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Autore: Marge    14/12/2012    5 recensioni
"Oltre la leggenda" è una raccolta di storie che raccontano ciò che secondo me è accaduto durante e dopo l'avventura di Aang e dei suoi amici. Alcune saranno missing moments (soprattutto dalla terza serie), altre storie ambientate dopo la fine della vicenda. Sarò il più canon possibile.
1. Notte in tenda [3x16; Sokka/Suki]
2. Tutta colpa della recita [3x17; Sokka/Suki]
3. Ritorno a casa [3x01-02; Zuko/Mei]
4. Dura vita da Avatar [post libro terzo; Aang]
5. Prove [molto nel futuro; Sokka]
6. Dal diario di Katara [3x17; Katara&Suki]
7. Ruoli [post The Search; Ursa/Ikem]
8. Recitare insieme [post libro terzo; la Gaang]
9. Recitare insieme /2 [post libro terzo; Sokka/Suki]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- OLTRE LA LEGGENDA -

NOTTE IN TENDA
Missing moment 3x16



Quando Suki si infilò nella tenda, Sokka era seduto in un angolo e dava le spalle all’entrata. Le candele gocciolavano cera a terra, quasi del tutto consumate.
“Ehi” esordì con un sorriso, “finalmente Zuko se n’è andato. Era in vena di confidenze?”
Sokka non rispose.
“Tutto bene?” chiese incerta.
Non andava bene, senza alcun dubbio. Suki gli strisciò vicino lentamente, osservando le rose a terra (ma dove era riuscito a trovarle?) e le coperte stese a coprire la terra umida.
“Sokka” provò a chiamarlo mettendogli una mano sulla spalla. Il ragazzo teneva il viso basso, gli occhi nascosti dalle ciocche di capelli disordinate. Glieli scompigliò con un sorriso, ma gli morì sulle labbra quando vide i suoi occhi lucidi, fissi sulle mani strette in grembo.
Con un solo gesto lo sospinse gentilmente fino a farlo girare, e lo abbracciò. Una candela tremolò nella sua ultima luce e si spense.
Lo strinse a sé, fino a sentirne la testa incastrata contro il proprio collo. Gli liberò la fronte dai capelli liberi e gli scoccò un bacio proprio lì.
“Scusami Suki.”
“E di cosa?” chiese lei sorridendo.
“Zuko mi ha solo fatto ripensare a qualcosa che non ricordo volentieri.”
“L’avevo capito.”
Sokka finalmente si sciolse e l’abbracciò a sua volta.
“Sono l’uomo più fortunato della terra” disse distendendo il volto, quasi sorridendo.
“Potremmo avere da ridire sull’uomo, per il resto…” concesse Suki.
Senza replicare come al solito, Sokka rise tra sé e sé e la strinse ancora di più. Suki, finendo con il naso schiacciato contro di lui, inspirò il suo odore e sentì il proprio corpo vibrare.

Suki non era come la maggior parte delle altre ragazze –quelle poche che, compresa sua sorella, Sokka aveva conosciuto nella sua vita. Nel loro villaggio al Polo Sud le ragazze erano decisamente poche, e per qualche strana coincidenza astrale (segno inequivocabile della cospirazione dell’universo contro di lui) erano tutte o troppo grandi, o troppo piccole per poter anche solo attirare l’attenzione di un guerriero come lui, bambinette con ancora la bambola tra le braccia.
Ma Suki non era neanche come le ragazze che aveva conosciuto durante quei mesi di viaggio. Forse dipendeva dal fatto che era una guerriera anche lei, o forse che era una guerriera prima di essere una donna. Per Suki l’essere una ragazza non costituiva il centro della sua essenza, ma una caratteristica come altre. Suki non si fermava a quello, non come Katara, che non faceva altro che rivendicare l’appartenenza al genere femminile in maniera tanto sgradevole, o Toph, che sembrava addirittura essersene scordata. O Yue, che ne aveva fatto la propria prigione.
Tuttavia Suki era una donna.
E Sokka non ne scordava mai.

Sokka le aveva bisbigliato, poco prima della cena, che l’avrebbe aspettata nella sua tenda, quando tutti fossero andati a dormire.
Suki aveva sentito una piacevole ansia salirle dallo stomaco ed occuparle completamente i sensi, tanto che era stata incapace di occuparsi delle vettovaglie a fine cena.
Sokka era, prima di tutto, un ragazzo estremamente divertente. Ed era anche un discreto guerriero; la sua maggiore qualità era senza dubbio il coraggio, che, a discapito di piani a volte decisamente bislacchi, non mancava mai. Ed a Sokka non mancava il coraggio perché non gli erano mai venute meno la passione e la convinzione per ciò che faceva. In confronto ai grandi guerrieri delle Tribù dell’Acqua era solo un ragazzino, ma ai suoi occhi non sfuggiva l’orgoglio di quel ragazzo fiero di combattere per la fine della guerra.
Mentre trascorrevano i suoi giorni di prigionia, tutti disperatamente uguali uno all’altro e sempre occupati costantemente dall’idea terribile della guerra che procedeva al di fuori di quelle mura, Suki aveva invocato il nome di Sokka. Si era imposta di essere forte e coraggiosa come lui sarebbe stato, e come, ne era certa, sarebbe apparso un giorno, per portarla via di lì. Aveva continuato ad allenarsi, nella sua cella, perché voleva disperatamente credere che un giorno avrebbe combattuto ancora al suo fianco, per un mondo in cui avrebbero potuto stare insieme.
Suki non era una donna che aveva bisogno di essere protetta. Ma era consolante sapere che esisteva sulla terra una persona che avrebbe voluto farlo.
Ed infine, Sokka era veramente venuto a salvarla. Ed insieme erano fuggiti di lì.

“Le candele si sono spente tutte” mormorò Sokka dispiaciuto, guardandosi attorno. Si lasciò cadere sdraiato e si stiracchiò. “Se solo Zuko non fosse venuto a parlarmi!”
“Dove hai trovato queste rose?” chiese Suki stupita.
“Non rivelerò i miei trucchi segreti” ammiccò lui, e Suki rise.
Per un momento, calò un silenzio imbarazzato. Sokka ebbe un’ennesima prova dell’esistenza del complotto celeste contro di lui: aveva immaginato la serata in tutt’altra maniera, ma evidentemente c’era sempre qualcosa di più importante al mondo. Al destino non importavano certo i sentimenti di uno come lui. Sospirò, senza rendersene conto, tanto forte da far voltare Suki verso di lui, sorpresa.
“Credo che…” balbettò lei, improvvisamente intimidita. “Forse è ora che io vada a dormire, domani…”
Gesticolò in aria in cerca delle parole adatte, ma lui le afferrò un polso e la attirò verso di sé. Prima di chiudere gli occhi, Suki vide il suo sguardo fisso, deciso.
Era stato Sokka a baciarla la prima volta, mettendo fine ad una serie di inutili parole, ed allo stesso modo cacciò via ogni vergogna. Suki crollò su di lui, sbilanciata, ma riuscì ad appoggiare i gomiti a terra, ai lati della testa. Abbassò il volto, ed incontrò le sue labbra.
Le volte in cui si erano baciati potevano contarsi sulle dita delle mani, ma a Suki sembrava ogni volta di non aver fatto altro fino al momento precedente. Le sembrava di conoscerne la forma ed il sapore. Si accorse di averli invocati per tutta la sera.
Sokka si staccò per un attimo, la guardò e socchiuse gli occhi mentre si allungava a sfiorare la mandibola che aveva davanti.
Lei si tirò indietro e gli cercò ancora le labbra, perché non ne aveva avuto abbastanza; posò la bocca sulla sua e la schiuse, e un brivido di sollievo la percorse quando sentì la lingua di lui farsi strada.
Le andò incontro con la propria, strinse i pugni al contatto, e le sembrò quasi che stessero lottando tra loro, alla ricerca del punto sensibile dell’altro, come quando s’erano allenati insieme.
Si staccò solo per prendere fiato per un attimo, e si accorse che le schiena, curvata per sporgersi su di lui, le faceva male ed i muscoli le tiravano. Quindi si tirò indietro, ma Sokka interpretò quel gesto come se volesse andar via, ed a sua volta si alzò a sedere e si passò le mani tra i capelli disordinati.
Sukki rimase un attimo interdetta, e si chiese con che intenzione Sokka l’avesse invitata nella tenda quella notte. Non potevano forse stare insieme un altro po’?
Chissà dove saremo domani, pensò.
“Stavo solo scomoda” precisò quindi. Sokka si voltò a guardarla, e lei si appoggiò all’indietro su un gomito. Gli tese l’altra mano e lui, con sguardo dubbioso, la prese e si sdraiò al suo fianco.
Si squadrarono per un attimo.
“Non voglio andar via tanto presto” continuò. Lentamente, passò un dito sulla sua fronte, scese lungo lo zigomo e segnò il contorno del labbro inferiore, premendo leggermente affinché si staccasse dall’altro, tenendo lo sguardo fisso proprio lì.
“Se tu vuoi, ovviamente, che io rimanga.”
Sokka non rispose ma le prese la mano e le baciò il palmo. Continuò lentamente lungo il polso, ed arrivato in prossimità del gomito salì al collo. Lo lasciò fare, pregando che non si fermasse lì. Sentiva le mani bruciare e non sapeva che farsene, quindi le appoggiò sul petto di lui, e strinse i polpastrelli sulla pelle scoperta.
Sokka reagì: con il braccio libero le circondò la schiena e la tirò verso di sé.

Il corpo di Suki vibrava come quando combatteva, ma tra le sue braccia l’effetto era tutt’altro. Nel sentire le sue mani sul proprio torace, Sokka pensò di raggiungere presto l’apice di ogni piacere, e deviò dal suo collo verso la mandibola. Lei sembrò non gradire il cambio di rotta, e si staccò leggermente da lui. Gli piazzò in volto due occhi spalancati e interrogativi tanto che Sokka credette di perdere la testa. Sorrise come uno scemo e le stampò un bacio sulle labbra, fissandola poi con aria di sfida. Suki indovinò il sorriso nella poca luce che filtrava dall’esterno, ed a sua volta posò con uno schiocco le labbra sulla punta del suo naso. Ridacchiarono insieme sottovoce, e Suki allungò le dita a carezzargli il profilo. Allora lui provò a baciare quelle dita sfuggenti, ed in quel movimento Suki s’intrufolò e gli stampò ancora un bacio sulle labbra. Poi scese nuovamente con le mani, le infilò di proposito tra la maglia di lui, le aprì sul torace nudo e si sporse a baciargli il collo, succhiando lievemente la pelle sottile. Sotto i palmi sentì il cuore di lui accelerare. Allora morse piano, e lasciò che le labbra si sostituissero ai denti per rilasciare lentamente la pelle di lui.
La mente di Sokka tendeva spesso a svuotarsi facilmente, su questo non c’erano dubbi, ma in quel momento scordò completamente ogni cosa – Avatar, Signore del Fuoco, guerra, madri e padri e domini e boomerang - e scivolò con le mani in avanti, le posò sulla pancia di Suki e lentamente, quasi a chiedere il permesso, salì. Sentì Suki sorridere contro il suo collo, e le staccò improvvisamente come se ne fosse stato bruciato.
“Ah…” mormorò, indeciso e colpevole, ma lei afferrò una sua mano con la propria e la spinse proprio lì, sul suo seno, e ve la tenne ferma mentre mordeva ancora.
Aveva perso il contatto della sua mano sul proprio torace, ma aveva guadagnato ben di più, pensò lui. Provò a saggiare, stringere e spingere senza un ordine preciso, sentendosi un esploratore appena sbarcato su una terra sconosciuta. Poi, d’improvviso, gli sembrò di essere un uomo, di avere alle spalle un glorioso passato nell’arte amatoria e si chinò, con una naturalezza che avrebbe stupito lui stesso se si fosse fermato a ragionarci su, a baciare quella collinetta di pelle chiara che emergeva dal bordo della veste.
Fu Suki stessa a tirarla affinché si scoprisse ancora più pelle, tanto che la cintura in vita si allentò e l’orlo scivolò via. Sokka tirò fuori la lingua, leccò la pelle seguendo il margine della stoffa. Suki gli afferrò il volto e lo baciò, intrufolandosi tra le sue labbra, a cercare il proprio sapore nella sua bocca. Sentì le mani di lui ancora lì, a stringerla ed accarezzarla, ed il proprio corpo sciogliersi contro quello di lui. Respirando sul suo viso a sua volta gli slegò la cintura, aprì la veste ed infilò le mani tra la stoffa e la sua schiena, per stringersi a lui.
“Aspetta” mormorò mettendosi a sedere. Sciolse definitivamente la cintura; indugiò solo un attimo, poi alzò la veste e la sfilò. Senza dare tempo all’imbarazzo di frenarla, si gettò nuovamente tra le braccia di Sokka.

Quando i fianchi di Suki comparvero davanti a lui, nudi come le spalle, e le braccia, e la pancia, Sokka credette di stare, a quel punto, esclusivamente sognando. Rimase a bocca aperta e non riuscì a ricomporsi neanche quando lei si tuffò di nuovo contro di lui, nascondendosi quasi con le braccia.
“C’è… qualcosa che non va?” chiese dunque lei, arrossendo.
“Decisamente no…” riuscì a tirar fuori, e chiuse la bocca.
“Basta così poco per mettere fuori gioco un guerriero della tua portata?” rise allora Suki. A Sokka non restò altro che annuire, poi, per mettere fine a quell’imbarazzante momento e ricominciare da dove tutto era terminato, la baciò.
Concentrazione, si disse. Le labbra di Suki sulle proprie, la lingua di Suki in bocca, le mani di Suki sul torace, la pancia di Suki sulla sua…
Mollò la bocca e scese, impaziente, lungo il collo. Succhiò e morse come lei aveva fatto poco prima, poi scese sfiorando con le labbra fino al bordo della fascia che ancora stringeva il seno. E lì, ancora, morse e succhiò, scivolò sullo sterno, passò all’altro seno, che schiacciato contro il braccio di Suki sembrava quasi più grande.
Non pensava che l’avrebbe mai fatto – non perché non volesse, ma perché credeva di dover lasciare a lei ogni passo in avanti; ma Suki non era una donna come le altre, e non c’era davvero bisogno di star lì a chiedere il permesso per ogni cosa. Sokka realizzò che Suki l’avrebbe fermato, se avesse voluto, ma si aspettava che lui facesse qualcosa senza esser pregato, quindi afferrò la fascia e l’abbassò, liberando prima un seno e poi l’altro, e senza stare ad aspettare ne baciò subito uno, lo prese tra le labbra e lo bagnò di saliva, sentendo il capezzolo irrigidirsi. Suki strinse la mano sul suo fianco, lasciò andare un sospiro.

C’era qualcosa di totalmente nuovo in quello che stava accadendo; e non solo perché non le era mai capitato di fare quelle cose assieme ad un ragazzo. Per come si sentiva legata in quel momento a Sokka, dopo tutto quello che era successo intorno a loro, pensò che non avrebbe mai potuto stare con un altro, od anche solo immaginare di baciarlo a quella maniera e farsi accarezzare così.
Sulla sua pelle era nata una curiosità nuova, una determinazione a scoprire tutto insieme, tutto quella notte, e non rischiare di dimenticare neanche un particolare.
Gli accarezzò il petto, scese lungo lo stomaco fino al ventre, prendendo piano tra le dita la pelle più morbida.
“Dovresti fare un po’ più di addominali” scherzò, ma lui le fece morire ogni velleità derisoria stringendole un seno tra le dita, e leccandone la punta.
“Dovresti fare un po’ di silenzio” ribatté Sokka, un momento dopo. “Vieni qui” le intimò con lo stesso tono con cui dava ordini quando credeva d’essere il capo della squadra, ed alzò il mento a mostrarle il collo; le mise una mano sulla testa e la avvicinò, tanto da schiacciarla contro di sé.
“Hai un certo talento nel baciare il collo” convenne, e Suki, lungi dal farlo, si mise a ridere.
“Shhh, ci sentiranno tutti!”
“Zuko avrà sicuramente intuito” continuò a sorridere lei.
“Si, ma lui non conta. Quegli altri tre…sono dei bambini.”
L’espressione da uomo navigato che assunse fece ridere nuovamente Suki, che per non tradirsi si tappò la bocca con una mano e fu scossa da piccoli singulti.
Sokka l’abbracciò e la tirò ancora a sé, finché tra loro non rimase alcuno spazio.
Suki sentì nuovamente la curiosità impregnare ogni minuscolo spazio di sé. La sentiva sulla punta dei capezzoli schiacciati contro di lui, sulle mani attorno al suo volto, sulla bocca.
Baciò ancora il collo e si deliziò dell’espressione goduriosa di lui. E se scendessi…?, si chiese. Lentamente si spostò verso la clavicola, morse l’osso dove sporgeva e con la lingua segnò un percorso fino al petto. Sokka smise di respirare.
Continuò con calma, ma dovette scivolare sul pavimento per arrivare a baciargli l’ombelico; ancora una volta giocò con i denti, morse con delicatezza la pelle morbida, e sentì il proprio cuore battere furiosamente. Adesso basta, la curiosità della mia bocca è soddisfatta, per oggi.
Si riposizionò alla sua altezza, lo baciò sulla bocca e gliela aprì con la lingua; Sokka sembrava talmente tramortito da rispondere docilmente ad ogni sua mossa.
“Riesci sempre a battermi” commentò lui dopo un po’.
“La battaglia non è ancora terminata” ribatté Suki.
Lui tentennò, alzò gli occhi e fissò un punto lontano, stringendole una mano. “Forse non dovremmo. Voglio dire…”
Abbassò lo sguardo per constatare se lei lo stesse seguendo, ma Suki lo guardava interrogativa.
“Siamo nel bel mezzo di una guerra. Stare con te mi fa sentire come se… come se non ci fosse.”
“E questo è un male?”
“Ho paura di distrarmi. E di perdere il controllo della situazione.”
“Ehi” lo bloccò, “tu non hai il controllo di alcuna situazione. È il Signore del Fuoco che casomai…”
“Suki, era per dire!” Si alzò a sedere e si passò la mano tra i capelli per mandarli indietro. “Voi donne! Volete sempre aver ragione!”
Il silenzio di lei lo fece voltare nuovamente.
“Scusami, Sokka, non volevo aver ragione ad ogni costo” ammise lei abbassando lo sguardo. Poi lo rialzò, e si mosse fino ad appoggiarsi a lui, le mani strette in grembo.
“Proprio perché c’è questa guerra” disse alzando gli occhi, “proprio perché non sappiamo dove saremo domani. Non sappiamo se… saremo ancora qui, o a far compagnia a qualcuno degli spiriti di Aang. Proprio per questo, io credo che non dovremmo fermarci, finché ci andrà.”
Sokka rimase senza parole. Questa era la prova definitiva che non esisteva alcun complotto universale contro di lui: era, ufficialmente e senza alcun più dubbio, l’uomo più fortunato sulla faccia della terra.
Con lentezza, Suki lo spogliò della veste, e riprese a baciarlo da una spalla, muovendosi adagio senza una direzione. Allora Sokka la prese per i fianchi, la tirò verso di sé non si fu seduta su di lui, a gambe aperte. In quella maniera potevano aderire completamente, pancia e stomaco e petto e le braccia incrociate sulle spalle, e stringersi tanto da pensare di entrare l’uno nella pelle dell’altra. Continuò a baciarla, perché anche se fuori da quella tenda c’era una guerra, lì dentro era come essere in un’altra dimensione, e non voleva che nulla interrompesse quel momento. Voleva gustarsi ogni bacio fino in fondo, come se dopo quella notte vi fossero altri mille giorni in cui stare con Suki.
Ci saranno altre notti in tenda come questa, sussurrò piano contro un suo orecchio. Ci saranno, perché Aang salverà il mondo, ed io potrò definitivamente smettere di essere il ragazzo più sfortunato delle quattro nazioni.




***
Ed ecco il primo episodio della mia raccolta. In questo periodo mi sono fissata sulle coppie giovani e inesperte che fanno i primi passi, bah. Sarà che ormai ho imboccato la via della vecchiaia… Comunque Sokka e Suki sono, ufficialmente, la mia nuova coppia preferita, e credo che dedicherò loro almeno un altro paio di storie di questa raccolta.
Vi ringrazio fin da ora per ogni commento, bello o brutto, positivo o critico, perché ciò che più apprezzo è ricevere un parere su ciò che la mia mente partorisce.
Questo episodio è stato scritto con il prompt “Avatar, Sokka/Suki, notte in tenda” della piscinadiprompt per il 6° turno della Staffetta. See ya!
  
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