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Autore: _Trixie_    23/12/2012    8 recensioni
Raccolta di sei storie (tra cui un paio di One-Shot) partecipante al "Fluff Fest Challenge".
Momenti di vita di Callie e Arizona, per la maggior slice of life dai toni decisamente fluff.
1. Di noia, abbordaggi e libri - «Tu baci le perfette sconosciute per abbordarle, Arizona»
2. Di calore, freddo e parole - In Arizona fa caldo, molto caldo, pensai stupidamente.
3. Di fuoco, ghiaccio e fiamme - Crepitii, una goccia d’acqua fredda sul cuore, Calliope a farlo battere.
4. Di cioccolatini, liquore e morsi - «E così sei condannata a passare la vita a mordermi?»
5. Di San Valentino, dolci e polli - «Diventerai una zitellona acida, Phoenix»
6. Di scuse, lacrime e cicatrici - Che il mondo stesso non fosse abbastanza per noi?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From the summer to the spring. '
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Titolo: Di scuse, lacrime e cicatrici.
Autore:_Trixie_
Fandom: Grey’s Anatomy.
Personaggi: Calliope Torres, Arizona Robbins.
Pairing: Callie/Arizona.
Genere: fluff, hurt/comfort, triste.
Rating: arancione.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono e non ne detengo i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. 
Tabella: Primavera
Prompt: 06. Cicatrice.
Note: Dunque, ho scritto questa shot molte settimane fa,quando la nona stagione era da poco iniziata. Non c’è nulla nella storia che contraddica ciò che abbiamo visto fino alla 09x09, ma, dal promo della 09x10, intuisco che ci saranno delle differenze.
Con questa shot concludo anche Spring e sono a metà anno, prima o poi arriverà anche l’estate!
Colgo l’occasione per augurarvi Buon Natale, spero che la shot vi piaccia, buona lettura!
 

Di scuse, lacrime e cicatrici

 
 

There's a piece of me you can't have 
And I know it's driving you mad 
There's a part inside you can't reach 
I'm afraid that's the way its gonna be 
 
There's a part of you that wants to fight…
[Little Pieces - Gomez] 

 
 
Il nostro rapporto stava migliorando, un passo alla volta.
Alcune giornate erano più difficile di altre, il ricordo dell’incidente aereo a volte si impossessava della mente di Arizona e lei semplicemente spariva, andava lontano e lì, dove scappava, sola, senza nessuno che potesse raggiungerla, poteva rimanere ore, minuti o secondi.
Per me era una tortura, ma la rispettavo, perché sapevo che sarebbe tornata da me, di nuovo, come ogni volta.
Quella sera, le stavo raccontando di come Sofia e Zola si divertissero insieme. Stavamo ridendo, io stavo ridendo, poi il suo viso si fece d’un tratto serio e io ebbi paura.
Paura che si allontanasse da me, anche sapendo che sarebbe tornata.
Paura di lasciarla andare, anche sapendo che era ciò di cui aveva bisogno.
Sperai che il mondo si congelasse, improvvisamente, cristallizzandoci per sempre. Insieme e felici.
Il freddo conserva, il freddo ricorda, il freddo anestetizza, avevo imparato ad amare il freddo proprio per questo.
Non arrivò il freddo, quello che arrivò fu la sua mano leggera sulla mia guancia. E poi ci fu lo stupore, per un gesto così semplice, ma che per me, per noi, valeva molto.
«Arizona» sussurrai, non sapendo come comportarmi.
Lei scosse la testa, accennando un sorriso, avvicinandosi a me.
Timorosa, feci scorrere una mano lungo il suo fianco, sotto la maglia leggera. La sentii irrigidirsi, rabbrividire, ma non ritrarsi.
«Arizona…» dissi di nuovo, le mie dita seguivano ancora la linea del suo corpo. Aspettavo quel momento da mesi, non volevo rovinarlo, non volevo costringerla.
Lei chiuse gli occhi, deglutì.
«Possiamo aspettare» mi costrinsi a dire, pensando più al suo benessere che al mio, benché quel lento logorio, quell’attesa, mi stesse distruggendo.
Avevo lo sguardo fisso sulle sue labbra semichiuse, illuminate tenuamente dalla luce.
La sua presa sul mio viso si fece più decisa, il suo bacino sfiorò il mio.
Era la prima volta che prendeva l’iniziativa, che cercava un contatto fisico.
Alzai lo sguardo, in cerca del suo, ma le palpebre erano ancora abbassate.
La baciai con delicatezza, sottomettendo quell’istinto che mi spingeva a divorarle le labbra, il cuore e l’anima, a nutrirmi di lei perché ero affamata, dopo un digiuno che era durato troppo a lungo.
Le mie mani iniziarono ad esplorare il suo viso familiare, le sue curve prive di mistero, la pelle tesa sulle sue ossa.
Con movimenti delicati, come se temessi di romperla, la guidai, facendola sdraiare, poi mi misi sopra di lei puntellandomi sui gomiti.
Avevo continuato a baciarla per tutto il tempo, ma mi fermai per scostarle i lunghi capelli dal viso.
Non li aveva più tagliati dall’incidente aereo.
«Calliope».
Arizona aprì gli occhi, ricolmi di lacrime.
Non so se fu lei a chiamarmi o se, piuttosto, fu l’eco della sua anima che pronunciò il mio nome vibrando.
Non so lo sentii con le mie orecchie o se quel muto richiamo risuonò nel mio petto, scuotendomi violentemente dall’interno.
Eravamo davvero lì, nel nostro letto sotto le coperte? O avevamo raggiunto un’altra dimensione? Che il nostro reciproco bisogno non potesse essere soddisfatto in questo mondo crudele? Che il mondo stesso non fosse abbastanza per noi?
La baciai di nuovo, spostando le mie labbra all’angolo della sua bocca, poi scesi, assaporando ogni centimetro della sua pelle.
Sentivo le sue mani tra i miei capelli, i suoi respiri farsi sempre più profondi.
Lasciai un bacio dolce in mezzo ai suoi seni, soffermandomi più del necessario, poi proseguii in linea retta verso il basso, fino all’ombelico, di cui tracciai il contorno con la punta della lingua.
Con una mano slegai il laccio dei pantaloni, allentando l’elastico che le stringeva le anche, poi li abbassai, senza mai smettere di baciarla.
«Calliope».
Le sue mani erano tra i miei capelli, che le solleticavano la pelle.
Mi fermai, abbassai lo sguardo. Mi guardò con quei suoi occhi chiari, in cui lessi gratitudine, amore, eccitazione.
Probabilmente,mi dissi, sto solo sognando. E il risveglio sarò doloroso, sarà morire. Che io possa non svegliarmi più, dannazione.
Mi accarezzò il viso, fece scorrere le dita sulle mie labbra, sul collo.
Abbassai di più i pantaloni di Arizona, fino all’altezza del suo ginocchio, poi ripresi a baciarla, dall’ombelico in giù, fino agli slip. Li afferrai con i denti, ma non mi fermai.
Le lasciai andare lentamente, perché non le facessero male.
La sentii sospirare, vibrare.
Le baciai la gamba, la destra, quella intatta. Poi passai all’altra.
Arizona era bella, terribilmente bella.
«Calliope».
La sua presa sui miei capelli si fece più intensa, i suoi muscoli si irrigidirono.
«Calliope».
Mi chiamò di nuovo, quando capì che non mi sarei fermata, che volevo scendere.
«Sono qui, Arizona, va tutto bene» sussurrai, sfiorandole la pelle con le labbra. «Va tutto bene».
Le diedi un bacio, due, tre, persi il conto.
E poi la baciai lì, sulla cicatrice chiara.
«Calliope».
Non aveva mai tolto le mani dai miei capelli, avrebbe potuto fermarmi, se solo l’avesse voluto. Ma non l’aveva fatto, aveva lasciato che vedessi le sue cicatrici.
Non solo quella del suo corpo, ma anche quella della sua anima.
Vulnerabile e ferita, si stava abbandonando a me.
Lasciò che accarezzassi la sua cicatrice, per la prima volta, poi mi riportai all’altezza del suo viso.
Un singola lacrima scivolò lenta sulla sua guancia.
«Ehi» dissi, asciugandola con il dorso della mano.
«Scusa. Scusa per il silenzio, scusa per la lontananza, scusa se ti ho abbandonata, se ho dubitato del tuo amore, scusa, Calliope, scusa per i baci non dati, per le carezze negate, scusa».
Un lacrima cadde sulla sua guancia. Era mia, non sua.
Mossi la mano per asciugarla, ma lei mi fermò.
«Ti amo. E voglio tutto di te. Voglio la tua risata e il tuo pianto, la tua gratitudine e il tuo risentimento. E voglio il tuo amore, se ancora vorrai darmelo» aggiunse, poi sorrise. E, Dio, quanto mi mancava quel sorriso.
Arizona alzò la testa, mi baciò a lungo.
Mi arresi a lei, lasciai che fosse il balsamo in grado di cicatrizzare le profonde ferite che lei stessa mi aveva inferto.
Mi scostai, dopo qualche minuto. O forse qualche ora.
«Ti amo, Arizona, ti amo con tutta me stessa. Io sono te e tu sei me. Così, tu hai tutto di me e non devi chiedere il mio amore, perché hai anche quello, Arizona, l’hai sempre avuto, continuerai ad averlo».
Lei sospirò, sorrise di nuovo, la sentii fremere.
Ci scambiammo un altro lungo bacio. Ad ogni secondo che passava, un pezzo di lei tornava da me.
Quella notte, lei tornò per sempre.
Tornò ad essere mia moglie, mia amica, mia amante. 

   
 
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