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Autore: Frankie92    19/12/2012    9 recensioni
Dal primo capitolo:
"Aveva appena flirtato con un ragazzo che sembrava un dio greco. Un ragazzo che gli aveva preparato il pranzo migliore di sempre. Un ragazzo che era padre di un’adorabile e bellissima bambina.
Quando ci si metteva, il destino era proprio un bastardo"

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Kurt e Blaine si incontrano in un giorno qualunque al "La Bella Notte", un piccolo ristorante italiano a Brooklyn. Quel giorno qualunque cambierà la vita di entrambi, facendogli scoprire che a volte la felicità non è poi così lontana.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Sei 
 

"Una buona cena porta alla luce tutti i lati più teneri di un individuo"
(J.K. Jerome)

 

Era una situazione tragicomica, una di quelle situazioni da commedia degli errori che di solito portano a infelici esiti se non spiegati subito.
Quando vide Kurt, il viso di Blaine impallidì di colpo, facendolo risultare più colpevole di quanto fosse.
Sebastian dal canto suo era il più tranquillo tra i due, quasi non gliene importasse della situazione, abituato a scherzare con il suo miglior amico.
Ma Kurt questo non lo sapeva, purtroppo.
"Kur-Kurt" balbettò Blaine "Sei in anticipo"
"Veramente sono le sette" ribatté il ragazzo freddamente "Mi spiace di aver interrotto il vostro momento, magari torno nell'anno del mai"
"Kurt non è come sembra..." Cercò di giustificarsi l'altro.
Sebastian li interruppe rivolgendosi a Kurt "Aspetta un momento, tu pensi davvero che io e lui..."
"Beh, a quanto ho visto, direi proprio di si"
Un minuto di silenzio teso, poi Sebastian scoppiò a ridere.
"Oddio, questa la devo raccontare a Thad..."
"Sebastian, non c'è niente da ridere!" Lo rimproverò Blaine mentre Kurt era più confuso di prima.
"Senti cherubino, pensi davvero che questo tappo ingellettato e con la fissa dei papillon sia il mio tipo? Mi spiace ma ho altri gusti e un ragazzo piuttosto geloso a casa che di certo con ha la mania di catalogare i suoi papillon per colore, anche se è un maniaco della pulizia, ma questo non centra. Sono solo qui per prendere...."
"SIGNOR KURT!" La voce squillante di Christie li interruppe e subito la piccola si catapultò fuori dalla porta per abbracciare Kurt, ancora confuso da tutta quella situazione.
"Signor Kurt, dov'è Sally?" Chiese la bambina ancora attaccata alla sua gamba, risvegliandolo dai suoi pensieri.
Kurt la guardò con un sorriso intenerito e si abbassò alla sua altezza.
"Ehi Christie. Sally è a casa a dormire; oggi ha fatto una bella corsa nel parco"
Christie annuì "Un giorno posso giocare con lei? Per favoreeee"
L'altro ridacchiò "Ma certo, un po' di compagnia le farà di sicuro piacere. E a questo proposito" Le diede una busta incartata "Questo è da parte mia e sua per la caduta dell'altra volta"
La bambina fece un sorriso a trentadue denti e subito scartò il regalo "MA SONO LE CALZE PIÙ BELLE DEL MONDO! HANNO I CUORICINI ROSA! GRAZIE SIGNOR KURT!" Esclamò la bambina buttandosi al collo del ragazzo, che l'abbracciò ridendo, sorpreso da quella gradita reazione.
Blaine dal canto suo aveva assistito alla scena in silenzio, incantato dalla sua piccola e da Kurt, e non poté fermare la sua mente dall'immaginarsi altre scene del genere, magari a compleanni o Natali.
Sebastian lo stava osservando, capendo immediatamente i pensieri dell'amico: forse era davvero la volta buona? Non poté fare a meno di sperare, anche se era una piccola speranza. Voleva solo che il suo miglior amico e Christie fossero felici, dopo tutto quello che avevano passato.
"Forza pulce, andiamo: zio Thad sta preparando il polpettone per cena e se arriviamo tardi, la Barbie lo finisce tutto. Saluta Daddy e Kurt"
Christie ridacchiò, dando un piccolo bacio sulla guancia a Kurt per poi tornare dal padre che la prese subito in braccio.
"Allora principessa, comportati bene e non mangiare troppi dolci chiaro?" Le disse solleticandole la pancia e facendola ridere "Daddy verrà domani a prenderti. Dai sempre retta a zio Thad e zio Nick, va bene?"
"Ehi!" Ribatté Sebastian "Sono offeso!"
Blaine rise e baciò la piccola "Cerca di fare sogni d'oro, va bene?"
Christie annuì e abbracciò stretto il padre "Notte notte Daddy" disse mentre Sebastian la prese dalle braccia di Blaine.
"Ci vediamo domani" lo salutò l'amico mentre se ne stava andando "E buona serata!"
Rimasero solo loro due in corridoio, un lungo minuto di silenzio prima che entrambi scoppiassero a ridere per poi avvicinarsi l'uno all'altro.
"Mi spiace per prima, ma Sebastian è un idiota"
"No, è colpa mia: ho pensato subito male, ma non credo che tu sia uno di quei ragazzi da relazioni aperte"
Blaine scosse la testa "Assolutamente. Già mi basta una bambina, ci manca solo una sfilza di ragazzi che entrano e escono da casa"
"Bene" disse semplicemente Kurt "Oh, questi sono per te"
Gli porse il bouquet di fiori che subito Blaine accettò con un enorme sorriso, uguale a quello di Christie.
"Kurt sono bellissimi" esclamò felice "Vieni dentro, cerco un vaso"
Blaine entrò in casa e lo fece accomodare mentre lui andava in cucina a trovare un vaso.
Kurt notò subito quanto quella casa fosse.... Vissuta: le pareti erano piene foto e disegni, il tavolo del salotto era coperto da una sfilza di giocattoli e bambole e infine il divano aveva coperte e cuscini di ogni genere e colore.
Forse in altre circostanze sarebbe rabbrividito alla vista di una coperta rosa vicino a un cuscino verde smeraldo, ma tutto in quella casa era perfettamente imperfetto.
Blaine tornò dalla cucina con il vaso e i fiori dentro.
"Scusa se ti ho fatto aspettare, ma il genio di mia figlia ha usato questo come calderone per fare le pozioni; a volte mi chiedo da dove le vengano certe idee"
Kurt rise "Non preoccuparti. Hai una bella casa, comunque"
"Grazie, ma spero di non rimanerci a lungo: il mio sogno è quello di avere una casa con un giardino" rispose il ragazzo sognante mentre poggiava il vaso su uno scaffale della libreria.
"Bene, è a prova di bambina" disse soddisfatto " A proposito,  grazie per le calze, ma davvero non dovevi"
"Le hai già comprato un paio nuovo?" Chiese il ragazzo.
"No..."
"Allora adesso non ne avrà bisogno" concluse Kurt divertito "E mi ha fatto piacere regalargliele, tua figlia ha un abbraccio forte"
"Come tutti gli Anderson" rispose Blaine ridendo "Ma grazie ancora... Che ne dici di andare? Non vorremo fare tardi allo spettacolo"
 
Decisero di dividere un taxi (anche se Kurt più volte aveva provato a convincerlo a non preoccuparsi) e continuarono a parlare del più e del meno fino ad arrivare a teatro.
“Quindi le hai dovuto comprare una cassa d’arance e lei se n’è mangiata solo una?” chiese Blaine stupito scendendo dall’auto.
Kurt annuì “Sì e le ho detto di portarsele in albergo, ma già le era passata la voglia, quindi avrò succo di arancia fresca per due settimane, yay!”
“La vitamina C è importante!” mormorò l’altro divertito “E ora che siamo qui, posso sapere cosa vediamo?”
“Bene, guastafeste” sbuffò Kurt semiserio tirando fuori i biglietti “West Side Story è di tuo gradimento?”
Gli occhi di Blaine si illuminarono “Uno dei miei preferiti”
“Allora ho scelto bene, no?” 
“Perfettamente” 
 
Sebastian guardò il suo salotto con aria sconfitta “Thad, spiegami perché” 
“Amore, dai è per Christie!”
“Amore un corno! Io non ci dormo per terra in mezzo a Barbie che sbava e Ken che russa!” 
Thad lo guardò minaccioso “Smythe, cosa abbiamo detto ieri sera? Vuoi che da due settimane passiamo a un mese?”
“Come se tu sapessi resistere!” ribatté il ragazzo “Se davvero passassimo un mese in bianco, allora il tuo braccio destro sarebbe… mmphh!”
La mano di Thad gli bloccò la bocca “Finiscila, abbiamo una bambina in casa”
“Mmmph”
“Non mi interessa se è nell’altra stanza, non voglio distruggere la sua innocenza come farai con i nostri figli”
“Mmmphhhh!”
“Non dire che non è vero! Quando mia sorella a cinque anni ci ha beccato a farlo in camera mia, tu le dicesti chiaro e tondo che era una cosa normale, che anche i miei genitori lo facevano e che anche lei lo avrebbe fatto ” Fece una smorfia al pensiero “E il giorno dopo ho trovato lei e il suo amichetto Mark a giocare al dottore! AL DOTTORE SEB!”
Sebastian roteò gli occhi “Mmmph”
“Quindi ora tu andrai in salotto, ti sdraierai su uno dei materassi sul pavimento e canterai le canzoncine Disney insieme a Christie mangiando pop corn. E lunedì, non appena Jeff e Nick se ne andranno, prenderò due giorni dalla pasticceria e non usciremo dalla nostra camera da letto se non per andare in bagno o a prendere cibo d’asporto, che ne dici?”
“Mmmph!!!!” 
“Bene” disse Thad compiaciuto togliendo la mano e baciandolo velocemente “Ora, tu e Jeff cercate di non uccidervi a vicenda, chiaro?”
“Ti odio Harwood” sbuffò Sebastian poco convincente.
“Tu mi ami e così faccio anch’io” Il ragazzo fece un sorrisetto soddisfatto e prese la ciotola di pop corn sul bancone della cucina “Ora, andiamo prima che...”
“ZIO THAD! ZIO SEBASTIAN! LA SIRENETTA PRESTO!”
“Arriviamo” rise Thad entrando nel salotto, adibito per quella sera a campeggio: avevano portato i materassi sul tappeto, riempito di cuscini, coperte e pupazzi, e tutto per avere un pigiama party come si deve.
Le cose che facevano per quella bambina (e per Jeff).
Christie se ne stava beata tra Jeff e Nick, che continuavano a coccolarla e ad imboccarla con qualche marshmellow. 
“Pochi dolci stavolta” li rimproverò Thad “Non voglio una ripetizione di lunedì!”
“Sì, mamma” rispose il biondo con tono lamentoso “Sei un guastafeste”
“ZITTI! ZITTI!” urlò la bambina “C’È ARIEL!”
Sebastian rise all’autorità della piccola e si sedette dietro il suo ragazzo, cingendogli il collo con le braccia.
“Quella bambina fa paura per quanto potere ha”
Thad ridacchiò “Gliene diamo troppe vinte: siamo deboli”
“Provaci tu a resistere a quel faccino: a volte penso che Blaine si sia messo ad insegnarglielo per bene”
“Probabile” rispose il ragazzo accoccolandosi meglio contro di lui “Pensi che l’appuntamento stia andando bene?”
Sebastian si strinse nelle spalle “Non ne ho idea sinceramente e non mi interessa. Guarda, c’è Flounder! Ti ho mai detto che ci assomigli? Potrei chiamarti Flounder”
E Thad sorrise, non solo per le stupidaggini del suo ragazzo, ma perché sapeva che in realtà stava sperando come lui che tutto stesse andando bene per Blaine. Era il loro migliore amico e l’unica cosa che volevano per lui era la sua felicità.
 
Lo rappresentazione fu meravigliosa, anche se per Blaine il vero spettacolo fu vedere Kurt canticchiare a bassa voce le canzoni; nonostante riuscisse a sentirlo a malapena, la sua voce era angelica, così perfetta da fargli quasi dimenticare di guardare lo spettacolo, anche se era rimasto incantato dalle fantastiche coreografie e dalla bravura dei due attori protagonisti.  
“È stato… magnifico” sussurrò Blaine all’uscita del teatro “Per essere una produzione Off Broadway, sono rimasto davvero colpito. E le coreografie sono state da mozzare il fiato!”
Kurt annuì “La mia amica Brittany è la coreografa, è stata lei a darmi i biglietti. Ha sempre avuto talento fin dal liceo e la danza è sicuramente la sua strada. È stato davvero uno spettacolo fantastico”
“Già e anche la compagnia è stata ottima” aggiunse l’altro guardandolo “Soprattutto i tuoi commenti su quanto ti bruciassero gli occhi a vedere il vestito di Maria”
“Ehi, sono un giornalista di moda, è il mio lavoro” si difese semiserio“E poi andiamo: l’accostamento blu e giallo è intraprendente, ma a volte semplicemente non funziona” 
“Ricordami di non farti mai vedere l’armadio di Christie: è un tripudio di colori” mormorò Blaine divertito.
L’aria a New York era fredda, nonostante fosse solo autunno, e il cielo prometteva pioggia, come si poteva vedere dai nuvoloni neri.
“È ancora presto” notò Blaine osservando l’orologio “Potremmo andare da qualche parte a mangiare qualcosa”
“In effetti ho una certa voglia di dolce” ammise l’altro ragazzo “Peccato che la caffetteria qui vicino è chiusa”
“Hai voglia di dolce?” chiese il moro curioso.
“Questa settimana l’ho passata a panini e insalate, morirei per qualcosa fatto di cioccolato”
Blaine fece un piccolo sorriso “Ho un’idea migliore di andare alla ricerca di qualche caffetteria con muffin stantii. Posso prepararti uno dei miei famosi dolci, o meglio uno dei famosi dolci che Bella, la mia pasticcera, mi ha insegnato a fare”
Kurt si accigliò “Oh, non ti preoccupare, mi posso accontentare dei muffin e…” 
Le mani di Blaine si posarono sulle sue spalle “Fidati, non è un problema. È il mio lavoro, no? E poi ti ho promesso di prepararti una cena e voglio farlo, anche se è solo un dessert” disse ridendo “Possiamo andare a casa mia, se vuoi”
“Oppure da me” propose Kurt cercando di non arrossire “Non è lontano da qui e c’è un market lì vicino che è sempre aperto: purtroppo nel mio frigo non c’è un granché per fare dolci”
Blaine annuì divertito, poi si accigliò “Se casa tua è qui vicino, perché non ci siamo visti direttamente qui?” 
“Perché fare il viaggio con te è stato molto più bello che aspettarti qui da solo, non credi?” rispose Kurt con un sorriso intenerito “E in più ho potuto anche rivedere Christie. Quella bambina è adorabile, sembra un piccolo cupcake vivente, rimanendo in tema di dolci” E scoppiò in una risata cristallina.
E quelle parole, quella risata, fecero breccia nel cuore di Blaine, che in quel momento guardava Kurt come fosse la cosa più bella e preziosa del mondo, come se la sua risata fosse il suono più dolce che avesse mai sentito. E si perse in quei magnifici occhi cerulei, così meravigliosi quanto profondi. 
In quel momento, Blaine era certo di potersi innamorare di lui. 
“Blaine, tutto bene?” lo richiamò la voce di Kurt “Terra a cuoco, abbiamo carenza di zuccheri qui!”
Il ragazzo scosse la testa risvegliandosi e scoppiò a ridere “Dobbiamo rimediare allora” Gli prese la mano e gliela strinse “Allora perché non mi fai strada, guru della moda?”
Kurt guardò le loro mani intrecciate: si adattavano perfettamente l’una all’altra.
“Da questa parte, Chef”

“Davvero non sapevi cosa fossero gli anacardi?” chiese Blaine stupito “Andiamo, mai mangiato il pollo agli anacardi?”
Kurt poggiò le buste della spesa sul bancone “Per quanto ami la cucina orientale, ho sempre optato per cose che conosco” spiegò “Cosa ti serve adesso, mister Chef’”
Blaine sbuffò al soprannome “Uhm, una padella, un paio di pentole e il frullatore. E ciotole. Oh, anche un grembiule per favore. La cioccolata è dura da togliere dai vestiti. Pensa di aver tutto assistente?”
“Che onore, adesso sono un assistente chef!” esclamò l’altro facendo una faccia sorpresa “E comunque è fortunato Chef, ho tutto quello che le serve!”
“Non ne dubito” disse divertito il moro mentre tirava fuori gli ingredienti “Mi serve anche una bilancia e dei coltelli. E una di quelle arance che ti ha regalato il negozio”
Kurt riuscì a portargli tutto in pochi minuti e lo osservò lavorare in silenzio, incantato da ogni semplice movimento che il cuoco faceva: come tagliava il cioccolato con facilità, la premura e la maestria con cui mescolava la cioccolata con tutti gli altri ingredienti, fino ad ottenere un impasto cremoso, in cui veniva voglia di nuotare per quanto sembrava gustoso. Era rimasto affascinato da quella preparazione come se fosse uno spettacolo, come se Blaine si fosse appena esibito per lui con tutta la passione possibile. 
La cucina era il suo modo di esprimersi, era un’arte.
E poi era così carino con quel grembiule stretto in vita.
“Bene, è quasi pronta” annunciò Blaine felice prendendo una piccola cucchiaiata  e porgendola a Kurt “A lei il primo assaggio, assistente che non ha fatto niente”
Kurt sbuffò “Ah ah, molto spiritoso” Avvicinò le labbra al cucchiaio e assaggiò la mousse. 
Un’esplosione di dolcezza gli scoppiò in bocca, letteralmente. Poteva sentire le sue papille gustative andare in estasi e cantare ogni lode al cioccolato.
“Credo di essere rimasto senza parole” ammise il ragazzo mentre Blaine fece un sorriso soddisfatto “Sul serio, voglio vivere di questo e del tuo tiramisù,  al diavolo le calorie e la salute”
“Per quanto ne sia lusingato, non credo sia una buona idea” ribatté divertito l’altro mentre prendeva la ciotola e la portava in frigo.
“No, perché? Perché la stai portando via?” Si lamentò Kurt allungando le braccia verso di lui “Non portarmi via quella meraviglia”
“Dobbiamo lasciarla in frigo per almeno un’ora” spiegò Blaine ridendo dell’espressione di delusione del ragazzo “E poi il piatto non è completo: secondo te perché ho comprato gli anacardi?”
“Per stupirmi con la tua conoscenza culinaria?”
“Anche, ma servono come tocco speciale per la ricetta, come anche l’arancia”
Kurt lo guardò stupito “A questo punto mi trasferisco direttamente al tuo ristorante. Pensi che al tuo capo dispiacerà?”
“Forse, ma a me no: non sarebbe male vederti tutti i giorni” ammise Blaine con un piccolo impeto di coraggio, arrossendo leggermente e lasciando senza parole l’altro.
“Uhm… un’ora giusto? Perché non andiamo in salotto e ti offro da bere. Un caffè, forse?”
“Ottima idea”

E così si ritrovarono seduti sul divano, le tazze di caffè caldo tra le mani e la pioggia che batteva alla finestra, ma a loro sembrava non importare: erano persi nei loro discorsi, nelle loro risate, nei loro sguardi.
Per Blaine era così facile parlare con Kurt, aprirsi e raccontargli qualunque cosa avesse in mente.
Per Kurt ascoltare la voce di Blaine gli scaldava il cuore e avrebbe potuto sentire il suono della sua risata per tutta la vita. 
Kurt prese un altro sorso di caffè, facendosi pensieroso “Blaine, posso farti una domanda? Se non vuoi rispondere capirò perfettamente”
Blaine si accigliò e lo guardò dritto negli occhi “Certo, dimmi”
“Si tratta di Christie…”
Oh, eccola la domanda che aspettava da tempo. Non che fosse arrabbiato ovviamente, Kurt aveva tutto il diritto di chiederglielo, ma era sorpreso che non gliel’avesse domandato subito, come tutti gli altri.
Ma sapeva che Kurt non era come tutti gli altri, perché gli altri sarebbero scappati al solo menzionare sua figlia, invece lui… sì, era scappato, eppure in quel momento erano lì, seduti più vicini di quanto pensasse e stavano passando la serata perfetta. 
Kurt sospirò “Mi spiace, ho toccato un tasto dolente” si scusò dispiaciuto “Possiamo cambiare argomento”
No, non era come tutti gli altri. Non insisteva per sapere, avrebbe lasciato che Blaine decidesse quale fosse il momento giusto.
E per lui era quello.
“No, va bene. Mi hai solo un po’ spiazzato” ammise il moro “E devi sapere, anzi, voglio che tu sappia”
“Blaine…”
“Kurt, sul serio, va bene” gli prese le mani, ancora stupendosi di quanto si adattassero perfettamente alle sue “Ma devi promettermi di non interrompermi fino alla fine, a meno che tu non voglia smettere. Per me è difficile, ma voglio farlo”
Sentì la presa di Kurt farsi più stretta “Va bene”
Blaine prese un respiro profondo “Christie in realtà… in realtà non è mia figlia. O meglio non lo è biologicamente parlando. Avevo solamente 21 anni quando entrò nella mia vita e non me ne pento ogni singolo giorno”

Aveva sempre amato New York: la città, le persone, le luci, le arti.
Era al suo terzo anno alla Juilliard School, dove studiava musica e ne era letteralmente innamorato: era la scuola dei suoi sogni e riuscire ad entrare fu la gioia più immensa della sua vita. 
Viveva nell’appartamento che divideva con suo fratello maggiore Cooper, quando questo era a New York.
Aveva un legame fantastico con Cooper, nonostante il più delle volte litigassero o si punzecchiassero a vicenda, finendo a fare una specie di lotta greco romana sul divano del salotto (che dovettero cambiare almeno cinque volte in soli tre anni).
Cooper era un attore di una certa fama, quindi era normale che ogni tanto qualcuno si fermasse a chiedergli autografi o fare foto, ma non si era mai montato la testa, o meglio all’inizio tendeva a farlo, ma a nessuno piacevano i narcisisti, no? 
Era fidanzato ormai da sei anni con Victoria, una ballerina classica, una promessa della danza su cui la maggior parte delle compagnie di ballo avevano posato gli occhi, ma lei rimaneva fedele alla Royal Ballet, la maggior compagnia di balletto britannica.
La loro relazione a distanza era sempre tra alti e bassi, ma sembrava durare e il loro amore cresceva forte ogni giorno di più.
Fino a quel giorno di novembre che cambiò tutte le loro vite.

Blaine stava finendo di preparare la cena, una bistecca che aveva lasciato marinare per tutta la notte e su cui non vedeva l’ora di affondare i denti. Gli piaceva moltissimo cucinare e si divertiva a farlo; inoltre Cooper era negato in cucina e lui non voleva di certo sopravvivere a zuppe in scatola e pasti surgelati.
Finì di preparare il purè di patate e lo servì in un piatto insieme alla bistecca, pronto a godersi quella cena così gustosa. 
Ma il destino sembrava avere altri piani, perché Cooper entrò di fretta in casa, chiamandolo a squarciagola.
“Coop, sono in cucina!” rispose il fratello “Mi spiace, ma stasera ti accontenti di maccheroni e formaggio perché questa non la divido con… Cooper, che succede?” 
La faccia dell’uomo era pallida e sudata, probabilmente per la corsa, gli occhi erano rossi come se avesse pianto. 
“Victoria”
“Cosa? Oddio, sta bene vero?” chiese Blaine preoccupato “È in ospedale? Coop, vuoi rispondere?!?”
“È incinta” rispose semplicemente “È incinta. Victoria è incinta”
Blaine sgranò gli occhi, lasciò andare le posate e si avvicinò al fratello “Siete sicuri?”
Cooper annuì “I risultati del medico. Blaine, Victoria aspetta mio figlio o mia figlia”
Blaine lo guardò confuso " È una cosa positiva, giusto? Insomma una nuova vita, un piccolo o una piccola Anderson che gattona per l'appartamento, è una cosa positiva, vero?"
Ripeté con più convinzione.
Cooper rimase in silenzio per poi abbracciarlo stretto.
"Diventerò papà, Blaine!" Esclamò felice con le lacrime di gioia che continuavano a rigargli il viso "E tu sarai zio, ma io sarò papà! E Victoria sarà mamma e la mamma sarà nonna e..."
"Cooper ho capito" lo fermò Blaine ridendo e cominciando a piangere anche lui "È fantastico, fratellone. Sono davvero felice per te!"
"Dobbiamo comprare una culla, un passeggino e preparargli una nursery! E tu non provare a trasferirti! Questa è casa nostra e poi avremo un baby sitter a tempo pieno, no?" Scherzò il più grande scompigliandogli i capelli "Oh, e i giocattoli! Mucchi e mucchi di giocattoli! E vestiti e pappette e..."
"Coop, Coop, fermati!" Gli ordinò Blaine divertito "abbiamo nove mesi per pensare a tutto. Basta che non inizi a dire..."
"O mio dio, e se sarò un pessimo padre?" La paura iniziò ad attanagliare l'uomo, che iniziò a girare nella stanza quasi terrorizzato "E se non riuscissi neanche a tenerlo in braccio? Magari lui mi odierà, perché non so giocare a baseball e da adolescente me lo rinfaccerà a vita mentre i suoi compagni giocheranno felici a baseball! O mio dio e se è femmina?!? B, già non capisco Victoria il più delle volte, pensa con una bambina! E il primo ciclo? E il primo ragazzo? Se è lesbica, l'amerei comunque ovvio, ma avrei a che fare con tre donne! E se tutte e tre avessero il ciclo insieme? ODDIO SARÒ UN PESSIMO PADRE!"
Blaine sospirò e mise da parte la cena, tirando fuori dal bar una bottiglia di tequila: sarebbe stata una lunga notte.


"Lo feci così ubriacare che iniziò a cantare tutto il repertorio dei Duran Duran per adattarlo a ninna nanne" disse Blaine con una risata acquosa "La mattina dopo però si svegliò e mi disse di aver capito: non sarebbe stato mai un padre perfetto, ma avrebbe fatto di tutto per essere un ottimo padre e avrebbe amato i suoi figli più di ogni altra cosa al mondo, in ogni possibile circostanza. E ai miei occhi, in quel momento mi sembrò il padre perfetto"

La gravidanza procedette bene: Victoria fu costretta a prendere una pausa dalla Royal Ballet e si trasferì nell'appartamento degli Anderson, dove Blaine diventò quasi il suo maggiordomo, visto che doveva cucinare ogni volta che lei aveva qualche strana voglia, fare il bucato perché lei non era capace, fare la spesa perché lei era sempre stanca e tra i ritagli di tempo studiare per l'università.
Dopo quasi un mese in casa, Thad e Sebastian furono costretti a trascinarlo fuori dall'appartamento con la forza, mentre lui si aggrappava insistentemente alla porta con "Storia della musica dell'Ottocento" sotto il braccio.
Victoria dal canto suo, non sembrava così entusiasta come i due fratelli: se ne stava sdraiata sul divano a guardare vecchi spettacoli e sitcom, mangiando ogni cosa le capitasse sotto tiro, visto che ora aveva una scusa.
Ma questo Cooper non riusciva a vederlo e Blaine non aveva il coraggio di dirglielo, non quando lui si appoggiava al pancione e iniziava a chiacchierare con il piccolo o la piccola, anche se lui era certo fosse una ragazza.
"È troppo tranquilla per essere un ragazzo" aveva detto semplicemente Cooper.
Infatti aveva ragione: al quinto mese scoprirono con certezza che avrebbe avuto una bambina.


Kurt sorrise alla piccola luce negli occhi di Blaine e si accoccolò sempre più verso di lui.
"Victoria continuava a dimostrarsi poco entusiasta, come se quella piccola fosse solo un peso nella sua pancia. Non lo dissi mai a Cooper, perché per lui era la donna della sua vita, la donna che portava in grembo il loro figlio. Iniziarono a frequentare quei corsi pre parto, dove ti danno dei bambolotti per simulare un bambino vero"
Scoppiò a ridere al solo ricordo.

Quella sera Victoria non aveva voglia di uscire, così Cooper decise di portare Blaine con lui al corso.
Il tema: cambiare i bambini.
"Pensavo che di questo te ne saresti occupato tu" mormorò Cooper mentre guardava con diffidenza la bambola.
"Coop, solo perché so cambiare i pannolini non vuol dire che lo farò sempre io. Ti tocca, fratellone. E forse un giorno saranno i tuoi figli a cambiarti il pannolone" Blaine ghignò e Coop gli pestò il piede.
"Finiscila, mezza calzetta" ribatté facendogli la linguaccia "Facciamo una gara: chi finisce prima di cambiarlo, non lava i piatti per una settimana"
Blaine sembrò titubante "Non mi sembra una buona idea"
Cooper gli diede una gomitata "Dai! Che c'è, fifa Potter?"
"Te la sei cercata, attore dei miei stivali" disse il ragazzo con aria di sfida "Iniziamo tra tre, due, uno... Ora!"
Inutile dire che volarono insulti, borotalco, salviette umidificate e perfino una gamba di una bambola (Coop giurava che era stato un incidente) e l'insegnante gli fece una ramanzina lunga una quaresima e per poco non li cacciò via dal corso.
Ma alla fine Cooper imparò a cambiare i pannolini, fare pappette, dare biberon e tant'altro e finalmente si sentì pronto a diventare papà.


"Era il 21 marzo quando Christine Amelia Anderson venne al mondo. Una bimba di tre chili e cento, con due grandi occhi azzurri e un paio di riccioli neri. Era perfetta" la voce di Blaine era piena di amore e orgoglio. "Cooper se ne innamorò subito, non voleva mai lasciarla andare e sembrava così piccola tra le sue braccia, così protetta e amata. La chiamarono Christine come nostra nonna e fece scegliere a me il secondo nome: Amelia"
"Perché Amelia?" Chiese per la prima volta Kurt, rimasto tutto quel tempo in silenzio.
"Vuol dire 'coraggiosa'" rispose "Mia nonna e mia madre ci ripetevano sempre 'coraggio', di non aver paura di essere noi stessi e di inseguire i nostri sogni ed è la stessa cosa che noi volevamo per Christine. E credimi, quella bambina aveva bisogno di più coraggio possibile per quello che la aspettava poi"

Era passata una settimana dalla nascita di Christie e la casa era invasa da parenti e amici: Sebastian e Thad venivano a trovarla un giorno sì e l'altro pure, Jeff e Nick le portarono una montagna di pupazzi e la madre di Blaine e Cooper, Catherine, e il suo nuovo marito Justin erano subito volati dall'Ohio per vedere la loro nipotina.
Tutti erano entusiasti della piccola, eccetto i genitori di Victoria, che passarono solo a salutarla senza neanche guardare due volte la nuova arrivata.
Quella sera Blaine stava studiando sdraiato sul divano, Christie dormiente sul suo petto, quando sentì gli urli provenire dalla camera da letto.
Victoria e Cooper stavano litigando.
Di nuovo. 
Sembravano non fare altro dalla nascita della bambina.
"Non l'hai mai allattata da quando sei uscita dall'ospedale, diavolo la tieni in braccio due volte al giorno massimo!" Cooper urlò "Blaine non è una tata, sai? Sei sua madre, dannazione!"
La risposta di Victoria non si sentì, ma fu definitiva perché Cooper uscì dalla camera, con un cuscino e una coperta.
"Ehi fratellino" mormorò con un sorriso finto "La mia principessa si è addormentata?"
Blaine annuì "Perché non vai a stenderti sul mio letto? Metto io Christie nella culla"
"Non ti preoccupare, posso dormire sul divano"
"Insisto e poi mi ricambi il favore alzandoti tu questa notte, che dici?"
Cooper abbozzò un sorriso "Affare fatto"


"Quella sera, Victoria se ne andò" disse amaramente "Prese la valigia e lasciò una lettera sul letto. La ricordo a memoria per quante volte l'ho letta. Diceva che non voleva essere una madre, che non sentiva quella bambina sua anche se l'aveva portata in grembo per nove mesi. Il suo sogno era calcare le scene, non preparare biberon o cambiare pannolini. Semplicemente li abbandonò, abbandonò l'uomo che aveva smesso di amare e la bambina che non riusciva a considerare sua"
Blaine si fermò, non riuscendo a trattenere le lacrime "Cooper si sentiva sotto un treno e cercò in tutti i modi di contattarla, ma niente. Ma rimase forte, lo è sempre stato, anche quando i nostri genitori divorziarono. Doveva essere forte per la sua bambina, perché era il suo mondo, la sua ragione di vita"

Il primo mese fu difficile, ma Cooper ringraziava ogni giorno di avere Blaine ad aiutarlo perché, per quanto volesse essere forte, non ce l'avrebbe mai fatta da solo. Christie era una bambina piuttosto tranquilla, di notte piangeva solo un paio di volte e cresceva ogni giorno sempre di più.
Quello che le mancava non era di certo l'amore: Blaine era uno zio fantastico e l'amava come fosse sua figlia e i loro amici venivano spesso a trovarli, soprattutto Thad e Sebastian, che più volte li avevano aiutati con la spesa e le altre faccende.
Christie aveva appena quattro mesi quando a Cooper fu offerto un ruolo principale in una nuova serie televisiva, a New York. 
Il problema era che doveva andare a Los Angeles per gli ultimi dettagli e per firmare il contratto. 
Per tre giorni. Tre giorni lontano dalla sua bambina.
Era un’occasione perfetta per rilanciarlo dopo quei quattro mesi di assenza, un’occasione che non poteva di certo sprecare.
Ci volle almeno una settimana prima che Blaine convincesse suo fratello e partire, un’altra settimana per convincerlo che sapeva come badare a Christie per tre giorni e che non c’era problema, visto che era agosto e che era in vacanza.
Così si ritrovarono il 5 di Agosto all’aeroporto di New York, con un paio di valigie di Cooper e quest’ultimo che coccolava la piccola. 
“Mi mancherai, principessa” le disse con gli occhi lucidi mentre le lasciava due grossi baci sulle guance paffute “Sei il mio piccolo muffin, il muffin più dolce del mondo”
Blaine roteò gli occhi “Un muffin, Coop?”
“Ehi, sono i miei dolci preferiti!” si difese passando la figlia al fratello “Mi mancherà così tanto. Sicuro di farcela?”
“Fidati fratellone, andrà tutto bene!” Si abbracciarono “Sono fiero di te. Per quest’opportunità e per tutto”
Cooper annuì semplicemente “Sarò presto a casa. Prenditi cura di lei”
“Te lo giuro fratellone”

“Bravissima Christie!” esclamò Thad con un sorriso, poggiando il biberon sul bancone “Hai finito tutto”
“Di certo ha ereditato l’appetito da Cooper” notò Blaine mentre sistemava i piatti insieme a Sebastian.
“Quell’uomo è in grado di trangugiare tre hamburger uno dietro l’altro, è disgustoso” aggiunse quest’ultimo facendo una smorfia.
Il telefono squillò e Blaine andò a rispondere.
“Pronto?”
“Blaine Anderson?”
“Sì, sono io”
“La chiamo per suo fratello Cooper Anderson: ha avuto un incidente stradale e…”
In quel preciso istante, il mondo di Blaine  crollò come un castello di carte.


“Quella sera volai subito a Los Angeles, lasciando Christie a Sebastian e andai all’ospedale, dove dopo sei ore di intervento, dichiararono la sua morte” 
E lì Blaine scoppiò a piangere, come quel giorno in ospedale. Ma lì era solo, confortato solo dalla pacca gentile di un’infermiera, mentre in quel momento era stretto in un abbraccio confortevole e una mano gli accarezzava dolcemente i ricci liberi dal gel. 
Passarono un paio di minuti, il silenzio rotto solamente da qualche singhiozzo, poi, una volta calmatosi, ricominciò a parlare.
“Mia madre si occupò di preparare il funerale in Ohio, dove è sepolta anche mia nonna, e Thad e Sebastian si occuparono di Christie, mentre io… io dovevo capire cosa fare”

“Blaine, sei certo di quello che stai facendo?” chiese Sebastian guardandolo “È una grande responsabilità. Molto grande”
Blaine sospirò e continuò a camminare per la stanza in cerchio “Lo so, ma non posso fare altro. Non voglio e non posso darla in adozione e mia madre ha 53 anni, non posso chiederle di prendersi cura di una neonata di quattro mesi.  Ho promesso a Cooper che mi sarei preso cura di lei e lo farò. Sebastian, ti prego capiscimi: mia madre è diventata isterica quando gliel’ho detto e tutti mi guardano come se non ne fossi in grado, ma ce la metterò tutta. Cavolo, lascerò la Juilliard per risparmiare e troverò un lavoro. Potrei lavorare in qualche ristorante come cameriere o qualcosa del genere, magari anche un doppio lavoro. La musica non paga così tanto da mantenere un bambino e non posso sia studiare che lavorare, non avrei tempo per Christie”
Sebastian si ammutolì, poi si alzò e prese Blaine per le spalle “È davvero questo quello che vuoi?”
“Sì, anche se lo farò da solo” rispose deciso.
“Allora io sono con te, in tutto e per tutto” E lo abbracciò stretto, lasciandolo piangere sulla sua spalla.
Erano migliori amici, quasi fratelli, ci sarebbero sempre stati l’uno per l’altro. 


“Riuscimmo a convincere mia madre e Victoria mi mandò i documenti per adottarla, visto che aveva rinunciato completamente alla potestà genitoriale. Così mi sono ritrovato ad essere un padre single, che invece di tornare a casa alle sette di mattina dai locali, deve svegliarsi per preparare la colazione alla figlia. Ma non mi sono pentito di questa scelta e mai lo farò. Quel giorno ho perso mio fratello e il mio migliore amico e Christie ha perso un padre, ma credo che io sono stato la sua forza come lei è stata la mia. Come ho detto, non me ne pentirò mai”
Ricordare quei momenti fu doloroso, ma la presenza di Kurt lo aveva sollevato un po’: erano rimasti abbracciati tutto quel tempo e poteva vedere il viso dell’altro rigato dalle lacrime, così come gli occhi rossi.
“Mi spiace di averti fatto piangere al nostro primo appuntamento” disse Blaine con una risata acquosa “Ma era giusto che sapessi tutta la storia”
Kurt scosse la testa “Non chiedere scusa, sono io ad averlo chiesto. E grazie per averla condivisa. Io… Blaine, sei… non ci sono parole per descriverti. Ti sei preso una responsabilità enorme a soli ventuno anni. Diamine, io a malapena riuscivo a prendermi cura di me stesso, pensa di una neonata! Sei stato così coraggioso, Blaine. Sono certo che tuo fratello sia orgoglioso di te”
“Lo spero” ammise il ragazzo “Lo spero tanto”
“Non ho mai conosciuto uno come te, Blaine Anderson” disse Kurt con un sorriso dolce “Sei uno tra un milione”
Blaine si girò a guardarlo, sprofondando sempre di più in quelle piccole pozze di cielo “E tu non sei come tutti gli altri. Sei il primo ragazzo con cui sono uscito a cui ho raccontato questa storia. Al solo nominare Christie e figlia, scappano via come lepri”
Kurt gemette dispiaciuto “Mi spiace per essere scappato al ristorante”
“Ma alla fine sei tornato” rispose semplicemente l’altro mentre si avvicinava sempre di più al suo viso “Sei tornato e sei ancora qui, nonostante tutti i miei casini passati e le cicatrici”
“Tutti abbiamo un passato ed è questo che ci ha reso come siamo ora. Il mio passato mi ha reso più forte, mi ha insegnato a lottare contro i pregiudizi, come ha reso te più forte e coraggioso”
“Hai ragione” disse Blaine con un sorriso “Hai perfettamente ragione” 
Erano così vicini che Kurt poteva sentire il respiro di Blaine sulla guancia e non ci volle molto prima che i due annullassero la distanza e le loro labbra si unissero nel loro primo bacio.
Un primo bacio un po’ salato per le lacrime, un po’ dolce per il sapore del cioccolato, ma semplicemente perfetto. Erano come due pezzi del puzzle che si erano ritrovati, come due anime che si cercavano l’un l’altra fino a trovarsi.
Erano semplicemente Kurt e Blaine. 
 
Il boato di un tuono li fece sobbalzare, costringendoli a separarsi l’uno dall’altro malvolentieri. 
Blaine si grattò il collo leggermente arrossato “Non mi ero accorto della tempesta”
“Neanche io” rispose Kurt guardando la finestra “Forse per questa notte puoi rimanere qui” Propose “Non intendo che… Posso prendere il divano e tu il letto… Insomma non vorrei farti…”
Fu interrotto da un  bacio dell’altro “Adesso chi sta balbettando, Hummel?” rispose divertito “Hai ragione, ma prendo io il divano. Mi dovresti solo prestare qualcosa di più comodo”
Kurt, ancora imbambolato, annuì “Vado a prenderti qualcosa. E magari dopo possiamo mangiare la mousse e vedere un film, che ne dici?”
“Ottima idea” 
 
Kurt poteva sentire Blaine canticchiare dalla cucina e un profumo di arancia e zucchero diffondersi per la casa. Dopo essersi cambiati entrambi, il moro l’aveva costretto a stare in salotto e scegliere il film, mentre lui finiva di preparare il dolce. 
Così sedeva sul divano con un paio di coperte e i titoli di coda di “Love Actually” sullo schermo, ripensando a tutto quello che gli aveva raccontato Blaine.
Non aveva mentito prima: aveva trovato la scelta del ragazzo coraggiosa, riconoscendo che forse lui non lo avrebbe mai fatto, ma non si era mai trovato in situazioni del genere.
Prendersi cura di sua nipote, crescerla come un padre… Era un ragazzo da ammirare di cui davvero ce ne erano uno su un milione. 
E quel bacio… Aveva avuto altri fidanzati prima, ma mai con nessuno il primo bacio era stato così… mozzafiato, da fuochi d’artificio, da “sto per segnare l’ultimo rigore alla finale della coppa del mondo” (stupido Finn che gli aveva fatto scoprire il calcio europeo). 
Avevano tante cose ancora da dirsi, ma per quella sera potevano aspettare. Quella sera era loro e solamente loro. 
“Ed ecco a voi, signore, mousse al cioccolato con salsa all’arancia e anacardi tostati” La voce di Blaine lo risvegliò dai suoi pensieri e lo fece accomodare sul divano insieme a lui, coprendolo con la coperta e prendendo la coppa dalle le mani dell’altro. 
“Ok, assaggiamo questa meraviglia” esclamò il giornalista felicemente e ne prese un’abbondante cucchiaiata: se prima le sue papille erano in estasi, adesso erano morte e andate in Paradiso felici. 
“Blaine è… o mio dio, stasera mi vuoi far rimanere senza parole, vero?” E si buttò di nuovo sul dolce, mentre Blaine scoppiò a ridere.
“Non era mia intenzione, sul serio” si difese l’altro guardandolo “Aspetta, hai una piccola macchia qui”
Si avvicinò e gli baciò l’angolo della bocca “Tutto fatto”
Kurt arrossì di nuovo, ma lo guardò con aria di sfida “Non avevo nessuna macchia, vero?”
“Questo non puoi saperlo”
“Fammi finire questo e poi te la farò vedere io. Non smetterò di mangiare un capolavoro del genere per le tue bambinate”
Blaine fece un adorabile broncio che Kurt fu costretto, volentieri, a baciare “Muoviti o finisco anche la tua parte”
Il moro rise e annuì, riprendendo anche lui a mangiare.
Passarono la sera così, guardando il film (usato più come sottofondo), imboccandosi a vicenda di tanto in tanto e con molti, moltissimi baci. 
Non ci fu il problema del divano e del letto, perché entrambi si addormentarono sul divano, Kurt steso sul petto di Blaine e con il viso nell’incavo del suo collo e Blaine che lo stringeva teneramente  tra le braccia, la fronte appoggiata a quella dell’altro.
Avrebbero parlato la mattina successiva, ma in quel momento volevano solo godersi un meritato e dolcissimo riposo.


Angolo dell’autrice
Servono fazzoletti? Cioccolata? Una mazza per uccidere l’autrice?
Vi dico solo questo: ho scritto la scena della morte di Cooper in treno e una signora si è preoccupata perché stavo per piangere. Non le potevo dire “Sto facendo morire il fratello di un personaggio televisivo, che se lei sapesse che è gay, inizierebbe a fare scenate”.
Comunque, mai capitolo mi venne così lungo, ma non me la sentivo di dividerlo (per farmi perdonare della settimana senza aggiornamenti e il finale dell’altro capitolo)
Quindi ecco la storia di Christie, una storia su cui ho lavorato fin da subito e in cui ogni cosa avrà un suo perché, soprattutto riguardo alla questione madre (piccolo spoiler!)
E il bacio? Forse alcuni di voi pensano che sia troppo presto e dico subito che il mio obiettivo non era fare una storia su loro che dopo tante peripezie riescono a mettersi insieme, ma raccontare come riescano a diventare una famiglia.
Ora posso finire con tutto il mio monologo, vorrei ringraziare chiunque abbia messo la storia tra seguiti/preferiti/ricordate perché state crescendo sempre di più e vi abbraccerei tutti se potessi, ma al massimo posso mandarvi un cupcake virtuale! Grazie,grazie,grazie,grazie!!!
Finisco col dire che questo capitolo è stato un parto e sono molto nervosa, quindi fatemi sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto o volete davvero uccidermi con una mazza.
E ricordate: ha fatto più male a me scrivere della morte di Cooper che voi a leggerlo.
Ora vi saluto sul serio, grazie ancora e grazie soprattutto alla mia beta che si è subita più di seimila parole: Michela, te sei il Thad della mia Christie <3
Baci e sorrisi e abbracci (e fazzoletti)
Frankie
  
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