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Autore: Blue_moon    19/12/2012    2 recensioni
Secondo libro della trilogia Similitudini.
Per la comprensione della storia, è necessario aver letto la prima parte, Prigioni.
Loki è fuggito con il Tesseract, portando con sè Khalida.
Ma qual'è la vera missione della donna?
E cosa sta architettando veramente il Dio dell'Inganno?
Qual'è la vera natura del Tesseract?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Ringrazio chi ha letto il prologo, Maura 77 per aver recensito, e tutte le persone che hanno già inserito la storia nelle seguite.
Spero di non deludervi.
I capitoli di questa parte saranno un po' più lunghi della prima.
Vi avviso fin d'ora che Spie, è un capitolo di transizione, e quindi sarà lungo all'incirca 8 capitoli, mentre invece, la terza parte, Crepe, sarà quella più consistente.
Ci vediamo a fine capitolo per le osservazioni.




A Stark non piaceva venire ignorato, né tanto meno essere preso in giro.
Dopo che la sua ennesima richiesta di parlare con Fury venne respinta, ordinò a Jarvis di bypassare il firewall del cellulare della spia, stanco delle buone maniere.
«La metto in comunicazione con il Direttore Fury», annunciò la voce robotica del maggiordomo di Stark.
«Bel lavoro, Jarvis», si complimentò Tony, accelerando.
Fury rispose quasi immediatamente. «A cosa devo l'onore, Tony?», chiese, con lo stesso tono che userebbe una madre esasperata dall'ennesima marachella del figlio.
«Oh, solo una telefonata di cortesia. Come te la passi Nick?», replicò il miliardario, acido. «Esattamente quante altre delle mie torri hai intenzione di distruggere?», proseguì, senza aspettare una risposta alla prima domanda.
Fury sospirò. «Non puoi incolpare me delle azioni di Loki, ammesso che sia stato lui», rispose, tentando di non alterarsi.
Il grafico sullo schermo davanti a lui si illuminò, annunciando l'arrivo di una nuova ondata di dati.
«Ho un filmato delle telecamere di sorveglianza che lo prova», annunciò Stark.
«Stai scherzando?».
«Assolutamente», ridacchiò Tony.
«Non fare lo spiritoso, perché non me l'hai ancora consegnato?».
«L'avrei fatto, se ti fossi degnato di ricevermi».
Fury schioccò la lingua. «Bé, ti ricevo, ora. Ti aspetto».
«Sono già qui», disse Stark, chiudendo la comunicazione.
Il comunicatore di Fury gracchiò. “Direttore, c'è qui...”
«Lo faccia passare!», tagliò corto la spia, irritata.
Con un gesto, ridusse a icona i dati sullo schermo senza nemmeno guardarli.

Il filmato non era ad alta risoluzione, ma era comprensibile, nonostante la scarsa illuminazione.
Stark picchettò un dito sullo schermo, indicando la figura di Khalida.
«Legolas aveva ragione. È ferita, e non sembra stare bene», commentò.
Fury non disse niente. «Loki è con lei, almeno. Sembrano essere scomparsi insieme ancora una volta».
Stark sbuffò. «Pensa che lui possa guarirla?», domandò, retorico. Era ovvio che un comportamento simile non rientrava negli schemi dell'alieno.
«Non sottovaluti l'agente Sabil, sa essere convincente», obiettò la spia.
Il miliardario lo guardò. «A proposito... perché hai scelto proprio Khalida? Scommetto che di agenti addestrati quanto lei ne hai un deposito pieno».
Fury sospirò, passandosi una mano sulla nuca. «Il fatto che tu non l'abbia capito fa onore al suo talento».
«Oh, ma io ho delle teorie», ammiccò Stark.
«Cioè?».
«A parte il fatto che a volte sembra fuori di testa quanto il cervo alieno?», ironizzò l'uomo. «Ha un'innata capacità di apparire neutrale, e probabilmente non le importa un bel niente di nessuno, se non di se stessa», spiegò.
Fury sorrise, ma scosse la testa. «Questo è quello che lei ha voluto che capiste, anche se c'è un fondo di verità», ammise.
«E allora perché?», insisté Stark, curioso.
«Perché è motivata. Io le ho promesso quello che vuole, e lei farà di tutto per ottenerlo».
«E cosa le hai promesso? Soldi? Un posto di spicco nella tua agenzia? La tua mano?», snocciolò Stark, rimanendo serio nonostante l'assurdità delle sue proposte. Era stanco, stanco da morire, quella situazione lo faceva ammattire.
Il pensiero che Fury avesse consegnato un prigioniero pericoloso e subdolo come Loki a una sola persona, lo turbava. Temeva quello che l'alieno avrebbe potuto escogitare.
Per quanto lo ritenesse un pazzo, riconosceva la sua pericolosità, e la sua intelligenza.
Troppe volte si era tirato fuori da situazioni che avrebbero potuto ucciderlo.
Fury non badò molto a ciò che diceva Tony, solo quando percepì che l'uomo era nuovamente pronto ad ascoltarlo, proseguì. «Credevo che avresti potuto riconoscerla, nei suoi occhi», disse, guardando Tony in viso.
«Riconoscere cosa?».
«La disperazione di una persona che è stanca della propria vita, ma non conosce nessun altro modo per viverla».
Tony rimase in silenzio per qualche minuto, riconoscendo che in fondo ciò che diceva Fury non era né strano, né infondato.
La ferocia che la donna ostentava, poteva essere rabbia, la sua durezza, solo un modo di nascondere troppe ferite.
Ma non si fidava di lei, il suo istinto gli imponeva di non farlo.
Tra lei e Loki c'erano troppe similitudini, come se fossero un riflesso distorto e frammentato l'una dell'altro, come in uno specchio deformante del circo.
Il problema era che, quando ci si guarda allo specchio, ci si riconosce.
E se quei due si fossero alleati contro di loro, allora la missione era completamente andata, insieme, probabilmente, all'intero pianeta.

Loki aprì gli occhi e analizzò l'ambiente.
Era un comune appartamento umano, immerso nella penombra. L'arredamento era lussuoso, ma essenziale, con linee nette e pulite, colori asettici e profili d'acciaio.
A pochi passi da lui, Khalida si lasciò cadere sul divano. Tentava di nascondere il dolore, ma aveva la pelle imperlata di sudore freddo, e stava diventando pallida. Non era passato che un minuto dal loro arrivo, eppure sulla moquette bianca già si allargava una vistosa pozza di sangue. Se non veniva curata in fretta, non avrebbe superato la notte.
L'aveva portata con lui perché non avrebbe permesso a nessun altro di prendersi la sua vita.
Sarebbe stato lui ad ucciderla, di questo ne era assolutamente certo.
E l'avrebbe fatto con i suoi tempi e alle sue condizioni.
In silenzio, si inginocchiò davanti a lei e scrutò con occhio clinico l'asta di metallo che trapassava la gamba. Si stupiva sempre di quanto potesse essere fragile il corpo umano.
Khalida ansimava, forse di paura, forse per nascondere il dolore.
Quando Loki afferrò la coda della freccia, lei sussultò, mordendosi le labbra.
«Cosa vuoi fare?», domandò, con un filo di voce.
Lui non rispose, spezzò l'asta con una sola mano e con l'altra afferrò la punta.
«L'emorragia peggiorerà e basta», disse nuovamente Khalida, d'istinto.
Loki cercò i suoi occhi. «Lo so», mormorò, prima di sfilare di colpo la freccia.
Khalida urlò, voltando il viso e nascondendolo nella stoffa costosa del divano.
Con gli occhi annebbiati dalle lacrime, vide Loki premere le mani illuminate da una cupa luce azzurra sulla sua gamba e contemporaneamente percepì un bruciore crescente.
Il dolore diventò nuovamente insopportabile e nuove grida si fecero strada nella sua gola.
Loki le soffocò premendole la mano sporca di sangue sulla bocca.
Il tutto durò una manciata di secondi, la luce si spense e così il dolore.
La mano di Loki lasciò le labbra di Khalida e lei si concesse di respirare profondamente.
Sentì la struttura del divano piegarsi sotto il peso aggiuntivo dell'alieno e istintivamente cercò il suo sguardo. Anche senza controllare, sapeva cosa aveva fatto.
La ferita si era rimarginata, solo una vaga sensazione di bruciore premeva a fior di pelle, a contatto con il tessuto freddo dei pantaloni.
Quello che vide, però, la allarmò.
Loki era ancora più pallido del solito, il volto velato di sudore e le labbra contratte.
«Loki», lo chiamò con la voce arrochita dalle urla, sollevandosi su un ginocchio. Allungò una mano, ma si fermò qualche centimetro prima di toccarlo.
Gli occhi di Loki si socchiusero. «Sto bene».
«A me non sembra», azzardò lei. «Cosa ti succede?».
Loki sembrò prendere un respiro profondo. «L'energia del Tesseract è troppa, anche per me. Il mio corpo non è ancora abituato a gestirla», spiegò, a voce bassa, appena percettibile. Incrociò brevemente gli occhi di Khalida. «Ho bisogno di riposare, ora».
Questa volta Khalida si fidò del proprio istinto, sfiorò con la punta delle dita la guancia di Loki, spostandogli poi delicatamente una ciocca di capelli dalla fronte.
Lui non se ne accorse, era già sprofondato in un sonno profondo.
Tenendolo d'occhio, la donna si alzò dal divano. La gamba le formicolava, e il muscolo era indolenzito, ma nel complesso stava bene.
Non appena fu relativamente certa che Loki non stesse fingendo di dormire, si diresse a passo calmo verso il bagno, ma sulla soglia del reparto notte un lieve capogiro la costrinse a cercare un sostegno. Artigliò lo stipite della porta, con una forza tale da spezzarsi le unghie. Lacrime di frustrazione le pizzicarono le palpebre ma le ricacciò indietro.
Si prese un minuto, poi strinse i denti e chiuse la porta del bagno dietro le spalle.
Lentamente, si spogliò davanti allo specchio, cercando sul suo corpo segni di cicatrici invisibili. In meno di sei mesi, aveva rischiato di morire tre volte, eppure il suo corpo non recava traccia di quelle violenze. Dentro di lei, però, le cicatrici c'erano, solchi profondi scavati nell'animo e nel carattere. Era stanca, ma doveva portare a termine quella missione, per poter dire addio per sempre a quel modo di vivere.
Aprì l'acqua della doccia e si infilò sotto il getto senza attendere che diventasse caldo.
Rabbrividì, ma l'improvvisa pelle d'oca sul corpo la fece sentire bene.
Mentre i muscoli si rilassavano, si concesse di fare il punto della situazione.
La strategia che aveva adottato con Loki era rischiosa, ma era l'unica praticabile.
Doveva fidarsi di lui, ciecamente.
Era presuntuoso per lei affermarlo, ma Khalida sapeva di aver compreso parte del carattere dell'alieno.
Aveva l'ostentata indipendenza di qualcuno che è stato tradito troppe volte, troppo profondamente. La sua mancanza di fiducia scaturiva dal fatto che nessuno gliene aveva mai data.
Se lei fosse stata la prima a farlo, Loki le avrebbe creduto, e l'avrebbe tenuta con sé, trofeo di una riconquistata autostima che nemmeno lui era cosciente di desiderare.
Mentre la temperatura dell'acqua variava, diventando bollente, Khalida si osservò le mani.
Il motivo della sua sicurezza era banale.
Lei, era caduta nella stessa identica trappola.

Quando rientrò nella zona giorno dell'appartamento, il sole stava tramontando, accendendo di riflessi arancioni le veneziane calate sulle vetrate. Quella casa non apparteneva allo S.H.I.E.L.D., era sua, una delle tante che possedeva in giro per il mondo.
Khalida aveva accettato la missione a due condizioni: completa libertà di movimento e niente telecamere o cimici.
Il segnalatore nascosto nell'anello che indossava, era un compromesso che era stata costretta ad accettare. Ogni ora inviava i dati riguardanti la sua salute e comunicava la sua posizione. Se lei fosse morta, lo S.H.I.E.L.D. l'avrebbe immediatamente saputo e sarebbe intervenuto nel giro di cinque minuti, con una testata nucleare, se necessario.
Loki riposava ancora, come un bambino, avrebbe osato dire, anche se il sonno appariva talmente profondo da assomigliare più ad un coma, tanto il corpo dell'alieno era immobile e rigido.
Strofinandosi i lunghi capelli, Khalida si spostò nella cucina, cedendo al richiamo dello stomaco che brontolava.
Un piccolo tablet, che lei stessa aveva acquistato poco prima che tutto precipitasse, era abbandonato sulla penisola di marmo chiaro. Non appena lei gli passò accanto, lo schermo si illuminò silenziosamente.
Su campo bianco, lampeggiò un cursore per qualche secondo, poi comparve un breve messaggio.
“Ha un mese di tempo, da oggi”.
Il tablet si spense subito dopo.
Khalida lo guardò per qualche secondo, poi lo prese e lo gettò nella pattumiera.

Khalida non si considerava una persona nostalgica, eppure, da quando aveva lasciato Israele, c'era una cosa che ricordava con una malinconia pungente: le notti buie alle porte del deserto.
Aveva scelto quell'appartamento in pieno centro a New York, naturalmente registrato sotto falso nome, proprio per combattere quella tendenza. Ma non era servito a niente.
La luce artificiale, anche il più piccolo spiraglio, le impediva di dormire.
Per l'ennesima volta, aveva passato una notte insonne, incapace di chiudere gli occhi davanti alla luce. Impossibile per la sua mente non cercare stelle inesistenti in quel cielo dall'innaturale blu uniforme.
Percepì un movimento dietro di lei e si voltò.
Gli occhi chiari di Loki le restituirono lo sguardo. Si era svegliato.
Archiviando le riflessione, Khalida andò a sedersi di fronte a lui, sul tavolino basso al centro del salotto. Gli porse senza cerimonie un piatto con il meglio che era riuscita a mettere insieme, considerando il poco che c'era in casa.
«Mangia, ne hai bisogno», spiegò, accennando un sorriso.
Loki la guardò come si fissa qualcuno che parla in una lingua sconosciuta, ma non fece storie, prese il piatto e assaggiò con cautela il contenuto.
«Dove siamo?», le domandò, dopo qualche minuto.
«Sempre a New York. Questa è casa mia».
Loki sollevò un sopracciglio. «E l'uomo bendato non ne era a conoscenza?», chiese, scettico.
Khalida sorrise, chinandosi appena in avanti. «Noi umani siamo facili da ingannare».
Loki fece una smorfia. «Non rubarmi le battute», obiettò, celando appena un sorriso.
Lei fece un gesto di assenso, poi tornò seria. «Cosa ti è successo prima?».
«Te l'ho già spiegato».
«No, non l'hai fatto», insistette Khalida. «Ho bisogno di sapere quali sono le tue condizioni».
«Perché?», domandò Loki, seriamente.
Khalida lo guardò dritto negli occhi. «Ho perso il conto delle volte che mi hai salvato la vita. Il minimo che possa fare è aiutarti, e per farlo devo sapere come stai».
Per qualche minuto i due si fronteggiarono in silenzio, occhi negli occhi, soppesando l'uno la sincerità dell'altra.
Infine Loki si alzò, senza degnare Khalida di una risposta.
Lei sospirò. «Dimmi solo una cosa. Succederà di nuovo?».
«Sempre meno spesso. Il mio corpo si deve solo abituare», le concesse l'alieno.
Khalida si alzò a sua volta, affiancando Loki. «C'è un altro problema», iniziò.
Lui la guardò come a dirle di continuare.
«Le radiazioni. Lo S.H.I.E.L.D. ha la tecnologia per rintracciare il Cubo».
Loki ridacchiò. «Voi umani e le vostre certezze...», mormorò. «Il Tesseract non è più lo stesso di prima, ora ne possiedo il pieno controllo, perfino di queste cosiddette radiazioni. I tuoi amici non possono trovarmi».
Khalida aggrottò le sopracciglia. «Ti ho già detto che non sono miei amici».
Loki la osservò attentamente. «E allora perché lavoravi con loro?».
«Sopravvivenza. Potevano proteggermi».
Khalida sostenne lo sguardo di Loki, mentre lui si avvicinava, sovrastandola e scavando nei suoi occhi.
«E adesso perché sei con me?».
«Perché io sto sempre con il più forte», replicò lei, sollevando il mento. «Adesso, se hai finito, dobbiamo decidere cosa fare», aggiunse, voltandosi.
Loki la afferrò per il polso, costringendola a fermarsi.
«Non parlare come se fossimo una squadra. Non lo siamo», sibilò, gelido.
«Hai ragione, non lo siamo», annuì Khalida. Strappò il braccio dalla presa di Loki con un gesto secco e arrabbiato. «Quando è iniziata questa storia tu avevi solo un nemico: Thanos. Adesso, dopo la tua bravata con il Tesseract, hai anche lo S.H.I.E.L.D. alle calcagna, insieme agli Avengers».
«E allora?», la incalzò Loki, curioso di vedere dove Khalida volesse arrivare.
Lei sorrise a metà. «Tu conosci Thanos, io conosco lo S.H.I.E.L.D. e gli Avengers. Perciò, sì, non siamo una squadra, ma se lavoriamo insieme, entrambi possiamo uscire vittoriosi e indenni da questa situazione».
Loki piegò leggermente la testa di lato, poi sorrise, a metà tra il divertito e il canzonatorio. «Cosa vuoi da me?».
Lei non rispose. «Vieni», disse solamente, incamminandosi verso la cucina.

Lo schermo del grande Mac illuminava la stanza altrimenti buia. Khalida, cliccò un paio di icone e lasciò che le pagine si caricassero.
«Non sono più al sicuro. Adesso lo S.H.I.E.L.D. mi starà cercando in ogni angolo della Terra, e i miei nemici avranno saputo che non sono più nelle grazie di Fury», spiegò. «Ho un posto dove nascondermi, ma per arrivarci ho bisogno del tuo aiuto».
«Perché?».
Khalida indicò lo schermo, che mostrava una visuale satellitare di un deserto. Sulla terra brulla e spoglia, sorgeva un minuscolo villaggio, simile ad un agglomerato di lego impolverate buttate su una moquette vecchia e spelacchiata.
Loki arricciò il naso, a quella vista. Quella era la faccia più deplorevole dell'umanità, il loro vivere come animali.
«Questo villaggio si trova a migliaia di chilometri da qui. Non posso arrivarci con i mezzi tradizionali, verrei individuata subito», spiegò la donna.
«Vuoi che ti ci porti io», concluse Loki. La guardò. «E quale ne sarebbe il mio vantaggio?».
Khalida rise. «Sai perché mi voglio nascondere proprio qui?», chiese, ignorando la domanda dell'alieno.
Lui la guardò socchiudendo gli occhi, come a rammentarle che la sua pazienza era molto vicina al limite.
Lei non perse il sorriso. «Questo è il villaggio dove sono nata. Nessuno verrebbe mai a cercarmi lì, dato che la maggioranza delle persone che vogliono uccidermi vivono a pochi chilometri di distanza. È l'ultimo posto dove potrei essere al sicuro, e l'ultimo dove mi cercherebbero».
Loki dovette ammettere che il ragionamento aveva una sua logica, banale e umana, ma condivisibile.
«Cosa c'entra con me?», insisté di nuovo.
«Vale anche per te. Ora che hai il Tesseract nessuno si aspetterebbe che tu rimanga sulla Terra», rispose Khalida, chiudendo la finestra sul computer e spegnendo la macchina.
Loki strinse le labbra.
Non gli piaceva il fatto che quella donna sia arrogasse il diritto di pensare anche per lui.
Khalida non fece caso alla sua irritazione, si alzò dalla scrivania e si diresse verso l'armadio. Dal fondo del mobile, estrasse un grosso borsone nero.
Lo appoggiò sul letto, cercando gli occhi di Loki. «Devi decidere in fretta. Non possiamo rimanere qui molto a lungo», fece presente, prima di iniziare a spogliarsi con gesti veloci e rapidi.
Loki la fissò sfacciatamente, lasciando indugiare gli occhi sulle braccia ricoperte di tatuaggi della donna. I disegni era piccoli e dettagliati, sembravano rappresentare un fiore rosato, screziato di bianco.
Khalida non fu particolarmente toccata dallo sguardo indagatore dell'alieno, più lui si mostrava incuriosito da lei, meglio era. Si rivestì con la stessa velocità con la quale si era spogliata. I pantaloni di lino erano larghi e comodi, e la tunica della stessa stoffa le pizzicò la pelle. Erano passati oltre cinque anni dall'ultima volta che aveva indossato quegli abiti e ricordi lontani, come brevi onde in una pozzanghera, le affiorarono nella mente. Con cura, si avvolse il niqab intorno alla testa, lasciando scoperti solo gli occhi. I capelli sciolti le pesavano sulla schiena, liberi come non erano da tempo.
Loki la osservò mentre deponeva l'armatura asgardiana e altri abiti nel borsone e ne estraeva una valigetta. Conteneva due pistole, che la donna fece sparire sotto la tunica. Nella scatola, ripose l'arma caricata con l'energia del Tesseract.
«Lasci la tua arma migliore?», osservò Loki, con tono sprezzante.
Khalida lo fissò. «I comuni proiettili sono meno rintracciabili», spiegò, mentre nascondeva due pugnali negli stivali.
Dal borsone estrasse un ultimo involto.
Loki lo scrutò incuriosito, sembrava formato da blocchi di uno strano materiale gommoso, legati fra loro da fili colorati. Sui lati campeggiavano le lettere C4.
«È esplosivo», disse Khalida, premendo un pulsante. «Quando ce ne saremmo andati da qui, è meglio che le nostre tracce si perdano», aggiunse.
Afferrò il borsone e avvicinò Loki.
«Abbiamo un minuto, prima che esploda», osservò. «Cosa hai deciso?».
Loki non rispose, si limitò a far comparire lo Scettro nelle sue mani e ad afferrarla per un braccio.
Lei sorrise.
«Ti serviranno degli abiti meno appariscenti», constatò, un attimo prima che la luce la avvolgesse.
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Mi piace far interagire Stark e Fury, sin da Iron Man 2 il rapporto tra loro mi è sembrato molto particolare, e mi piace esplorarlo con questi spezzoni "fuori campo".
Ok, adesso iniziamo a scoprire qualcosa in più su Khalida, compresa la strategia che ha intenzione di adottare con Loki.

Spero di non andare OOC con Loki, in caso avvisatemi :)

PS: la frase finale di Khalida, è una vaga citazione di quello che dice Heimdall a Thor & Company prima che partano per Joutuneim nel film "Thor"

Alla settimana prossima.
Nicole
  
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