Era arrivato il momento. Doveva lasciarsi tutto alle spalle, tutto doveva essere dimenticato.
L'ex spia dell'MI5 Tom Quinn, percorreva a passo spedito i corridoi di Thames House*, senza soffermarsi neanche un istante sui ricordi che, come quelle pareti spoglie, gli sfrecciavano accanto.
Come avrebbe potuto, come avrebbe potuto cancellare tutto. Dimenticare la sua stessa vita!
Lui era stato, fino a quel momento, Tom Quinn, una agente segreto al servizio del Regno Unito, il suo paese. Non avrebbe saputo fare null'altro che quello.
Ma ora no, era costretto ad essere qualcos'altro. Ma cosa?
Un uomo normale tanto per cominciare. Con un nome, cognome, una casa, un conto in banca, un impiego tranquillo e monotono e un labrador dal pelo lungo che scorrazza per il giardino.
Scosse la testa: nulla di più difficile.
Raggiunse l'atrio dell'edificio, puntando con fierezza il portone e con una spinta decisa lo aprì.
La strada era deserta data l'ora tarda. Giusto un paio di taxi voltarono la curva difronte all'uscio di Thames House.
Tom fece qualche passo, poi s'arrestò per qualche secondo. Si guardò intorno. Come se dovesse orientarsi per la prima volta in quella realtà tanto diversa.
Poi si voltò un'ultima volta verso una qualunque telecamera al di fuori dell'edificio grigiastro e con un cenno della mano salutò Harry,il suo capo, la sua guida, come alla ricerca di un ultimo sostegno di un genitore che stava per lasciare. Chissà, forse era seduto davanti ai monitor a guardarlo. Tom non poteva saperlo, ma anche lui lo salutò e flebilmente gli concesse un sorriso che nascondeva rimpianto e nostalgia ma che allo stesso tempo diceva "va ragazzo e abbi fortuna là fuori"
Così Tom si allontanò da una vita che non gli apparteneva più, verso un mondo completamente nuovo: la normalità, mentre ancora gli comparivano dinanzi ai suoi occhi limpidi i volti che lo avevano accompagnato, i sorrisi che lo avevano sostenuto sempre come pochi minuti prima; Danny, Zoe, Harry, Colin, Malcom...
Addio ragazzi,amici. Li salutò dentro di se. Lo colse un groppo allo stomaco nel ricordare tutto ciò. Combatteva strenuamente una lacrima che stava insinuandosi tra le palpebre, impreziosendogli le giglia. Perchè era accaduto tutto questo? Forse Harry aveva ragione, aveva perduto se stesso.
Effettivamente, quell'episodio che lo aveva visto vittima di una diabolica vendetta, lo aveva svuotato. Ormai aveva perso tutto ciò in cui credeva. Aveva perso la fiducia, la passione per il suo lavoro. A quale scopo continuare così?
Bisognava lasciare tutto per sempre. Doveva reinventarsi e ricostruire quella preziosa scatola che aveva perduto, riempendola con il nuovo Tom**. Tentò di riprendersi, fermo di questo nuovo obbiettivo e riprese a camminare.
Non potrò vedervi mai più, non potrò pensare a voi, dovrò dimenticarvi.
Non sarà facile ma devo, ora che sono
Un uomo NORMALE.
Note:
*il quartier generale dell'MI5
** L'esempio della scatola lo fa lo stesso Tom, quando gli viene chiesto come riesce a non impazzire e non dimenticare chi è davvero se stesso, cambiando così spesso identità. Lui risponde che il segreto sta nel chiudere il proprio "vero io" in una scatola da chiudere a chiave e custodire e può essere aperta solo alla fine della giornata. Se poi questa andasse dispersa, bisognerebbe reinventare se stessi e creare un nuovo "io"