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Autore: Santanico_Pandemonium    22/12/2012    1 recensioni
Dicono che una groupie non svela mai il suo vero nome e nessuno lo conosce veramente. Detto ciò non vorrei cominciare svelandovi il mio proprio ora…
Salve, sono Penny Lane, così mi faccio chiamare, anzi credo che questo sia diventato il mio nome ormai.
Se non l’avete ancora capito, si, sono una groupie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Tommy Lee, Un po' tutti, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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25 agosto 1985

Casa di Jane, 12:55
«Ho detto di no, ma grazie ancora lo stesso.»
«Si può sapere che ti prende?»
«Tu vai e lasciami stare!» dissi.
Io e Jane stavamo discutendo perché io non volevo andare con lei a pranzare e passare un’altra giornata in spiaggia.
«Vaffanculo, a volte sei insopportabile!» gridò lei avviandosi per uscire.
«Ciao!» la salutai. Mezzo secondo dopo si era già richiusa la porta alle spalle, sbattendola forte.
Mi sedetti su uno sgabello e mi guardai intorno, immersa nel silenzio. Quella sarebbe stata davvero una giornata lunga e faticosa.
Andai a preparare da mangiare, pescando qualcosa dal frigo. Non sarebbe stato un pranzo da ristorante, ma almeno non avrei passato il pomeriggio con i crampi allo stomaco per la fame.
 
15:00
Driiiiiing.
Mi svegliò il campanello.
Mi ero addormentata sul divano letto subito dopo aver mangiato e dormivo così profondamente che mi spaventai quando sentii il campanello suonare.
Mi alzai barcollante, ancora intontita dal sonno, e mi diressi alla porta per aprire. Non guardai dallo spioncino, ero troppo stanca.
Semplicemente aprii la porta.
«Ciao.»
La sua voce mi risvegliò totalmente dallo stato di sonno in cui mi trovavo e mi preoccupai di sistemarmi i capelli ingarbugliati per essere più presentabile.
Poi ci furono solo i suoi occhi verdi. Nient’altro.
«N-Nikki…» balbettai frugando nella mia mente in cerca di qualcosa da dire.
Era fermo davanti alla porta dell’appartamento. Quasi non sembrava reale e ricordo che avevo una voglia matta di toccarlo per vedere se era effettivamente di fronte a me o se stavo solo sognando.
Cercai ricompormi e gli feci cenno di entrare in casa. Non ci mise molto ad accettare l’invito, e si accomodò su uno sgabello della cucina.
«Ti posso offrire qualcosa da bere?» chiesi imbarazzata. Forse con un po’ di whiskey si sarebbe sentito più a suo agio.
«Un bicchiere d’acqua, grazie…» rispose. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
Riempii dal rubinetto un bicchiere di vetro e glielo porsi titubante. Non sapevo se mi stava prendendo in giro o se faceva sul serio.
Lo scolò tutto leccandosi le labbra alla fine. Poi tornò a guardarmi.
Spostai lo sguardo altrove, ma continuavo a sentire i suoi occhi fissi su di me e il mio viso iniziò a divampare.
«Ok, sono un coglione.» disse ad un tratto.
Si passò una mano tra i capelli come per evitare di starsene fermo davanti a me senza dire niente. Sembrava imbarazzato. Non l’avevo mai visto così.
«Non avrei dovuto lasciarti partire quel giorno. E’ stato un terribile errore.» proseguì.
«Non avresti dovuto incontrarmi. Mai. Ecco l’errore.» risposi io, spostando il mio sguardo sui suoi occhi.
Non disse niente. Si morse il labbro e fissò il muro davanti a se.
«Se tu non mi avessi incontrata, quella sera dopo il concerto, adesso non staresti qui. Non staresti qui, agognando di poterti fare un po’ di neve o chissà che altro.» un sorriso amaro mi si dipinse sulle labbra.
«Ok va bene! Abbiamo sbagliato entrambi. Non è stata solo colpa tua. Io sono stato uno stronzo, come sempre. Tu ti sei solo comportata di conseguenza. Avresti potuto fare diversamente, d’accordo, ma non è stata tutta colpa tua. Chiaro? Quando due persone ci tengono l’una all’altra, fanno anche di questi errori.» iniziò a parlare, tornando a guardarmi negli occhi.
Sentirlo parlare così mi faceva male. Non poteva tenere a me, non doveva. Era sbagliato e lo sapevamo entrambi. Quella storia doveva essere solo un gioco, fin dall’inizio. Non poteva trasformarsi in qualcosa di più importante.
«Ci sono stati dei momenti in cui ho amato Tommy, veramente. Me lo sentivo dentro Nikki. Sentivo il cuore esplodermi. Mi sentivo felice.» cercai di trattenere le lacrime il più possibile.
Doveva sapere anche quello. Era la verità. Doveva sapere che T-Bone era stato qualcosa. Per poco, ma pur sempre qualcosa.
Sembrò non lasciarsi toccare da quello che avevo appena detto. Rimase impassibile. Forse stava pensando di girarsi ed uscire dalla porta dalla quale era entrato poco prima.
«Lo so.» disse.
«Non sono qui per parlare di Tommy. Non sono qui per parlare dei nostri errori.» si alzò dallo sgabello e si avvicinò a me, guardandomi dritta in faccia.
«Sono qui per chiederti scusa di tutto. Ogni stronzata che ho fatto e che farò. Sono qui per implorarti di riuscire a perdonarmi, sempre. Sono qui per accettare le tue scuse. Sono qui per ricominciare da zero… Non eravamo tanto male all’inizio.» concluse non appena fu a un centimetro da me.
«No, infatti…» sorrisi, senza guardarlo in faccia.
Fu lui a prendermi il mento tra le dita e a farmi sollevare lo sguardo incrociando il suo. Mi baciò.
Non ricordavo più il sapore dei suoi baci e mi sentii terribilmente dispiaciuta per questo.
Quando si staccò dalle mie labbra, continuò a fissarmi dritta negli occhi.
«Allora?» chiese dopo qualche secondo.
«Promettimi che farai il massimo. Promettimi che userai tutte le tue forze per tornare ad essere il Nikki Sixx di cui mi ero innamorata… di cui sono innamorata.» risposi io.
Sorrise immediatamente.
«Te lo giuro. Vieni qui…» mi strinse forte tra le braccia.
«Dio, quanto mi sei mancata…»
Sentii di aver finalmente ritrovato la pace. La mia pace interiore, la pace in lui. Sentii che finalmente tutto sarebbe ritornato come nel 1982. Tutto sarebbe stato di nuovo come in una favola.
Sapete una cosa? Uscire dal tunnel della droga non è facile per nessuno, soprattutto quando ci sei dentro già da un bel pezzo. Quel giorno pensai che dopo la promessa di Nikki, tutto si fosse già sistemato. Pensai che il passo successivo sarebbe stato semplice, dopotutto ero convinta che il grande salto Sixx lo avesse già compiuto.
Grande errore.
 
00:48
«Sei ancora sveglia?» sentii la voce di Jane che entrava in casa.
Ero in camera sua. Nikki mi aveva lasciata poco dopo il nostro abbraccio perché doveva andare a prepararsi per il concerto di quella sera alla San Diego Sports Arena, a cui non avrei partecipato, ma mi aveva promesso che, una volta finito di suonare, sarebbe tornato subito indietro.
«Ehi, ma che stai facendo?» chiese la mia amica varcando la porta della stanza.
«I bagagli.»
«Cosa? Mi stai prendendo per il culo vero?» mi guardò con gli occhi sgranati.
«Me la riprendo, Jane.» comparve Nikki, che era andato un secondo in bagno per prendere le mie cose e aiutarmi a fare le valige.
Lei lo guardò storto, con sguardo furioso. Pensai che gli sarebbe saltata addosso per sbranarlo.
«Non puoi farlo. Lo sai perché.» gli disse Jane.
Lui si fermò per un attimo, con il mio beauty case tra le mani.
«Non la sto obbligando.» rispose e poi tornò da me, per piegare una maglietta.
«Penny…» ora la mia amica si stava rivolgendo a me.
Cercai di fare di tutto per non guardarla, ma non ci riuscii. Aveva una faccia implorante, gli occhi lucidi e le labbra serrate. Per lei vedermi lì, pronta a partire nel giro di cinque minuti, non era per niente facile. Tutti gli sforzi che aveva fatto per aiutarmi a dimenticare Nikki e tutto quello che avevo passato con i Mötley, cose belle o brutte che fossero, si stavano frantumando in un secondo.
«Pensavo avessi capito…» disse e tornò in cucina.
Mi bloccai con le mani a mezz’aria e mi voltai verso Nikki.
«Torno subito.»
In cucina vidi Jane seduta su uno sgabello, i gomiti puntati sul bancone e le dita delle mani intrecciate forte tra i capelli.
Andai davanti a lei e mi appoggiai al muro, incrociando le braccia. Aspettai che fosse lei a dire qualcosa, ma rimase nel silenzio più assoluto.
«Ti stai comportando da bambina.» le dissi.
Rise piano.
«Io?»
«Si, tu.»
«No, non credo proprio. Sei tu la bambina. Non sarò qui di nuovo quando lui ti tratterà male un’altra volta. Non starò qui ad aspettare che ti faccia del male per poi consolarti. Non è stato facile per me averti qui, disperata e depressa, mentre ti ubriacavi o piangevi la notte.» disse lei, guardandomi fissa in faccia.
«Potevi dirmelo subito che ero un peso per te.» risposi io, senza far trasparire la mia sorpresa nel sentire le sue parole.
«Cosa credi di fare? Di poterlo salvare? Penny, non ti rendi conto che stai buttando via la tua vita? Hai vent’anni e ancora insegui uno stupido sogno da ragazzina adolescente. Pensi che smetterà di drogarsi solo perché tu sei ripiombata nella sua vita come una principessina delle fiabe? Come credi sarà domani, eh? E Tommy? Ci sarà pure lui domani mattina, quando ti risveglierai accanto al tuo amato Nikki Sixx, sbronza e senza un minimo di aspettative per il futuro.» ogni sua parola mi tagliava come una lama. Era come se mi stessero lanciando addosso dei coltelli, solo che non ne schivavo neanche uno. Li prendevo tutti in pieno.
«Credevo che almeno tu mi avresti capito.» sorrisi amaramente.
«Sono pronte le valige.» la voce di Nikki mi fece tornare in me.
«Ciao Jane, grazie.» presi una borsa dalle mani del bassista e varcai la porta d’ingresso, uscendo all’aria aperta.
Lasciarla così non era quello che avevo programmato, non era quello che avrei voluto. Sapevo che avrebbe reagito male, pensavo solo che sarei riuscita a minimizzare il più possibile i traumi causati dalla mia partenza.
«Andiamo.» il braccio caldo di Sixx mi avvolse le spalle e mi lasciai guidare da lui.
Se era giusto o sbagliato ricominciare quella vita non lo sapevo. Sapevo solo che stavo seguendo le mie sensazioni, il mio cuore, il mio cervello, il mio stomaco anche.
Dovevo solamente vivere.

   
 
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