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Autore: Perla_Nera    21/12/2012    2 recensioni
Jackie è a Londra, scappata da una claustrofobica situazione familiare, che, pian piano, la stava consumando come fosse cenere. Nella moderna metropoli si ritrova ad affrontare quelle che sono le difficoltà e le insicurezze che una giovane donna incontra tra i propri passi quando riconosce il cambiamento della crescita. Dopo che la vita, in passato, le ha insegnato solo razionalità e cinismo incontra qualcuno pronto a scombussolare i suoi fasulli equilibri. Un qualcuno che le svela il suo mondo, le spiega che i sogni non feriscono e, anche se su di lui incombe la più grande ombra di follia, le mostra le scelte che ognuno di noi può prendere in considerazione. Jackie si ritrova, così, sul precipizio di una cascata costretta dal suo cuore e dalla sua mente a decidere se tornare indietro o tuffarsi nel vuoto.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Amavo la metropolitana di Londra. Il suo caos, la sensazione di movimento quasi percettibile al tatto, la tanta gente che ne riempiva gli angoli.  Non c’era nulla di più interessante, per me, alle 6,30 del mattino,  dell’ascoltare buona musica e dell’osservare tutte quelle persone così diverse e particolarmente uniche.
Ogni mattina il mio occhio riconosceva e ricercava le figure che più mi incuriosivano.  Mi dilettavo alla creazione di buffe storie, li collocavo all’interno di racconti, così, tanto per trascorrere il tempo.
A pochi passi da me c’era la signora dei cappelli, fantasiosamente rinominata da me, Miss Hat. Non molto alta, portava i capelli tinti d biondo corti e sciolti e ciò che la rendeva interessante erano i suoi copricapo. Ogni mattina indossava un cappello diverso, di un diverso modello, di un diverso colore, di un diverso materiale. La parte che le si addiceva di più era quella dell’eroina,  per ogni cappello immaginavo un potere straordinario. Quella mattina probabilmente poteva armarsi di una verde speranza, capace di distruggere la negatività soggiogatrice del mondo.
Mi guardai attorno alla ricerca dell’uomo che rappresentava il malvagio della mia storia. Un gigante dai folti baffi di fuoco che, però, doveva ancora arrivare. Era goffo con dei lunghi baffi, molto alto e non poteva fare a meno di portare una sigaretta alla bocca ancora fumante, nonostante fosse stata spenta prima di scendere in metropolitana. Tutti i suoi piani spietati erano finanziati da Lady Gioiello, una prorompente donna in carriera, con scuri occhiali da sole e firmati tailleur alla moda, che ancheggiava come fosse su di una passerella sotto l’asfalto.
La storia non era ben delineata, ma non potevo omettere lo strambo ragazzo con i pantaloni anni ’70, l’esile signora dai tratti spigolosi e la ragazza con le ciocche di capelli rosa. Non sarebbe mai stato un best-seller, ma avrebbe fatto passare in fretta quei dieci minuti d’attesa.
Risi tra me e me dei miei fantasiosi pensieri senza neppure rendermene conto. La metro mi piaceva particolarmente. Un frullato di rumori differenti.
Il forte e assordante frastuono delle rotaie, le piccole ruote dei tanti trolley che si esibivano in un concerto come fossero un orchestra di suoni, i tanti “clop” delle ventiquattrore aperte e richiuse almeno una decina di volte, lo squillo dei cellulari provenire da diverse direzioni. Il tutto era racchiuso in un’atmosfera fatta di una indeterminata miscela di odori.
Sentii la fragranza del caffè provenire dal bicchiere dell’uomo seduto accanto a me. L’aroma riempì la mia mente. Probabilmente era un decaffeinato, intenso e deciso.
Mi affacciai alla mia sinistra, completamente coperta da una lunga fila di persone che come me attendevano. Riconobbi l’odore di un profumo che utilizzavo in passato; fruttato, dolce ma incisivo.
Ritornai alla mia posizione di partenza e chiusi gli occhi per un secondo, allontanando tutti quei suoni e quegli odori.
In alcune mattine, come quelle, facevo ancora fatica a credere di essere a Londra.
Ormai ero lì da due anni e non era affatto facile viverci. In quel momento avevo un affitto da pagare, ero appena stata licenziata da un pub, dove lavoravo come cameriera, e la mia unica speranza era riposta in quel treno da prendere, che mi avrebbe portata ad uno pseudo colloquio in una caffetteria. L’annuncio, trovato per strada pochi giorni prima, era costituito da un foglio A4 rosa con su scritto in grassetto nero  “Beks, cerca cameriera con esperienza. Buona retribuzione. Orari flessibili!” seguito dal numero di telefono del proprietario, un certo Mike. Telefonai all’istante e presi appuntamento: l’ennesimo sforzo, l’ennesimo passo avanti.
Pensai a mia madre e al fatto che la tenevo all’oscuro di molte cose. Sapeva che me la cavavo piuttosto bene; credeva lavorassi come addetta alle vendite in una boutique d’abbigliamento, quello che era stato il mio primo lavoro nella capitale. Essere a Londra era in qualche modo anche il suo sogno. Potevo farle credere ancora in qualcosa e non c’era bisogno, quindi, le dessi preoccupazioni inutili.
Entrai nel treno senza neppure pensarci troppo. Come un abitudine, una routine ormai fissa e ben delineata. Scomparve come ogni mattina il poco tempo dedicato alla fantasia e all’immaginazione. Finì via il racconto, volò via l’eroina e il malvagio e il calore del mio viso. I muscoli divennero tesi e la mia mente si appiattì in discussioni più serie, determinative, più reali.
Eppure un pensiero restava sempre, mattina dopo mattina. Chi ero io agli occhi degli altri? Qual era il mio potere, il mio personaggio, la mia caratteristica? Qual era la mia parte nelle storie della gente che mi osservava?
Poggiai la testa al vetro alla mia sinistra, mi lasciai cullare dal rumore delle rotaie, cercando di non pensare, ascoltando il cavalcare del motore e l’incedere del metallo sotto i miei piedi.
Forse mi addormentai per qualche minuto, perché il viaggio durò meno del previsto. Raggiunsi la caffetteria Beks in pochi istanti. Non era distante dalla metro.
L’insegna era grande, centrale, molto semplice. Un cartello nero con su scritto “Caffetteria Beks”. La porta centrale era trasparente, ma impedivano la piena visuale decine di fogli con su scritti annunci, pubblicità e sponsor. Ai lati dell’entrata c’erano due vetrine non molto ampie, che fungevano anche da finestre. Lo spazio del marciapiede che le antecedeva era occupato da pochi tavoli con le rispettive sedie, il tutto delimitato da fioriere colorate. L’area occupata dalla caffetteria era ombreggiata da due tendoni aperti, a strisce bianche e verdi, un po’ rovinati ,forse, dalle continue piogge inglesi.
Mi avvicinai alla porta e un po’ titubante la aprii.
Simultaneamente sentii il suono cristallino di alcuni ciondoli appesi al soffitto, lì apposta per annunciare chi oltrepassava l’entrata. Mentre questi ripetevano il loro dovere alla chiusura della porta, mi avvicinai al bancone, dove alcune persone si dedicavano alla propria consumazione.
Una donna sulla quarantina mi sorrise mettendo così in risalto il gonfiore dei suoi occhi,  probabile segno del non tanto lontano riposo notturno. Aveva i capelli scuri legati in una coda morbida e i lineamenti del viso precisi ma nello stesso momento delicati. Pensai non fosse della città o comunque avesse origini del sud Europa, vista la carnagione scura che sfoggiava da sotto la divisa lavorativa.
-Cosa ti porto cara?
La sua voce riuscì a mettermi coraggio e a farmi sentire a mio agio. Dalle sue labbra sottili echeggiò un tono caldo, quasi materno.
-Oh, in verità sono qui per l’offerta di lavoro. Ho trovato l’annuncio in una bacheca- risposi al suo sorriso educatamente avvicinandomi al bancone.
Il suo viso assunse un’espressione quasi dispiaciuta e si voltò a guardare due volte alle spalle, cercando forse qualcosa sul piano di lavoro.
- Mi dispiace, Mike, il responsabile non c’è in questo momento. Non so con precisione quando arriverà. Ma posso farti compilare la domanda lavorativa che mi ha lasciato- mi disse voltandosi ancora una volta per afferrare un foglio che delicatamente ripose sul bancone davanti a me.
- Si, certo!-  le risposi cercando una penna tra la confusione della mia borsa.
- La penna è qui-  mi anticipò la donna ponendola sul foglio -Desideri un caffè intanto?
- Molto volentieri- acconsentii per essere gentile mentre mi accomodai ad uno dei tavoli all’interno della caffetteria per compilare la domanda di lavoro.
L’ambiente interno era molto carino. I tavoli erano ben disposti. Solo in quel momento feci caso alla musica che riempiva il locale, creando un’atmosfera quasi spensierata. Sfilai il cappotto poggiandolo sulla sedia accanto e afferrai la penna, portando, prima, i ciuffi ribelli dietro le orecchie.
Rimasi sorpresa nel vedere scritta una sola ed unica intestazione: “Parlaci di te”, seguita da una breve nota che indicava l’inserimento di un recapito telefonico.
Mi guardai intorno e la caffetteria cominciò a riempirsi. Entrarono altre due persone prima che la donna con cui avevo avuto quel breve dialogo, cominciò a dirigersi verso di me, con in mano la tazza contenente il mio caffè.
- Grazie- le dissi porgendole automaticamente un sorriso di cortesia.
Rispose in fretta con la stessa mimica facciale prima di tornare al banco, dove alcuni clienti l’attendevano.
Afferrai la tazza e lasciai che l’aroma del caffè inebriasse la mia mente. La sensazione di calore fu immediata quando bevvi alcuni sorsi, lentamente, osservando l’andazzo del locale.
Riposi la tazza sul tavolo e tornai al foglio ancora fin troppo bianco dinnanzi a me. Riportai le ciocche ribelli dei mie capelli castani dietro le orecchie e mi decisi ad iniziare a scrivere di me.

 “Mi chiamo Jacqueline Bennett, sono nata a Londra il 14 Aprile del 1989, ma ho trascorso parte della mia infanzia e adolescenza ad Ennis, nella contea del Clare, in Irlanda. I miei genitori vivono attualmente lì. Mia madre lavora presso un negozio caratteristico di famiglia, aiutata da Fiona, mia sorella maggiore. Mio padre è come se non esistesse. Ma meglio così. Subito dopo il diploma mi son trasferita a Londra, dove ho lavorato come addetta alle vendite in una boutique, come commessa in un mini-market e come cameriera in un pub. Sono attualmente alla ricerca di lavoro per pagare il mio affitto, che incombe puntuale peggio di una piaga, e inseguire quello che è il mio sogno, diventare una scrittrice. So che non ci riuscirò mai, ma spesso mi fa comodo come scusante con mia madre. Amo gli animali, soprattutto i cani e non ho un esatto orientamento politico. Mangio di tutto, tranne l’insalata, nessuna allergia e poche aspettative. Ho avuto un ragazzo tempo fa, Andrew, che ho mollato perché andava a letto con la mia migliore amica. Sono cocciuta, testarda e istintiva, a volte anche permalosa purtroppo, ma il mio più grande pregio è la sincerità. Passo il mio tempo in metro inventando storie senza senso rischiando di passare per folle se qualcuno venisse a conoscenza del mio piccolo segreto. Mi son sentita dire mille volte che non ho autostima, ma non è così, è la vita ,in verità, che mi butta giù, quindi meglio strisciare bassi che volare ad ali spiegate. Non so realmente cosa cerco, cosa voglio, chi sono, dove voglio andare, come e con chi! Credo di essere…”

Senza far cadere la penna tra le mie dita, mi allisciai il viso con entrambe le mani, percorrendo il profilo delle mie sopracciglia. I miei occhi tornarono a studiare distrattamente l’ambiente circostante, prima di gettarsi sulle parole insensate appena scritte. Cancellai il tutto con la penna e ,senza pensarci neppure due volte, accartocciai il foglio tra le mani, intenta a chiedere alla donna dietro al bancone un altro foglio per la mia domanda lavorativa.



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Note: Grazie a tutti voi che avete letto questo prologo!!! Tengo tantissimo a questa storia che provai ad iniziare tanto tempo fa. In questi mesi non ho fatto altro che pensare e ripensare al racconto, ai personaggi e alle dinamiche. Spero davvero che stavolta sia la volta buona. La mia prospettiva è diversa e sono davvero convinta di poter metter su qualcosa di buono.
Detto ciò, spero vi sia piaciuto il prologo e sopratutto che vi abbia incuriosito! Fatemi sapere se vi va attraverso i commenti, risponderò a tutti, e vi prometto che nei prossimi capitoli scoprirete molto di più di Jackie e dei nuovi personaggi.
In attesa dei vostri pensieri, un abbraccio,
Perla ♥

   
 
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