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Autore: shewolf_    21/12/2012    2 recensioni
"-Sedetevi pure.- disse il professore di musica,con un sorriso accennato.
Ecco,per Kimberly,quell'uomo era la prova che la perfezione esisteva.
Non avevano mai avuto musica prima d'ora,era stata una riforma scolastica di settembre dell'inizio dell'anno. [...] Nessuno sporse lamentele,soprattutto dopo aver visto l'insegnante.
Le professoresse lo descrivevano come “un uomo piacente”,giusto per non sforare e mantenere quel decoro che viene loro richiesto in ambito lavorativo.
Tant'è che inizialmente nessuno ci credeva. Cosa potevano sapere delle donne abbastanza attempate,di cosa era ritenuto bello al giorno d'oggi?
E invece.. eccolo lì. Il professore di musica più affascinante che potesse esistere.
Si chiamava Jared Leto,e grazie a lui,musica era la materia più attesa della settimana."
Questa è la prima FF che pubblico su questo sito, spero vi attiri e vi piaccia come è piaciuto a me scriverla :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dato che è Natale, e a Natale siamo tutti più buoni vi lascio questo capitoletto
sebbene nessuno abbia cagato quello precedente XD
Non importa, solo che oggi parto e per una buona settimana non riuscirò ad aggiungere capitoli
indi per cui mi sembrava giusto lasciarne uno in più :)
Auguro a tutti buone feste, ferie e vacanze, fate i bravi e mi raccomando
se passate di qua lasciatemi un commentino per regalo.. mi rendereste immensamente felice!
Grazie dell'attenzione, buona lettura.



Capitolo 13.
 

Uscì dal market in una vietta nascosta del centro con le mani in tasca e una borsetta di plastica appesa al polso, contenente i pochi acquisti di cui era sprovvisto in casa.
Estrasse una sigaretta dal taschino della giacca e cominciò a fumare, ingrigendo ancora di più l'ambiente che lo circondava.
Un lieve venticello gli scompigliò i capelli, mettendogli il dubbio e facendolo guardare in su: come prevedeva. Stava proprio per piovere.
Infatti dopo appena due passi, una goccia gli atterrò sullo zigomo, per poi discendere lungo la guancia sottostante come una lacrima. Merda.
Spense la sigaretta al volo e cominciò a correre, aveva lasciato la macchina abbastanza lontano da dove si trovava.
Sentiva la pioggia aumentare con il velocizzarsi dei suoi passi, stava arrivando un temporale davvero tosto. Non si era ancora ammalato quell'anno, e non se la sentiva certo di rovinare quel nuovo record.
Non c'era molta gente in giro, erano stati più furbi e previdenti di lui, ma di certo non poteva lasciare il suo cane a digiuno per il resto del weekend.
Mentre continuava la sua corsa contro il tempo, il suo sguardo fu attirato da un dettaglio che rovinava il paesaggio, più che rovinarlo, stonava. Era troppo insolito.
Inizialmente vedendo quella figura ranicchiata in un angolo senza curarsi del fatto che piovesse a dirotto, gli fece pensare si trattasse di un clochard, ma guardando meglio era una figura femminile e di certo vestita fin troppo bene per essere una senza tetto.
Man mano si avvicinava alla figura, i pezzi del puzzle si ricomposero e, quando fu sufficientemente vicino da allegarle un nome, sgranò gli occhi e si affrettò a controllare che stesse bene.
Era Kimberly, in effetti. Bagnata come un pulcino, si teneva la testa tra le braccia nascondendogli il viso.
-Oddio Kimberly, cosa è successo?- domandò preso dall'ansia il professore. -Kim, mi senti?-
Le prese il viso tra le dita e glielo sollevò, tentando di guardarla in faccia.
Era pallidissima, i capelli bagnati erano appiccicati al volto e il trucco era tutto colato. Non lo guardava, continuava a piangere disperata. -Kim, guardami!-  ordinò mentre lei tentava di divincolarsi dalla sua presa. Ma erano tentativi vani, neanche lei ci credeva.
Quando aprì gli occhi per guardarlo, Jared si accorse che non lo vedeva minimamente, i suoi occhi erano vuoti, scuri.. due pozzi senza fondo.
Continuava a singhiozzare senza dire una parola, così lui cominciò a tastarla partendo dalle spalle, per controllare che non si fosse fatta male.
I vestiti erano intatti, la borsa era perfettamente sigillata e non c'era traccia di sangue. Nessun segno di un possibile scippo o maltrattamento.
-Kimberly, sei ferita? Ti hanno fatto del male?- continuava sempre più confuso a domandarle, nella speranza che quel volto senza vita riprendesse un po' di colore. -Dimmi chi ti ha fatto questo.- cercava di sembrare autoritario, quando in realtà era davvero preoccupato.
Si era quasi scordato della pioggia che non cessava un istante di inzupparli.
Kim, dal canto suo, si sentiva frastornata e disperata. Non aveva neanche la forza di aprir bocca.
Percepiva le mani di Jared mentre controllavano che stesse bene, ma non aveva nemmeno la forza di dirgli di non preoccuparsi, che nessuno l'aveva sfiorata con un dito.
Era dentro che si sentiva sgretolata.
Rabbrividì sentendo delle goccioline scenderle l'ungo la spina dorsale.
Non si era neppure accorta della pioggia prima che il professore le sollevasse la testa. Stava quasi per chiedergli cosa ci facesse in giro bagnato fradicio.
Tentava di spingerlo via, non sopportava che la toccasse con quell'espressione di pura preoccupazione, quando e se avesse saputo il motivo di tutto ciò, l'avrebbe derisa fino alla fine dei suoi giorni, già se lo immaginava.
-Ti hanno fatto del male? Qualcuno ti ha toccata?- ripeté con voce dolce e grave.
Incapace di proferir parola, scosse lievemente il capo, stanca dalle sue continue domande e del fatto che continuasse a ripetere il suo nome con quel tono colmo di pietà. Detestava la pietà.
Jared tirò un sospiro di sollievo. Allora si trattava di qualcosa di interno.. un litigio forse.
Per un secondo temette che fosse colpa sua, della loro discussione del giorno precedente, ma ne dubitò il secondo dopo, dato che era davvero sconvolta. Sembrava sotto shock.
-Vuoi che ti accompagni a casa?- bastò quella frase a farla aprire realmente le pupille e a guardarlo negli occhi. Prima di rispondere esitò un secondo, affascinata dal suo volto tanto vicino e tanto bello. Dai capelli grondavano gocce di pioggia, per poi discendere lungo i suoi lineamenti.
Davvero bello, gli avrebbe fatto volentieri una foto.
Ma quando pronunciò la parola casa, desiderò con tutta se stessa che piuttosto la lasciasse lì a marcire in mezzo al marciapiede. Non ci voleva tornare a casa, sarebbe stata sola, circondata da ricordi dolorosi e da domande indiscrete.
-No! No! Se ne vada, non mi tocchi. Mi lasci qui!- strillò con un briciolo di vita in più,spintonandolo via ancora. Dalla sua voce Leto percepì terrore puro,mentre tentava di tenerla ferma.
-Ok,ok,ok. Niente casa. Ma di certo non ti lascio qui!- rispose l'uomo, stringendola a sé. Non fece una piega e riprese a singhiozzare contro il suo petto, già completamente fradicio. -Ti prenderai qualcosa se non ci sbrighiamo. Vieni con me,ho la macchina qui vicino.- si fece forza e sollevò da terra sia il suo peso che quello della ragazza.
-Ce la fai a camminare, vero?- continuò senza smettere un secondo di tenerla stretta, tremava come un'ossessa.
Non rispose, annuì semplicemente, seguendo i passi svelti e sicuri di Jared. Tanto valeva che gli dicesse di no, la stava praticamente trasportando.
Quando arrivarono in prossimità della macchina, tirò fuori le chiavi e aprì prima il bagagliaio, da cui estrasse una coperta che aveva sempre tenuto per le emergenze.
Tolse il piumino a Kimberly e l'avvolse dentro. -Sei completamente fradicia, ti prenderai un accidente.- disse severo, lei non lo ascoltava neanche.
Montarono in macchina, mise in moto e accese il riscaldamento. Stava gelando anche lui, sentiva i brividi di freddo invaderlo.
Durante il tragitto lanciava rapide e apprensive occhiate alla ragazza accanto a lui, che al momento sembrava più una bambina. Non piangeva più, aveva semplicemente il solito sguardo vacuo perso nel vuoto, si teneva stretta la coperta, mentre si abituava alla temperatura dell'auto. Le accarezzò il volto qualche volta, era molto calda. Le stava salendo la febbre. Di bene in meglio! Sbuffò sonoramente. -Come ti senti?- non rispose. Lo guardò semplicemente, come se bastasse quello, e in effetti sì, bastava.
-Ti va di raccontarmi..?- ma si fermò, ricordandosi improvvisamente la sua reazione di prima, riguardo al fatto di portarla a casa. -Per caso sei scappata di casa? Qualche problema con i tuoi?- cercava di farla parlare, sembrava di trasportare un cadavere. Due profonde occhiaie le circondavano gli occhi, la carnagione pallida faceva a cazzotti con le labbra viola. Si stava proprio ammalando.
Una leggera risata la scosse, facendo lievemente sollevare lui. Non era completamente persa.
Sorrise senza un briciolo di allegria.. non sbatteva neanche le palpebre,continuando a non aprir bocca.
-ti trattano sempre bene, vero?- non sapeva perché, ma era seriamente interessato alla domanda.. e non solo perchè lei era una sua alunna.
-Mh, Mh- mormorò la voce senza vita, facendo “sì” con la testa.
Si sentiva così stanca ed esausta, ma allo stesso tempo aveva la sensazione che se avesse perso quel minimo di autocontrollo che aveva ritrovato, se avesse aperto la bocca, se avesse dato fiato ai suoi pensieri, sarebbe stata la fine.
-Allora non faranno storie se passi una notte fuori casa.- intuì il professore, guardandola di sottecchi.
Kim voltò il viso verso il suo. Alcune gocce di pioggia continuavano a riversarsi sul suo volto.
Senza dire niente estrasse molto lentamente il telefono dalla borsa. Fortuna che era impermeabile, se no avrebbe dovuto dire addio a tutti i suoi effetti. Tossì un paio di volte, cercando di rendere la sua voce meno rauca e il tono più vivo. Incurvò le labbra in un sorriso che a Jared parve più una smorfia molto poco convincente, e chiamò.
Non ci furono obiezioni, alle orecchie di lui arrivò soltanto un -Divertiti tesoro!- lontano, della madre.
Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille, dato che somigliava terribilmente a quella di Kim.
La cosa che lo fece più pensare fu che nel suo tono non c'era allegria, ma solamente vera speranza che la figlia passasse un po' di tempo in serenità. A casa doveva essere peggio che a scuola, e quello a cui aveva appena assistito poteva non trattarsi della prima volta.
Sospirando si fermò ad un semaforo, e la guardò.
Quando se ne accorse, lei voltò svogliatamente la faccia verso di lui.
-Dove mi sta portando?- gli domandò, atona. Non che la preoccupasse ma non gliel'aveva ancora chiesto.
-A casa mia. Ho un cane da sfamare!- esclamò Jared, facendola sorridere. -Non hai paura dei cani vero?- continuò un attimino perplesso.
Lei scosse semplicemente la testa. Aveva finito la scorta di parole da dire.

  
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