-“Dove vuoi
andare?”- Le gridò dall’altro lato della
sala di
controllo, scivolando sul pavimento di vetro e sbatacchiando
scompostamente il
petto sulla console.
-“Dove voglio andare?”- Andromeda
aggrottò le ciglia, avvicinandosi verso il
ragazzo per soccorrerlo, in caso si fosse sfracellato la testa. Forse
gli
avrebbe fatto persino bene, magari lo avrebbe risanato –
pensò.
-“Sì, sì! Da dove vuoi
cominciare?”- Il ragazzo fece forza sul bordo della
console, tirandosi violentemente all’indietro, scuotendo
convulsamente la
testa-“Woargh. Giurerei di aver perso qualcosa.”-
Batté dunque con le nocche la
mano destra sul cranio, serrando gli occhi. Andromeda alzò
sarcastica un
sopracciglio, cercando di velare allo sguardo del ragazzo una risatina
malvagia, sfuggitale involontariamente per riflesso.
-“Stai ridendo?”- L’apostrofò
lui.
-“Uh, io? Ridendo di te? Quando mai?”- Andromeda
alzò le spalle, sorridendo
beffarda, alzando le mani in segno di resa e sviando lo sguardo del
Dottore,
che irritato, si limitò ad emanare un profondo suono
gutturale -“Allora?”
-“Allora?”
-“Eh?”
-“Cosa?”
-“Dove?”
-“Eh?”
-“Quando?”
-“Ma cosa diavolo stai dicendo?”
-“Ma voi esseri umani avete per caso una capacità
innata di arrestare il vostro
udito ogni qual volta lo desideriate oppure è solo la mia
faccia?”
-“Più che la tua faccia penso sia il tuo
cervello” – Lo squadrò seccata
Andromeda, con aria di superiorità.
-“Il mio cervell- Cos’ha il mio cervello che non
va?” – Il ragazzo sussultò,
sbarrando gli occhi.
-“Ma come! Non lo sai?” –
Iniziò la recita la mora – “Davvero non
lo sai?”
-“Cosa non so? Cosa? Cosa!? Non mi piace non sapere le cose.
Lo odio!” –
esclamò il Dottore, prendendosi i capelli fra le mani e
saltellando sul posto.
-“Oh, Dottore, mi dispiace così tanto!”
– Andromeda si portò drammaturgicamente
le mani alla bocca, spezzando la voce – “I-io non
pensavo che tu..”
-“Cos’ho?!” – Urlò
il ragazzo, esasperato – “Cosa mi è
successo?! N-non voglio
morire! Questo corpo è ancora troppo giovane!”
– Si scrutò dunque preoccupato
le mani, in cerca della classica luce rigenerativa che lo
caratterizzava quando
era giunto il fatidico momento, ma, non riuscendo a scovare indizi, si
limito a
guardare disperato la ragazza, che ricambiò con
un’occhiata beffarda. Il
Dottore alzò un sopracciglio.
–“Mi stai prendendo in giro?”
-“Ma chi? Io?” – Sbuffò
Andromeda, scoppiando in una fragorosa risata.
-“Mi stavi prendendo in giro?!” – Il
Dottore si portò severo le mani sui
fianchi, imbronciato – “Nessuno può
prendermi in giro! Nessuno ci riesce mai!”
-“Oh, non direi proprio, mascellone” –
cercò una boccata d’aria lei, fra le
risa che le scuotevano il corpo.
-“Tu.. Tu, ragazzina! Tu non sai con chi hai a che
fare!”- Il ragazzo le puntò
contro l’indice destro,
bofonchiando
irritato e gesticolando agitato – “ Io sono il
Dottore, la tempesta imminente!
Preparati a soccomb- ” – Andromeda, sghignazzando,
gli afferrò dunque l’indice,
tirandolo.
-“Continua.”
-“T-T-Tu!” – Sbraitando, il ragazzo si
picchiò violentemente le cosce con i
palmi della mani, scuotendo la testa da una smorfia scocciata e si
preparò a
rincorrere la ragazzina, digrignando i denti. Al ché
Andromeda se la svignò
lesta, passandogli di fianco, e trotterellò divertita dalla
parte opposta della
sala di controllo, volgendo una smorfia al goffo Dottore, che
inciampò su sé
stesso, finendo per sbaglio – di nuovo - sulla console e
attivando diversi
pulsanti.
-“Oh, diamine”- esclamò seccato,
massaggiandosi una tempia con la mano
–“cos’ho
premuto?” – si leccò dunque confuso le
labbra, serrando gli occhi per mettere a
fuoco. Si lasciò poi sfuggire una sonora smorfia
impertinente, grattandosi con
foga la fronte. –“Cos’ho
premuto?”
Andromeda si fece dunque più vicina alla console, con un
ghigno insolente
stampato in viso. Osservò poi sul monitor dei numeri, che
dedusse furono
coordinate. Oh, ma cosa sarebbe successo, se avesse buttato
giù quella leva
sulla sinistra? Sì, sì, Andromeda, proprio quella!
Oh, ops.
-“Andromeda! Cos’hai fatto?”
-“Uhn, ma chi, io?”
-“Non fare la finta tonta!” – La
ammonì severo il ragazzo –“Non ti
azzardare a
toccare niente!”
La mora serrò le labbra, alzando insolente le sopracciglia.
-“Dunque, dunque” – iniziò un
monologo lui –“Mettiamo caso che io abbia presso
per errore i tasti delle coordinate spazio-tempo, e tu, sempre per
caso, avessi
buttato giù la leva dei freni. Secondo questa ipotesi non
andrebbero, per
nessun motivo al mondo” – continuò,
annuendo fra sé e sé –
“accesi i propulsori
di accensione, proprio quelli” – indicò
sempre a sé stesso – “né
attivati gli
scudi esterni, i-i bottoncini arancioni lì”-
annuì nuovamente, fiero della sua
conoscenza dei comandi della TARDIS
–“perché non ce ne sarebbe
bisogno” – rivolse
uno sguardo complice ad Andromeda, che ricambiò subito
annuendo
sarcasticamente.
-“Questi, giusto?” – Indicò la
ragazza.
-“No, quelli” – la corresse sapiente il
Dottore, portando contro dei bottoni
arancioni e rossastri l’indice.
-“Aaah. Non vanno toccati.”
-“No. Non ce n’è bisogno.”
– Concluse lui, ritraendo di scatto le mani al
petto.
-“Capito.” – Andromeda serrò
le labbra e spalancò leggermente gli occhi,
portandosi le mani dietro la schiena e ondeggiando sul posto. Il
ragazzo con il
papillon le rivolse un’occhiataccia indagatrice, non troppo
convinto. Andromeda
poggiò distratta – coff - un fianco
sulla console, tamburellando le dita della mancina sulla propria
coscia.
-“Poi cos’altro non va
fatto?”
La TARDIS barcollò
pericolosamente d’improvviso, producendo
i consueti rumori metallici –“Cosa
diavolo hai combinato!” – le urlò contro
il Dottore -“Avevo menzionato il ‘non
toccare’!”
Andromeda sbuffò divertita, tenendosi al bordo della console
–“Ho solamente
seguito le tue istruzioni! Quindi se finiamo in uno pseudo buco nero
è solo
colpa tua che non sai quali sono i pulsanti
d’accensione!”
-“TU hai premuto le coordinate spazio-temporali!”
– Le gridò il ragazzo,
tentando di rimanere in equilibrio sull’assurdo pavimento che
ondeggiava
minaccioso.
-“Non è vero, sei stato tu a cadere sopra la
console!” – rispose immediatamente
lei, volgendo le mani al cielo. Pessima scelta: Andromeda perse
stabilità e si
ritrovò a terra, rotolando senza sosta.
-“Oh, hai ragione” – il Dottore si
batté con forza la mano destra sulla nuca,
finendo per terra come un sacco di patate, insieme alla ragazza,
venendo però
allontanato subito da lei da un potente scossone da parte della console
–“Se
finiamo in un buco nero” – le urlò in
lontananza, serrando gli occhi – “mi
offri una pizza!”
-“Sei tu l’uomo, dovresti fare da vero
gentleman!” – Le gridò lei di rimando,
ridacchiando.
-“Oh, che diamine” – esalò un
ultimo respiro il Dottore, prima di sbatacchiare
la schiena contro una parete della TARDIS e lanciare una smorfia di
dolore. Ad
Andromeda andò leggermente peggio, visto che si
ritrovò a cadere per le scale
che portano sotto alla sala principale. La TARDIS fu però
molto gentile, e
regalò anche a lei l’ebbrezza di sbatacchiar la
schiena contro una sua parete.
Dopodiché, tutto cessò.
Niente più
pavimenti barcollanti, nessun rumore inconsueto o troppo forte. Il
ragazzo
spalancò prima un occhio, per accertarsi che il manicomio
fosse veramente
finito e poi poggiò con forza una mano a terra, cercando di
tirarsi su.
-“Gambe, braccia, seder-, oh, diamine, ci sono.
Andromeda?!” – Urlò contro il
vuoto, aggiustandosi il papillon.
-“T-tutta intera.. forse” – una flebile
voce raggiunse le orecchie del Dottore,
che lesto, si diresse verso il monitor di comando della TARDIS.
-“Allora.. dove siamo, vecchia mia?” –
Sussurrò provocatorio alla console,
carezzandone distrattamente i comandi. Andromeda risalì
velocemente le scale,
curiosa di sapere dove quell’”ammasso di
ferraglia” l’aveva portata, trovandosi
davanti un Dottore immobile, incredulo, con gli occhi spalancati e
fissi sul
monitor.
-“D-Dove siamo?” – Azzardò a
chiedere lei, sempre presa dall’entusiarmo.
Il ragazzo non la calcolò minimamente, troppo indaffarato ad
accertarsi della
posizione attuale.
-“Dottore?”
Il Dottore si portò le mani sui fianchi, la testa bassa,
leccandosi le labbra.
-“C-cosa c’è?”
–“Obsessedland!” –
Urlò di gioia il ragazzo, lanciando prima le mani al cielo e
poi abbracciando la ragazza –“Ho sempre desiderato
andarci!
Graziegrazigraziegrazie” – strascicò
l’ultima parola più volte, che si perse
insieme a qualche residuo di saliva sulla felpa di Andromeda , la quale
tirò un
sospiro di sollievo, maledicendo quel deficiente che non faceva altro
che farle
prendere dei colpi.
-“Obsessedland?” – Ripeté non
troppo convinta lei.
–
“Sìsì!” – Il
Dottore si staccò dalla
sua felpa, facendo una giravolta su sé stesso e puntandole
contro un indice –
“Sai che una leggenda narra che gli ultimi visitatori siano
stati rinchiusi in
vetrine di negozi come manichini?” –
recitò eccitato –“Oh, ma è
solo una
leggenda.” – concluse, portandosi le mani sui
fianchi.
-“C-cosa? Che razza di pianeta è?” -
balbettò lei.
-“Eh? E io che ne so? Per questo sono esaltato! Insomma, gli
abitanti non fanno
altro che rebloggare su Social Galactwork frasi di film, telefilm e
fumetti,
con immagini e derivati! Non c’è una sola foto su
tutta la rete galattica che
mostri come sia realmente fatto il pianeta! Deve essere proprio
fico.” – Esordì
il Dottore aggiustandosi il papillon.
-“..Immagino, sì.”
-“Allora, signorina” – le porse un
braccio il ragazzo – “Vuole sperimentare
l’ebbrezza di poggiare i piedi su un nuovo
pianeta?”
-“Signore mio caro” – Andromeda si
strinse a lui –“Con piacere.”
Si sorrisero entrambi a vicenda, emozionati al solo pensiero, e si
diressero a
passo svelto davanti alla porta della TARDIS. Il ragazzo dal papillon
rosso le
fece un segno con la testa (vuoi aprire
la porta? ), ma la ragazza scosse violentemente la testa,
quindi lui fece
spallucce e poggiò delicatamente le dita sul meccanismo di
apertura.
-“Obsessedland, siamo arrivati!” –
Sbraitò il Dottore, spalancando emozionato
la porta. Poi ritrasse di scatto le mani al petto, aggrottando prima le
sopracciglia e storcendo la bocca, poi osservando confuso la compagna.
Andromeda
si sporse dubbiosa dalla TARDIS, per osservare meglio cosa vedeva
davanti ai
suoi occhi e, cercando una conferma della verità di tutto
quello che si
protraeva di fronte a lei, si mollò un piccolo schiaffo
sulla guancia, al ché
il Dottore la guardò di sbieco. Una grandissima distesa di
cuscini, divani e
poltrone si estendeva di fronte a loro, formando così una
possibile strada,
alle cui estremità giacevano, probabilmente, edifici
costruiti a forma di
persone, personaggi inventati e oggetti. La
“strada” era invasa da grassoni che
rotolavano su loro stessi per raggiungere la parte opposta,
evidentemente
troppo pesanti per alzarsi in piedi e camminare. Ma forse la distesa di
cuscini
era stata messa per evitare la fatica ai grasson- ehm, agli alieni, di
prendere
ogni qual volta un mezzo di trasporto per spostarsi da un luogo
all’altro.
Guardando verso il cielo, le cui nuvole erano colorate, a forma di
ciambelle,
cibo e cartoni animati, Andromeda poté distinguere
nettamente i mezzi di
trasporto che tempo prima aveva cercato di collocare nei suoi pensieri,
adesso
però non così consueti a quelli della sua
immaginazione. Un uovo volante passò
con nonchalance di fronte alla TARDIS, dando la possibilità
di indagare meglio
alla ragazza e al Dottore su come gli Obsessed si spostassero su quel
pianeta.
Somigliavano appunto a delle gigantesche uova metalliche aperte a
metà, dalla
cui parte superiore straripava il grasso del ventre
dell’alieno trasportatovi
sopra, che, con ogni probabilità, stava ingozzandosi di
patatine, ciambelle o
vario. Andromeda notò che la distesa di cuscini era
disgustosamente ricoperta
da ogni tipo di scarto di rifiuto, cibo o escremento possibile ed
inimmaginabile e, rotolandoci sopra, gli abitanti si portavano dietro
graziosi
regalini puzzolenti e appiccicosi. La ragazza si voltò
nauseata verso il
Dottore, che ricambiò la sua espressione annuendo
disgustato, portandosi le
mani al ventre.
-“Forse dovremmo cambiare le coordinate
spazio-tempo.” – suggerì lei perplessa.
-“S-scherzi?!” – Il Dottore
tossì schifato, convincendosi che in quel pianeta
ci sarebbe stato sicuramente qualcosa di interessante da vedere
– “Gli Obsessed
sono un popolo meraviglioso. Guardali! Vivono di cibo preso al fast
food, non
puliscono, non si lavano e passano una buona percentuale della propria
vita
davanti ad un computer. Che popolo meraviglioso! Riescono a vivere
modellandosi
action figures per conto proprio e collezionando i dvd inediti di serie
televisive.. che popolo..-“ – Un altro uovo volante
passò di fronte a loro,
concedendo ad un Obsessed di
ruttare di
gusto di fronte ai due ragazzi, che, disgustati, si voltarono a tossire
nella
TARDIS, quasi accasciati a terra –
“Disgustoso!” – Il Dottore
articolò quella
parola cercando di prendere fiato fra una boccata d’ossigeno
e un’altra,
occupato a cercare un po’ d’aria pulita per i suoi
polmoni. –“Ma
sì, senti che arietta, restiamo pure qua!”
– Andromeda tentò di riprendere fiato, intimando
l’opposto al Dottore.
-“Ci deve essere qualcosa di interessante, andiamo!”
-“Oh, certo” – Tossì lei
nauseata – “Potremmo metterci a misurare il tempo
impiegato da uno dei grassoni per attraversare la strada!”
-“Non sono grassoni!”
-“Ah no?”
-“Ovvio che no! E’ la loro costituzione
fisica!” – Continuò lui tossendo
–
“Sono fatti in quel modo poverini, non
discriminarli!”
-“Sta di fatto che assomigliano proprio in tutto e per tutto
al meme dei nerd
che si trovano in giro sul web.. tranne che per il colorito
grigiastro.” –
spiccò lei, riprendendosi dagli scossoni di tosse.
-“Ohw, ma certo! 2011!” – Il Dottore
puntò l’indice destro verso Andromeda, deglutendo
e sghignazzando – “C’è stato
un periodo sulla terra in cui i meme andavano di
moda.”
-“Fine 2012” – Bofonchiò lei
irritata.
-“Ohw, anno splendido! Obama mandato per la seconda volta in
carica come
presidente, Felix che riesce a sfondare il muro del suono, bello il mio
ragazzo! Per non parlare delle Olimpiadi a Londra e del primo Hunger
Games al
cinema! Ohh, che film.” – Il Dottore si
raddrizzò sulla schiena, schiarendosi
la voce – “Attenti a Suzanne. E’ una
ragazzaccia.” – Il ragazzo le fece
l’occhiolino, sghignazzando divertito –
“E che non vi venga in mente di usare
la storia del libro per punirci qualcuno, bada!” –
Il Dottore fulminò con lo
sguardo Andromeda, che rialzandosi a fatica, scosse la testa confusa
– “Dico,
per non ripetere gli stessi errori. No, aspetta, non è
ancora successo..”
Andromeda lo guardò di sbieco, cercando di riprendere un
po’ di fiato.
-“Farò finta di non aver sentito”
– continuò lei, raddrizzandosi sulla propria
schiena – “Okay. Mhn.” -
Andromeda serrò
le labbra, convincendosi a voltarsi verso il panorama di merendine che
si
estendeva dietro le sue spalle – “Mhhhn.”
– e, appena scoperto che gli Obsessed
si nutrivano anche del cibo presente a terra, si avvicinò
barcollante al
Dottore, prendendolo per le spalle – “Ti prego, ti
prego, cambiamo pianeta! Non
è una cosa adatta agli stomaci deboli!”
–cercò di convincerlo lei, gli occhi
umidi, visibilmente disgustata dal tutto.
-“N-no.” –Ribatté il Dottore,
tentando di alzarsi in piedi –“Sono sicurissimo
che ci saranno un sacco di cose interessanti, avanti”
–Insisté, prendendo la
ragazza per mano e strattonandola –
“Andiamo.”
Andromeda ebbe giusto il tempo di piagnucolare qualcosa ma, tastato con
la
suola delle scarpe il terreno, tacque, rivolgendo
un’occhiata, in un misto fra
l’orrore e il dispiacere al Dottore, che si sforzò
di non far caso al terreno
floscio e morbido, costituito da merendine putrefatte e.. Uhg.
-“B-bene” –Balbettò non molto
convinto lui, voltandosi per chiudere la porta
della TARDIS - “P-pronta?”
-“N-no.” – La ragazza non aveva davvero
pensato ad un’evenienza simile, quando
quello strano ragazzo le aveva
spiegato, accortamente, che quella era un’astronave che era
capace di viaggiare
nello spazio-tempo.
Non le era nemmeno passato per la mente.
Insomma, una parte di lei era ancora inchiodata con i piedi per terra e
le
diceva di uscire da quello strano
posto – sebbene fosse tutto così arancione, e, di
nuovo, strano -, in quel momento,
però..
Perché, andiamo, le astronavi non erano così.. strane. E soprattutto non venivano di
certo create seguendo il
design di una vecchia cabina della polizia! La coscienza di Andromeda
aveva
dunque fatto capolino di fronte alla ragazza e l’aveva
scossa; senza però
ottenere nessun risultato.
Un ragazzo strano, con una
navicella strana, che parla di cose
strane, in modo strano.
Come avrebbe potuto, la piccola Andromeda, non pendere dalle sue
labbra, ogni
volta che si accennava a nominare mondi, cieli diversi e popolazioni
ignote
alla razza umana? Come poteva non cogliere quella scintilla al volo? Al
massimo, se fosse stato un maniaco, l’avrebbe riempito di
botte e rinchiuso
nella biblioteca segreta, per fargli fare da esca alla friggitrice
incazzata
che era misteriosamente sparita. ( Andromeda era convinta fosse in
bagno,
nemmeno lei cosciente del perché.)
Era come nei film: una misteriosa figura sceglie un prescelto e gli
mostra
meraviglie a cui nessuno ha mai nemmeno pensato, facendogli vivere
fantastiche
avventure. Sembrava tutto così bello..
.. Rimembrò tristemente Andromeda, osservano sprofondare le
sue converse in
quella marmaglia marrone.
Il Dottore continuò la sua goffa marcia con la ragazza per
mano, le spalle
erette e il collo drizzato, forse per velare agli occhi quello
spettacolino non
proprio gradevole, fino a che non scesero la collina di merendine -
più omaggi
gratis indesiderati - su cui la TARDIS era atterrata poco prima.
Vedendo
avvicinarsi la strada, lievemente più pulita
dell’ammasso di rifiuti, entrambi
ebbero uno scatto istintivo, e si ritrovarono a correre a perdifiato
giù per il
“colle”, sempre per mano. Inchiodarono dunque sul
mini marciapiede che univa la
collinetta alla strada, entrambi cercando di pulirsi goffamente le
suole delle
scarpe, tentando di far finta di niente.
-“Un’avventura” – ripeteva fra
sé e sé il Dottore, per convincersi, forse
–
“Sarà un’avventura fantastica.”
-“Basta che ci creda tu” – Rispose la
ragazza dai capelli neri, alzando un
sopracciglio, al ché lo strano
tipo
le rivolse un’occhiata non troppo convinta. Si guardarono un
attimo intorno,
per fare il punto della situazione, e, constatato che le loro mani
erano ancora
intrecciate fra di loro, entrambi sussultarono, avvampando a vicenda e
cercando
di sviare il discorso.
-“Ah! G-guarda”- il Dottore puntò
l’indice mancino verso la grande strada che
si protraeva di fronte a loro – “Riconosci
qualcosa?”
Andromeda si sporse lievemente in avanti, cercando di mettere a fuoco,
e, visto
un’enorme edificio a forma di una macchinona nera, dal design
particolare e
dalle ruote anteriori posizionate quasi di fronte al parabrezza, si
ricordò di
Jack, e di quanto l’aveva stressata a proposito di quel
fumetto.
-“.. Ma quella non è la Batmobile?”
-“Esattamente” – ghignò il
Dottore – “La filmografia umana e tutti i suoi
derivati sono apprezzati in tutto l’universo, sai?”
Andromeda annuì non troppo convinta, tentando di distogliere
lo sguardo da un Homer Simpson
troppo grande e troppo
inquietante, i quali occhi erano apparentemente costruiti per seguire
gli
organismi viventi che vi passavano di fronte. Il Dottore
avanzò, poggiando i
piedi sullo strato di merendine e divano che formava la strada,
l’indice che
puntava ancora verso il cielo, blaterando di quale fosse il suo fumetto
preferito e di come la fine di un certo manga non gli fosse andata
giù, facendo
attenzione a schivare i numerosi obsessed che rotolavano da un lato ad
un altro
della strada.
-“Tipo Naruto! Hai mai
letto Naruto?”
– Si fermò di scatto sbraitando
contro la ragazza, che però non lo udì, presa
all’osservarsi intorno.
-“Cos- Cos’è quella roba?”
– Disse, indicando una struttura rosa a forma di
alga che si prolungava a dismisura verso il cielo. Balzarono entrambi
in
avanti, scansando un’enorme Obsessed che proseguì
rotolando il suo cammino.
-“A-ah. Oh, sono i razzi che sparano nel film in 34D di
Erofxis Trwop, ‘Il caffè
troppo amaro’.” –
Annuì fra sé
e sé il Dottore.
Andromeda si fermò di colpo, accigliandosi
–“34D?!”
-“Oh, sì, i buon vecchi tempi, quando ancora non
c’erano incidenti mortali al
cinema” – Spirò lui, sorridendo
tristemente. Andromeda decise dunque di
proseguire in silenzio, riconoscendo la perfetta riproduzione dello
stadio da Quidditch presente ad Hogwarts e l’Occhio
di Sauron,
spaventoso quanto nel film, mentre il Dottore trasaliva ad ogni
edificio,
sbraitando di quanto quel film/fumetto/serie televisiva/altro fosse
tremendamente “cool”
e del perché.
-“Dicevo, hai mai letto Naruto?”
–
Proseguì il discorso di prima il Dottore, avanzando per la
strada deserta.
-“Narut-”-
Andromeda si fermò di
scatto in strada, perplessa, punzecchiando il gomito del ragazzo
– “Dottore..”
-“Ah, dimmi.”
-“Dove.. Dove sono i ciccioni che erano prima in
strada?” – Balbettò la
ragazza, rivolgendogli un’occhiata non troppo convinta,
osservando la bocca del
Dottore spalancarsi ed udendo delle voci provenire da dietro.
Entrambi dunque si voltarono, con il dubbio impresso nella mente e
preparati al
peggio.
-“QUELLO E’ UN TARDIS!” –
sbraitò uno degli obsessed nascosti nella folla di
merendine e persone che si accingeva a ricoprire la povera cabina blu
sulla
collina.
-“QUESTO NON E’ UN SEMPLICE TARDIS”- Lo
ammonì un altro – “QUESTO E’..
SEXY”
Dalla folla si scatenò un delirio di gruppo.
Tutti gli obsessed mollarono merendine e cibo e si avvinghiarono alla
TARDIS,
urlando di gioia, mentre gli esemplari di sesso femminile –
riconoscibili per il
rossetto applicato alla meno peggio sulle labbra – si
accingevano a piangere. Un’obsessed
rotolò giù dalla collinetta, gridando e
piangendo: -“ALL THE FEELINGS” ,
seguita immediatamente da una scarica di altre che sbraitavano diversi:
-“I
JUST CAN’T”.
Il Dottore indietreggiò dunque di un passo, gli occhi
spalancati, e le mani nei
capelli.
-“Il mio.. IL MIO TARDIS!” –
Gridò distratto, ponendosi subito dopo le mani
sulle labbra. Andromeda indietreggiò con lui, sconvolta.
Silenzio.
Decine di teste rotondeggianti, piene di brufoli e dai capelli unti si
voltarono all’unisono, scrutando confusi con i propri
occhietti vispi – resi
abnormi dagli occhiali da vista che ognuno di loro teneva in equilibrio
sul
naso a patata- gli elementi della
scena
che si protraevano di fronte a loro, increduli. Si aggiustarono, con un
tempismo perfetto, gli occhiali sulla cavità nasale, ognuno
con un dito
diverso, facendo forse peso al forte impatto che personaggi di
libri/film/telefilm/fumetti avevano su di loro, portandoli dunque a
voler
assomigliare a pieno al proprio “pg” preferito,
inculcandogli nella mente
atteggiamenti e pensieri. Labbra screpolate, bocche piene di grasso,
briciole e
piene di strani intrugli si spalancarono – sempre, con grande
stupore sia mio,
sia del Dottore là sul posto e sia di Andromeda –
simultaneamente, lasciando
ricadere sul terreno quanto era precedentemente custodito
all’interno.
Occhietti piccoli e pieni di crosticine, ognuno caratterizzato dalle
più
bizzarre e diverse sfumature di colore, si dilatarono lentamente, le
pupille
sconcertate, che vagavano impazzite per tutta la bianca superficie
oculare,
incredule. Fiotti di lacrime si crearono sulle palpebre inferiori degli
Obsessed femmina, che, isteriche, cominciarono ad urlare, portandosi le
mani al
volto e scuotendo violentemente la testa.
-“E’ LUUUUUUUUUUI” –
Cominciarono in coro –“E’ VERAMENTE LUI
OMMIODDIO”
Un’obsessed dalla maglietta arancione e gialla si
buttò violentemente giù dalla
collina, gridando e piangendo, seguita da una marmaglia
d’altre donnicciole incontrollabili,
generando una sottospecie di frana collettiva. I più insulsi
urli di gioia,
dagli “OHH” agli
“ASDFGHJKL”
– pronunciati non si sa bene
come -, riecheggiavano nel quartiere di Obsessedland, conseguendo un
interesse
collettivo da parte degli alieni non ancora partecipanti al
meraviglioso evento
che stava sconvolgendo tutti. Branchi di Obsessed, patatine e dolciumi
cominciarono a dirigersi verso il Dottore e Andromeda, che, in una
smorfia
d’orrore e spavento, cercarono una via d’uscita, ma
si trovarono presto
spiaccicati contro un edificio a forma di ciambella rosa, ricoperta da
cioccolato, con gattini disegnati sopra e canditi appiccicati.
-“OMMIODDIO E’ LEI, E’
ANDROMEDA” – diversi Obsessed circondarono la mora,
strattonata via dal Dottore, che invano, aveva tentato di tenerla
stretta a sé
–“LA TUA ENTRATA IN SCENA NELLA STAGIONE
E’ STATA EPICA. SEI UNA FUCKING
BADASS” – le presero le mani,
ammaliati – “E POI, DIO! SYNCHRONIUM,
LA SEASON
FINALE. ”
Un’obsessed dagli occhiali rosa-fuxia le piombò
davanti, urlandole contro che
era la sua “companion
preferita” e “dio,
quando ho scoperto che quello non era
il Dottore mi sono messa ad urlare!” e “sei
così forte e coraggiosa!”,
sputacchiandole in viso resti di caramelle e
briciole di hamburger. Andromeda, da una parte lieta di ricevere
complimenti
per cose che non si ricordava di aver fatto, si chiese se fosse un
personaggio
cosciente di un fumetto, e che quelle fossero le principali azione che
lei
aveva compiuto in questo grande pezzo d’arte chiamato
‘Andromeda’s
Adventures’. Insomma, season finale? Cosa diavolo-?
Voltò allibita
il volto verso sinistra,
in cerca del papillon rosso e dalle grida angoscianti che provenivano
da quella
direzione. Il Dottore, sommerso da corpi appiccicaticci e urlanti,
cercava
invano di trovare una via d’uscita, un buchetto fra tutta la
massa corporea che
lo circondava, per sgattaiolare via; ma tutto ciò che
trovò furono altre aliene
che gli prendevano fra i polpastrelli cicciotti le bretelle,
facendogliele
schioccare dolorosamente sui pettorali, finendo in bellezza il gesto
con un
sonoro “Hello Sweetie!”
sputacchiatogli in viso. Il povero ragazzo cercò di
indietreggiare
ulteriormente, e l’unico risultato che ottenne fu il
diventare un tutt’uno con
la grande ciambella che si estendeva altezzosa alle sue spalle.
-“R-ragazze, r-ragazze, calma!” –
balbettò impacciato, portando le mani avanti
e tentando di fermare quella follia che oramai aveva preso il
sopravvento su
tutta la cittadina –“calma, per favore! Sono
cosciente di essere l’alieno più cool
di tutto l’Universo, ma vi prego”
–
delle risatine convulse provennero dalla folla impazzita, al
ché un’altra
obsessed gli si avvinghiò al petto, mordendogli il papillon
–“Ragazze, CALMA!”
– esalò un’ultima volta, prima di finire
sommerso definitivamente da corpi, hot
dog e muffin.
Andromeda aggrottò le sopracciglia: la tragicomica
situazione era divenuta
oramai insostenibile, e, visto che lei non aveva certo alcuna voglia di
sostare
in quel pianeta un secondo in più, si arrampicò
sui canditi colorati della
ciambella dietro di lei, in uno scatto improvviso, lasciandosi indietro
lo
sciame di mosconi fastidiosi che diffusero un “OHHHH”
collettivo per il quartiere, attirando l’attenzione degli
altri obsessed impegnati a sopprimere di ammirazione il Dottore per
quanto
fosse “cool”,
“bello”,
“gentile”,
“coraggioso” e
per la sua spettacolare “dark side”.
Arrampicandosi faticosamente
su per il cioccolato e per i canditi fatti – fortunatamente
– non di zucchero
ma di cemento vero, la ragazza raggiunse agilmente il grande buco al
centro del
dolce gigante, sostandovi sopra ed esaminando esasperata la situazione.
La
situazione che, vista dall’alto, sembrava più un
grande fiume colorato di
testoline unte e luccicanti, come omini della lego, ognuno con in mano
un
diverso alimento. Potevano farci un’altra grande bella
costruzione, quelli del
gioco di costruzioni – pensò – sempre
che non esistesse già e che proprio gli
Obsessed non l’avessero costruita. Gli “Ohh”
collettivi si erano dunque fatti superare da dei “sei la migliore!” o da
“l’ho
sempre detto che eri meglio di Martha!” e da
“Chiunque è meglio di
Martha!” e “Oi,
lasciala stare, è la mia companion preferita!”,
generando fra
gli Obsessed il caos più totale, che avevano adesso
cominciato a prendersi a
manate, discutendo animatamente su quanto Martha
fosse una ‘badass’,
su quanto Rose fosse esasperante e
su quanto Amelia fosse stupida.
Andromeda riuscì
ad udire delle grida del Dottore,
che,
esasperato, cercava di esprimere la sua opinione in campo da sotto la
matassa
di grasso, tentando di difendere ogni companion ed esaltandone i pregi.
Nessuno
sembrò però calcolarlo, e due Obsessed
cominciarono a prendersi a spintoni,
finendo dunque a spingere gli altri e scatenando un terribile effetto
domino
che in pochi secondi fece finire ogni alieno a rotolare per terra. La
mora si
morse il labbro e cercò di compatire il dolore del povero
Dottore, che forse,
non ce l’aveva nemmeno fatta. Quando oramai la situazione
stava degenerando più
del dovuto, Andromeda non si attardò a urlare contro lo
sciame inferocito,
spiegando che se non l’avessero fatta finita subito, avrebbe
demolito tutta la
città con i poteri di ‘Knosso’.
Si
ammonì dunque da sola, perché i pezzi delle
lezioni di storia con cui la
Professoressa Biagions la tartassò per ben 5 anni della sua
vita uscivano fuori
in momenti decisamente sbagliati. Insomma, i cretesi? In che anno li
aveva
studiati, in prima? Scosse dunque impercettibilmente la testa, tentando
di auto
convincersi che quello era il suo
fumetto e che poteva avere tutti i superpoteri che desiderava. Persino
quelli
di ‘Knosso’.
Anche se, pensandoci
bene, avere dei superpoteri chiamati con il nome di una
città storica non
sapeva quanto poteva giovare in quella situazione. Magari avrebbe
potuto
generare palazzi immensi con il solo potere
dell’immaginazione, e lasciarli
cadere a caso sulla terra, generando piccole scosse di terremoto e
architetture
distrutte sulla superficie planetaria.. E magari gli Obsessed li
avrebbero
rivenduti ad un probabile pianeta interessato ai Cretesi, che si
sarebbe
chiamato “Creta-for-living”
o
qualcosa del genere! Bel
piano, si
disse, complimentandosi con se stessa – avrebbe giovato a
tutti.
Adesso però doveva muoversi a generare un mega palazzo o gli
obsessed, finito
il cibo, li avrebbero sicuramente mangiati - pensò. Quindi
si accinse a tendere
la mano verso la folla, quando un: “..
Ma
quello era uno spoiler?” riecheggiò
nell’aria. Silenzio, nuovamente.
Andromeda si guardò intorno, confusa dalla domanda, cercando
invano il Dottore,
che stava ancora soffrendo sotto scarpe da tennis e piedi nudi.
Mormorii bisbetici cominciarono a formarsi sotto di lei, e con questo
piccoli
gruppi di alieni si vennero ad unire, scrutando malvagiamente la
ragazza lassù
in alto, che, apparentemente, aveva violato la prima legge sacra del
codice
degli Obsessed.
Non fare spoiler. Mai.
Ma la povera Andromeda cosa ne poteva
sapere? Primo viaggio,
primi pericoli: sempre informarsi prima, cara ragazza, segnatelo per la
prossima volta. Gridi di rabbia e odio cominciarono ad arrivarle
contro, mentre
il branco di alieni inferociti le rivolgeva gestacci, pugni e parole
poco
consuete ad un linguaggio forbito. Qualcuno gridò parole
incomprensibili, e gli
altri Obsessed cominciarono a dargli manforte, esplicando che quel
gesto era
adatto al reato che la ragazza aveva appena compiuto. Andromeda
aggrottò
irritata le sopracciglia, esaminando se, fra la confusione, il ragazzo
era
riuscito a sopravvivere. E, con suo grande stupore, riuscì a
localizzarlo poco
dopo, schiena contro il muro dell’edificio accanto, intento a
respirare –
finalmente. Individuato, dunque, cercò di attirare
l’attenzione su di sé, ma il
povero ragazzo si buttò stremato a terra, rotolando fra le
merendine, sfinito.
Al ché la ragazza sospirò seccata e prendendo una
manciata di grande coraggio,
si buttò giù dal retro della ciambella,
atterrando su una caviglia e slogandosela.
O almeno quella sembrava una slogatura, visto che cercò di
trattenere un grido
straziato, cadendo anche lei fra i dolciumi, mani sulla caviglia
pulsante,
agonizzante. Ammonì le lacrime sul bordo delle ciglia e le
ricacciò furiosa
dentro, strisciando dolorante verso il Dottore.
-“Stupido.. Ehi, stupido!” – gli
mollò un forte schiaffo sulla nuca, al ché il
moro si alzò di colpo, con il volto crucciato in una smorfia
di disappunto –
“Dobbiamo filarcela!”
-“Ho visto che dobbiamo filarcela, sapientona”
– le rispose per le rime, volgendo
lo sguardo agli alieni inferociti che li stavano cercando
–“Dimmi però come
faremo con loro alle calcagna e tu zoppicante.”
Andromeda alzò gli occhi al cielo: -“Oh, ce la
caveremo!”
-“Certo che ce la caveremo” –
spirò lui non troppo convinto, prendendola per
mano e cercando di farla alzare in piedi. La ragazza
barcollò, saltellando sul
piede sano in cerca di equilibrio, tenendosi salda alla spalla del
Dottore, che
le aveva cinto la vita con la mancina, premuroso.
-“Pronta a correre?” – le
sussurrò in un orecchio il ragazzo, in fibrillazione
– “Non ho mai avuto degli Obsessed alle calcagna!
Che figo, forse nessuno non
li ha mai avuti!”
-“A parte quei poveracci rinchiusi nelle vetrine?”
-“Oh, andiamo, è solo una leggenda!”
-“Sì, eh?” –
ribatté lei, rivolgendo lo sguardo all’edificio di
fronte, nelle
cui vetrine giacevano incatenati due alieni dal colorito rosso e dagli
occhi
bianchi e tristi, con una struttura ossea della testa a dir poco
meravigliosa,
in rimando di quella dei triceratopi preistorici.
-“O-oh.”
-“Muoviamoci!”
– Lo sgridò lei con voce rauca, cominciando a
saltellare con una gamba sola verso la TARDIS. Il Dottore la
seguì a ruota per
pochi metri, quando entrambi si fermarono a coprirsi con le mani le
orecchie:
causa un’energica sirena che risuonava in tutto il quartiere,
forse addirittura
in tutto il pianeta, facendolo vibrare ad ogni onda sonora. Andromeda
perse
l’equilibrio e cadde per terra, il Dottore le si
avvicinò di scatto e le prese la
mano, o almeno cercò di farlo, perché il suo
busto risultava stretto e
dolorante, e qualcosa lo bloccava dall’allungarsi
maggiormente. Andromeda
spalancò terrorizzata gli occhi, schiudendo la bocca e
gridando qualcosa, che
però non raggiunse l’udito del Dottore, coperto
dai forti impatti d’onde sonore
della sirena che occupavano oramai tutto lo spazio circostante. Il
ragazzo si
portò d’istinto le mani al torace, trovandosi
dunque la giacca, la camicia e il
suo povero papillon stretti in una morsa soffocante da dei fili di
ferro.
Cercando quindi di strapparli, cominciò a dimenarsi
convulsamente, urlando
qualcosa che, ancora una volta, nessuno udì. Dopo diversi
tentativi, conclusisi
tutti in fallimenti, gli risaltò all’occhio la
figura in ombra di Andromeda, a
terra, di fronte a lei, sconvolta. Va bene, erano fili di ferro ed
erano
rincorsi da un branco di Obsessed impazziti, ma non era nulla di
ché! Forse la
ragazza doveva solo abituarsi a tutte quelle nuove meraviglie e
maturare un po’
più di coraggio, pensò, mentre cercava di
rivolgerle uno sguardo rassicurante.
Ma gli occhi di Andromeda non erano puntati su di lui; bensì
ricercavano
un’apparente figura dietro, che, seguendo i tratti che le
pupille della ragazza
compivano, risultava gigantesca. Il Dottore fermò i suoi
movimenti violenti,
aggrottando le sopracciglia e scuotendo la testa verso la ragazza, in
cerca
anche solo di fievoli spiegazioni. Andromeda non lo
considerò minimamente,
immobile ad esaminare, sconvolta, la creatura che si espandeva alle
spalle del
ragazzo.
Il Dottore cercò dunque di voltare la testa, ed, una volta
compiuto il gesto,
desiderò non averlo mai fatto.
Nemmeno il tempo di rendersene conto e si ritrovò
sottosopra, sbatacchiò la
testa da qualche parte, udì un latrato terrorizzato di
Andromeda e perse ,
impotente, i sensi.