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Autore: Grahammish    20/12/2012    1 recensioni
Rendo grazie alla vita per avermi dato la possibilità di conoscere il serpeverde modello, un tale esempio di malvagità perfettamente calibrata.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questi personaggi mi appartengono, infatti siamo io e Marco (non chè mio migliore amico). 
Questa storia è dedicata a lui, con cui condivido la mia malvagità,
e gli auguro
UN BUON MALEFICO NATALE.


IL SERPEVERDE MODELLO

Non è che si notasse dal modo in cui allacciava la cravatta, o dal modo in cui appuntava la spilla sulla sua uniforme.
In realtà non era neanche un assiduo seguace delle regole, nè spiccava per la sua attitudine a studiare per ore.
Ma era il serpeverde modello. Marco, con i suoi occhi intelligenti che si muovevano sapienti per cogliere ogni dettaglio importante. Con il suo sorriso ordinato e lucente, contornato dalla bocca morbida.
Non era semplicemente fascino il suo, era proprio capacità di persuasione. Sapeva ottenere ciò che voleva, sapeva condizionarti fino allo stremo senza che tu ti infastidissi. Sapeva estorcere con gentilezza. 
Era quel tipo di ragazzo che appare pacato, tranquillo e genuino ma che in realtà può riservarti le più grandi astuzie.
Solo Merlino può sapere quanto ringrazio di averlo incontrato, di avere incontrato l'incarnazione del perfetto serpeverde.
L'unico essere sulla terra che potesse eguagliarmi (in alcuni casi superarmi) nel cinismo, nella cattiveria, nella disumanità,
nella maleficità delle intenzioni razionali e non. L'unico che potesse amare battute cattive quanto le mie, che ti prendevano dritto dritto in quello che odiavi più di te, che ti buttavano a terra come una maledizione senza perdono.
A quei tempi di giovinezza e tutt'ora è uno dei miei migliori amici, ed è una delle menti più veloci e più combacianti con la mia che abbia mai trovato. Non era solo la sua faccia tenera a farti credere ciecamente nella sua bontà, era la tranquillità, la compostezza che metteva anche nell'azioni di impeto.
Nonostante passasse scarso tempo sui libri egli risultava sempre tra i migliori della classe.
Data la sua enorme ambiziosità, quando qualcuno prendeva poco più di lui cadeva in collera.
Neanche io ero molto dedita nelle attività scolastiche e dunque noi spendevamo i nostri pomeriggi ad esplicitare tutta la nostra maleficità repressa.
Ricordo i primi tempi in cui nessuno dei due si era rivelato all'altro e fingevamo in silenzio di essere individui di rispettabile mediocrità. Individui gentili e solo poco meno melliflui degli altri ci contornavano come compagni di casata, e noi ci chiedevamo come potesse esserci tale assenza di sana cattiveria.
Poi come era ovvio che accadesse, grazie alla nostra incommensurabile astuzia, intravedemmo il concentrato di maleficità che si sarebbe venuto a creare nella fusione delle nostre idee. Non eravamo più soli, quando eravamo insieme non dovevamo trattenerci dal fare espressioni puramente cattiva. Eh già, le battute era possibile farle in pubblico, perchè alla gente rimaneva sempre il dubbio che tu non ci credessi completamente o che fossi insensibile, ma le osservazioni non dovevi farle. Se ti usciva qualcosa di cattivo dalla bocca tutti gli zotici mezzo sgrammaticati si avventavano su di te dicendo che eri un mostro senza cuore, e tu non potevi rispondere "si è proprio vero".
Marco, era un tipo attento ad ogni cosa, che sapeva conquistare le persone - dal più stupido al più intelligente- e indurle a ciò che più preferiva. Aveva idee ottime, e riusciva a procurare le migliori ridicolaggini umane.
Tutti quelli che lo conoscevano sapevano benissimo che gli sarebbe toccato un futuro di grandezza. 
Le strategie erano il suo forte, ricordo ancora quando lottò contro un intero paese di babbani e ne uscì vincitore, con la  gloriosa spilla verde argento intatta.
Ma ciò di cui voglio narrarvi con più vigore, è di quanto un mocciosus miserabile fu umiliato davanti al mondo grazie a lui.
La chiamavamo Mocciosus, ma non intratteneva alcun legame di parentela con il grande incommensurabilePiton.
Era un essere ributtante che perdeva vecchi crateri di vulcani da dietro le orecchie, palline bianche di sporcizia levava dai suoi capelli e li lanciava contro gli studenti indifesi. Aveva i capelli sporchi somiglianti a nidi di uccelli di due colori che occupavano metà della sua dimenticabile statura. I suoi denti giallognoli e disordinati venivano mostrati al mondo ogni qualvolta aveva la maledetta idea di aprire la fogna che si ritrovava al posto della bocca. E quando parlava - userò questo verbo per farvi più o meno immaginare i versi disgustosi che emetteva-  non riuscivi a guardare le spille lucenti e nere che intuivi essere i suoi occhi. Continuavi a fissare quelle due labbra piene di pellicine e herpes incrostati che si muovevano pericolosamente sotto la fitta foresta che provvedeva a falciare molto raramente.
Ad ogni modo la visione di questo essere, che chiameremo Zettina per evitare denunce di alcun genere, era un pericolo per tutta l'umanità e specificatamente per i più piccoli. Doveva essere eliminata, non recava neanche un aiuto intellettuale alla comunità. Anzi, Zottina era in assoluto l'essere più stupido che io avessi mai incontrato.
La sua grammatica inesistente sembrava stilata dalle sue costre vulcaniche in persona, e le sue capacità matematiche non erano superiori a quelle di un bambino di dieci mesi, anzi erano inesistenti. Era davvero rivoltante e fastidiosa, un insulto alla quiete pubblica. Un giorno di sole io me ne stavo tranquilla sotto un grande ciliegio, mi ostinavo a far finta di leggere un noiosissimo libro di astronomia mentre spiavo con la coda dell'occhio sotto la gonnella di una del quinto, stavo per beccarmi un schiaffo quando Marco arrivò a salvarmi. Era tutto entusiasta e sventolava una pergamena scarabocchiata.
-Compagno, che ti accade?
-La vedi questa? la vedi? e' la nostra fortuna!
- Se smettessi di sbatterla avanti e indietro potrei capire anche di cosa si tratta.
Lui me la consegnò in mano. Soffermandomi notai che non si trattava di una sola pergamena, ma di molte di più.
- Capisci cosa sono? SONO GLI APPUNTI DI ZITTINA.
- GRIDA UN PO' DI PIUUUUUUU'
Mi chiesi se l'entusiasmo aveva bruciato la fondamentale prudenza del mio socio poi presi a leggere gli appunti mentre le risa cominciavano a soffocarmi clamorosamente. Erano gli appunti più terrificanti che avessi mai visto, calcolai che non c'era un solo ringo senza errori. Erano ridicoli e se fossero finiti nelle mani sbagliate sarebbero di certo tornati a quell'inetta.
-Dobbiamo fare qualcosa con questi appunti marco.
- Mi sembra ovvio compagna.
Si avvicinò al mio orecchio e mi raccontò tutto ciò che aveva architettato. 

Poche ore dopo Zittina camminava nei corridoi della scuola con il suo passo pesante e cominciava a chiedersi perchè la gente le ridesse dietro molto più del solito. Era cosi incavolata che aveva smesso di lanciare la pallottole di sporcizia ed are passata ad utilizzare i crateri vulcanici, che erano "per le occasioni speciali".
Quel pomeriggio anche la moltitudine di studenti che era solita ad ignorarla le rideva dietro fragorosamente, molto più di quelli che erano soliti a deriderla.
Solo quando raggiunse la sala grande, comprese con orrore motivo di tanto scherno.
I suoi appunti erano stati ingranditi magicamente ed appesi sulle mura, ma non era finita.
Ogni errore era sottolineato e perfino evidenziato da un commento derisorio. 
Tutti gli studenti, di ogni casata, anno, religione, orientamento sessuale, genere musicale e di ogni tipo di idea la fissavano ognuno con un espressione diversa sul volto e con una sensazione diversa nel cuore.
La maggioranza degli studenti di Corvonero era disgustata dalla sua stupidità e ignoranza,
quelli di Tassorosso erano offesi dalla sua poca dedizione al migliorarsi,
quelli di Serpeverde ridevano di lei perchè era un essere privo di ambizioni
e e infine quelli di Grifondoro l'ammiravano per il coraggio di esistere.
Tutti sapevano che quello scherzo era opera nostra,
e molti Grifondoro nonostante la differenza di casate vennero a complimentarsi per quanto fosse ben riuscito.
Eravamo felici, popolari.... e in punizione.
Ma quanto importa essere in punizione quando sei un Serpeverde modello?


   
 
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