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Autore: dragon_queen    19/12/2012    1 recensioni
"Feci viaggiare lo sguardo per il cielo scuro, sul quale spiccavano tante e infinite stelle. Conoscevo l'astronomia, il vecchio Einar me l'aveva insegnata. Fissando quindi la posizione degli astri, riuscivo ad intuire il nome del pianeta sul quale in quel momento mi trovavo, a quel punto più che sicura che non fosse il mio: Midgard.
D'improvviso delle luci in lontananza, segno che gli abitanti di quel mondo non avevano tardato ad accorgersi del mio arrivo. Che avrei dovuto fare?
Combattere e proteggermi o arrendermi e aspettare di scoprire il mio destino?"
* * * * * * *
Rebekka è una ragazza combattiva, ma che, coinvolta in un'avventura più grande di lei, incontrerà qualcuno che la farà capitolare. Non ha ricordi del suo passato, ma sa che nasconde qualcosa di importante. E se poi infiliamo anche una strana convivenza con alcuni dei nostri Vendicatori e il dio degli inganni, allora sarà tutta da ridere. E Loki troverà finalmente qualcuno che saprà guardare al di là delle sue malefatte?
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La prima parte della storia sarà attinente al film, mentre la seconda tutta di mia invenzione.
Spero di vedere qualche recensione, positiva o negativa :3 :3
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Ripetimi il perchè abbiamo accettato questo incarico noiosissimo?- dissi, mentre stavo a cavalcioni sul bordo di acciaio di una delle terrazze esterno, sospesa ad almeno una trentina di metri dal suolo.

-E tu ridimmi come mai ogni volta devi sempre tentare di romperti l'osso del collo?- mi rispose Nicole, mentre, poggiata a quella stessa balaustra, stava fumando una sigaretta.

-Voglio solo sentire il brivido del rischio ogni tanto. Ultimamente è stato sempre una noia mortale- risi io, continuando a dondolarmi.

-Comunque per rispondere alla tua domanda, avevamo bisogno di staccare un po' la spina-

-E lo abbiamo fatto facendoci spedire in mezzo al nulla a sorvegliare un gruppo di secchioni che studiano un pezzo di acciaio che brilla?-

-Esatto-

-D'accordo- risposi, stringendomi nelle spalle e lasciandomi scivolare lontano dalla balaustra.

-Dove vai?- mi chiese Nicole, mentre gettava il mozzicone della sigaretta che aveva appena finito.

-A farmi un giro e vedere se quei secchioni hanno scoperto qualcosa di importante da comunicare a quel simpaticone di Fury- e, salutandola con un cenno della mano, feci per andarmene.

-E io cosa faccio?-

-Vedi se trovi qualcuno in questa base per fare quello che di solito ti riesce meglio- sorrisi maligna ed rientrai.

 

Percorsi lentamente i corridoi di quella base sotterranea, la quale mi metteva una tristezza che non riuscivo quasi a spiegare a parole. Inoltre avevo come una strana sensazione che mi partiva dallo stomaco e finiva nel petto. Era come se fosse dovuto succedere qualcosa di grave.

In silenzio entrai in una delle stanze che avevo scoperto essere adibite all'addestramento. Con calma mi sfilai i guanti che tenevo sempre e sollevai piano le maniche della giacca, scoprendo i due simboli che avevo sui polsi. Sorrisi: neanche Nicole era mai riuscita a vederli e, a parte Fury e qualche altro agente, nessuno era a conoscenza della mia origine extraterrestre.

Durante il mio primo anno di addestramento ero riuscita a risvegliare qualcuno dei miei vecchi poteri, ma erano davvero una piccola percentuale rispetto a quelli che possedevo nel mio mondo, o almeno questo pensavo di ricordare.

Mi fermai nel centro della stanza, chiudendo gli occhi. Mi concentrai, riuscendo a focalizzare in poco tempo la sagoma del bersaglio che stava davanti a me. Iniziai a sentire l'energia fluire in me, dalla punta dei piedi sino alla cima dei capelli. Il mio intero corpo era puro potere.

Riaprii gli occhi, fissandomi le mani con i palmi verso l'alto. Due piccole sfere di luce si erano concentrate su di essi e brillavano come due piccoli soli.

Con movimenti veloci e calcolati le scagliai entrambe verso il fantoccio. Con la prima lo centrai, con la seconda bucai il muro dietro di esso.

-Accidenti- sospirai scocciata.

Ancora non ero in grado di gestirle pienamente, in quanto il tempo per allenarmi era veramente poco, dato che non dovevo farmi scoprire.

Mi voltai, recuperando i guanti dal piccolo tavolo a fianco alla porta e riabbassai le maniche. Per il momento era abbastanza. Era necessario semplicemente un piccolo assaggio ogni giorno, tanto per non dimenticarmi come si faceva.

Sempre in silenzio uscii dalla stanza, attenta che nessuno avesse sentito il rumore dell'impatto, e mi incamminai con le mani in tasca per un altro di quei tristi corridoi dalle pareti di acciaio, monotone e silenziose.

Dopo qualche minuto e il decimo angolo svoltato, mi ritrovai in un ambiente dai soffitti molto alti e molto più ampio di qualsiasi stanza della struttura. Era il laboratorio dove lavoravano i secchioni ai misteri nascosti nel cosiddetto Tesseract.

Lo vidi incastonato in uno strano macchinario, separato da una pedana sopraelevata a qualche metro di distanza. Dietro il cubo che brillava stavano le postazioni degli studiosi.

Fu allora che lo vidi, indaffarato come sempre e anche all'apparenza preoccupato. Mi avvicinai silenziosa alle sue spalle, le mani dietro la schiena come una bambina curiosa, ed esclamai:

-Allora Doc, come vanno le cose?-

L'uomo sobbalzò, voltandosi poi a guardarmi furente.

-Rebekka, mi hai fatto prendere un infarto-

Lui era uno dei pochi che mi chiamava con il mio nome. Io stessa glielo avevo concesso, in quanto fin da subito mi era rimasto molto simpatico e soprattutto mi aveva permesso di sbirciare tra gli appunti delle sue scoperte.

-Scusa Doc, non ho resistito. Comunque cosa avete scoperto?-

-Prima ti chiedo io una cosa: perchè sei ancora qui? Non hai sentito il segnale di evacuazione?-

-A dir la verità no, ma adesso mi spiego cos'era quel suono insopportabile che si diffonde per i corridoi-

-Non dovresti rimanere qui. Il Tesseract si sta comportando in modo strano. Ha continui sbalzi di energia e si attiva senza che nessuno lo porti a farlo. È pericoloso-

-Andiamo Doc, non penserai che abbia paura di un aggeggio che brilla- sogghignai.

-Se il Tesseract collassa, nessuno si salverà. Te ne rendi conto?- mi rispose lui serio.

A volte si comportava proprio come un padre iperprotettivo, ma non gliene facevo un torto. Da una parte mi provocava uno strano torpore che lontanamente assomigliava a quello che un tempo provavo per qualcun'altro di cui a malapena ricordavo il volto.

-D'accordo, adesso me ne vado, ma se la situazione è davvero critica come dici, allora anche voi secchioni dovreste togliere le tende-

Girai i tacchi e, sempre con le mani in tasca, mi diressi tranquillamente verso l'uscita. A bloccarmi la strada però si parò Fury, visibilmente agitato, seguito dall'agente Coulson, il quale mi salutò frettolosamente e si allontanò.

-Dottore, mi dica...- disse Fury dirigendosi verso lo scienziato.

Io mi fermai, curiosa di saperne di più. Per sicurezza però mi nascosi un po' dietro una delle colonne.

-Direttore...- rispose Selvig.

-Che succede?-

-Il Tesseract si comporta male. Non solo è attivo, ma sembra stia agendo-

Rimasi stupita da quelle parole. Doc parlava di quell'aggeggio come se avesse una volontà propria e questa parte del progetto non mi piaceva neanche un po'. Cosa stava architettando Fury? Come poteva pretendere di incanalare un'energia che non sapevano neanche mantenere stabile?

-Beh, staccate la spina- continuò il direttore.

-E' inutile. Il Tesseract è una forma di energia indipendente. Noi stacchiamo la spina e lui si riattiva. Se raggiungesse il picco massimo...-

-Ma noi siamo preparati a questa eventualità, non è vero? Imbrigliare l'energia dallo spazio...-

-Si, ma non abbiamo le briglie. I calcoli non sono ancora completi. Per il momento però sta solo emettendo bassi livelli di radiazioni gamma, niente di dannoso-

-Ma può diventarlo. Dov'è l'agente Barton?-

Selvig indicò un punto sopraelevato, dove io intravidi la figura di un uomo che osservava la scena dall'alto. Adesso capivo come mai lo chiamavano Occhio di Falco, non solo per la sua mira infallibile, ma anche per il suo eccentrico comportamento così simile a quello del volatile.

Vidi Fury parlare nell'auricolare e in pochi secondi Barton fu in piedi davanti a lui. Seguii con lo sguardo i due che camminavano per il laboratorio, parlottando di qualcosa che non riuscii bene a sentire da quella distanza.

Non mi sfuggì però una degli scienziati che chiamò Doc dietro uno dei computer e pareva parecchio preoccupata. Lo sguardo dell'uomo cambiò non appena si trovò a fissare lo schermo, iniziando a digitare frettolosamente sulla tastiera chissà quale astruso algoritmo.

In quel momento il Tesseract ebbe uno sbalzo, un picco, e una strana sensazione si impossessò di me, facendomi quasi star male. Sentivo che stava per succedere qualcosa.

Dimenticando il fatto che mi ero imposta di rimanere nascosta, mi diressi svelta al fianco di Doc, il quale mi lanciò un'occhiata ammonitrice. Non ebbe però il tempo di dire niente, in quanto la terra ebbe un'improvvisa scossa e dal cubo partì un raggio luminoso che si abbattè sulla pedana lontana qualche metro.

Il raggio si ampliò, andando a formare una sorta di strano portale, mentre nessuno dei presenti osava muoversi. I contorni erano instabili e più mi sforzavo di vedere cosa mai ci fosse dall'altra parte, più mi pareva di fissare la notte più nera che avessi mai visto.

-Non prevedo niente di buono- sospirai.

Poi un'esplosione ci investì tutti, provocando la perdita dei sensi della maggior parte dello staff. Io mi inginocchiai, proteggendomi il viso con le mani, ma cercando di mantenere lo sguardo vigile, in modo da stare pronta in caso di un attacco improvviso.

L'energia che formava il portale si andò a coagulare in una parte del soffitto, rimanendo attiva e pericolosa. Finalmente lo vidi.

Era in ginocchio, il corpo che fumava in modo innaturale, la testa bassa che nascondeva il volto. Era apparso dal nulla e non accennava a muoversi. La strana sensazione di pericolo mi colpì di nuovo, facendomi portare la mano destra alla fondina della pistola e, sganciato il laccio che la teneva ferma, ne afferrai il calcio, pronta ad estrarla in caso di bisogno.

Notai un paio di soldati dello S.H.I.E.L.D. avanzare verso il presunto nemico, il quale, lentamente, mostrò finalmente il suo volto.

Quando notai i suoi occhi, così chiari e glaciali, la presa sulla pistola si fece per un attimo flebile, per poi tornare rigida. Di colpo la mente prese a pulsare, come se i miei ricordi premessero per venir fuori, tornare a galla. Credevo di aver già visto quello sguardo tanto tempo prima, ma non ricordavo né il come né il perchè.

Lo sconosciuto si alzò in piedi e tra le mani aveva uno strano bastone, uno scettro, un'arma che probabilmente non avrebbe esitato ad usare contro di noi. Così, a mia volta, anch'io mi rialzai in piedi, con l'intenzione di fronteggiare il nuovo arrivato.

Quando però mossi un passo, Doc mi bloccò con una mano, non rivolgendo però neanche lo sguardo ad incontrare il mio. Così, sospirando, decisi di aspettare.

-Signore, la prego, metta via quell'arma- udii dire alla voce di Fury ed ebbi la tentazione di spalmarmi una cinquina in piena fronte.

Ma si poteva essere più stupidi e carenti nella negoziazione di quel ciclope?

Di tutta risposta quello abbassò lo sguardo sul suo bastone e, in un battito di ciglia, aveva già sparato un proiettile di energia contro il direttore e Barton, i quali però si erano spostati in tempo.

Doc mi si parò davanti, proteggendo entrambi dietro la postazione dei computer, mentre udivo gli spari dei soldati e, subito dopo, i loro corpi che cadevano a terra. Poco lontano da me e Doc uno dei computer esplose sotto un altro degli attacchi dello straniero, mentre continuavo a sentire gli spari, ma per fortuna nessun corpo che cadeva.

-Rebekka, te ne devi andare- mi disse allora Selvig, abbassando la testa per evitare un'altra scarica di energia.

-Doc, non puoi chiedermi di abbandonarvi. Posso farcela-

-Ragazzina, ti parlerò come se fossi mia figlia: quell'uomo è pericoloso, te ne devi andare-

-No- risposi io risoluta.

In quel momento i suoni si acquietarono ed io ebbi il coraggio finalmente di liberarmi della presa di Selvig e rialzarmi in piedi.

Vidi lo sconosciuto fermo al centro della stanza, il fiato corto, circondato dai corpi di coloro che aveva ucciso a sangue freddo senza una minima traccia di risentimento. Intorno a noi i macchinari erano pressocchè distrutti e inutilizzabili, mentre coloro che ne avevano ancora la forza stavano cercando di rimettersi in piedi.

Mi chinai verso uno degli agenti poco lontano da me, aiutandolo ad alzarsi e sorreggendolo, mentre ancora tenevo lo sguardo fisso sul nemico.

Notai Barton tentare di alzarsi sorreggendosi ad una delle pareti di acciaio. Lo straniero scattò veloce verso di lui, bloccandogli la mano che impugnava la pistola. Era stato così veloce che nessuno avrebbe avuto la possibilità di prevederlo. Disse però qualcosa che mi lasciò perplessa.

-Tu hai cuore- e puntò il suo bastone contro il petto dell'uomo.

Quello, con un gemito strozzato si irrigidì, mentre notavo delle striature bluastre risalirgli fino agli occhi per poi scomparire, lasciando le iridi di Occhio di Falco di uno scintillante colore blu. Inaspettatamente, quello ripose la sua arma nella fondina, rimanendo poi fermo in posizione, come se stesse aspettando degli ordini.

Nel frattempo Fury si era ripreso e, di nascosto, aveva estratto il Tesseract dal congegno, riponendolo nella stessa valigetta che aveva mostrato a me e Nicole. Decisi che era il momento di agire, anche solo per permettere al direttore di allontanarsi con il cubo senza essere disturbato.

Così, ignorando gli ammonimenti di Doc, mi feci avanti:

-Ehi tu!!- dissi risoluta, puntandogli contro la pistola.

Lo straniero si voltò e una strana sensazione si propagò in tutto il mio corpo quando quegli occhi color del ghiaccio si puntarono nei miei. Lo vidi avanzare, inclinando leggermente la testa come se fosse perplesso.

-Chi sei donna? Come osi parlarmi così?-

Io non risposi, mentre notavo che le mie mani si erano messe a tremare. Perchè? Non avevo mai avuto paura di nessuno in vita mia, quella non poteva certo essere la prima volta.

Quello era ormai a pochi passi da me e continuava ad osservarmi con strana curiosità.

-Mi sei familiare umana. Perchè?-

Era ormai a pochi passi da me, con la canna della pistola potevo quasi sfiorargli il petto. Ma non sparai, qualcosa me lo impediva. Le sue parole me lo impedivano.

D'un tratto l'attenzione dello sconosciuto fu attirata dal direttore che tentava di allontanarsi con il Tesseract.

-Dannazione...- esclamai dentro di me.

Prima però che potessi muovere un solo passo, quello, senza neanche guardarmi, mi puntò contro il suo strano bastone, bloccando ogni mio tentativo di colpirlo. Non volevo certo fare la fine dello zombie come Barton.

Poi rivolto a Fury, disse:

-Ti prego, no. Mi serve ancora-

Allora lo squilibrato era lì proprio per il cubo. Lanciai una rapida occhiata a Fury, che ricambiò.

-Non rendiamo la cosa più complicata- disse il direttore.

-Invece si. Vengo da lontano con un incarico-

Ascoltavo con attenzione, mentre la mia mente elaborava un modo per togliermi da quella dannata situazione. Odiavo sentirmi in trappola e quel capellone mi stava facendo realmente incazzare. Poi però quello che disse dopo mi portò a continuare ad ascoltarlo.

-Io sono Loki, da Asgard, e sono ricolmo di gloriosi propositi-

D'un tratto sentii la voce di Doc poco lontano da me:

-Loki, il fratello di Thor-

Notai una chiara occhiata di dissenso sul volto dell'apparente dio. Poi però fu di nuovo Fury a parlare:

-Non abbiamo dispute con il tuo popolo-

-Una formica e uno stivale hanno dispute?-

Ma chi si credeva di essere? Se non fosse per quel dannato coso che avevo ancora puntato contro, gli avrei tirato tanti di quelli schiaffi da farlo diventare biondo. Eppure, quando aveva nominato Asgard qualcosa dentro di me si era come sbloccato. Avevo già sentito quel nome durante la mia vita sul mio mondo, ma sicuramente non come un nemico.

-Il tuo piano è di calpestarci?- chiese il direttore.

-Giungo a voi con la lieta notizia di un mondo reso libero-

-Libero da cosa?-

-Dalla libertà. La più grande menzogna della vita. Una volta che accetterai questo, nel tuo cuore...-

Con uno scatto allontanò da me il suo bastone e lo puntò sul petto di Doc. Volevo impedirglielo, ma lui fu veloce e per di più il mio corpo non riusciva a muoversi.

In pochi secondi anche le iridi dello scienziato avevano assunto il colore blu acceso.

-Conoscerai la pace- concluse, come se le sue parole fossero state quelle di una sorta di sermone.

-Parli di pace, ma tu intendi il suo contrario-

Quando ebbe pronunciato quelle parole, Fury spostò lo sguardo su di me e io presi ad arretrare senza essere vista. Sapevo cosa stava tentando di fare il direttore e con la coda dell'occhio notai l'agglomerato di energia sopra la sua testa stava iniziando a collassare.

Dovevo avvertire il resto degli agenti prima che Loki si accorgesse dell'imbroglio. Purtroppo, quando ormai era all'uscita, Barton dette voce alle segrete intenzioni del direttore:

-Signore, il direttore Fury prende tempo. Stiamo per essere travolti da trentacinque metri di roccia-

Dannato bastardo doppiogiochista. Ma si poteva essere più deboli? Era bastato uno stupido bastone magico per tramutarlo in un traditore.

Sentii anche Doc mentre informava l'asgardiano delle condizioni del portale.

Fury si rivolse di colpo verso di me.

-Rebekka!!- mi chiamò, ma non fece in tempo a dire altro che fu colpito da un proiettile di Barton.

Non avevo tempo di recuperare il Tesseract, ma sapevo cosa Fury stesse per dirmi. Così presi a correre più in fretta che potevo, mentre sentivo i proiettili di una pistola scalfire le pareti d'acciaio del corridoio che stavo percorrendo.

-Oltre che il cervello in pappa, si è giocato anche la mira- dissi tra me, mentre le gambe stavano bruciando.

D'un tratto però avvertii una fitta ad un fianco, ma non mi fermai.

Dovevo avvertire lo S.H.I.E.L.D. e nel frattempo salvarmi la pelle da quella tomba di roccia. Mentre giungevo al garage sotterraneo, incrociai l'agente che aveva accompagnato Fury quel giorno.

-Che succede?- mi chiese la donna.

Avevo il fiato mozzo, quindi ci misi qualche secondo per tentare di parlare. Non feci però in tempo, in quanto la vidi distratta da dei passi nel corridoio, al di là di una saracinesca aperta.

-Aspetta qui- mi disse, mentre si dirigeva verso il garage per vedere che stava succedendo.

Sentii la voce di Barton che comunicava la necessità di prendere uno dei veicoli, così mi alzai in piedi e tentai di raggiungere l'agente, ma il fianco mi mandò un'altra fitta. Poggiai una mano sul punto dolorante e vidi il palmo macchiato di rosso. Quel bastardo di Occhio di Falco era riuscito a colpirmi.

Mentre notavo la donna tornare verso di me, incrociai nuovamente lo sguardo dell'asgardiano, seduto sul retro del veicolo. Anche lui mi fissava, pensando chissà cosa.

D'un tratto sentii la radio dell'agente gracchiare e la voce di Fury, che per fortuna era ancora vivo, la mise finalmente al corrente della situazione.

Sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco, quindi rapida mi riparai dietro un angolo. In pochi secondi iniziarono a volare altri proiettili, mentreil suono degli spari si propagava per il garage.

Vidi la mora saltare su un veicolo, mentre la voce alla radio le dava l'ordine di inseguire i fuggitivi. Sentii la terra tremare di nuovo, mentre dei detriti di roccia cadevano sul pavimento. Se non mi fossi allontanata da lì, l'unica a rimanere sotto le macerie sarei stata io.

D'un tratto avvertii la porta alle mie spalle spalancarsi di colpo. A causa della ferita e della perdita di sangue, la vista mi si era annebbiata, quindi non vidi chi stava correndo verso di me urlando il mio nome.

Mi sentii sollevare, mentre un'altra fitta mi colpì al fianco. Tentai di rimanere in piedi e trascinarmi le gambe, ma la stanchezza stava prendendo campo sul mio corpo.

-Credo che per oggi tu abbia provato abbastanza l'ebbrezza del rischio-

Dopo di che non ricordo più nulla.

  
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