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Autore: MmeBovary    23/12/2012    3 recensioni
Durante la guerra Draco ha condiviso un istante di dolore e paura con qualcuno che gli ha lasciato un profondo vuoto nel cuore e un ricordo difficile da cancellare: Hermione.
Anni dopo, al matrimonio di Draco e Astoria quel "ricordo" fa un breve ritorno nella vita del giovane Malfoy...
“Qualcuno uscì in terrazza e un turbinio di fiocchi di neve e vento s’intrufolò nella sala, impigliandosi tra le tende damascate. La mente di Draco corse involontariamente verso un ricordo che anni prima aveva sepolto dietro un muro di rancore, tormento e paura.
Quello stesso maniero, anni prima, un’altra fredda e ventosa notte senza luna.
[…]“Granger?” chiese, con voce tremante di vergogna e paura.[…]
Lei non dette segno di vita.
“Granger,” ripeté il ragazzo, dandole un colpetto con la bacchetta per smuoverla, come se avesse paura di toccarla. Il capo di Hermione si rovesciò in avanti e un filo di sangue le colò lungo il mento fin davanti alle scarpe del giovane Malfoy.
“No, no, no…” piagnucolò Draco, voltandosi per vomitare in un angolo della stanza."

Prima classificata al contest "Cioccolata che passione: Draco Malfoy" di Draco the Best
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Sapore di sangue e di cacao amaro

 

La fredda neve scendeva placida sui giardini ormai bianchi di Malfoy Manor, ma all’interno l’atmosfera era tutt’altro che gelida: all’interno si festeggiava un matrimonio.
Il salone da ballo, riscaldato e illuminato da migliaia di fuochi magici, era gremito di sconosciuti in pomposi abiti da sera. Le bottiglie di champagne vuote accumulate a montagne in cucina davano un’idea di quanto potessero essere spensierati e felici tutti quegli ospiti, beatamente persi nell’ebbrezza dell’alcool e delle feste. Mani femminili si liberavano dai guanti per poter, di nascosto, ripulire con la punta delle dita le tracce di ganache al cioccolato fondente rimaste sui piatti da dessert. Intanto, tra il frusciare di crinoline e giacche inamidate, mani maschili somministravano proibite carezze ad ogni centimetro di pelle femminile esposta.  
Draco osservava senza interesse questi e altri gesti viziosi con cui i suoi nobili ospiti indulgevano nei piaceri terreni. Che facessero pure. Niente avrebbe potuto farli avvicinare alla sensazione di pace che aveva raggiunto lui poche ore prima mentre infilava l’anello al dito della propria novella sposa.
Qualcuno uscì in terrazza e un turbinio di fiocchi di neve e vento s’intrufolò nella sala, impigliandosi tra le tende damascate. La mente di Draco corse involontariamente verso un ricordo che anni prima aveva sepolto dietro un muro di rancore, tormento e paura.
 
 
 
Quello stesso maniero, anni prima, un’altra fredda e ventosa notte senza luna.
La guerra era in pieno corso e quella sera sua zia Bellatrix aveva torturato Hermione Granger per ore, sperando di scoprire come fosse venuta in possesso della spada di Godric Grifondoro, poi l’aveva scagliata in una cella, dicendo a suo nipote di finirla, dato che la Mezzosangue sembrava non aver intenzione di aiutarli a nessun prezzo.
Draco entrò nella fredda e umida stanza da una porta che dava sull’esterno. Con lui entrò anche un turbinio di vento gelato che smosse appena i vestiti lacerati di Hermione. La ragazza era raggomitolata in un angolo, con la schiena appoggiata al muro, le gambe raccolte verso il corpo e il capo rovesciato all’indietro, apparentemente priva di conoscenza. Le sue forme ossute, indurite dai mesi passati a sopravvivere nascondendosi nelle foreste, sembravano immobili e Draco ebbe per un attimo la sgradevole sensazione di avere davanti un cadavere.
“Granger?” chiese, con voce tremante di vergogna e paura. Non avrebbe saputo come comportarsi se lei fosse stata viva e avesse dovuto davvero ucciderla, ma anche la prospettiva di trovarla fredda e rigida come un cadavere gli faceva venire un nodo allo stomaco.
Lei non dette segno di vita.
“Granger,” ripeté il ragazzo, dandole un colpetto con la bacchetta per smuoverla, come se avesse paura di toccarla. Il capo di Hermione si rovesciò in avanti e un filo di sangue le colò lungo il mento fin davanti alle scarpe del giovane Malfoy.
“No, no, no…” piagnucolò Draco, voltandosi per vomitare in un angolo della stanza.
Pulitosi il viso, restò fermo per un lungo minuto, che gli parve un’ora piena di vergogna, cercando di racimolare il coraggio per accertarsi se la ragazza avesse bisogno del colpo di grazia. Infine si gettò in ginocchio davanti a lei; spaventato e con mani tremanti, le prese il volto tra i palmi, scostandole i capelli, aprendole a forza gli occhi. Un deciso soffio d’aria gli scaldò le dita: la Granger respirava ancora.
Reinnerva,” pronunciò, senza neanche pensare.
Un sottile filo di luce si espanse dalla punta della sua bacchetta per tutto il petto della ragazza, che si gonfiò di un profondo respiro. Hermione riaprì gli occhi e tossì un grumo di sangue e saliva. Si era morsa l’interno delle guance mentre stringeva i denti per non urlare durante le torture.
Il primo istinto di Draco quando la vide aprire gli occhi fu quello di allontanarsi e coprirsi il volto; non voleva essere riconosciuto.  
“Malfoy?”
Troppo tardi, la Granger era stata più veloce di lui. Lo guardava, strizzando gli occhi castani per avere la meglio sull’oscurità che dominava la stanza e sembrava studiare la sua espressione spaventata, i suoi occhi arrossati dal bisogno di piangere, il pallore funereo che si era sparso sul suo viso dopo aver vomitato, o forse il tremore che lo scuoteva da capo a piedi.
“Malfoy, stai bene?”
Lui si sorprese al punto da restare senza parole. Si lasciò cadere di nuovo in ginocchio davanti a lei – lei che dopo aver sputato sangue aveva chiesto a chi veniva per ucciderla se stesse bene.
Draco iniziò a singhiozzare, troppo esausto, spaventato e turbato per fare altrimenti, vergognandosi come un mendicante perché sapeva di stare solo elemosinando l’empatia di un altro essere umano. Si sentiva come l’anno precedente, quando piangeva fino a non avere più respiro nel bagno di Mirtilla, pregando solo di avere la forza per finire quello che aveva iniziato. Ora sapeva che semplicemente non avrebbe mai trovato la forza di uccidere Hemione Granger e probabilmente per aver fallito sarebbe morto lui, punito dagli implacabili anatemi di Bellatrix.
Sentì una mano sfiorargli il braccio e alzò lo sguardo. Anche Hermione piangeva. Lunghe lacrime silenziose le rigavano il volto, lasciando tracce pulite tra il sangue e la polvere che si erano incrostati su quelle guance scarne.
La Granger non era mai stata bella, con quei suoi capelli informi, i denti sporgenti, l’aria da saputella, gli occhi banalmente marroni. Eppure in quel momento, sporca, magra e sfinita com’era, a Draco pareva una visione. Lei piangeva con lui e per lui, oltre che per se stessa, senza bisogno di dilungarsi in lacrimevoli spiegazioni del perché e questo la rendeva irrealmente meravigliosa.
Draco si aggrappò a quella mano che lo aveva carezzato e strisciò fino a poter riposare la fronte contro le ginocchia della Granger.
Era spaventato e lei lo capiva perché lo era altrettanto.
“Sei… sei qui per uccidermi?”
Lui si limitò ad annuire muovendo la testa contro le sue gambe.
Un’altra lacrima scivolò via dagli occhi di Hermione, scossa da un breve singhiozzo.
Fuori il vento inglese ululava senza tregua, piegando i cipressi, strappando le foglie dai rami congelati degli alberi, sollevando la terra asciutta e gelata.
Dentro quella cella si sentivano solo i singhiozzi di due ragazzi troppo spaventati dalla guerra per temere la vergogna di mostrarsi deboli.
Draco si lasciò cadere a terra, su di un fianco, stringendo forte la bacchetta. Hermione lo guardò come se si aspettasse si vedere un lampo verde scaturire dalle sue mani a ogni istante. Possibile che volesse ucciderla davvero, dopotutto?
Sarebbe potuta scappare, come le diceva la sua mente, invece fece qualcosa che le aveva dettato il cuore. Si allungò sul pavimento, col petto contro la schiena di Draco e lo abbracciò.
Lo sentì tremare, rifiutare il contatto, poi arrendersi e stringersi a lei.
Hermione capiva i suoi gesti perché sentiva anche lei, al di là della paura, il bisogno di un po’ di calore umano accanto al proprio corpo. Lei era spaventata e non trovava niente di più sensato da fare che abbracciare l’unico essere umano che nelle ultime ventiquattro ore non avesse mosso un dito contro di lei. Almeno non ancora.
“Granger, dovresti scappare,” sussurrò lui, senza interrompere il loro strano abbraccio.
“Vieni con me,” gli rispose lei, sentendo che Draco non era meno in pericolo di lei in quella casa.
Il giovane Malfoy scosse il capo. Non sarebbe scappato da casa sua, non aveva dove altro andare; l’abbraccio tremante di sua madre ogni volta che Bellatrix era in giro era l’unica sicurezza che Draco conoscesse e non vi si sarebbe sottratto per un futuro ancora più incerto. Mai cambiare schieramento a metà partita se non si ha la certezza di stare per perdere.
Draco si voltò, fino a trovarsi faccia a faccia con Hermione. I loro visi sfioravano il pavimento gelido e umido, un sottile turbinio di vento entrava da sotto la porta e agitava i capelli sporchi di sangue della ragazza. Draco pensò che se era quello l’ultimo contatto umano che avrebbe potuto avere prima di subire la punizione di Bellatrix, allora tanto valeva goderselo.
Avvicinò il viso della Granger al suo, tirandola per i capelli, e forzò un bacio sulle sue labbra.
Quel bacio sapeva di sangue, fango e follia, ma Draco, mentre se lo prendeva, sentì il nodo al suo stomaco sciogliersi, le proprie gambe che tremavano e le lacrime che ricominciavano a bagnargli il viso.
 
        
 
Astoria, arrivata alle sue spalle, poggiò una mano sul braccio del proprio marito, con la delicatezza che la caratterizzava. Draco, seduto al tavolo degli sposi, si riscosse dai propri pensieri e alzò lo sguardo verso di lei, trovandosi sotto al naso una forchetta con un pezzo della propria torta nuziale.
“Astoria, mia cara, mi hai già imboccato fino a farmi finire due fette di torta. Non credi sia sufficiente?”
Lei si lasciò sfuggire un risolino, mentre spingeva il boccone fino alle labbra del marito.
“Mio caro, no, non mi stancherò mai di imboccarti e tu non puoi certo dirmi di no il giorno del nostro matrimonio!”
Lui sospirò e dischiuse le labbra sottili, lasciando che il sapore deciso della cioccolata fondente gli invadesse la lingua.
Astoria gli scoccò un bacio veloce su un angolo della bocca impastato di scure tracce di cacao.
“Non so perché io ami tanto imboccarti,” gli sussurrò.
“A questo punto direi ingozzarmi,” la corresse il marito.
La risata cristallina di Astoria si mescolò di nuovo al canto lento dei violini e dei flauti.
“Credo che sia solo un istinto a prendermi cura di te.”
Draco increspò le labbra in un altro sorriso e carezzò con lo sguardo il volto rotondo della moglie, i suoi capelli chiari, la sua bocca a cuore.
Astoria si prendeva cura di lui.
Dopo la guerra, Draco era un ragazzo senza ragioni per vivere. Quella sera in cui non era riuscito a uccidere Hermione era sopravvissuto solo perché Potter e il suo elfo l’avevano soccorsa e lui aveva potuto incolpare altri del suo fallimento e sfruttare il fatto che Bellatrix fosse distratta da altri pensieri.
A diciassette anni Draco pensava che non sarebbe mai arrivato all’età adulta. Non aveva il fegato di fare quello che Bellatrix gli aveva chiesto, non aveva il fegato di uccidere se non per salvare la propria misera vita. Il suo istinto più sviluppato era quello per la fuga. Aveva pianto come un bambino quando gli era stato impresso il marchio nero, per il dolore e per la vergognosa consapevolezza di non poter più sperare di scappare. Aveva pianto quando non era riuscito a uccidere Silente, aveva pianto quando non era riuscito a uccidere la Granger e si vergognava di ogni singola lacrima.     
Poi la guerra era finita e l’ideologia con cui il giovane Malfoy era stato cresciuto, aspettando con pazienza il ritorno dell’Oscuro Signore, si era sgretolata come la pelle serpentina di Voldemort quando Harry Potter lo aveva ridotto a un corpo senza vita. Quello che era rimasto ai Malfoy era la doppia vergogna di aver volontariamente commesso le più atroci torture e poi aver tradito per salvarsi la pelle, per poter sopravvivere, strisciando ai piedi degli Auror, collaborando per sottrarsi alle viscide dita dei Dissennatori.
La fine della guerra aveva cambiato il mondo in cui Draco aveva vissuto la propria adolescenza; non era più una realtà in sospeso in cui ognuno sperava di poter sopravvivere ancora un’ora ma vedeva la morte dietro ad ogni angolo, il nemico in ogni volto e la speranza nei luoghi più inattesi. Il giovane Malfoy aveva sepolto nel profondo della memoria quei minuti di pace che aveva trovato tra le braccia e rubato dalle labbra della Mezzosangue Hermione. Si vergognava di essersi abbassato a implorare un tale basso conforto, eppure il ricordo del calore di quel corpo accanto al suo lo aveva sia tormentato, sia aiutato ad andare avanti nei mesi a seguire.
Poi era arrivata Astoria. La giovane donna aveva una voce soave e bianche mani capaci di accarezzare per ore il corpo stanco di Draco. Lui l’aveva scelta da subito per il modo in cui sapeva farlo sentire, per come sapeva calmare i tormenti che un bacio rubato anni prima gli avevano creato nel cuore.
“Draco, mi hai sentito? Dobbiamo andare a salutare tutti i rappresentanti del Ministero che stanno arrivando.”
L’uomo si riscosse ancora una volta dal filo di pensieri in cui si stava perdendo.
“Come dici, cara?”
“Ricordi che abbiamo invitato a questa cerimonia anche tutti i più importanti impiegati del Ministero della Magia, vero?”
Il marito le annuì, alzandosi e prendendole la mano.
“Quindi chi dobbiamo salutare e ringraziare per l’orrido vaso di ceramica regalatoci a nome del Ministero?”
Astoria sorrise, lanciandogli anche uno sguardo di rimprovero per quella piccola impertinenza.
“Beh, credo siano venuti solo il Ministro della Magia Shaklebot, il capo dell’Ufficio Auror Harry Potter, il capo del Dipartimento per la Regolazione delle Leggi Magiche, cioè una certa Hermione…uhm… Kranger, credo, poi il capo del Dipartimento per…”
“Una certa chi?” la interruppe Draco, sentendo un piccolo tuffo al cuore.
“Kranger. Almeno credo.”
“Granger,” la corresse Draco.
“La conosci?” chiese candidamente Astoria.
“Era al mio stesso anno a Hogwarts,” sviò l’uomo, “ma andiamo a salutare, non vorrei farti sembrare una padrona di casa scortese.”
Astoria sospirò con aria sognante all’idea di essere la padrona di casa, poi prese la mano di Draco e lo condusse verso gli ospiti appena arrivati.   
Qualche stretta di mano e sorriso di cortesia più tardi, Draco era di nuovo davanti alla Granger per la prima volta dopo la fine della guerra.
Si comportò civilmente con lei, come con gli altri, ma mentre le parlava stringeva la mano della propria moglie come se da quello dipendesse la salvezza di tutti loro.
Poco dopo, massaggiandosi la mano dolorante, Astoria si chiese il perché di quella morsa in cui Draco l’aveva stretta, ma non fece in tempo a pensare di chiederglielo che lui si era già allontanato, uscendo in terrazza.
Lì una giovane donna raccoglieva con le dita nude fiocchi di candida neve appena caduti sul davanzale. Draco le arrivò alle spalle.
“Granger.”
Lei si voltò, tenendo in mano un piccolo mucchio di neve che le si sciolse subito tra le dita.
“Draco!” gli disse con un sorriso, “Beh, congratulazioni.”
Lui accennò un grazie, poi rimase fermo, titubante sul da farsi, incerto persino del perché l’avesse seguita. Era perso nella rievocazione di un singolo momento, dolce eppure doloroso, ed era stato sconvolto dal solo aver rivisto la donna con cui lo aveva condiviso.
“Hai già assaggiato la torta?” chiese senza interesse, per interrompere il silenzio e i propri pensieri impazziti.
Lei annuì.
“Non sono un’amante della ganache al cioccolato fondente, però,” specificò, mostrandogli il piattino del dolce che aveva abbandonato sul davanzale, appena assaggiato e già coperto di fiocchi di neve.
“È la mia preferita,” controbatté Draco, con un sorriso rassegnato.
Lei gli si avvicinò, prendendo le sue grandi mani calde tra le proprie, fredde ed umide di neve.
“Già. E lo sappiamo entrambi che siamo diversi, Draco. Opposti praticamente. Non sono qui per rovinare il tuo giorno felice, sai? Ti auguro davvero di poter essere sereno, dopo tutto quello che abbiamo passato.”
L’uomo le avvolse le mani tra le proprie, scaldandole, e vi depose un leggero bacio, che stavolta sapeva di cacao e neve, non sangue e fango.
Il rancore e i turbamenti che lo avevano ossessionato per anni si sciolsero come facevano i fragili fiocchi di neve che restavano intrappolati tra i riccioli di Hermione e Draco si sentì, per la seconda volta in un giorno, finalmente in pace.
“Chi ha passato quello che abbiamo passato noi al massimo può chiedere di dormire sereno un paio di notti, non di esserlo una vita, ma va bene anche così, Granger. Grazie comunque.” 
Sciolse la presa sulle mani di Hermione, la salutò con un cenno del capo e tornò dentro la sala, dove Astoria lo attendeva al loro tavolo, giocherellando con la fetta di torta da cui lo voleva imboccare.
“Eccoti di ritorno! Pronto per un altro boccone?”
Lui sorrise e dischiuse le labbra. Tutto per accontentare la donna che si sarebbe presa cura del suo povero cuore tormentato.
Accolse di nuovo sulla lingua il sapore pungente e amaro del cacao, che andò a coprire ogni altra sensazione, persino l’aroma della pelle di Hermione.
Forse Astoria non gli avrebbe mai fatto tremare le gambe come quella giovane strega dagli occhi marroni aveva fatto anni prima, ma lei si sarebbe presa cura di lui, con amore e sincerità, lasciando che lui l’amasse quanto gli era possibile fare. E in certe notti, quando i turbinii dei venti avrebbero portato solo freddo, neve e ricordi che sembravano incubi – in queste notti avere accanto qualcuno disposto a fargli stringere la sua mano, era più di quanto Draco credesse di meritare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
~The End





NdA: 
Questa storia è stata scritta per il contest Cioccolata che passione: Draco Malfoy (http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10413003&p=1) di Draco the Best, indetto sul forum di efp.
Si è classificata prima e ha vinto anche i premi speciali: “premio credibilità”, “premio miglior Draco” e “premio miglior utilizzo della cioccolata”.
Spero sia piaciuta anche a voi.
Ho scelto di concentrarmi su Draco e sui suoi rapporti con l’amore durante e dopo la guerra. La storia è interpretabile come una Draco/Astoria che contiene anche un flashback in cui si sviluppa una breve Draco/Hermione o come una Draco/Hermione che passa ad una Draco/Astoria. Cambia poco.
Ho cercato intensamente di rendere Draco credibile, almeno credibile per come lo immagino io: spaventato (quasi disperato), insicuro, impulsivo durante la guerra, un po’ rassegnato più saggio e malinconico nel dopo guerra. 
Aggiungo che, onestamente, non so se fosse freddo la notte in cui Hermione fu torturata da Bellatrix, ma mi serviva che lo fosse ai fini della storia (per far sì che il vento e la neve facessero scattare il flashback), quindi se il fatto non è cronologicamente accurato, consideratelo una licenza letteraria.


MmeBovary. 



  
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