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Autore: _Lakshmi_    21/12/2012    3 recensioni
[...] ero una cosa che non avrebbe dovuto nascere: il frutto dell’unione fra uno Shinigami e un Demone
L'avventura di Pandora inizia in una grigia Londra di fine XIX secolo. Lei si trovava lì per lavoro, per scoprire qualcosa di più sulla morte di un barone. E sarà proprio qui dove incontrerà dei personaggi un po' speciali, che l'aiuteranno nei momenti più difficili (forse) e che le renderanno la vita un Inferno...
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Undertaker, William T. Spears
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sesto Capitolo

Sesto Capitolo:

La difficile decisione

 

Ero sola, circondata da oscurità e da silenzio.
Un vento gelido mi fece rabbrividire, costringendomi a raggomitolarmi come un gatto e a tremare, battendo persino i denti per il gelo. Non potevo fare nient’altro, perché il luogo in cui mi trovavo non c’era nulla, nemmeno il terreno o il cielo.
Ero immersa in un mare vuoto, ma non sprofondavo. Restavo sospesa quasi in un limbo, con la mia lunga chioma candita che fluttuava, allo stesso modo della la mia veste bianca.
La mia vita si era dunque conclusa, quello che vedevo era il mio Inferno. Il mio corpo si trovava ormai in una bara in legno, sepolto sotto metri di terra e di fango, lasciato così a deteriorarsi fino alla fine dei giorni.
Non avrei più potuto impugnare la mia ascia, combattere, litigare con Frederick o... dimostrare ad Undertaker che ero capace di colpirlo, che qualcosa valevo.
Mi aveva sempre aiutato, salvato dalle situazioni più difficili, mentre io, oltre a prenderle di santa ragione e a distruggere Londra, non facevo molto. E tra l’altro, visto che non ero più uno Shinigami, non avevo neanche una casa dove tornare.

<< Le anime non dovrebbero piangere... mi rendono molto triste>>

Fui quasi accecata da una luce calda e abbagliante, che andava affiefolendosi con lo scorrere del tempo. Appena fu abbastanza tenue, riuscii a distinguere la figura di un demone diverso da tutti gli altri, perché seppur nella forma originale non incuteva terrore, anzi mi infondeva calma e tranquillità.
Aveva una liscia e fluente massa di capelli corvina, la quale incorniciava un viso dai lineamenti dolci, aggraziati; i suoi occhi erano fiammeggianti e di un bellissimo verde intenso, in netto contrasto con la sua pelle violacea. Non era molto alto, raggiungeva a stento il metro e settanta, possedeva una corporatura minuta, con delle grandi ali da pipistrello sulla schiena del medesimo colore della carnagione, in quel momento ripiegate.
Indossava soltanto una gonna smeraldina, adornata di pietre preziose e arricchita ulteriormente con dettagli in oro, come la cinta o la fascia. Inoltre portava dei bracciali alla schiava, anch’essi di valore e abbinati alla veste, e persino un crocefisso al collo, semi-nascosto dalla sua folta capigliatura.
Avanzava verso di me, pacato, con le labbra sottili incurvate in un gradevole sorriso. Soltanto quando ormai fra me e lui mancavano soltanto pochi centimetri cominciai ad impaurirmi: i demoni si nutrono delle anime ed io non ero altro che un corpo etereo.

<< Non spaventarti, non voglio mica divorarti. Non mangerei mai la mia nipotina preferita>>

<< Nipotina?>> domandai << Tu sei mio nonno?>>

<< Sbagliato! Io sono il tuo caro zio Eridan! Colui che in più di una situazione ti ha parato il fondoschiena, nonché uno dei nove demoni supremi... insomma... non darmi del befano, capito?! Se no ne subirai le conseguenze>>

I demoni più potenti che un tempo dominavano gli tutti gli altri venivano chiamati Demoni Supremi. Erano nove, ma con un’energia distruttiva pari a centomila eserciti, se non di più. Proprio per questa loro minaccia, dopo un’estenuante battaglia, alcuni sacerdoti erano riusciti a rinchiuderli in un luogo chiamato Tartaro, in onore alla mitologia greca e latina. Soltanto con il sacrificio di nove individui con pari forza i Demoni Supremi si sarebbero risvegliati, per fortuna però non esistevano creature altrettanto potenti.
Era una leggenda che William mi aveva raccontato quando ero soltanto una bambina per farmi addormentare. Ovviamente non avrei mai creduto che fosse realtà!

<< Con la tua morte io mi sono risvegliato dal mio lungo sonno e per questo ti devo ringraziare>>

<< La mia morte? Quindi mi trovo realmente all’Inferno?!>> chiesi, sempre più spaventata.

<< Non esattamente. Ti trovi nel Tartaro, un luogo senza né tempo né spazio. Ti ho portato io qui, perché, beh... ti voglio dare una seconda occasione. Fino ad adesso hai vissuto una vita divisa a metà. Con il mio aiuto, ti farò diventare una creatura unica, liberando tutto il tuo potere, facendoti recuperare ogni tuo singolo ricordo... permettendoti così di attuare la tua vendetta verso quelli che ti hanno ridotta così>>

<< Dov’è l’inganno?>> dissi, guardandolo torva.

<< Nessun inganno. Con il mio addestramento diventerai un cavaliere della mia armata per sempre. Oppure, se preferisci vagare per lo splendido inferno, vai pure! Ti verrò a trovare durante le feste>>

Per sempre. Perché la parola sempre mi terrorizzava così tanto?
Come tutti i demoni, anche questo doveva avere una capacità persuasiva molto elevata, forse non era nemmeno ciò che diceva di essere. Ed io, come una sciocca ero cascata nel suo inganno.
Eppure una parte di me urlava di fidarmi, di uscire da quel luogo vuoto e solitario per respirare di nuovo a pieni polmoni l’aria del mondo.
Lo guardai e lui mi sorrise dolcemente, tendendo la mano dalle agili dita da pianista.
Venire a conoscenza dei miei ricordi. Possedeva realmente un potere simile tale da superare persino quello di un angelo?

<< Chi era mia madre?>> domandai.

Lui fece un’espressione sorpresa, poi si sedette al mio fianco.

<< Ti racconto una storia: ventidue anni fa, c’era un bellissimo demone albino di nome Lilith con una capacità molto importante, ovvero riusciva a riportare le persone in vita... per poco tempo. Per affinare questa tecnica, quasi tutte le notti si dirigeva di nascosto al cimitero, ma le mancava una conoscenza più approfondita sull’anatomia, così otteneva sempre lo stesso risultato. Una sera tarda però, incontrò un becchino di nome Undertaker, il quale, colpito dal suo potenziale e dopo un po’ di tempo, decise di aiutarla cosicché lei, una volta migliorato questo enorme potere, potesse riportare in vita la donna amata dal becchino –una certa Claudia-. Passarono mesi e finalmente si poterono vedere dei progressi. Purtroppo però, mentre la diavola tentava di resuscitare una persona, fu fermata da uno Shinigami di nome William T. Spears. E come si dice... gli opposti si attraggono. Così dopo innumerevoli avventure, lei rimase incinta. Tuttavia, la gravidanza la indebolì notevolmente, tanto che uno Dio della Morte molto malvagio riuscì a rapirla, perché era interessato sia dal suo potere, sia dalla creatura che sarebbe nata a breve. La bambina nacque in un freddo laboratorio e fu chiamata Lilith dalla madre, anche se quest’ultima non riuscì a vivere molto oltre. La piccola in seguito fu soprannominata Pandora, a causa del progetto omonimo>>

<< Aspetta... aspetta un secondo! William sarebbe mio padre?!>>

<< Bingo! Sono sempre stato dell’idea che mia sorella si meritava qualcosa di più, però lei aveva un animo troppo buono>>

<< Ma com’è potuto accadere?! Insomma... William?!>>

<< Eh, William purtroppo non è sterile. Beh, credo che te l’abbiano spiegato che quando un uomo e una donna...>>

<< Certo! Ma... William?!>>

Ero shockata. Sapevo che tutti i miei ricordi riguardanti la mia infanzia erano falsi, quindi anche quel presunto padre, ma non mi sarei mai immaginata che avessi nel corpo parte del DNA di quel rompicoglioni (scusate la parola, ma non saprei come descriverlo meglio).
Forse era per questo che si preoccupava per me. Certo che in tutto questo tempo poteva dirmelo! Insomma, probabilmente mi sarei comportata in modo diverso nei suoi confronti.
Eridan si alzò, ridendo.

<< Cavolo, sei fantastica! Allora, Pandora Spears, vuole venire?>>

<< Sì...>> gli risposi, ancora assorta nei miei pensieri.

Lui mi toccò la fronte con un dito. All’inizio non accadde nulla, poi però si sprigionò una potentissima aura abbagliante, la quale in brevissimo tempo m’inghiottì.
Mi sentivo rilassata, a mio agio, in completa armonia. Infine (purtroppo) tutto diventò buio e successivamente mi ritrovai stesa su un lindo pavimento in marmo bianco, uno dei più pregiati tra l’altro.
Osservavo la mia immagine riflessa: i miei capelli erano acconciati in un perfetto chignon, soltanto due ciocche perfettamente lisce mi incorniciavano il volto dai tratti dolci.
Indossavo: un corsetto blu scuro, ornato con dei minuziosi dettagli che ricordavano dei rami di una pianta rampicante; una gonna stupenda, sembrava una cascata di rose blu, realizzate in un modo talmente reale da farle sembrare persino vere ed infine un paio di stivali neri lunghi fino al ginocchio e con il tacco a spillo.
Mi alzai, poi, con una camminata da ubriaco (non avevo molta stabilità), tentai di raggiungere il demone, ma mi bloccai non appena diedi uno sguardo al giardino: era un trionfo di fontane, fiori coloratissimi ed esotici, con persino un gazebo bianco per le eventuali colazioni all’aperto.
Un bellissimo Ara multicolore mi volò vicino, poi si diresse su un trespolo candido in ferro battuto. La mia concentrazione si spostò allora su uno strano animale, nascosto fra due cespugli, all’ombra di due imponenti alberi.
Vedevo una lunga coda di leone muoversi, ma anche qualche piuma bianca... che creatura poteva mai essere? Tentai di avvicinarmi, ma Eridan mi afferrò per un polso.

<< Vieni, ti devo far vedere la tua stanza>>

<< Che cos’è?>> domandai, indicando gli arbusti.

<< Nulla... lo scoprirai domani>> sorrise Eridan << Che ne dici di venire a vedere la tua stanza? Oggi per te niente addestramento, quindi puoi rilassarti quanto vuoi>>

<< Hai una casa fantastica>> dissi, osservando la volta in vetro che ci seguì fino alla fine del portico.

 
Ci vollero almeno una ventina di minuti per arrivare alle camere. Era una villa enorme, stupenda... c’era persino una stanza-terme, simili a quelle degli antichi romani! O una stanza per la musica e le arti! Avrò contato almeno una decina di salotti e un centinaio di altre sale.
Adoravo mio zio, anche se lo conoscevo soltanto da un’ora scarsa. E lo adorai ancora di più quando vidi la mia stanza. Per poco non caddi per terra.
Il letto era a baldacchino, talmente soffice che sembrava stare su una nuvola e con dei cuscini imbottiti morbidissimi. Non tardai a lanciarmi sopra a pesce, per poi affondare in una piacevole sensazione di pace.

<< Ok. Hai visto un po’ la casa>> disse Eridan, appoggiandosi alla porta intarsiata in legno << Goditi questa pace, perché domani ti aspetterà un duro allenamento! E ricordati che la cena è alle otto>>

Mi alzai a fatica, poi raggiunsi l’armadio in legno bianco, il quale aveva raffigurato sulle ante delle scene del mito di Apollo e Daphne, poi lo spalancai.
Dentro si trovavano una miriade di vestiti, scarpe, accessori... il sogno di ogni donna.

<< Sarà almeno la decima volta che me lo ripeti! Non sarà mica così faticoso!>> scherzai, mentre mi dirigevo alla scrivania antica e di grande valore, posta vicino alla porta.

<< Se mi cerchi, sono nella sala grande, dove si terrà la cena>>

<< Ok... ok...>> mormorai, guardando il calamaio colmo d’inchiostro.

Soltanto quando chiuse la porta mi venne in mente un fatto: perché cena? Lui era un demone completo, il cibo degli umani non lo saziava di certo.
Alzai le spalle, noncurante della questione, poi mi stiracchiai e corsi verso il letto, lanciandomi poi sopra. Si stava benissimo, sembrava trovarsi in Paradiso, anzi, forse anche meglio.
Certo, c’era quel fatidico addestramento, ma quanto mai poteva essere faticoso?

 

Fine Sesto Capitolo!

  
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