freddo, come il ghiaccio.

-Bè, a dire la verità, sì, sono un giornalista. Mi hanno dato l’incarico di farti un intervista. Hai almeno dieci minuti da dedicare a questo povero intruso che non voleva disturbare i tuoi allenamenti?-. Le sorrise.

Aveva un sorriso magnifico, e sembrava essere molto simpatico. Alzò lo sguardo e si perse nei suoi occhi. Da lontano non li aveva notati. Erano blu, come la sua pietra. Si tocco il ciondolo trattenuto da una catenina di oro bianco molto fine. E la guardò.

Il giornalista si accorse dei movimenti della pattinatrice e disse:

-Cobalto. Come i miei occhi!-

Sofy si ritrovò ad annuire. Imprigionò di nuovo lo sguardo nel suo e sentì qualcosa di caldo e bagnato correrle lungo la guancia rosea.*

E nuovamente quel giorno. Quel fatidico Sabato 13 Settembre. Il giorno in cui si rese conto che l’uomo giusto per lei esisteva. Che l’amore esisteva. Si era resa conto, quel giorno che, quello che lei definiva spudoratamente “favole per bambini” era vero.

Lei era in grado di amare. E per la prima volta si chiese se anche il suo elemento era in grado di amare.

Sollevò la testa dal cuscino asciugandosi le lacrime che continuavano a scendere sulla guance e poi sul collo andando a finire o sotto la camicia da notte o facendo un lungo volo per poi rovinare sulle lenzuola.

Si sedette sul bordo del letto e infilò le ciabatte. Spostò le tende del baldacchino e uscì dalla sua camera.

Si dirigeva a passo cadenzato, scossa da leggeri singhiozzi e tremiti, verso la LORO stanza.

Dovette scendere quattro rampe di scale per arrivare alla botola in cucina, aprire il lucchetto e scendere gli scalini.

Si ritrovò in quella che lui chiamava “Sala d’attesa”. Una mini stanza con solo una porta. Aprì la porta e, questa volta non cadde a terra come le altre sere, no. Alzò il mento, fiera, camminando al centro della pista (perché quella stanza era una pista di pattinaggio), dove c’era il suo pianoforte.

Quella stanza era calda, il ghiaccio quasi completamente sciolto, le rotelle del piano arrugginite, i piedi della seggiola scolorite.

Prese la chiave da sopra lo strumento e aprì ciò che conteneva i tasti che tante volte lui suonava per lei mentre pattinava.

*-Suona per me!-

-Sì, ma tu pattina per me!-*

Un’altra lacrima fece compagnia alle altre ormai completamente morte, al ricordo irruente insinuatori nella sua memoria.

Si sedette sulla seggiola e poggiò le dita delicate dove c’erano le sue impronte.

Comincia a premere qualche nota. Le aveva insegnato solo una canzone, molto difficile, ma la sua preferita. Avevano passato mesi su quel componimento a lei tanto caro. Moonlight!

Sapeva di non potercela fare, ma doveva lottare.

Il suo ricordo sarebbe rimasto con lei. Vicino a lei!

Poi sarebbe nato il loro bambino, la loro creatura. L’unico essere umano che le avrebbe ricordato Giorgio. Perciò doveva lottare e non lasciarsi trasportare via dai ricordi tanto belli quanto dolorosi.

Se solo si potesse tornare in dietro nel passato lei non lo avrebbe lasciato partire. Non l’avrebbe mai lasciata.

Aveva ricevuto la notizia nel mentre delle selezioni per le Olimpiadi. L’aveva chiamata un ora prima che si esibisse.

*-Ti vedrò-

-Ma tu non sei qui!-

-invece sì, io sono sempre con te! Tu non lo sai, ma mi hai sempre vicino. Sono il suo incubo peggiore!-

-Dirti Ti Amo è davvero poco paragonato al sentimento che provo per te!-

-Campionessa, il mio amore per te è così grande che anche l’universo intero, per quanto infinito possa essere, è solo una minima parte!-

-Lo terrò a mente! Buona viaggio!-

-Arriverò sano e salvo a Ginevra! Farò un servizio da primissima pagina. Tu taglia il sedere a quelle checche. Fai vedere di che pasta sei fatta Sofy!-

-Lo farò amore! Ora devo andare! Ci sentiamo!-*

Pattinava, sulle note della sua canzone preferita, piroette e axel, andava benissimo, quando il livello della musica si abbassò per trasmettere la notizia. L’unica cosa che si ricordava era il silenzio in torno a lei, che mentre stava a mezz’aria, cadde rovinosamente sul ghiaccio per lo sciok.

Chiuse gli occhi, si afferrò la caviglia dolorante e svenne.

Non rimise più un paio di pattini, non andava a vedere più nessuna gara e naturalmente non passò le selezioni per le Olimpiadi invernali.

Ma anche in quel momento, mentre suonava, sentiva un calore dietro di lei, come se la stesse abbracciando.

Abbandonò la testa in dietro e continuò a piangere silenziosamente il suo dolore sempre represso.

Giorgio non sarebbe più tornato. Ma sarebbe stato sempre accanto a lei.

Sempre.

   
 
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