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Autore: Aven90    20/12/2012    1 recensioni
Prefazione. Ebbene sì! Si torna alla carica con un argomento ad alta tensione! La trama è pressappoco questa: il commissario Svente è uno stacanovista, e nessuno si è mai lamentato di lui.
Ma stavolta una brutta gatta da pelare lo costringerà a scendere a patti col nemico. Riusciranno i nostri eroi a salvare tutti i prigionieri di uno psicopatico?
Genere: Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il criminale cacciò in malo modo la nonna che aveva prelevato fra i clienti che si era ritrovato come ostaggi e decise di fare da solo. Prese così il sacco coi contanti, sbirciò dentro, sorrise malizioso a quel mucchio invitante e fece per andarsene, ma un colpo di pistola arrivato dal commissario Svente lo bloccò dopo appena un passo, il buco sul pavimento ancora fumava quando lo sbirro giustificò il colpo ordinando “Fermo lì, stronzo, o ti brucio, ignorando bellamente il protocollo che vorrebbe che prima sparassi un colpo in aria. Esci di qui con noi o con un ostaggio, o morto. Voglio proprio vedere come farai a uscire senza farti prendere, altrimenti”

Archie si ritrovò dunque costretto ad utilizzare la riserva ancora nutrita di ostaggi che aveva per scavalcare Svente e la sua squadra.

“… Trovato” il suo sguardo si era posato su un individuo apparentemente innocuo, lo prese con la forza e gli ordinò “Da oggi sei milionario, in quanto mio ostaggio”, tuttavia il tizio rimase impassibile.

“… Credevo che il sogno di tutti gli uomini fosse davvero quello di arricchirsi e di avere tanta figa che gli ronza attorno”, commentò il criminale perplesso, e tuttavia il tizio continuava ad osservarlo un po’ tonto.

“Beh, e allora come posso convincerti?”, ma neanche con questa domanda ottenne risposta, perché il tizio stava continuando  a guardarlo interrogativo.

Al che Archie continuò a spazientirsi “Beh, ma fai qualcosa! Mi sembra di parlare con un muro che mi guarda come se non avesse mai visto un umano! Non ho voglia di sprecare munizioni per te!” il tizio scosse la testa e rispose biascicando, con la stessa cadenza di tono di chi non era abituato a parlare “Mi dispiace, non capisco, sono sordo” Archie sgranò gli occhi “E potevi dirmelo prima, no? Che figura sto facendo con Svente?”, solo che non capiva nulla del linguaggio gesticolare, così passò alle maniere forti; lo prese per un braccio e lo portò davanti al commissario. “Svente!” chiamò.

Svente scrutò il suo rivale, che riprese “Questo sarà il mio lasciapassare! Un solo passo e gli esploderà la testa, con tutti gli organi in bella mostra!”

Cose carine da dire in presenza di minorenni, dunque.

Svente tremò dall’indignazione “Che barbarie… prendersela pure con un sordo” Martha chiese “Dobbiamo intervenire?”

Svente rispose “Starai scherzando? E dovremmo prendercela noi col sordo? Dovremo pensare ad un attacco dalla porta di servizio, invece”

Archie sapeva che le porte di servizio non esistono in un ufficio postale, infatti gli impiegati compaiono dal nulla, così intuì le loro intenzioni rispondendo “Non serve a nulla entrare dal retro! Nessuno a parte gli impiegati sa come si entra! E quelli sono in mano mia!” Gregory confermò “Ha ragione! Non è segnato nemmeno sulla mappa che ci ha fornito questo signore del piano regolatore”; un tizio con la pipa rispose sbuffando da tutti i pori, occhi compresi “Beh, cosa credevate? Le poste sono… infììììde”. Svente e la sua vice Martha annuirono e tornarono a concentrarsi sul malvivente. Archie li esortò “E allora? Non dite niente?”

Svente rispose “Non toccare il sordo, non vogliamo incidenti, vogliamo solo compromessi!”. Detto così, sembra uno slogan.

E non è detto che non lo sia.

Archie ridacchiò “E allora fatemi passare!”

“No, tranne questo!” rispose il commissario, che non voleva perdere.

“Allora queste trattative sono destinate a bloccarsi sempre, a meno che non riesco a trovare un complice? E va bene” si rivolse al sordo “Diglielo tu, a loro, che sono un bravo ragazzo e che userei questi quattrini solo per scopi benefici”, il sordo intuì che qualcosa non andava, così si limitò a dire solamente “In mezzo a questi soldi c’è anche la mia pensione!” Archie gli scrisse quello che aveva appena detto sugli scopi benefici e il suo ostaggio gli rise in faccia dicendo “Non ci credo.”. Svente quotò il tizio “Appunto, è una boiata colossale. A chi sarebbero destinati, poi?”

Archie rispose “A me stesso, ovvio! È pur sempre un’opera caritatevole nei miei confronti!”

Svente puntò di nuovo la pistola “Senti, non abbiamo tempo per stronzate! Esci fuori con le mani in alto!”

“No!”

“Ho appena detto di farlo, grazie ai poteri conferitomi dalla Giustizia!”

“No, non posso”

“Ma perché no? Ormai sei circondato e perdi ostaggi dopo ostaggi, cosa c’è che ti frena dal tornare alla gattabuia che hai avventatamente lasciato?”

Archie puntò la pistola alla tempia del sordo “Costui! Costui mi frena! Non posso separarmene!”

“Eh? Perché mi vuoi ammazzare?”, ora il povero ostaggio era preoccupato.

“Non fare gesti incons…” esortò Svente, ma Martha intervenne “L’ha già detto, commissario. Non si ripeta, che il lettore si sta addormentando”

Svente decise dunque di rivolgersi al sordo, gesticolando in modo che potesse capire cosa voleva dire, e riuscendoci, perché il suo interlocutore sorrise di rimando e spinse col gomito Archie Embratson con tutte le proprie forze, causandone la caduta, rischiando grosso, in quanto aveva una pistola puntata alla tempia, ma siccome l’effetto sorpresa era sempre dietro l’angolo, tutto si risolse. Il tizio, ora libero, percorse la distanza che intercorreva da dove si trovava alle volanti poste davanti l’ingresso/uscita, rivolto verso l’ambulanza che lo avrebbe sicuramente curato, ma non sarebbe tornato ad ascoltare.

“Cazzo! Me l’hai fatta, eh?” Svente fece una smorfia. “Beh, non si diventa commissari da un giorno all’altro”

“Ah, no? Vuoi dirmi che lo sei diventato dopo anni di fatica e sudore?”; è risaputo che i criminali tendano a minimizzare le carriere dei loro nemici.

Svente ne approfittò per raccontare la lunga trafila della sua carriera per filo e per segno, fino al giorno in cui divenne Commissario di Lectala, ormai quindici anni prima.

Approfittando di quel momento Archie ebbe tutto il tempo di alzarsi e di nascosto nascondere un po’ di mazzette sotto i vestiti, in modo da salvaguardarsi.

“Bene, Svente” lo interruppe non appena finì di indossarne un numero sufficiente. “È giunta l’ora di andare!”

Il commissario gli puntò contro la pistola “Tu non ti muovi da dove sei, almeno finché non avrò finito di raccontare come sono diventato agente scelto!”

Embratson a sua volta puntò la pistola rubata “Ricordatevi che ho ancora degli ostaggi per le mani!”, rivide il tizio sordo che inconsciamente stava tornando alla posta perché voleva capire che cosa stava succedendo e lo frappose fra lui e il commissario. Perché un uomo come lui era così conteso?

Non gli era mai successo, a parte quando andava al circolo per anziani, ove tutte le vecchie lo contendevano proprio per la sua capacità di (non) ascoltare e quindi adatto a pazientare verso i loro discorsi lunghi, che variavano dai pettegolezzi di quel periodo a roba capitata durante la loro travagliata infanzia, e pertanto nell’epoca del Medioevo alto ma non troppo.

Ma non divaghiamo, in ogni caso.

 Embratson fece presente “Costui non lo sa, ma sarà il mio lasciapassare definitivo, cosicché io possa uscire a godermi il denaro intascato!”

”Non te lo permetteremo!” Svente aveva la sensazione di aver già fatto questo dialogo.

“Sì, invece!” e fece per andare verso l’uscita.

“NO!”

“Certo che sì!”

“E invece no!”

“Basta, adesso! Lo so che sono bellissimo, ma non mi sembra il caso che due uomini perdano la testa per me!” protestò biascicando il tizio sordo, il quale fu involontario protagonista di un perverso ping pong dove lui era la pallina, venendo respinto tutte le volte che Archie o Svente si contraddicevano. Embratson e Svente lo guardarono storto, decidendo per escluderlo come protagonista ostaggio.

“Beh, a quanto pare nessuno lo vuole, alla fine” osservò il ragazzo occhialuto di cui Alexander non sapeva il nome. Embratson perse la pazienza e usò ilo suo ostaggio come ariete “Bene! Sfondiamo questo muro di sbirri!”, ma non appena fatto un passo, cadde a terra per la seconda volta, in quanto il sordo lo aveva morsicato affondando per bene i denti più affilati del dovuto nella carne. Lui era salvo, ma gli altri?

 

 

Fine Capitolo! Gli altri si salveranno? O questa storia si sta trascinando per inerzia, cosa peraltro da non escludere?

   
 
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