Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Malaglar    08/07/2007    2 recensioni
Ebbenesi, ragazzi, dopo averci pensato su 30 anni (per modo di dire), scrivo per la prima volta una fanfiction! I personaggi in questione sono il capitano Nemo ed Electra, un pò perchè mi ricordano il RoyAi di FMA, che rimane la mia coppia preferita.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Electra (Medina), Nemo (Eleusis Ra Alwar)
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Bene, rieccomi pronto per il 6° capitolo della fic. Scusate se ho aggiornato così tardi, ma proprio di questi tempi non c'ho la testa. Questo capitolo non seguirà la traccia dell'anime, o meglio, la "seguirà" tramite l'omakè N° 9 dei DVD della Yamato. A proposito: quasi tutti dicono che il nuovo doppiaggio fa schifo, ma a parer mio mi piace molto di più. Quando sentii le (poche) puntate che hanno trasmesso poco tempo fa, volevo spararmi su un piede! XD

Ah, quasi dimenticavo! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, per me è stato un piacere immenso! Grazie soprattutto ad elektra810 e a luisa, le vostre recensioni mi hanno dato la forza di continuare!


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"... pensa piuttosto a quello che devi fare!"

Troppe emozioni, troppi pensieri, troppi errori... tutto quello era troppo, e lei si sentiva la bambina indifesa di una volta, come quando Nemo la trovò durante il loro primo incontro nelle rovine di Thartessos. Era terrorizzata, ma non riusciva più neanche a piangere da quanto era sconvolta. Tutto si ripeteva, la morte dei suoi cari, la crisi, il nulla... ma anche stavolta lui le aveva fatto vedere la via. E riusciva a capire, anzi, sperava che tutto ciò che stava per perdere si potesse recuperare, perché la tragedia era stata fermata prima che potesse avere inizio, non come successe a Thartessos, tredici anni prima. E lui era lì.
"Nadia, qualsiasi cosa accada, ricorda... tu devi vivere!"
Il silenzio calò nel ponte di comando. Lei aveva smesso di piangere, ma era ancora a terra. Lui stava fisso davanti all'oblò, guardando la cabina che si staccava dal blocco principale.
Poi spostò il suo sguardo sulla ragazza. Lei aveva lo sguardo abbassato, abbattuto. Era ancora scossa dal fatto che aveva quasi commesso lo stesso errore che lui commise a suo tempo. Però, grazie al loro sentimento, che a lei non pareva reciproco, ma che invece lo era, erano riusciti ad evitare una quasi catastrofe. Proprio all’ultimo, nel momento cruciale prima del suo ultimo passo, lui l’aveva tirata fuori dal sentiero del non ritorno.
Dopo un po’ ricominciò a ricollegare gli avvenimenti e a tornare mentalmente tra loro.
Alzò lo sguardo. I loro occhi si incontrarono, come accadde tante volte nei primi anni della loro convivenza, ma stavolta avvertiva qualcosa di diverso, e finalmente riusciva a trovare in quello sguardo quello che da tanto tempo aveva desiderato, e che a lungo aveva occultato.
Rimasero lì a fissarsi. Lei lo guardava supplicante di aiuto, perché non sapeva cosa fare e perché non aveva il coraggio di chiedere altro a colui che le aveva salvato la vita così tante colte e che lei stessa stava per uccidere. Non le sembrava giusto. Temeva il suo rifiuto: dopo tutto quello che gli aveva detto, come avrebbe fatto lui ad accettarla, dopo avergli mostrato tutto l’odio e il rancore che provava per lui? Eppure, nonostante ciò, lui le aveva sempre fatto vedere il contrario di quello che pensava. Quindi non smetteva mai di sperare che dalla sua bocca uscisse una parola di conforto, di tenerezza.
No, non doveva smettere di sperare. Si ricordò quello che aveva detto quando erano ancora sospesi in aria, catturati dal raggio super-presa. Aveva perso le speranze, e questo l’aveva portata a quella drastica decisione, l’autodistruzione. E proprio a causa della sua rassegnazione, stava per commettere un errore quasi imperdonabile. Quindi non doveva smettere mai di sperare che lui la riaccettasse. Tuttavia ripensava a tutte quelle volte che lei lo aveva deluso per colpa dei suoi falsi presentimenti… ma principalmente per causa sua, a causa del suo folle desiderio di vendetta.
Stava per cedere. Non riusciva a sentirsi degna di stare ancora un solo momento di più davanti a lui, voleva andarsene dalla sua vita. Lo avrebbe fatto per il suo bene.
“Electra… anzi, Medina…”
Il suo cuore comincio a battere forte, probabilmente sentendosi chiamata al suo giudizio.
“…non permettere che l’odio ti domini. Per colpa dell’odio, io ho sbagliato tante volte. Non commettere il mio stesso errore.”
Le venne incontro e si inginocchiò davanti a lei.
“…le persone cambiano, e questo lo sai bene anche tu… ma certi sentimenti, Medina, non cambieranno mai…” e la abbracciò.
“…Medina… io ti amo…”
Lei sgranò gli occhi. Non ci poteva credere, ma era così. Era troppo felice per crederci, ma allo stesso tempo ne rimaneva sconvolta. Ancora una volta, lui le aveva dimostrato che c’è sempre una seconda via, che c’è sempre una speranza, anche se piccola. E tutto quello in cui non sperava più, era stato bruscamente riportato alla luce, grazie alla sua dichiarazione.
Il suo abbraccio. Le ricordava tanto i primi anni del loro incontro. Si, gli voleva bene, sia allora che adesso. Si abbandonò a quel lieve abbraccio, che pur essendo tale, a lei pareva quasi doloroso. Ricominciò a piangere, ma quelle lacrime non erano di disperazione. Erano lacrime di felicità.
“…anch’io”
Quelle parole uscirono lievi dalla sua bocca, ma richiesero un notevole sforzo,perché era la pura verità.
Si sentiva esausta, scossa da tutti gli avvenimenti, fatti di sentimenti contrapposti, tanto che svenne fra le sue braccia.
“Ehi?...” non ricevette risposta.
La prese tra le sue braccia e la portò in un luogo asciutto, e la adagiò a terra appoggiando la sua schiena contro la parete. Purtroppo di meglio non c’era, visto che il blocco da combattimento conteneva la maggior parte delle loro cabine, e alcune cabine del blocco principale erano state gravemente danneggiate. Però avrebbero controllato se ci fossero state eventuali cabine sicure.
Visto lo stato del suo braccio, decise di andare dal medico di bordo a farsi medicare velocemente e ritornare subito a occuparsi di lei.
Mentre andava nel ponte inferiore, dov’erano riuniti tutti gli ufficiali e i membri dell’equipaggio, ripensò a lei. Evidentemente, c’era qualcosa di più importante della loro missione, e si sbagliava anche lui riguardo a quello che sentiva per Electra. In fondo, le sue parole non erano tutte sbagliate. Lui aveva promesso che non si sarebbe dato pace finché non avesse fatto sparire Gargoyle dalla faccia della terra. Si sentiva in colpa per non aver mantenuto la sua parola, ma soprattutto di aver illuso lei, confondendola sempre di più, fino a farla ragionare a quel modo. Ognuno in quella storia aveva le proprie colpe, in fondo.
Raggiunse il ponte inferiore e si fece medicare il braccio, che presentava solo un graffio di media entità. Adesso, però, doveva pensare a ciò a cui teneva veramente e pensare a quello che doveva fare. Perciò tornò nel posto dove aveva lasciato Electra, velocizzando il passo. Quando la vide, lei stava respirando affannosamente e tremava per il freddo. Le mise una mano sulla fronte. Scottava.
Convenne subito che quel luogo freddo e umido non era proprio il posto ideale dove lasciar dormire qualcuno nelle sue condizioni. Quindi la prese dolcemente fra le braccia. Certo, non era la piccola ragazzina di un tempo, ma era sempre snella e leggera, causa del cibo prevalentemente marino. E d’altra parte lui era molto robusto e alto, quindi non trovò molte difficoltà nel sollevarla, portandosi le sue braccia al collo.
Aveva davvero bisogno di quello stretto contatto di lei, che adesso dormiva a fatica tra le sue braccia. Per troppo tempo anche lui si era posto di non pensare all’amore
“…non c’è posto per l’amore…”
Lui la amava già a quel tempo, come un padre ama la propria figlia. Temeva però che questo sentimento si sarebbe tramutato in amore vero, specialmente per lei, che aveva un valido motivo per essere riconoscente a lui.
Per troppo tempo si era negato l’amore che provava per Electra. Ciò avrebbe impedito, nel caso lei fosse stata in pericolo di vita, a compiere la loro missione. Come accadde infatti quella volta.
Ricordava ciò che le aveva detto Nadia, sua figlia:
“…ogni vita è preziosa in se stessa…”
Non poteva sacrificare le loro vite per il proprio scopo.
Sfortunatamente non trovò nessuna cabina che fosse abbastanza sicura e confortevole dove lasciarla riposare in pace, perciò tornò nel ponte di comando, con lei in braccio. Da lì avrebbe potuto controllare le cabine meno danneggiate, ed eventualmente sigillarle. Per loro fortuna tre cabine erano ancora recuperabili. Quindi si diresse alle cabine, e dopo aver inserito il codice di sblocco controllò lo stato. L’acqua in quella cabina non era ancora arrivata, pertanto non era umida, anche se con il generatore elettrico danneggiato il sistema di riscaldamento era saltato e dentro non faceva per nulla caldo.
Quelle cabine non erano state fatte per l’alloggio dei membri dell’equipaggio, quindi all’interno erano vuote. Scoraggiato per non aver trovato nulla di comodo, adagiò di nuovo l’esile corpo di lei a terra, cercando di non svegliarla.
Grazie alla al sistema di comunicazione interno, lui riuscì a contattare gli altri, e a dare loro istruzioni, vista la sua assenza.
Cercò un modo di farla stare comoda, ma all’interno del blocco principale non vi era alcun oggetto che potesse servire al caso.
Tornò di nuovo nella cabina, e rimase in piedi a fissarla per un po’. Faceva troppo freddo per lasciarla sola, perciò prese la sua giacca e gliela mise attorno come coperta, poi lui si appoggiò alla parete, stringendo a se Electra. Gli ricordava quando lei si avvicinava a lui, quando lei era ancora giovane, e finiva per addormentarsi sul suo grembo o appoggiata alla sua spalla. Ricordava ancora quei momenti, non se li era dimenticati. E così si addormentarono un’altra volta, come facevano un tempo, con lei che cercava il calore di lui.

Lei si svegliò. Lui era lì che dormiva ancora, perciò non si mosse per non svegliarlo. Cercò di non pensare a quello che era successo prima, e quindi riabbracciò colui che tanto amava, trovando calore nel loro amore. Una mano si posò sui suoi capelli, accarezzandoli. A quanto pare non l’aveva mai persa d’occhio neanche per un solo istante.
Non voleva più pensare a ciò che aveva fatto. Lei lo amava,e lui aveva dimostrato di aver ricambiato il piacere fino alla fine, questo bastava. Era felice, dopo tredici anni di sofferenza e patimenti era davvero felice, non erano più necessari i limiti che si erano imposti l’uno nei confronti dell’altro. Non c’era più nessun motivo di tenere nascosta la cosa, perché il resto non importava. Esistevano solo loro due. E avrebbero vissuto intensamente quel momento, sebbene pensassero che non sarebbe durato a lungo.

Il blocco principale aveva ricevuto troppi danni, e non avevano abbastanza energia per risalire. Stavano affondando sempre di più nella fossa di Kermadec. Per completare il quadro delle loro disgrazie, le batterie si stavano scaricando molto in fretta: se non avessero attuato in fretta qualcosa, presto non avrebbero nemmeno più avuto energia per avere un minimo di controllo di ciò che rimaneva del Nautilus. La pressione continuava a salire, e dalle paratie cominciavano ad aprirsi delle falle. Loro non poterono fare nulla per impedire tutto ciò.
L’unica cosa a loro favore era quella strana corrente d’acqua che li trascinava costantemente avanti. Alla fine intravidero qualcosa che somigliava ad un tunnel. E infatti, si trattava di uno dei tunnel che gli Atlantidei avevano costruito tanto tempo addietro. Dovevano risparmiare energia per far funzionare i motori al momento della loro ultima emersione. Perciò spensero tutti i sistemi della nave. Il riscaldamento e l’illuminazione vennero spenti. Non potevano permettersi di fare un errore proprio ora, che erano quasi giunti in salvo, per un caso puramente fortuito.
All’interno del ponte di comando c’era un freddo glaciale, era buio tetro, e il silenzio dell’equipaggio rendeva ancora più spettrale l’ambiente.
A loro non rimaneva che sperare che un miracolo li salvasse, un ultima volta.
Lei era rimasta sempre al suo fianco, in preda alla paura. Non voleva morire, proprio ora che aveva trovato ciò che cercava. Voleva piangere, ma non ne trovava il motivo. Tutti i loro desideri erano convertiti adesso nell’unico desiderio di uscire da quell’incubo. Tutte le loro certezze, i loro ideali erano stati quasi distrutti nell’arco di pochi momenti. Buttare via la fatica di quasi quattordici anni non sarebbe stato giusto nei confronti dell’altro. Perciò continuarono a sperare, fino a che non videro la luce.
Nonostante la loro situazione disperata, erano finalmente salvi.

La loro felicità era incontenibile, gente che si abbracciava e gioiva. Erano andati così vicini alla morte, che a loro non pareva quasi vero. Presero le tende che trovarono sul luogo e si accamparono. Rivivevano quei momenti del loro primo incontro, una specie di percorso all’indietro. Riaccesero i fuochi, lui tornò a parlare con gli altri. Tutto si ripeteva. Lei poteva lentamente avvicinarsi a lui, e abbandonarsi al suo abbraccio, una volta terminato il suo discorso, e dormire, come faceva una volta. Lei era sempre con lui, e non voleva mai separarsene. Dormirono finalmente tranquilli, lontani dai tormenti, dai dubbi, da Neoatlantide. Adesso c’erano solo le loro certezze. E il loro amore.
Infine venne anche il momento del loro primo bacio.
Lei non se lo aspettava, lui aveva finito il suo discorso, che l’aveva appassionata molto, ma non era ancora stanca. Lui le alzò dolcemente il mento e fissò il suo bellissimo sguardo. Il cuore di lei batteva stranamente veloce, come se sapesse cosa sarebbe successo da lì a poco, ma lei non lo sapeva.
Lontani da tutto e da tutti, finalmente si scambiarono silenziosamente il loro primo bacio, appassionato e stupendo, come mai lei aveva provato in vita sua, e i brividi la percorsero. Si abbandonarono definitivamente al loro amore, che non trovò più barriere, né leggi, e provarono per la prima volta il fuoco della loro passione.

"Electra...io ti amo..."


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Fine 6° capitolo! Anche questo è uscito un po’ a fatica, anche se avevo già in mente come strutturarlo. Al prossimo aggiornamento!

PS: non riuscirò mai a ringraziare la Tamarro Forever per l’immensa mole di informazioni che mi ha dato sulla psicologia di Electra e su molte altre cose. Grazie infinite!



  
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