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Autore: Marge    21/12/2012    3 recensioni
"Oltre la leggenda" è una raccolta di storie che raccontano ciò che secondo me è accaduto durante e dopo l'avventura di Aang e dei suoi amici. Alcune saranno missing moments (soprattutto dalla terza serie), altre storie ambientate dopo la fine della vicenda. Sarò il più canon possibile.
1. Notte in tenda [3x16; Sokka/Suki]
2. Tutta colpa della recita [3x17; Sokka/Suki]
3. Ritorno a casa [3x01-02; Zuko/Mei]
4. Dura vita da Avatar [post libro terzo; Aang]
5. Prove [molto nel futuro; Sokka]
6. Dal diario di Katara [3x17; Katara&Suki]
7. Ruoli [post The Search; Ursa/Ikem]
8. Recitare insieme [post libro terzo; la Gaang]
9. Recitare insieme /2 [post libro terzo; Sokka/Suki]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- OLTRE LA LEGGENDA -



TUTTA COLPA DELLA RECITA
Missing moment 3x17



“E così questa sarebbe solamente la villetta estiva?” esclamò, evidentemente sarcastica, Katara.
“Quella dell’isola Ember” ammise Zuko, abbassando la testa.
“Ehi, non devi certo vergognartene” replicò Sokka, facendosi spazio tra il gruppo. “Questo posto è fantastico!” Fece una piroetta con le braccia al cielo.
Suki fece scivolare lo sguardo intorno, registrando il contenuto di quella prima stanza, una sorta di anticamera: conchiglie, quadri, poltrone ed angoli comodi praticamente ovunque, ed una quantità immane di soprammobili e chincaglieria. “Chi l’ha arredata?” chiese, piuttosto sorpresa. La Nazione del Fuoco non era forse famosa per la sua eleganza e soprattutto il gusto essenziale?
“Questa casa appartiene alla mia famiglia da secoli” spiegò Zuko, mentre una dopo l’altra tirava le pesanti tende per far entrare la luce del sole. “Ogni generazione ha raccolto qui tutti i suoi ricordi. Questo era un luogo dove… essere più leggeri.”
La leggerezza familiare che si traduceva in quell’arredamento laborioso, contrapposto alla pesantezza delle grandi sale vuote del palazzo reale.
Lo erano stati, lì. C’era stato un tempo in cui sentirsi quasi una famiglia normale, in cui poteva vedere suo padre e sua madre sorridere tranquilli al mattino, prepararsi per andare in spiaggia. Gli sembrava quasi di vedere sua madre discutere, con finta importanza, dell’ordine da dare alle conchiglie raccolte il giorno prima. Il suo sguardo che diceva: qualsiasi ordine sceglierai, andrà bene; sono tue.
“Esiste un posto dove riposarsi, in questa splendida casa, o ci sono solo stanze piene di conchiglie e salottini?" punzecchiò Toph, come al solito. “Abbiamo volato tutta la notte e…”
“Ma certo” la interruppe Zuko. “Di sopra ci sono diverse camere per gli ospiti. Potete sceglierne una per ciascuno, se volete. E ce n’è qualcuna anche senza conchiglie, prometto.”
Fece ridere la compagnia con quel commento. “Dove si trova la cucina?” chiese Katara.
“Te la mostro.”
“Grazie. Aang, credo che…ma dov’è Aang?”
Si guardarono tutti intorno stupiti.
“Era qui dietro di me un momento fa!” esclamò allora Katara, la preoccupazione nella voce.
“Stai tranquilla, zucchero. Aang è qui fuori” disse Toph, alzando le spalle.
“Beh, potevi dircelo subito, visto che puoi sentirlo, invece di farci preoccupare” ribatté Katara, punta sul vivo, ed incrociò le braccia sul petto.
“Ti sei preoccupata solo tu, veramente.”
“Credo che qualcuno non abbia molta voglia di mangiare, oggi…”
Aang aprì la porta in quel momento, con Momo su una spalla e l’aliante stretto in mano. “I dintorni sono tranquilli” disse. “Ho visto la palestra sul retro.”
“Sì” annuì Zuko. Suo padre gli aveva costantemente ricordato il suo ruolo anche nei periodi di vacanza.
“Vorrei cominciare subito” continuò Aang. Aveva un’espressione seria e concentrata.
“Aang, non sarebbe meglio riposarsi un po’ prima? Abbiamo volato tutta la notte e…”
“Voi potete farlo. Ma, Katara, io vorrei cominciare subito.”
Zuko annuì ancora. Lei esitò un attimo, ancora sulla scia della sua apprensione materna per la salute di tutti quanti, e di Aang in particolare.
“Allora mi metterò a cucinare qualcosa subito, così potrete fare una pausa più tardi” concluse.
“Non ce n’è bisogno, davvero” Aang si avvicinò fino a metterle una mano su una spalla.
Interrompendo ogni ulteriore manifestazione d’affetto, Toph incrociò le mani dietro la testa:” Giusto, sono d’accordo con Aang. Dov’è che si trovano quelle stanze, Zuko?”
“Sarebbe anche bello potersi fare una doccia, e lavare i vestiti” aggiunse Suki, lanciando un’occhiata a Sokka.
“Ci sono abiti puliti in tutte le stanze, troveremo sicuramente qualcosa per ognuno di noi” disse Zuko. “Sono abiti della Nazione del Fuoco, saranno utili per non farci scoprire. Seguitemi.”

La casa era veramente molto grande, anche se nei suoi ricordi lo era stata di più. Zuko aveva passato i tre anni di esilio a ricordarla, nei momenti in cui voleva perdersi in qualche pensiero positivo che potesse dargli conforto. Fino a quando non era tornato con sua sorella e le altre due, gli era sembrata quasi un luogo mitico, esistito solo nella sua immaginazione. Ed ora, era lì con l’Avatar: quello era davvero incredibile.
“Possiamo andare” disse ad Aang, dalla soglia della camera che quest’ultimo aveva scelto per sé.
“Arrivo subito”.
Zuko ne approfittò per controllare che anche gli altri si fossero sistemati. Incrociò Sokka quasi per caso sul pianerottolo e si ricordò di cosa voleva consigliarli.
“Hai già scelto una stanza?” gli chiese.
Sokka, sotto il peso di ciò che aveva scaricato da Appa, negò con la testa. Bene.
“Gli altri si sono tutti sistemati in questo lato della casa” cominciò a spiegare Zuko indicando il corridoio alla sua sinistra. “Le stanze sono più grandi e luminose, perché sono esposte a Est. Ma tu magari potresti prenderne una dall’altra parte.”
“In una stanza piccola e buia?” chiese Sokka aggrottando le sopracciglia, non capendo il motivo di quel consiglio ma pronto ad arrabbiarsi. Testa calda.
“Potresti avere più intimità. Nessuno verrebbe a disturbarti, e soprattutto…tu non disturberesti nessuno.”
Sokka ancora non capiva, ed aprì la bocca per lanciargli contro qualche insulto. Provvidenzialmente, Suki in quel momento apparve accanto a lui, in cima alle scale, carica anche lei di coperte e provviste. Zuko la fissò insistentemente e Sokka cominciò a far vagare lo sguardo da lui a lei.
Capì.
“Ottima idea” approvò.
“Hai già scelto una stanza?” chiese anche Suki, guardandolo.
“Andrò di là. Tu vai insieme alle ragazze, dall’altro lato” disse Sokka.
Quando Suki si fu allontanata, Sokka si rivolse nuovamente a Zuko: “Non ti dà fastidio? Voglio dire…”
“Assolutamente no” lo interruppe l’altro.
Rimasero per un momento in silenzio, entrambi imbarazzati.
“Allora… grazie.”
Zuko annuì senza aggiungere altro. Per un momento, mentre Sokka si allontanava nella direzione opposta a Suki, si ritrovò ad invidiarlo. Ma, nel contempo, si rese conto di essere felice che… no, felice era una parola esagerata. Ma sapere che loro, i suoi am-... compagni, erano felici, lo faceva stare bene.
Rimase ancora un attimo a guardarsi intorno, sopraffatto dai ricordi della sua famiglia nella casa sull’isola Ember.
Quando si era felici perché lo erano altri.

La serata era stata davvero un fiasco. A guardarli in volto, si poteva leggere su ognuno di loro noia, tristezza, rimpianto, confusione ed anche paura.
La risata del finto Signore del Fuoco Ozai ancora echeggiava nelle loro orecchie.
Solo Toph sembrava ancora in parte soddisfatta: ma, in fondo, anche lei si beava della sua rappresentazione forte e mascolina solo per sfuggire al pensiero di quella terribile, ultima battaglia che li attendeva tutti.
Che depressione, pensò Sokka mentre rientravano in casa. Suki scivolò via facilmente da sotto il suo braccio e raggiunse le altre sulle scale davanti a loro. Fantastico, continuò a rimuginare lui. Se almeno non avesse dato ascolto al suggerimento di quell’idiota di Zuko, ora almeno avrebbe avuto compagnia per dormire: Aang aveva scelto una stanza abbastanza grande da ospitare tutti loro, ed infatti Zuko dormiva lì con lui. Entrambi sembravano parecchio abbattuti, ma l’idea di doversi infilare in quella cameretta buia da solo affliggeva oltremodo Sokka. Meglio depressi in tre che da solo, no?
Notò Katara sparire al piano superiore senza dare la buonanotte come faceva sempre, neanche ad Aang, al quale riservava sempre un’occhiata più lunga degli altri. Certo, quei due non dovevano aver apprezzato per nulla la riproduzione teatrale e semplicistica del loro complicato rapporto.
“Prima che Aang possa anche solo immaginare di tenere per mano mia sorella, dovranno passare secoli” pensò deciso. Però vederli così abbacchiati lo depresse ancora di più, ed a malapena mormorò un saluto a sua volta, mentre Aang si toglieva mestamente quel buffo cappello dalla fronte e si incamminava verso la stanza che condivideva con Zuko.
Momo, sorpreso da tanta tristezza e sbalordito che nessuno si fosse precipitato a fargli due carezze, uscì offeso da una finestra, forse per andare a riferire ad Appa dell’improvviso cambiamento umorale avvenuto nei loro compagni di viaggio.
Senza neanche lo spirito per cambiarsi, Sokka si lasciò cadere vestito sul letto, e chiuse gli occhi.

A svegliarlo fu una risata sussurrata.
Sokka aprì gli occhi, senza vedere nulla. Li sbatté un paio di volte, emise un grugnito e finalmente mise a fuoco un volto davanti a sé.
“Stai sbavando sul cuscino” disse Suki.
Si tirò immediatamente su, seduto sul letto.
“Stavo dormendo” biascicò, quasi offeso. Ma quanto aveva dormito? Si sentiva estremamente confuso. Il Signore del Fuoco non li aveva forse sconfitti, quella sera…?
Scosse la testa ancora una volta mentre Suki si alzava in piedi, ancora ridendo tra sé e sé.
Si ricordò improvvisamente della recita, dell’umore depresso di tutti quanti e di come si fosse gettato sul letto senza voler pensare più a nulla; aveva il vago sentore di aver fatto un brutto sogno. Per fortuna Suki era venuta a svegliarlo…
“Suki! Ma cosa ci fai qui?” realizzò.
“Che tempi di ripresa, grande guerriero! Impossibile sorprenderti nella notte.”
Lo guardò ironica con le mani sui fianchi.
Sokka sbadigliò. Poi le sembrò che lei stesse esitando.
“Ero venuta per… Volevo solo stare un po’ con te, ma se hai sonno posso tornare di là…”
“No!” esclamò allora lui. Si strofinò le mani sul viso. “Sono solo un po’ rintronato perché stavo facendo un sogno che… Ma ora mi sveglio.”
Dopo un momento di silenzio, si udì una timida domanda: “Posso sedermi…?”
A quel punto, Sokka si chiese che fine avessero mai fatto le sue grandi doti di uomo navigato; era colpa della rappresentazione, si disse. Si guardò attorno in cerca di un’idea: ma quella in cui era, probabilmente, era stata una stanza per la servitù, perché vi era solo quel misero lettino ed in un angolo, su un traballante treppiedi, una bacinella in ceramica – ornata di conchiglie, ovviamente.
“Mi sento estremamente frastornato” disse, a mo’ di scusa. Si rannicchiò appoggiandosi al muro che correva lungo uno dei lati lunghi del letto, e la invitò con la mano a sedersi accanto a sé. Suki si accoccolò contro di lui, trovando subito spazio sotto il suo braccio.
“Io, invece, non riuscivo a dormire. Scommetto che anche Katara è sveglia: l’ho sentita rivoltarsi nel letto.”
“Lei ed Aang hanno discusso?”
Suki scosse le spalle: non poteva saperlo, come lui, ma l’apparenza era quella.
“Non dovremmo essere così tesi.”
Non a così poco tempo dalla fine, non aggiunse. Suki intuì e lasciò scappare un sospiro.
“Paradossalmente, Zuko sembra il più tranquillo” rimuginò ad alta voce Sokka, fissando il soffitto.
“Lui è solo molto deciso. Ha trovato la sua strada.”
“E noi…?”
Loro l’avevano trovata da tempo: erano mesi che si preparavano a quell’incontro. Sokka ricordava le prime avventure con Aang: avevano corso pericoli immensi con l’incoscienza dei ragazzini, quasi senza capire in che razza di strada si erano imbarcati. Forse per Zuko era lo stesso: avendo da poco condiviso la loro causa, era ancora pieno dell’ardore di chi vuole salvare il mondo subito, senza aspettare.
Ma loro avevano imparato ad essere pazienti.
“Non è pronto per affrontare Ozai” disse. Suki non replicò. “Domani dobbiamo parlarne con gli altri” concluse per lei Sokka.
Dopo un momento di silenzio, lei mormorò con un mezzo sorriso: “Avremo più tempo per stare insieme, allora.”
Ben magra consolazione. “Ne avremmo ancora di più se il Signore del Fuoco fosse sconfitto per sempre” ribatté Sokka, ma Suki si irrigidì accanto a lui. Potremmo morire tutti fra poco. Nessuno di loro si sarebbe mai azzardato a pronunciare quelle parole, ma era evidente che da quella sera aleggiavano sulle loro teste, come grossi orsiornitorinco in un negozio di cristalli antichi. Nessuno si sarebbe demoralizzato così tanto, dopo la recita, se non avesse avuto l’impressione che quella fosse una possibilità reale. Stupidi!, pensò Sokka. Quasi sarebbe voluto correre da Aang e Katara e dar loro la sua benedizione, e urlargli di non sprecare quel poco, ultimo tempo. Potrete tenervi la mano finché vorrete, avrebbe detto loro. Sorrise al soffitto e si sentì magnanimo e saggio.
Si accorse a malapena di Suki che, con una mano, gli voltò il viso fino a trovarselo di fronte. Lo guardò un solo momento e si appese alle sue labbra, famelica.
Rispose al bacio a sua volta, stringendole un braccio con forza. Erano forse le ultime occasioni che aveva di baciare una ragazza? Il suo grande talento amatorio sarebbe andato terribilmente sprecato.
Suki gli aprì le labbra quasi a forza, intrufolando la lingua tra loro, cercando la sua senza neanche permettergli di riprendere fiato.
D’un tratto, si interruppe.
“Tutto questo è sbagliato” disse, ed a Sokka sembrò di sentire un eco lontana. Lei si alzò senza neanche dargli tempo di rispondere.
“Aspetta!” esclamò lui quando lei era ormai sulla porta. Si protese dal letto, tanto la stanza era piccola, e la afferrò per un braccio. “Ma che ti prende?”

Sbagliato, sbagliatissimo. Era andata in quella stanza per le ragioni più egoistiche ed errate di tutta la storia, e stava approfittando di lui. Sarebbe tornata a dormire con una soddisfazione in più? Probabilmente la mattina dopo si sarebbe svegliata con l’amaro in bocca ed un bel po’ di sensi di colpa. Non era quello il modo, e non poteva permettere a quella stupida guerra di metterle fretta, solo perché rischiava di non ricevere alcuna rassicurazione prima di morire. Morirò senza saperlo, e sarà meglio così, si disse.
“Si può sapere cosa stai rimuginando?”
Si rese conto di essersi fermata a pensare sulla soglia della cameretta. Sokka la fissava scuro in volto, aspettando una risposta.
“Mi dispiace” disse. “Sono venuta qui perché… Lascia perdere. Non è la serata giusta: siamo tutti molto tristi ed arrabbiati ed io…”
Sokka, che non ne aveva mai azzeccata una, per una volta fece la cosa giusta: si alzò e l’abbracciò. Circondata dalle sue braccia Suki si accorse di tremare.
“Proprio per questo devi rimanere qui. Per favore.”
Sembrava quasi lo stesse chiedendo per se stesso. Potrei, si disse lei. Per lui potrei rimanere, ma solo perché è lui ad averne bisogno.
“Quell’orribile recita ci ha impauriti tutti” disse lui. “Ma non devi. Aang è l’Avatar, lui ce la farà.”
Stupido Sokka, si corresse lei nella testa. Il problema non era quello; o almeno, quello c’era, sicuramente, grande e fuori di lì, ma non era certo qualcosa per cui loro potessero far qualcosa, non in quel momento.
Ma dire la verità in quel momento le sembrava impossibile. Sokka non avrebbe mai capito.
“Sono anche io un po’ frastornata” cercò di scusarsi. Voleva solo una giustificazione qualsiasi per uscire di lì e tornarsene a dormire; e la mattina dopo, con il sole, sarebbe riuscita a ragionare con calma, avrebbe riso di se stessa ed avrebbe guardato nuovamente Sokka con leggerezza.
Perché lui era quello, no? Un pensiero che le permetteva di sollevare l’animo dalla paura; lui la faceva ridere, le faceva scordare il terrore, e le donava attimi da brivido che potevano farla sentire un’altra: una ragazza qualsiasi, amata, che dai suoi quindici anni voleva solo quel che tutte le ragazze cercavano e trovavano con facilità.
Se mi sentissero le altre, non vorrebbero più avermi come loro leader. Le guerriere di Kyoshi avrebbero riso e poi l’avrebbero guardata costernate, se avesse mai rivelato la semplicità di quei pensieri. Proteggere l’isola, combattere a fianco dell’Avatar Aang, onorare la memoria dell’Avatar Kyoshi: solo a quello avrebbe dovuto pensare.
E loro erano perfino imprigionate chissà dove, mentre lei nella notte abbandonava il suo rigoroso giaciglio per raggiungere un ragazzino e scordarsi di essere una guerriera con lui.
Che pena.
Sokka le prese il viso a coppa tra le mani, lo alzò verso di sé e cercò di scandagliare i suoi pensieri; senza riuscire a sostenere il suo sguardo, Suki lo fece vagare tra una spalla ed il buio dietro di loro, passando solo per un attimo fugace su quegli occhi seri che cercavano di capirci qualcosa.
Quando lui la baciò, un brivido l’attraversò e le gambe le tremarono. Durò solo un momento, perché lui si staccò subito.
“Cosa c’è che non va?”
Oh, non avrebbe mai capito. Se c’era una qualità che apprezzava in lui, era la linearità.
“Non capiresti.”
“No, se non ti spieghi. Ma posso provarci.”
Non la mollò e lei si sentì in trappola. Una parte di sé bramava che non le lasciasse scampo.
“Credo… Credo sia stata colpa della recita” buttò fuori.
Sokka non ribatté: aspettava il resto.
“Non subito. All’inizio non mi importava granché di…”
Non riuscì a finire la frase: l’avrebbe ferito a morte. Sorvolò.
“Ma poi, quando è finita e il Signore del Fuoco ha vinto, ho pensato che ero morta senza provare neanche un centesimo di quello che…”
Si interruppe ancora, con le lacrime agli occhi.
Sokka la guardò come se fosse impazzita, totalmente perso.

Ed ora si metteva a piangere? Ma cosa stava accadendo?
Le cose andavano sempre peggio: non solo la recita aveva depresso tutti quanti, ma aveva perfino minato le sue mire di serata romantica; ed ora Suki, che si era sempre dimostrata estremamente ragionevole, si metteva persino a piangere tra le sue braccia senza alcuna ragione apparente, tutta presa da oscuri pensieri tipicamente femminili. Oh, sì, Sokka poteva riconoscere senza alcuna fatica la femminilità dietro tutto ciò.
Ma da quando Suki si comportava in quella maniera?
“Avevi ragione, non ci sto capendo nulla. Potresti per piacere tentare almeno di terminare le frasi?”
“Yue. E sentirmi amata.”
Il nome, già sentito quella sera dopo innumerevoli giorni in cui aveva silenziosamente riposto dentro di lui, lo fece sobbalzare. Non gli faceva piacere pensare a lei.
“Non ho capito.”
“Lo vedi?!” esclamò allora lei spazientita, battendo un piede a terra. “Sarebbe stato meglio se me ne fossi andata subito, invece di cercare di spiegarti.”
Incrociò le braccia sul petto, e rimase a guardarlo furente.
Ma ora cosa ho fatto?, si chiese esasperato. Non potevano semplicemente stare bene insieme come era successo in tenda, pochi giorni prima? Perché erano andati a quella stupida rappresentazione?
“Non abbiamo più parlato di Yue da quella volta lungo il Passo del Serpente.”
“Perché non c’è nulla da dire” replicò lui. Cominciò a serpeggiare in lui l’idea che lei pretendesse di poter mettere in bocca in quella faccenda: ma Yue ed il suo sacrificio non c’entravano nulla con quello che lui aveva provato per lei, uno stupido sentimento da ragazzino, ben presto tramutato in rispetto ed onore per una fanciulla che aveva lasciato ogni cosa per salvare il mondo.
“Lo so. Per questo non ne ho mai voluto parlare. Nutro solo un profondo rispetto per lei.”
Suki parlò con la voce della guerriera, ed una parte di Sokka si tranquillizzò: sembrava tornata quella di sempre.
“Ma stasera ho realizzato per la prima volta che potrei morire senza provare nessun grande amore, mai, nella mia vita. Forse non ce ne sarà il tempo. E questo pensiero mi ha terrorizzata.”
Sokka rimase per un attimo in silenzio, come tramortito dalle sue parole; poi spalancò bocca ed occhi insieme, e realizzò: nessun grande amore alla Hakoda neanche per lui. Ebbe voglia di correre a svegliare gli altri, incitarli ad amarsi, tutti quanti, per non perdere neanche un istante.
“Tu sei ciò che di più simile io abbia mai provato finora” sussurrò Suki, e lui abbassò di nuovo lo sguardo su di lei.
Suki ricambiò, tranquilla. Sokka aveva capito.
Si lanciò su di lei, schiacciandola contro la porta; fu lesta a fermarlo prima che potesse baciarla di nuovo.
“Per questo dicevo che è sbagliato. Non può nascere dall’urgenza di provare qualcosa, solo perché potrebbe essere l’unica cosa che ci è rimasta.”
Premette ancora più forte i palmi sul suo torace, sperando che capisse. Devi farlo, Sokka, non deludermi.
“Però… c’è qualcosa, tra noi.”
Sorrise. “Certo.”
O non lo avrebbe aspettato contando i secondi, durante i giorni di prigionia.
“Ma sono venuta qui da te solo perché mi sentivo sola, ed ho avuto paura che questo sentimento rimanesse in me fino a…”
“Aang salverà il mondo” disse Sokka, ed annuì. “Ma tu non sei sola. Nessuno di noi lo è.”
“Avrei voluto sentirmi meno sola in maniera speciale” confessò allora lei, chinando il capo su una spalla. Poco dopo sentì le dita di Sokka carezzarle i capelli, in maniera dolce. Sorrise mesta.
“Ma tu sei riuscito a capire, quindi non mi sento più così. È più giusto in questo modo, credo.”
Anche Sokka sorrise, e scivolò con la mano sulla sua guancia. Poi scosse la testa ed incrociò le braccia davanti al petto: “È più facile avere a che fare con te come guerriera che come donna.”
“Cosa?!”
“Ed io che pensavo di aver trovato una ragazza senza tante paranoie! Sei quasi peggio di mia sorella!”
Scosse la testa, e Suki scoppiò a ridere. “Mi spiace, posso promettere di non farlo più? Almeno, finché Aang non salverà il mondo.”
Gli sorrise e si voltò, con una mano sulla porta.
“Rimani a dormire.”
Si voltò stupita. “Ma…”
“Solo a dormire. Non dobbiamo scambiarci promesse infinite, o chissà cosa. Anche io mi sentivo solo, poco fa. Rimani qui.”
Annuì lentamente. Si può essere soli in tanti modi, ed anche stare insieme in tanti modi, si disse. Non c’è bisogno di giurare amore eterno.
Si strinse al suo petto; forse Sokka non sarebbe stato molto felice di sapere che da donna era tornata guerriera proprio grazie a lui, ma tra le sue braccia lei si sentì finalmente bene.


Ed ad un certo punto, durante la notte, sentì di nuovo un brivido sano attraversarla da capo a piedi: era in un letto assieme a Sokka, e lui la stringeva a sé. Nel dormiveglia gli cercò le labbra prima con le mani e poi con le proprie, infiammandosi proprio mentre pensava che quel bacio l’avrebbe tranquillizzata. Si avvicinarono entrambi fino a scontrarsi a metà del letto, aderendo senza lasciare neanche uno spazio tra loro; Sokka le carezzò i capelli mentre tornava a baciarla, posando con lentezza la bocca sulla sua.
Suki fremette e si strusciò su di lui, socchiudendo le labbra nell’accogliere uno spasmo di piacere lì dove si era strofinata a lui, coscia contro coscia; e quando sentì la sua lingua bagnare la propria il ventre le si serrò in una morsa mai provata prima, tremò contro di lui e non riuscì a trattenere un gemito.
Ansimando, chinò la testa sottraendosi al bacio e poggiò la fronte contro di lui. Senza dir nulla Sokka l’abbracciò ancora più forte, e finalmente si addormentarono.




***
Secondo episodio della mia raccolta, ambientato nella puntata immediatamente successiva. Probabilmente parlerò ampiamente di questa coppia prima di passare alle altre.
Vi ringrazio fin da ora per ogni commento, bello o brutto, positivo o critico, perché ciò che più apprezzo è ricevere un parere su ciò che la mia mente partorisce.
Questo episodio è stato scritto con il prompt “Avatar, Sokka/Suki, E' più facile avere a che fare con te come guerriera che come donna.” della piscinadiprompt per il 6° turno della Staffetta. See ya!
  
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