n/a: questa
fan fiction l’ho scritta e pensata prima che uscisse la canzone completa e che
si scoprisse che fosse dedicata a Jennifer, perciò ci ho costruito su questa
mia storia. A sentirla tutta alla fine sembra reggere ugualmente per come mi
son immaginata le cose io. Grazie a questa band per la continua fonte
d’ispirazione
1.
Ormai ero una donna fatta e cresciuta. Avevo
trentasei anni, due figli, una marea di responsabilità ma tutto
sommato una famiglia felice.
Spesso cercavo di sovraccaricarmi di lavoro per non guardarmi
intorno e rendermi conto di quanto la mia vita fosse dominata dai blink-182.
Mio figlio era un loro fan sfegatato e non poteva fare a meno di condividere la
sua passione con tutti noi. Aveva quattordici anni in fondo, la trovavo una
cosa piuttosto normale.
Ciò che non sapeva era che anche io
un tempo, tanto tempo fa ormai, ero fan come lui. E ciò che io non sapevo era
che quel giorno mi avrebbe portata a ricordi che
credevo di aver seppellito.
Era l’undici dicembre, lo ricorderò sempre. Matt tornò
a casa da scuola prima del solito, aveva fretta di catapultarsi davanti al pc: presto ci sarebbe stato lo streaming di tutte le
canzoni del nuovo EP dei blink.
Mi preparai psicologicamente a dovermele sorbire
tutte e deglutii al pensiero di dover risentire quella voce senza non poter
avere nemmeno una reazione.
Scese dopo un po’ in preda alla felicità con il suo
computer portatile e mi chiese di ascoltarle. Finsi di essere impegnata a
lavorare e scontento ritornò di sopra. Poco dopo mi inviò
un link su facebook e scrisse “ se proprio devi lavorare a pc almeno mettiti
una buona colonna sonora… “.
Sotto un link mi indirizzava
su youtube e cliccai esitando un po’.
Le canzoni mi parvero tutte molto belle, quella Boxing Day ormai già l’avevo
imparata a memoria dato che era uscita da ben ventiquattr’ore e già la sapevamo tutti in casa.
La traccia successiva mi lascio basita.
Pretty little
girl,
s’intitolava. Già a quel punto m’allarmai un po’.
Partì e per me fu come catapultarmi nell’estate del
1995.
Te lo dissi dal primo
istante “ Se mi spezzerai il cuore io ti farò cambiare
idea, Thomas DeLonge. E lo farò ancora e ancora. Gioca
pure la tua parte e io farò la mia.”
Ero una giovane
adolescente amante del punk-rock. Mi piaceva scatenarmi in mezzo alla folla, tingermi
i capelli, andare sullo skate. Mi piaceva essere me e nessuno me l’avrebbe
impedito.
Vivevo al lato della
strada più periferica di Poway, con mia zia Caroline
e a volte la presenza di mia madre.
La mia vita era
tutt’altro che perfetta ma tutto sommato ero felice.
Frequentavo la Poway High School e a quei tempi
quasi tutti nei dintorni e fino a San Diego conoscevano due ragazzi: Mark Hoppus e Tom DeLonge.
Provavo una sorta di
ammirazione nei loro confronti, erano sempre stati pronti a mettersi nei guai
in città e a farci fare quattro risate mentre
suonavano nelle feste organizzate dai nostri amici ventunenni. Purtroppo non li
conoscevo di persona, ero sempre tra quelle del pubblico che aveva piacere a
vederli in azione sul palco e anche fuori.
Nell’aprile del ‘95
vidi Tom passare con un ciuffo biondo platino e questo nuovo piercing al naso.
In quel momento il mio
cervello andò in fumo e capii fino a che punto ero arrivata a considerare ‘
fico ‘ quel ragazzo. Proprio mentre avevo i primi pensieri confusi su di lui si girò e guardandomi alzò il pollice sorridendo,
aggiungendo “ Bella maglietta! “.
Quando voltò l’angolo
assieme ai suoi amici mi guardai e vidi che era una di
quelle comprate a casa Hoppus, dove la sorella
vendeva il merchandising nel garage.
Quella sera non riuscii
a passare la serata tranquilla: continuavo ad essere
assillata dall’idea di ritrovarmelo davanti o mi ritrovavo a fantasticare su di
lui in maniera insensata.
Tornai a casa e la
situazione non migliorò: la mia camera era tappezzata di poster e tra questi
molti capeggiavano con un “blink” gigante. Pure gli sticker di quel coniglietto si misero ad assillarmi.
L’indomani mattina
sembrò che tutto mi fosse passato. Pensai si fosse trattata di una veloce
sbandata, come spesso capita a qualsiasi persona con un passante. Mi vestii
svogliatamente e con la mia maglietta dei Descendents
mi avviai verso la scuola, senza fare colazione come al
solito.
Passai al café vicino a casa e mi presi una ciambella, dopodiché
filai per arrivare in tempo in classe.
Incontrai la mia amica
Jane agli armadietti.
Lei era più carina,
gentile e popolare di me. Eravamo amiche fin dalla tenera età e anche se alla
fine maturando eravamo cambiate, il nostro rapporto era rimasto immutato. Lei
non capiva tutta la mia passione per i concerti “movimentati” e quel tipo di
musica, ma non si lamentava.
“ Hey
Jos ”
“ Ciao ”
Eravamo entrambe poco
cordiali di mattina, due zombie pronti a trasformarsi
in feroci iene se avessi osato parlare più del dovuto. Nonostante questo avevo bisogno di raccontarle della sera prima. Mentre passeggiavamo
per i corridoi, andando in classe, le spiegai l’accaduto e alla fine del
racconto mi prese un po’ in giro, ma tutto sommato fu
felice per me.
“ Puoi dire di essere
una vip finalmente! ”
“ Con tutto quello che spendo dovrei già essere miliardaria e vippissima.
Eppure non vogliono una vip che si chiami Josephine.. ”
“ Arriverà il tuo
momento.. ”
Suonò la campanella e
la discussione finì lì. La mattinata si concluse in
fretta, a pranzo ci ritrovammo al Sombrero come al solito, e lei aveva già
ordinato. Divorò due porzioni intere e gigantesche. La guardai con invidia e
morsi la mia mela.
“
Quando la finirai con questa storia? ”,
mi chiese quando finì di rimpinzarsi.
“ Che cosa? ”
“ Con le mele, le carote,
le bevande energetiche.. devo continuare l’elenco? ”
“A mezzogiorno non ho
fame.”
«E neanche alla sera, e neanche al mattino», mi suggerì il cervello.
Ormai era da parecchio tempo che saltavo i pasti, un
po’ per svogliatezza e un po’ perché mi era nata questa fissazione del peso
forma.
Mi alzai per andare al
cestino e mentre cercavo di farmi largo tra la folla
sbattei contro qualcuno. Qualcuno con la q maiuscola.
“
Ma tu sei la ragazza di ieri sera! ”.
La voce fu inconfondibile. Alzai lo sguardo a dir poco spalancando gli occhi e
per poco non mi venne un collasso.
“ Tom, smettila di
rimorchiare le ragazze a caso ”, il suo amico, Mark Hoppus,
s’intrufolò nella conversazione.
“
Ma te lo giuro, l’ho incrociata ieri sera, è una nostra fan!
”
Mark mi guardò scettico,
poi notò la mia maglietta e un gran sorriso spuntò sul suo volto. Tom non capì
immediatamente ma quando osservò meglio ci arrivò
anche lui e mi guardò esterrefatto.
“ E non solo.. ”
“ Ma
parla? ”
A quel punto mi
convenne sbloccarmi da quella sorta di mutismo misto a idolatria.
“ Oh, ehm, sìsì, scusate.. I-io sono davvero vostra fan. ”
Non mi venne
nient’altro di furbo d’aggiungere e buttai il torsolo mordicchiato della mia
mela.
“ Vieni al Sombrero e
mangi una mela? ”
Feci spallucce e dopo
averli salutati timidamente ritornai da Jane e le
raccontai tutto.
“ O hai un gran culo o ti sta pedinando. ”
“ Me la starà mandando
buona stavolta... ”, alzai la testa verso il cielo.
Purtroppo, anche se
sarei rimasta volentieri a vedere dove si sarebbero seduti e che cosa avrebbero
mangiato, dovetti scappare a casa velocemente e salutare la mia amica.
Mi rinchiusi in camera
mia, lì dove nessuno poteva disturbarmi, dove le urla di mia madre non potevano
arrivare e dove potevo avere il coraggio di essere me
stessa senza sentirmi scomoda.
Lo specchio mi accusava
di essere troppo grassa, perciò in quella stanza non ce n’era nemmeno uno.
Aveva le pareti bianche che nemmeno si vedevano perché erano tappezzate di poster, sticker, cosparse di scritte e di impronte. Il soffitto era
colorato di tante pennellate di colore diverso e c’era una scritta sola “ What a crazy world ”. L’avevo
dipinto quando avevo tredici anni, molte estati prima, quando mia madre era
ancora in sé. Buffo che proprio lei mi avesse suggerito quella frase.
Nel vortice dei miei
pensieri sentii mia zia urlare il mio nome, scesi le scale per salutarla.
“ Ciao ”
“ Sei
andata a salutare tua madre oggi? ”
Non era una domanda ma
un’affermazione e così presi tutta la forza di volontà che avevo in corpo e mi
avviai verso la fatidica stanza.
Entrai dopo aver bussato svariate volte.
“ Maddy...
Devi sentire questa! ”
Era così ogni
pomeriggio, da tre anni ormai. Mia madre mi scambiava per una sua amica, la sua
datrice di lavoro, sua sorella o sua madre addirittura. Solo in rari momenti di
lucidità si rendeva conto che ero io, Josephine.
L’Alzheimer l’aveva colpita all’improvviso e in poco tempo se l’era portata via
quasi del tutto
Ogni giorno speravo
fosse il giorno in cui sarebbe morta. Era una cosa
bruttissima solamente da immaginare per una figlia, ma mi ero arresa alla
triste realtà che solo così avrebbe trovato pace lei, e anche noi.
Rimasi ad ascoltarla
fino alle quattro, poi mi allontanai e iniziai a fare i miei compiti. Al di
fuori della scuola e dei concerti, esclusa qualche uscita serale occasionale,
la mia vita era piuttosto triste a vederla con altri occhi, eppure io non la
trovavo così squallida e mi accontentavo di ciò che
avevo.
La mia routine sarebbe
stata stravolta pochi mesi dopo.
Shapespace:
here we are! Una nuova storia, nuovi
personaggi, sempre i blink-182 e sempre io. Come detto nell’introduzione, la
storia è nata ascoltando la preview di Pretty Little Girl. Sì, devo smetterla con i viaggi
mentali, avete ragione anche voi, ma non ho resistito. Alla fine la canzone
sembra sempre più azzeccata ogni volta che la riascolto completa, perciò ho
deciso di continuare. Se devo paragonarla a quella di Skye
e Mark direi che è più originale, ecco. Colpi di scena, scene più spinte, tante
belle cose insomma uwu Ma non voglio
aggiungere di più prima di spoilerare tutto :o
Spero
che vi sia piaciuto questo primo capitolo e che leggiate volentieri anche
questa long – anche perché presa benissimo da questa storia ho già scritto
sette capitoli – c:
Per
quanto riguarda i capitoli ho deciso di non dargli
nome, sinceramente ci mettevo più a scegliere quello che a scrivere, looool~
~A presto!~