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Autore: deliriums    22/12/2012    7 recensioni
“Ma come fai?” chiesi senza badare alle sue scuse, lui alzò un sopracciglio, “A fare cosa?” “A dire che sei malato senza mostrare nessuna emozione, come se fosse una cosa normalissima.. voglio dire, stavi sorridendo quando lo hai detto!” quasi urlai alzando le braccia al cielo, lui rise abbassandomi le braccia e guardandosi intorno, “Beh, che senso ha disperarsi? Penso che sia inutile piangere per una cosa che non si cura con le lacrime e che forse non si può curare. E' uno spreco di tempo.” disse sorridendo e incrociandosi le braccia dietro la nuca, “E quindi come credi di reagire?” chiesi stupita, stavo parlando con un pazzo? Era malato e poteva anche morire di quella malattia e lui se ne stava lì tranquillo. Cosa gli passava per la testa?
“Prendersela comoda.”.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi spalmai le mani sul viso continuando a battere i piedi rapidamente sul pavimento freddo dell'ospedale.
Odiavo quel posto.
Era triste, deprimente, puzzava e non c'era neanche una persona che si azzardava a sorridere.
Aprii due spiragli con le dita per guardarmi intorno.
Una donna era appena uscita con le lacrime agli occhi e si era buttata nelle braccia di un uomo, un ragazzo faceva avanti e indietro buttando fuori ogni due secondi l'aria dalla bocca, un bambino continuava a piangere in una carrozzina abbandonata vicino alle sedie mentre una signora anziana si avvicinava alla segretaria dietro il bancone e una donna sorrideva alle parole del dottore.. oh, ma allora qualcuno sorrideva.
Mi lasciai il volto e poggiai le mani sulle cosce mentre buttai la testa all'indietro poggiandola sul muro dietro di me.
Ad un certo punto qualcuno si sedette vicino a me.
Un ragazzo sui venti anni, il naso piccolo, le labbra fine si incurvavano di poco all'insù, gli occhi verde acqua guardavano avanti a se e i capelli castani erano scompigliati con ciuffi che andavano da una parte e dall'altra.
“A volte ti arrivano delle notizie che ti prendono alla sprovvista e non hai la più pallida idea di come reagire.” disse con tono di voce neutro, le labbra ancora incurvate in un piccolo sorriso che aveva un non so che di amaro, gli occhi ancora puntati davanti a se.
Lo osservai confusa per poi guardare nella direzione dove stava guardando ma non riuscivo a capire se stava parlando con me o era un pazzo che parlava da solo.
“Solo che alla fine che ci puoi fare? La vita è fatta così, bisogna abituarsi.” continuò grattandosi la nuca con una mano e appoggiando la schiena al muro, ancora non capivo con chi stesse parlando.
“Scusa.. parli con me?” chiesi ad un certo punto, lui finalmente si girò a guardarmi e aprì ancora di più il suo sorriso divertito, “Non lo so, avevo bisogno di sfogarmi.” rispose, mi sforzai di ricambiare il sorriso, “Oh, non preoccuparti, sono ferma qui da due ore quindi se vuoi parlare.. beh, parla pure.” dissi e vidi i suoi occhi illuminarsi.
“Che stavi dicendo?” continuai con poco interesse guardandolo lo schermo del cellulare che avevo tirato fuori dalla tasca, “Che oggi ho scoperto di soffrire di leucemia.” rispose, mi bloccai e sbirciai il suo volto da dietro i capelli neri e mossi che erano ricaduti davanti il volto quando mi ero abbassata per prendere il telefono.
Continuava a sorridere, come se niente fosse, come se quella parola era una di quelle semplici usate giornalmente, come se non gli importasse nulla.. come se non sapesse che quella era una malattia mortale.
Continuava a sorridere, anche se la luce nei suoi occhi si era spenta.
“Oh..” sussurrai guardando sempre il pavimento, “Mi.. mi dispiace.” “Di cosa? Non è mica colpa tua, ma neanche mia alla fine.. ecco, come stavo dicendo prima, è tutto inaspettato nella vita, ti svegli un giorno e scopri di essere malato..” sorrise amaramente scuotendo la testa, io rimanevo a fissarlo da dietro le ciocche di capelli, “Tu?” chiese poi girandosi verso di me, mi portai indietro i capelli e lo guardai negli occhi, “Io cosa?” “Perchè sei qui?” “Ah, emh..” mi incastrai le mani nei capelli portandoli poi indietro, abbassai lo sguardo e poi tornai a guardarlo ormai sicura che avessi fatto rientrare tutte le lacrime, “S-stesso motivo.” forse non avevo controllato bene perchè sulle mie guance colarono decine di lacrime seguite dalla matita nera.
Il ragazzo, come se ci conoscessimo da una vita, mi strinse al suo petto e poi mi pulì le lacrime con le maniche della felpa.
“Ehi, non piangere.” disse guardandomi negli occhi, tirai su col naso allontanandomi da lui e asciugandomi le ultime lacrime con la maglia.
“Scusa.. non dovevo chiedertelo.” “Ma come fai?” chiesi senza badare alle sue scuse, lui alzò un sopracciglio, “A fare cosa?” “A dire che sei malato senza mostrare nessuna emozione, come se fosse una cosa normalissima.. voglio dire, stavi sorridendo quando lo hai detto!” quasi urlai alzando le braccia al cielo, lui rise abbassandomi le braccia e guardandosi intorno, “Beh, che senso ha disperarsi? Penso che sia inutile piangere per una cosa che non si cura con le lacrime e che forse non si può curare. E' uno spreco di tempo.” disse sorridendo e incrociandosi le braccia dietro la nuca, “E quindi come credi di reagire?” chiesi stupita, stavo parlando con un pazzo? Era malato e poteva anche morire di quella malattia e lui se ne stava lì tranquillo. Cosa gli passava per la testa?
“Prendersela comoda.” rispose, “Continuare a fare ciò che facevi prima, se non di più. Vivere ogni giorno come fosse l'ultimo, senza pensare a quella stupida malattia.” continuò, lo guardai con occhi spalancati, “Tu sei pazzo..” mormorai e lo sentii ridere.
“Mi chiamo Louis.” mi porse una mano sorridendo, “Tyler.” balbettai stringendo titubante la mano per paura che ad un certo punto si alzasse e cominciasse a ballare l'ula davanti a tutti.
“Signorina Coen?” chiamò un infermiera guardandosi intorno e poi soffermandosi su di me, mi fece segno di avvicinarmi.
“Scusa.. Louis, è il mio turno.” lui mi sorrise mentre mi alzavo e avanzavo pronta per fare l'ennesima e straziante visita.

Stavolta ero appoggiata proprio alla parete opposta alla porta, pronta per sgattaiolare dentro appena aperta e andarmene il più presto possibile.
Ecco la monotona visita di ogni mese.
Gennaio duemilaquattro.
Meglio ricordarsi le date, sarei potuta morire uno di quei giorni, almeno nella tomba avrei saputo a in che giorno ero morta e magari contare i secondi per passare il tempo fino ad arrivare a Gennaio duemilatrenta.
La porta si aprì e l'infermiera salutò il paziente, feci per correrle addosso e pregarla di farmi fare quella benedetta visita ma qualcosa mi si parò davanti, o meglio, qualcuno.
“Ehi.” “Scusa, non ho tempo.” feci per scansarlo ma mi prese per un polso e prima che potessi liberarmi qualcuno mi precedette ed entrò nella stanza con l'infermiera.
Grugnii, “Tyler, tutto bene?” “Tutto bene? Cazzo, voglio andarmene da questo schifo di ospedale!” sbraitai e lui mollò la presa spaventato, “S-scusa, non..” “Ecco, non parlare, tanto a te che te ne frega? Soffri della mia stessa malattia e sembra non te freghi nulla, io piango la notte perchè ho paura di non svegliarmi il giorno dopo! Non mi avvicino alla gente per paura che gli altri si affezionino e gli procuri un enorme dolore dopo la mia morte, non ho fatto parola ai miei genitori della malattia e ho abbandonato la mia migliore amica ed il mio ragazzo e tu te ne stai lì a ridere e a 'prendertela comoda'!” gridai imitando una voce stramba, Louis mi guardava ad occhi spalancati, diventato bianco in un secondo.
Forse avevo esagerato.. beh, probabilmente.
Mi coprii il visi con le mani, “Emh.. torno a casa.” mormorai voltandomi senza guardare neanche che espressione aveva sul volto.
Aprii lo sportello della macchina ed infilai la chiave facendo partire il motore e abbassando i finestrini, proprio in quel momento il ragazzo, Louis, si affacciò dentro la mia Ferrari.
“Scusa per prima, davvero, perchè non ricominciamo da capo?” chiese mostrando un enorme sorriso, solo in quel momento capii che quei sorrisi che mi aveva mostrato un mese fa non erano veri sorrisi ma sorrisi pieni di amarezza, quello lo era.
Ricambiai senza mostrare i denti, “Si.. emh, scusa se prima ho reagito così, per me è davvero difficile accettare.. questo.” mi morsi il labbro, lui aprì la portiera e si sedette sul sedile sotto il mio sguardo meravigliato, “Facciamo un patto, io ti aiuto a superare la tua enorme paura per questa assurda malattia e tu.. mi permetti di starti accanto senza temere che mi affezioni a te, tanto se dobbiamo morire, moriamo tutte e due, no?” fece una risatina, e io mi sforzai di ricambiare il sorriso impallidendo a quelle parole, “Ecco la prima regola, scherzarci sopra.” aggiunse facendomi l'occhiolino, annuii sconcertata, consapevole che non me lo sarei mai più levato dai piedi.

“Louis!” urlai al telefono facendo avanti e indietro, davanti la porta dell'ospedale.
“Tyler, scusa, sono in ritardo.” “Wau, Lou, sei davvero perspicace.” lo sentii ridere dall'altra parte della cornetta e mi sciolsi, “Senti, idiota, vieni subito a prendermi.” “Arrivo.” rise di nuovo ed attaccò.
Aprile duemilaquattro.
Ormai era un'abitudine ricordarmi le date ogni giorno, mi sarebbe stato utile una volta nella tomba.
Continuai a camminare furibonda imprecando a bassa voce.
Il patto era diventato un ricordo, almeno per me.
Louis era l'unica persona con cui passavo il mio tempo, l'unica a cui potevo e volevo parlare dei miei problemi.
Sapevo che eravamo affetti tutte e due della stessa malattia, quindi poteva capirmi, poteva confortarmi quando piangevo ed era l'unico che poteva dirmi sinceramente 'andrà tutto bene' o 'non credo finirà per il meglio'.
“Tyler!” sentii urlare il mio nome e mi guardai intorno cercando di vedere fra le fitte e veloci gocce di pioggia che scendevano battendo sul marciapiede e che mi avevo completamente bagnato da capo a piedi.
Notai una Porche grigia vicino i cassettoni e cominciai a correre nascondendo il volto nel cappuccio della felpa, zuppa.
Aprii la portiera e mi ficcai dentro la macchina richiudendola bruscamente.
Mi voltai completamente rossa di rabbia e fissai per alcuni secondi gli occhi di Louis cercando di farlo tremare dalla paura.
Poi mi fiondai su di lui prendendolo a pugni sul petto e scoppiò a ridere schiacciandomi in un abbraccio, “Sei buffissima.” disse baciandomi la punta del naso ma io avevo ancora la fronte corrugata di rabbia.
“E tu sei un coglione, capito? Sei un vero coglione, William!” urlai dandogli un pugno sulla spalla che sembrò non scalfirlo minimamente.
“Grazie, grazie mille.” rise di nuovo e io mi imbronciai incrociando le braccia al petto e guardando davanti a me accigliata.
Louis si avvicinò quatto quatto lasciandomi un bacio sul guancia, mi allontanai appoggiandomi sulla portiera e due secondi dopo Louis allungò una mano e la aprì facendomi cadere fuori dall'auto, sotto la pioggia e con il culo in un pozzanghera.
“Imbecille!” gridai alzandomi da quel lago di pioggia mentre il cretino continuava a ridere.
Lo presi per il colletto della felpa e lo tirai fuori dalla macchina, sotto la pioggia, e cominciai a schizzarlo lanciando calci all'acqua per terra.
“Ma sei scema?” mormorò guardandosi i vestiti afflosciati dall'acqua mentre i capelli gli si schiacciavano sulla fronte.
Alzai un sopracciglio guardandolo divertita, poi di scatto mi sollevò da terra e mi mise sulla sua spalla.
Cominciai a dimenarmi dandogli pugni sulla schiena ma senza smettere di ridere, “Mettimi giù!” urlai, le parole più false che io abbia mai detto.
Continuava a diluviare e le strade e i marciapiedi erano isolati, mi sentivo solo io che gridavo.
Mi sdraiò con la schiena contro il cofano della Porche e poggiò le mani ai lati delle mie spalle respirando affannosamente per riprendere fiato.
“Sei pesante.” disse sorridendo e buttando fuori l'aria, “Grazie.” risi poi tornai a guardarlo negli occhi e notai come risaltavano bene con il colore del cielo e delle gocce di pioggia che ora gli scivolavano sul piccolo naso e gli gocciolavano dalle punte dei capelli cascando a volte sul mio viso.
“Dopo uscirà un bellissimo arcobaleno.” sussurrai guardandolo negli occhi, lui non rispose e si chinò sentendo la punta del suo naso sfiorare il mio e il suo respiro battermi sulle guance, abbassò lo sguardo sulle mie labbra e poi tornò ai miei occhi.
Le braccia si erano fatte più rigide ai lati del mio corpo e senza accorgermene le percorsi con le mani fino ad arrivare al collo, lo accarezzai lentamente passando la mano destra sotto la sua felpa fradicia e gli accarezzai i solchi della spina dorsale che gli percorrevano la schiena.
Poi, lui chiuse gli occhi e poggiò dolcemente le labbra sulle miei staccandosi un secondo dopo e lo rifece per altre due volte.
Alla quarta volta schiuse le labbra obbligandomi a fare lo stesso e sentii la sua lingua cercare la mia.
Le sue mani si poggiarono sulle mie guance inondandomele di calore e spingendomi di più verso di lui.
Le mie mani, invece, si incastravano perfettamente nei suoi capelli ammorbiditi dall'acqua.
Non so dopo quanto ci staccammo, “Già.. uscirà davvero un bellissimo arcobaleno.” sussurrò al mio orecchio per poi lasciarmi un altro piccolo bacio a stampo.
Sorrisi e lui scosse i capelli facendo volare via le gocce di pioggia che caddero sul mio viso, “Idiota.” borbottai.

Aprii lentamente gli occhi cercando di mettere a fuoco gli oggetti intorno a me.
Quando capii dove mi trovavo sorrisi.
La mia guancia sinistra era poggiata sul petto nudo di Louis e le gambe incrociate alle sue sotto il lenzuolo, mentre le sue mani mi circondavano i fianchi, una più vicina al fondo schiena.
Sentivo il suo respiro battermi sui capelli e a volte lo udivo russare a bassa voce.
Alzai il volto poggiando il mento sul suo petto e osservai il suo viso addormentato abbozzando un sorriso.
Luglio, duemilaquattro.
Il risveglio più piacevole della mia vita.
Almeno, quando sarei morta, mi sarei potuta vantare di essere andata al letto con il ragazzo più carino della terra.
Allungai il braccio sulla sua spalla e gli accarezzai la nuca per poi cominciai a giocare con i suoi capelli.
La tenda era socchiusa e la luce era già entrata invadendo tutta la camera da letto di Louis.
Erano passati sette mesi dalla prima volta che l'avevo visto all'ospedale, sei mesi dal patto e ora guarda dove eravamo finiti.
Louis continuava a cercare di farmi dimenticare della mia malattia e ci stava riuscendo, ormai quasi non ci badavo, gli parlavo delle mie sedute come se fossi andata a prendere un gelato e a volte scherzavamo sul nuovo taglio dei capelli del dottore o della strana signora entrata all'ospedale l'altra settimana.
Era tutto così semplice e perfetto.
E forse era per questo che la mia malattia stava guarendo, piano piano, il dottore diceva che era stabile e tendeva a migliorare.
Forse era Louis la mia medicina.
Gli lasciai un bacio sul petto, “Lou..” sussurrai avvicinandomi di più al volto e lasciargli un altro bacio sul collo fino a salire alle labbra, “Louis, svegliati.” sussurrai di nuovo, gli lasciai un bacio a stampo sulle labbra ma lui subito le schiuse leccandomele, mi allontanai di scatto, “Sei sveglio, allora.” dissi con le sopracciglia corrugate, lui rise, “Certo che sono sveglio, mi sono svegliato anche prima di te. E' inquietante quando mi guardi così intensamente.” gli diedi una schicchera imbronciata e lui mi lasciò un bacio sul naso.
“Buongiorno, amore mio.” mi sussurrò all'orecchio accarezzandomi la schiena nuda con le mani e facendomi salire dei brividi.
Mi morsi il labbro e lo baciai, “Buongiorno, bello addormentato.” lui sorrise raggiante e sentii un formicolio sui fianchi fino a diventare fastidioso, cominciai a ridere involontariamente.
“Louis, smettila, ora!” urlai fra le risate e caddi a terra finalmente cessato il fastidio.
Vidi Louis leccarsi le labbra e arrossii all'istante quando mi accorsi che la coperta non era caduta insieme a me, mi alzai e corsi in bagno prendendo i vestiti sotto la risata di Louis.
“Ehi, dove scappi?” lo sentii fuori dalla porta e trattenni una risata, “Al lavoro e dopo all'ospedale.” dissi continuando a ridere, ormai quella parola non mi faceva nessun effetto.
“No, resta con me!” squillò divertito, “Vestiti Louis. E vai a cercare un lavoro che ti hanno licenziato già tre volte questo mese.” attesi un po' per la risposta, “D'accordo, ma stasera sei mia.” “Oggi pomeriggio non vai anche tu a fare la visita?” un'attesa più lunga della precedente, “No, vado stamattina.” rispose facendo svanire ogni tipo di divertimento nelle sue parole.

Uscii dall'ospedale, erano le nove di sera, mi avevano rimandato la visita di qualche ora quel pomeriggio.
Non riuscii a trattenere un sorriso mentre camminavo sul marciapiede inumidito dalla pioggia che c'era stata quella mattina, anche se era pieno Luglio la pioggia non ci abbandonava mai a Londra.
Quasi corsi verso l'appartamento di Louis, volevo rivederlo il più presto possibile, volevo baciarlo, abbracciarlo, stringerlo a me e dirgli che il dottore mi aveva detto che la malattia stava guarendo, che presto sarebbe tutto finito.
Presi le chiavi del palazzo -di cui avevo fatto la copia- dalla borsa ed aprii tremante il portone per poi salire velocemente le scale e aprire anche quella dell'appartamento.
Louis era sdraiato sul divano, la tv era accesa ma il volume era così basso che non si capiva quello che diceva, la luce era bassa e fioca e sul tavolo c'era solo un piatto di pasta intatto e un bicchiere d'acqua fin troppo pieno.
In un primo momento pensai che stesse dormendo ma quando mi avvicinai silenziosamente notai che aveva gli occhi aperti, stanchi, che guardavano il soffitto pensierosi.
“.. Lou?” chiesi a bassa voce, fece scorrere lo sguardo verso di me e sorrise, un semplice sorriso che non emanava nessuna emozione.
“Tyler, ehi piccola.” disse a bassa voce alzandosi e venendomi ad abbracciare forte, poggiando la guancia sui miei capelli, ricambiai l'abbraccio sorridente.
“Ti ho preparato un piatto di pasta, hai fame?” chiese sorridendo e indicando la pasta sul tavolo ancora calda, annuii e mi andai a sedere, “A che pensavi prima?” chiesi mangiando un boccone, attesi alcuni secondi mentre si sedeva al posto vicino al mio, “Che ti ha detto il dottore?” cercò di cambiare argomento sforzandosi di sorridere, ci riuscì, visto che era proprio quello che volevo dirgli.
“Ho una buonissima notizia.” esclamai raggiante, poggiando la forchetta sul piatto, vidi finalmente il suo sorriso aprirsi e i suoi occhi illuminarsi, “Dimmi.” “In questi giorni mi ha ripetuto che la malattia non è grave ed è stabile, oggi mi ha detto che potrebbe guarire con il tempo.” Louis si illuminò ancora di più e mi prese le guance con le mani fiondandosi sulle mie labbra per poi abbracciarmi e lasciarmi un bacio sul collo, “Dio, sono così felice, amore..” sussurrò lasciandomi altri tre baci consecutivi sulla bocca, ricambiai il sorriso.
“A te invece?” chiesi bevendo un sorso d'acqua, si rabbuiò, “Emh.. Tyler, ti devo dire anch'io una cosa sulle visite.” alzai un sopracciglio, “Dimmi.” dissi alzandomi e prendendo il piatto vuoto ma me lo tolse dalle mani e lo ripose sul tavolo alzandosi a sua volta, lo guardai confusa.
Mi prese le mani e mi accarezzò i palmi con i i pollici, “Anche a me il dottore ha ripetuto sempre la stessa cosa, stamattina.. me ne ha dato la conferma.” ripetette le mie parole e mi fece ancora più paura, “E' da un paio di visite che mi dice.. che la malattia è risultata un poco più grave di quanto pensava.. con i mesi peggiora e.. mi ha detto che potevo prendere qualche medicinale, mi ha offerto la chemio che ho rifiutato.. non voglio perdere i capelli come i vecchi.” sdrammatizzò facendo un risolino finto ed acuto, io restai impassibile, le labbra rigide e leggermente socchiuse, gli occhi quasi spalancati restavano fissi sui suoi, il volto pallidissimo, le mani che senza accorgermene avevano serrato con forza i suoi pollici, “C-che vuoi dire?” chiesi in un sussurro, sospirò abbassando per una frazione di secondo lo sguardo per poi tornare a guardarmi, “La malattia peggiora.. mi restano alcune settimane, non più di un mese.”.
La stanza intorno a me cominciò a girare, il volto di Louis divenne sfocato, cercavo i suoi occhi, il suo sguardo rassicurante ma non lo trovavo, vedevo solo un ammasso di colori deformi.
Che voleva dire poche settimane? Che significava quel 'mi restano'?
Chi stava cercando di portarsi via il mio Louis? E.. perchè?
Cominciai a tremare e sentii le mie gambe sul punto di cedere ma restai in piedi.
Sentivo il mio petto aprirsi, come quando ti infilzano con un pugnale e cominciano a scavarti la pelle rigirandolo dentro e facendo strusciare la punta su ogni osso e ogni muscolo.
La stessa cosa, nella parte sinistra del petto.
Mi sentivo stordita, nella mia testa continuavo a pregare che fosse solo un sogno, pregavo in lacrime, in ginocchio, in una stanza nera convinta che qualcuno mi stesse ascoltando.
Pregavo di risvegliarmi quella mattina presto, sul petto di Louis, speravo di guardarmi intorno e di tirare un sospiro di sollievo quando mi fossi accorta che era solo uno stupido incubo.
Pregavo di tornare per la seconda volta nel suo appartamento e pregavo che mi corresse incontro abbracciandomi e urlandomi che tutto sarebbe finalmente finito.
Invece ero ancora lì.
In piedi, con la stessa espressione di prima, non riuscivo neanche a lacrimare, la voce mi era morta in gola, non sapevo neanche da quanto avevo smesso di respirare e forse era quello il motivo per cui mi sentivo svenire, non sentivo neppure il suono bassissimo della tv o l'orologio che muoveva le lancette, per un secondo credetti che fossi diventata muta e sorda.
Ero in piedi, davanti a Louis, davanti il mio Louis, che stavo morendo.
Che ogni mese moriva sempre di più e che il prossimo mese avrebbe cessato di vivere definitivamente.
E io non me ne ero mai accorta, e lui non me lo aveva mai detto.
“Amore?” la voce di Louis mi risvegliò, d'un colpo la stanza smise di girare, il volto di Louis si mise a fuoco lentamente, la tv tornò a sussurrare e l'orologio a ticchettare.
“Tu..” sussurrai qualcosa simile a quello ma parve solo un suono rotto, sentivo gli occhi pesanti ma erano fin troppo asciutti, come se tutti i liquidi del mio corpo fossero caduti ai miei piedi con un balzo, forse anche il sangue aveva smesso di circolare e il cuore di battere, mi chiesi come riuscivo a respirare e a stare in piedi.
“Tyler, io..” si tirò dentro il labbro inferiore, non avevo la minima idea di come reagire, non sapevo se correre fuori dal balcone e buttarmi urlando, non sapevo se dare capocciate al muro, non sapevo se spaccare ogni oggetto che mi capitava davanti, non sapevo se scoppiare a piangere e urlare bestemmie a squarcia gola, l'unica cosa che riuscii a fare fu prendermela con lui, l'unica cosa che poi era quella sbagliata.
“Perchè non me lo hai detto?!” urlai sfilando le mie mani dalle sue, lui spalancò gli occhi lucidi colmi di consapevolezza e rimorsi, “Perchè non me lo hai detto, Louis!” urlai e finalmente le lacrime cominciarono a scendere, decine e decine di lacrime, tutte insieme, scavalcandosi a vicenda.
“Perchè non me lo hai detto!” gridai ancora, lui rimaneva in silenzio, anche le sue guance completamente bagnate.
Mi scaraventai sul suo petto e cominciai a lanciargli pugni su di esso, fin troppo deboli per fargli male, ma sentivo le braccia pesanti, riuscivo a malapena a tirarle su.
Continuai a lanciargli pugni sul petto mentre lui rimaneva immobile con le mani lungo i fianchi, lasciandomi fare.
“Perchè non me lo hai detto!” dissi di nuovo continuando a picchiarlo sul petto, poi la collera cominciò a sbollire, sentii un dolore atroce trapassarmi il corpo, al suo posto mi cadde pesantemente sopra la disperazione, il dolore, la paura e la tristezza, tutte e quattro insieme, con un tonfo che sembrò schiacciarmi al suolo.
Diminuii la velocità dei pugni sentendoli ancora più pesanti, poi mi aggrappai con le dita al suo maglione bianco e poggiai la fronte sul suo petto strizzando gli occhi e inzuppandolo di lacrime.
Cominciai a singhiozzare senza sosta e sentii le sue braccia avvolgermi la vita, “Perchè non me lo hai detto, Louis..” sussurrai e cominciai a singhiozzare, ancora e ancora, tanto che sarei potuta morire soffocata in quell'istante.
“Sssh..” mi sussurrò all'orecchio lui lasciandomi un bacio sulla guancia, “Andrà tutto bene, te lo prometto.” sussurrò ancora, quella fu la prima bugia che mi disse.

-

Come ogni notte la mia stanza si riempì di grida e urla tremende, le stesse grida di chi sta per essere ucciso.
Gridavo senza sosta, senza mai prendere fiato, continuavo ad urlare muovendomi nel letto e impigliandomi nella coperta.
Quella notte le urla erano più strazianti e più acute e forti di tutte le altre, forze perchè il sogno era più nitido di quelli precedenti.
Poi, dopo circa quattro grida, le lacrime uscirono dai miei occhi ancora chiusi e cominciai a piangere senza smettere di urlare.
Infilai le unghie nel cuscino e diedi altri calci alla coperta, urlando e gridando sempre più forte pregando che qualcuno mi svegliasse da quel sogno, non ce la facevo più a vedere il suo viso, mi procurava solo altro dolore.
Finalmente sentii delle mani calde afferrarmi il braccio e scuotermi, “Tyler, Tyler, ti prego.” sentii la sua voce ad un tono di voce medio, quel che bastava per farla sentire fra le mie urla.
“Tyler, svegliati, sono qui, tesoro, svegliati, è solo un brutto sogno, sono qui.” ripeteva scuotendomi.
Poi aprii gli occhi vedendo inizialmente sfocato per lacrime, sbattei più volte le ciglia e la visuale tornò normale.
Mi guardai attorno, ero a casa.
Per l'ennesima volta avevo sognato Louis, avevo rivissuto i miei ricordi dall'inizio alla fine.
Come ogni notte avevo risentito le sue carezze, avevo visto il suo sorriso e mi ero chiusa nei suoi abbracci.
Ma quella notte il sogno era così nitido e reale, e riuscivo a ricordarmelo tutto.
“Niall..” sussurrai cercandolo con lo sguardo, lui mi prese il volto e mi guardò negli occhi visibilmente preoccupato, “Sono qui, amore, sono qui.” mi sussurrò lasciandomi un bacio sulle labbra, “L'ho sognato ancora..” sussurrai alzandomi lentamente e barcollando per mettermi seduta sul letto, Niall si mise vicino a me e mi accarezzo i capelli, “Si..” rispose anche se la mia non era una domanda.
Agosto, duemilacinque.
Anniversario della morte del mio salvatore.
Forse era proprio per quello che quel giorno il sogno era così reale e per quello avevo gridato e pianto ancora più forte.
Mi presi la testa fra le mani, era passato già un anno..
Un anno da quando la mia vita era stata chiusa in una bara e sepolta metri sotto terra, un anno da quando la notte lo sognavo in continuazione e urlavo a squarcia gola tanto da farmi dire dalla polizia che dovevo traslocare in una villa.
Un anno da quando la mattina mi sentivo come se dentro piano piano il mio cuore si stette scurendo e sbriciolando pezzettino per pezzettino anche se il dottore pochi mesi dopo mi aveva garantito che ero guarita e nello stesso periodo avevo conosciuto Niall che era riuscito a riportare un po' di speranza di vivere ricucendo pezzo per pezzo del mio cuore, scavando per trovare anche quelli finiti chi sa dove, ma un pezzo sarebbe restato sempre più lontano degli altri, sotterrato, molto più in profondità e custodito per bene in una specie di enorme scatola di legno, accanto un ragazzo che lo stringeva forte vicino il petto.
L'unico pezzo luccicante rimasto.
Sospirai e ritirai dentro le lacrime, “Mi dispiace davvero tanto, Niall.. non riesco a smettere, io non vorrei urlare, ma.. mi dispiace per averti svegliato.” dissi guardandolo negli occhi, lui mi sorrise, “Non dire cavolate, Tyler, lo sai che sarò sempre qui per te.” mi disse abbracciandomi e facendomi appoggiare la testa al suo petto, un altro ricordo mi inondò la mente facendomi affondare le dita nel braccio di Niall.
Eravamo io Louis, la prima volta che ci siamo conosciuti, la nostra prima conversazione, quando io l'avevo preso per pazzo dicendomi che non dovevo preoccuparmi di essere malata.
E lui, che era come il sole, sempre raggiante, sempre felice, nulla lo preoccupava, lui, il mio arcobaleno, alla fine era cascato nel suo stesso tranello, o forse, mi aveva soltanto passato la guarigione che spettava a lui e mi aveva salvata senza saperlo.
Mi aveva detto che piangere non serviva a nulla, che la vita doveva essere vissuta fino all'ultimo momento.
“Prenditela comoda.” mi aveva detto.
“Andrà tutto per il meglio.” mi aveva promesso.

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Giao.

Okay gente, vado di fretta che non voglio posare tardi :c
Che ve ne pare? Sinceramente a me non dispiace, su, diciamo che non pensavo i essere capace a scrivere cose così tristi ma sono contenta sia venuto fuori così.
Però conto soprattutto sul vostro parere, ditemi ciò che ne pensate perchè io non so proprio che dire lol
Scappo, grazie a tutte quelle che sono arrivate fino a qua giù, o fino l'inizio immagine arilol.
Ricordo che poi posterò anche quella di natale ma devo cominciare a scriverla, sono sicura verrà bellissima, mi piace un sacco cc:
Ciao bellissime ♥

  
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