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Autore: Ryo13    22/12/2012    4 recensioni
Storia della follia a cui può spingere l'amore, narrata nella forma di un racconto. Adam e Amelia non possono vivere l'uno senza l'altro, ma questo li spingerà ad intraprendere un cammino oscuro, che rompe i limiti della vita, della morte, della morale.
 
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Your mind plays on you'
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Adam stava seduto in giardino. Aveva completato tutte le mansioni di cui si occupava giornalmente e ora osservava ed analizzava il movimento degli insetti sul terreno: si muovevano apparentemente in maniera casuale, ma egli aveva iniziato a notare delle ripetizioni nei loro schemi comportamentali. Ogni sei-punto-sette secondi si arrestavano e cambiavano direzione di marcia virando esattamente di trentadue gradi. Anche questo era uno di quei momenti in cui capiva che qualcosa non andava: la sua mente analizzava la realtà circostante con una precisione tanto acuta quanto naturale, eppure aveva il ricordo di momenti in cui la visione delle cose non era come quella presente. Particolari non notati, strutture di pensiero diverse… però non sapeva spiegarsi da cosa ciò dipendesse. La sua mente poneva un unico e grande vuoto a quel quesito. Non c’erano abbastanza elementi da combinare per trarre logicamente una qualsiasi risposta.
“Potrei chiedere ad Amelia”, pensò per un istante. Salvo poi ricordarsi della reazione che aveva ogni volta che faceva delle domande che coinvolgessero il funzionamento del suo cervello e del suo sistema nervoso in generale. I suoi ricordi – interrogandosi a proposito della loro natura – rientravano in pieno in quella categoria.
Si udì in lontananza un cane abbaiare.
“Amelia sta per tornare” si disse. Allora si alzò, scrollò la polvere dai pantaloni e rientrò attraverso la grande porta-finestra di vetro.
Si avvicinò alla porta d’entrata e lì attese cinque, dieci e poi quindici minuti. Qualcosa non andava: non era da Amelia tardare. Il suo cervello registrò la variazione di schema ed avviò un processo di registrazione, archiviando il caso come una nuova voce di comportamento.
“Cosa si deve fare quando Amelia manca nel tempo che si suppone debba esserci?”
La risposta arrivò quasi istantaneamente: voce comportamentale in modalità ‘Assenza di Amelia’ anche archiviata come ‘tempo libero da spendere da solo’.
Dunque Adam si spostò dall’ingresso e si diresse verso il televisore nel salotto. Lo accese e mise su un canale che trasmetteva documentari di vari generi. Quel giorno si parlava delle abitudini delle famiglie di leoni nella Savana. Adam avviò in automatico il programma di apprendimento e cominciò a salvare le informazioni nella propria memoria. Non passò molto altro tempo che un rumore attirò la sua attenzione. Riconobbe quello schema immediatamente: rumore di porta che si apriva e chiudeva, due passi, rumore di chiavi che si poggiano sul mobile dell’ingresso, altri tre passi, fruscio di soprabito che scivola sulla pelle e successivamente entra in contatto con la stoffa del giubbotto già appeso all’attaccapanni... era tornata Amelia!
«Adam! Sei in casa?» una voce cristallina si diffuse in tutto l’ambiente e risuonò di un’eco debole.
«Amelia, sono qui!»
Adam abbandonò il divano e si diresse verso la porta da cui fece capolino una piccola testa rossiccia da cui dipanavano lunghi ricci morbidi. Gli occhi verdi della ragazza si puntarono contro di lui. Erano ombreggiati da un sentimento che Adam riconobbe come timore.
Adam sorrise, tranquillizzandola.
«Come te la sei cavata?» gli domandò.
«Alla grande.» rispose automaticamente.
L’espressione di Amelia si ammorbidì ed anche lei sorrise. «Bene!»
«Ho tardato e non avevo con me il cellulare.» spiegò.
«Non preoccuparti. Dopo i primi quindici minuti di attesa, ho registrato un nuovo comportamento, come da programma.»
Il sorriso di Amelia si incrinò leggermente e qualcosa, nel suo sguardo, si spense.
Adam riconobbe anche quello schema, così si affrettò a dire: «Bentornata!»
Tese le braccia e la circondò, ammantando l’esile figura della donna quasi interamente. Con uno slancio la sollevò sulle braccia e girò in tondo, trascinandola con sé.
«Ahahah! Adam! Mettimi giù!» gridò tra le risa Amelia, colta di sorpresa.
Ma Adam sapeva che quella richiesta era fittizia: il comando – ansimato, pronunciato tra le risa, mentre il cuore le batteva forte – non esigeva una soddisfazione reale.
Attese che riprendesse fiato, poi, tenendola ancora in braccio, inclinò il volto verso il suo e la baciò.
Amelia gli circondò il collo con le proprie mani e lo strinse a sé.
«Ora puoi mettermi giù, briccone!» sussurrò lei sulle sue labbra dopo che si erano separati.
Questa volta la richiesta era sentita. Fece come diceva Amelia.
«Hai mangiato?» riprese ad interrogarlo lei.
«No.» rispose Adam. «Non serve mangiare quando non ci sei.»
«È vero.» ricordò Amelia. L’espressione di nuovo mesta.
«Preferisci che attivi lo stimolo al nutrimento anche quando sono da solo?»
Amalia distolse lo sguardo dal ragazzo e rispose dopo qualche secondo: «No. Non è necessario.»
«Amelia, dimmi cosa faccio di sbagliato! Se non me lo dici non posso capire quale comportamento sia il migliore!»
«Non puoi! Non puoi capire!» gridò all’improvviso, con foga. «Non voglio che parli di risposte e di comportamento! Non voglio che parli di stimoli e schemi! Il mio Adam non deve parlare così!»
«Va bene, Amelia, non ne parlerò più.» acconsentì prontamente questi.
Così Adam archiviò anche questa richiesta aggiungendo il comando alla voce ‘ordini prioritari applicabili a tutte le categorie’. Spostò poi gli argomenti ‘stimoli - risposte’ e ‘comportamento - schemi’ sotto la voce ‘tabù’, e non ne parlò più.

 

[Continua...]

   
 
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