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Autore: Trestan    13/07/2004    1 recensioni
Cosa succederebbe se per errore Neville riportasse i fondatori ai nostri giorni? E cosa succederebbe se i personaggi principali venissero totalmente stravolti?? Tratto da una trama di Herentas
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutte a me, capitano proprio tutte a me. Dicono sempre che sono uno sfigato, a volte capita di crederlo a mia volta, come in questo caso. Questi erano i pensieri che aleggiavano nella mente di Ron correndo per tutti i corridoi di Hogwarts.

Si spostò una ciocca di capelli rossi dalla fronte sudata e si appoggiò ad un muro per riprendere fiato. Fu aiutato da Pizzie che per poco non lo faceva morire d’infarto e quando il rosso cercò di dirgli qualche parola di riprovero esse rimbalzarono nella pentola che ricevette in pieno naso. Un fiume di sangue iniziò a scendere interrotto. Si tastò in tasca, doveva fare pur qualcosa per arginare quel torrente in piena. Ma niente fazzoletti. Portava tutti i giorni come minimo quattro o cinque pacchetti di fazzoletti per i casi di emergenza, ma quel giorno li aveva usati tutti come carta igienica, perché quest’ultima era stata usata un ora prima per renderlo una mummia vivente. Allora fu costretto a ripiegare verso il bagno più vicino, ma il più contiguo era unicamente femminile. Però non c’era tempo da perdere, stava creando pozze di liquido rosso a terra, tanto che Harry passando di lì per caso vi aveva inzuppato il dito e stava imbrattando i muri con quel “magnifico rosso scarlatto” come l’aveva definito lui. Ma lasciamo le vicende artistiche potteriane per tornare al caro Ron che si stava avventurando in quella sconosciuta stanza della quale mai si sarebbe sognato varcare la porta. E lì chi ci trovò? Salazar Serpeverde che stava guardando dentro dalla porta semiaperta. Finalmente ne aveva trovato uno.

Alla buon ora! Ma che diavolo stai…” E si bloccò, accorgendosi della mancanza di rispetto che aveva portato verso uno dei fondatori della sua scuola. Ma l’altro non parve accorgersi di niente, ma si limitò soltanto a sibilare per zittire il seccatore.

Qualcuno gridò il nome di Serpeverde e una signora un po’ rotondetta si avvicinò minacciosa brandendo in alto la sua scopa. Alla sua vista l’uomo si alzò in piedi e prese a fuggire il più lontano possibile. Improvvisamente Ron si ricordò del suo piccolo problemino e si decise ad inoltrarsi in quell’incognito paradiso igienico, ma si ritrovò incontro un’orda di ragazzette semivestite armate anche loro di scope. Cercò di dribblare gli avversari e in un primo momento riuscì nell’impresa finché qualcuno non lo colpì in pieno mento sdraiandolo in terra privo di sensi. Non tutto il male viene per nuocere però, infatti il naso dello sventurato aveva smesso di sanguinare. Il corpo inerte restò lì per ore, mentre tutte quelle ragazze crudeli abbandonavano il luogo incuranti del povero giovane.

 

Una mano lo scosse lievemente la prima volta, poi lo scosse come un terremoto di decimo grado della scala Mercalli, per questo picchiò ripetutamente la nuca a terra. Si alzò lanciando qualche silenzioso insulto a quel violento scocciatore.  Appena aprì gli occhi si ritrovò di fronte un cesto di capelli castani tutti spettinati: Hermione.

Che ci fai qui? Non si può entrare nei bagni femminili, non lo sai? Bla bla…” La paternale durò diversi minuti, ma per fortuna fu interrotta da una strana esplosione provenente da uno dei tanti wc della toilette. La ragazza si alzò e si diresse immediatamente verso il luogo dell’incidente per constatare ciò che era accaduto.

Harry!!!”

Il ragazzo dalla cicatrice a forma di fulmine era stato sbalzato fuori dal bagno in cui si era nascosto e si trovava disteso a terra con la schiena appoggiata contro il muro. Il viso nero di fuliggine e gli occhiali rotti a terra, accanto ad essi alcune bombe carta erano rotolate qua e là.

Harry!!! Ancora quello scherzo?!?”

Si, perché Harry negli ultimi tempi si divertiva così: durante le noiose serate nella sala comune dei Grifondoro si diletteva nel costruire bombe artigianali, il cui metodo di realizzazione gli era stato dato da Fred e George, per poi andare a distruggere tutti i cessi della scuola nella pausa tra una lezione e l’altra.

Devo sparire di qui, non ho più voglia di sopportare quella rompiballe e quel teppistello da quattro soldi, pensò Ron, mentre iniziava a trascinarsi in avanti fino all’uscita della stanza. Appena fuori si accasciò al muro per riprendersi da tutti quei dolori che si era provocato in quel maledetto giorno e giusto che c’era estrasse i suoi cento cornetti rossi dalla tasca e li strofinò per cercare di alleviare quella sfiga nera che aleggiava sulla sua testa.

Quel giorno era stato davvero un inferno. Tutto era iniziato durante la lezione del professor Vitius. Quel giorno avrebbero imparato l’incantesimo per rallentare il tempo di oggetti o persone. La formula era facile (“Tardo Temporum”) e i movimenti erano eseguibili anche da una scimmia senza mani e piedi. Avrebbero dovuto decelerare  la caduta di un cuscino, rallentandone il tempo. Naturalmente la prima a riuscire nell’incantesimo fu Hermione che, realizzata la magia, si divertì nell’eseguire una danza tribale sfottendo la seconda della classe, che non riusciva mai a superarla. Ron la guardò schifato, quella ragazza gli dava proprio i nervi, non era solo la migliore della classe ma lo era anche nel rompere al prossimo, e per evitare un simile spettacolo si esercitò a sua volta nell’incantesimo e ci riuscì al primo tentativo, anche se fu travolto da una montagna di cuscini che lo sommersero. Era stato il suo compagno di banco, il contendente al primo posto del premio “Rompiballe dell’anno” insieme a Hermione, Harry Potter.

Mentre si liberava dalla caterva di cuscini, sentì un sordo schianto percorrere tutta l’aula. Gli ci volle ancora qualche secondo prima di liberarsi di quegli scocciatori e quando finalmente lo fu si trovò immerso in una nube di polvere.

Calmi, ragazzi, calmi! Ci penso io!” fu una voce acuta a parlare, probabilmente quella del professor Vitius. Un caldo vento spirò nella stanza, finché tutto il fumo non si diradò. Ma qualcosa stupì tutti i presenti, qualcosa che mai si sarebbero aspettati di trovarsi di fronte. Quattro persone stavano litigando davanti ai loro occhi. Vide il professore muovere più volte la bocca senza emettere alcuna sillaba, troppo incredulo per parlare. Anche gli altri li riconobbero all’istante, lì avevano visti su tutti i libri di scuola.

Un affascinante uomo dai lunghi capelli neri e vestito con una tunica verde stava chino, cercando di parare in qualunque modo i colpi di scopa portati da una donna un po’ rotondetta. Nel frattempo un colosso tutto muscoli e vestito con pelli di animali esotici, tentava di frenare quella piccola furia, ma nemmeno tutta quella forza residente in quel corpo da vichingo riuscì nell’impresa.

“Sally, non ce la faccio!” gridò il biondo palestrato al povero malcapitato, ma questo si rivoltò verso l’amico offeso e pronto a ribattere:

“Non chiamarmi mai più Sally” ruggì l’uomo dai capelli corvini. Ma non fu una mossa azzeccata, abbassando così la guardia, il disgraziato fu colpito in pieno dal manico della scopa. L’ira della donna tarchiatella si placò e il suo viso riprese la normale espressione placida e gioviale.

Intanto la quarta persona, una ragazza alta dai lunghi capelli biondi, tanto bella quanto acuta, si stava guardando intornò, curiosa di tutto ciò che la circondava.

“Qualcosa non va, qui” concluse, passandosi una mano fra i soffici capelli. Allora, anche il vichingo e la piccola donna si accorsero della cosa, l’altro non ne ebbe l’occasione perché era disteso a terra privo di sensi.

  
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