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Autore: Scaramouch_e    23/12/2012    2 recensioni
Dudley si vuole scusare con il Cugino.
"Ci vediamo, Harry"
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dudley Dursley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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One-shot
Disclaimer: Tutti i personaggi sono della Rowling e di chi ne detiene i diritti!
Ringraziamenti: Ringrazio la mia beta Charme, per l'aiuto riguardante questa fanfic ^_^
Buona Lettura ;)!





Il Canto di Natale di Dudley. - A Strange Dudley.

“Ci vediamo, Harry”.
“Sì...” rispose Harry, afferrò la mano di Dudley e la strinse.
“Magari. Stai bene Big D.”
Dudley quasi sorrise, poi uscì dalla stanza. Harry udì i suoi passi pesanti sulla ghiaia del vialetto e poi la portiera di un’auto che sbatteva.
(Harry Potter e i Doni della Morte. Pag.45)


Dudley, durante i suoi viaggi in giro per il mondo era cambiato non solo fisicamente, ma anche mentalmente: aveva conosciuto tante persone, visitato posti diversissimi tra loro e fatto esperienze nuove che l’avevano fatto crescere e riflettere suoi propri errori, e infine aveva deciso che l’unico modo di porvi rimedio era quello di ritornare indietro, di cercare di farsi perdonare dall’unico parente veramente forte e straordinario che aveva: suo cugino Harry Potter.
Per cui aveva deciso di tornare a Londra, a Privet Drive numero 4 per cercare informazioni.

Era da tanto che il giovane ragazzo biondo non vedeva i suoi genitori, da cioè quando si era diplomato a New York, città che aveva ospitato la famiglia Dursley durante la fine dell’adolescenza di Dudley per conto del governo di suo cugino.
Dudley sospirò guardando le case a schiera davanti a lui; così ordinate, così ordinarie, sembravano restituire lo sguardo ed erano sufficienti a calmarlo, ricordandogli l’aria di casa.
Sapeva che non avrebbe ottenuto risposte alla sua domanda in quella casa, eppure non sapeva il perché, ma sentiva l’impellente bisogno di tornare a dai suoi genitori.
Suonò al campanello chiudendo gli occhi e prendendo un bel respiro; poco dopo un uomo corpulento venne ad aprire: suo padre Vernon Dursley non era cambiato per nulla dall’ultima volta che si erano visti; se non fosse stato per i capelli bianchi e le rughe sul volto, Dudley avrebbe certamente detto di trovarsi tredici anni prima quando aveva detto che come regalo di diploma voleva viaggiare con i suoi nuovi amici.

Dopo un attimo di silenzio imbarazzante Vernon si avvicinò al ragazzo e lo stritolò in un abbraccio da fargli mancare il respiro; quando poi lo lasciò sul faccione rosso erano spuntate, all’angolo degli occhi, delle lacrime.
“E tu che ci fai qui?” chiese brusco al figlio asciugandosi gli occhi con la manona mentre lo osservava.
Dudley ricacciò indietro le lacrime: dopotutto, anche se loro avevano fatto del male a Harry gli erano mancati, e gli faceva tenerezza rivedere suo padre.
“Papà, dov’è mamma?” chiese.

Vernon sorrise si voltò verso l’interno chiamando Petunia, poi i suoi occhi porcini si posarono sul figlio, studiandolo c’era stato un gran cambiamento, e non solo dal punto di vista fisico, anche se era quello che rimaneva più impresso: suo figlio non era più il ciccione che era stato durante la sua adolescenza, bensì era diventato un bel ragazzo: magro, alto, dai capelli tagliati corti dietro e avanti un po’ lunghi, negli occhi limpidi di Dudley non si leggeva più scontrosità e animosità, bensì armonia e amore per la vita, e, come si sa, gli occhi erano lo specchio dell’anima. Eh, sì, nel suo Dudley era sorto un profondo cambiamento ma Vernon non sapeva se esserne felice o no.

Petunia entrò nella visuale di Dudley e il ragazzo notò che era cambiata: aveva i capelli corti grigi e molte rughe attorno agli occhi e alla bocca, era però sempre bella ai suoi occhi.
Petunia, non appena vide chi era l’ospite per il quale Vernon l’aveva chiamata, lanciò un urletto stridulo di sorpresa e abbracciò il suo ‘Diddino’ poi si staccò da lui e gli sorrise. “Diddino, sei tornato! Vernon, che aspetti a farlo accomodare?! Dud ma quanto sei magro... Non ti fanno mangiare bene? Tesoro adesso mamma ti fa una lasagna buona, buona…  è sempre il tuo piatto preferito?”  Petunia era eccitata e parlava a raffica mentre spingeva suo figlio all’interno della casa, fino al salotto.
Dudley fece una panoramica generale e notò che non era cambiato nulla; forse c’era solo l’ultimo modello di schermo piatto, ma tutto era rimasto uguale, quasi come se non se ne fossero mai andati da Londra.
“Mamma, grazie, ma non voglio disturbare più di tanto. Ho un albergo nel centro di Londra.” non finì la frase che subito sua madre attaccò.
“Ma Did, quale disturbo! ci manchi sei sicuro che nemmeno un po’ puoi restare? Vernon, digli che abbiamo devoluto quanto al giornale dove lavori... A proposito,  tesoro, sono molto orgogliosa di te!”

Dudley era un giornalista, diplomato con il massimo dei voti alla propria università, e a aveva trovato lavoro presso il New York Times come corrispondente di guerra… all’inizio certo era stata dura, ma adesso era la penna più giovane e, oltre che scrivere e viaggiare, aiutava la gente più povera tramite organizzazioni di volontariato che si appoggiavano al giornale.
Il ragazzo arrossì, ma allo stesso tempo il suo orgoglio si gonfiò: anche se era cambiato gli piaceva ricevere complimenti.

Più rilassato, sorrise e rispose “Grazie mamma!” dopo un po’ ci pensò su e decise. “Rimarrò a cena, ma solo se non mi fai le verdure.”
Petunia sorrise allegramente e annuì, contenta di suo figlio.
Dentro casa si respirava un’atmosfera che non si vedeva da tempo: Petunia era contentissima che il figlioletto prediletto fosse andata a trovarli e canticchiava ai fornelli, Vernon invece chiacchierava con il figlio sui suoi viaggi, mentre una musica natalizia proveniva dal giradischi posto nel salotto.
Fu naturale per Dudley essere a casa coccolato da mamma e papà, soprattutto dopo che aveva viaggiato in posti dove non c’era nemmeno un telefono.
“Oh, ecco la cena! Meravigliosa come sempre, ‘Tunia.” si complimentò Vernon con Petunia quando portò una lasagna dall’aria molto appetitosa.

Dudley sorrise e si accomodò a tavola, poi prese un bel respiro e disse, ostentando una naturalezza che, in realtà, non provava: “Mi stavo quasi dimenticando il motivo della mia venuta qui. Per caso avete notizie di Harry?” 
Petunia sbiancò, Vernon passò dal bianco, al verde e infine al rosso a una velocità incredibile. La prima a riprendersi fu Petunia, che pigolò stringendo il braccio del marito: “Did, come mai vuoi sapere di H...arry? Non… non ne sappiamo nulla, vero Vernon?” domandò terrorizzata stringendo il braccione del marito, che fissava pensieroso Dudley.

“Gli voglio chiedere scusa e ringraziarlo per tutto... Vorrei poterlo conoscere meglio, e, se me lo permette... Voglio essergli amico, un vero cugino, come non lo sono mai stato.”
Fu con grande sorpresa di Dudley che suo padre battè la manona sul tavolo ed esclamò: “’Tunia, il ragazzo ha ragione! Credo proprio che anche noi ci dovremmo scusare con il ragazzo... In qualche modo. Se lo fa Dud, potrebbe scusarsi anche per noi! Pet, per favore, vai a prendere le lettere di quel... Mago, di quel Tedalus Lumus?” domandò l’omone sbagliando il nome e il cognome del mago che li aveva protetti durante gli anni della seconda guerra.

Petunia, con il fiato corto, annuì, si pulì le labbra sottili e andò a prendere le lettere, lasciando soli padre e figlio. “Quell’ometto, ci ha scritto a ogni compleanno del ragazzo e a ogni ricorrenza del giorno della vittoria del ragazzo contro Lord-Coso. Scommetto che troverai il suo indirizzo.”
Dudley sorrise alzandosi e abbracciando il padre... Era da tanto che non lo faceva da quando si erano abbracciati pochi minuti prima… Forse l’ultima volta era stato quando aveva 5 anni!
Petunia tornò e sorrise intenerita nel vederli abbracciati e in armonia. L’aveva capito fin dalla mattina, che quel Natale si annunciava magico. Entrò nella stanza e, dopo uno sguardo ai suoi uomini, si riprese a chiacchierare in modo più normale, scambiandosi sorrisi e convenevoli, e quando si arrivò al dolce si era fatto tardi.
Dudley accettò la proposta di rimanere a casa, solo per quella sera, poi salì su in camera con le lettere.
Le posò sul comodino e dopo essersi fatto una lunga doccia e messo il pigiama si mise a leggerle.

Dudley si trovava davanti alla casa di suo cugino. Si era spulciato ben bene le lettere, e nelle ultime aveva trovato l’indirizzo della casa di suo cugino: abitava a Godric’s Hollow, villaggio per lo più di maghi e pochi babbani.
Dudley si morse il labbro, agitato e un po’ impaurito.
Finalmente bussò alla porta, e un ragazzino di quattro anni dagli occhi scuri e i capelli neri sparati in testa venne ad aprire.
Era chiaro che era figlio di suo cugino.
Dudley deglutì: suo cugino era riuscito a fare quello che lui non aveva ancora fatto
-Chi sa chi era la strega con cui si era sposato- pensò il giovane uomo -magari quella riccia!-
Dudley se la ricordava bene alla stazione di King’s Cross quando erano quattordicenni, con tutti quei maghi strambi che minacciavano la sua famiglia.

Il piccolo lo guardò, in viso un’espressione sorpresa. Dudley si chinò verso di lui.
“Ciao, piccolo, è questa la casa di Harry Potter?” il piccolo annuì e Dudley sorrise.
“Lo puoi chiamare?”
Il ragazzino annuì e andò a chiamare Harry.
Dudley aveva ansia e paura... Non lo vedeva da tanto, troppo tempo. Forse lo avrebbe trattato male, si sarebbe arrabbiato per quello che aveva fatto in passato. Non doveva venire.
Finalmente un giovane uomo arrivò. Come Dudley aveva trentanni  ed era rimasto il ragazzino basso e magro che conosceva, ma si era fatto crescere la barba e portava gli occhiali squadrati sugli occhi di giada, i capelli erano scompigliati ed era in forma, probabilmente giocava ancora a quello sport strano il q...quidditcthi o come diamine si chiamava.
Harry si guardò intorno incrociando gli occhi castani di Dudley.

“Mio figlio mi è venuto a dire che qualcuno mi cercava... Ma io non la conosco.”
Dudley sorrise e gli fece presente: “Harry, sono io, Dudley, tuo cugino... Ti devo parlare. Per favore, fammi entrare.”
Per poco Harry non svenne, ma si riprese e lo squadrò: quel ragazzo  non assomigliava affatto a  suo cugino, ma decise di credergli; chissà cosa aveva da dirgli, era curioso.
“Ehm... Okay, Dudley, vieni, entra.”
Harry lo condusse in casa, nel suo piccolo studio: era arredato in maniera normale, quasi babbana.
Dudley si guardò intorno, osservando una delle foto magiche: rappresentava Harry e sua moglie in Egitto; la moglie non era quella riccia, bensì una rossa.
I due nella foto salutavano, mentre Dudley guardava con in viso un’espressione incredula.
“Quella è mia moglie, siamo in Egitto... La nostra luna di miele. L’hai vista. Si chiama Ginny Weasley. Ma dimmi, cosa volevi, Dudley?”
Dudley lo guardò, probabilmente suo cugino non  gli avrebbe creduto, probabilmente non aveva creduto nemmeno al fatto che fosse cambiato fisicamente... Forse pensava che era uno scherzo!
Nonostante tutte le preoccupazioni, Dudley sospirò, e guardandolo in quegli occhi profondi incominciò a raccontare.

“Harry… sono cambiato, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Sono diventato un giornalista, sono cresciuto anche in quel campo,  Harry, e alla fine mi sono ritrovato con molti soldi in tasca… ero così orgoglioso, ma mi mancava qualcosa. Sono partito come volontario in Africa e… Harry… lì c’era veramente sofferenza, ma forse tu te la puoi immaginare, visto la guerra che hai combattuto. Ho combattuto anche io contro la fame e le malattie grazie ad armi babbane come vaccini e soldi. E ogni volta che un bambino stava male o moriva, io vedevo te… eri malnutrito, Harry, sporco e piccolo, quando eri un bambino… e questo per colpa mia e della mia famiglia.” Dudley si interruppe un attimo. Aveva il fiatone, tanto aveva parlato.
Harry lo guardò da sotto gli occhiali dalla montatura sottile. Doveva ammetterlo. Si era chiesto che fine avesse fatto BigD, da quando si erano salutai.
Il suo: “Ci vediamo, Harry.” l’aveva colpito più di quanto avesse immaginato.
Eppure non si sarebbe mai aspettato di vederselo piombare in casa la mattina di Natale. Voleva vedere dove sarebbe andato a parare -anche se un’idea ce l’aveva.-
Dudley aveva trovato fiato e anche il coraggio di guardare Harry negli occhi.
“Harry, so che mi odi, ma se puoi… perdonami. E fammi comportare come il cugino che non sono mai stato. Probabilmente ti sembrerà strano vedermi la mattina di Natale, ma te lo giuro, non ho avuto tempo di tornare, pensavo a te ogni santo giorno, ma veramente la missione in Africa m’impiega tanto tempo e tanto amore che ho trovato solo queste vacanze per venire a chiederti scusa.”

Harry pensò a quanto detto  dal cugino. Se c’era una cosa che Albus Silente e la guerra gli avevano insegnato era avere fiducia negli altri, perché solo stando uniti era riuscito a combattere lord Voldemort. E poi vedeva veramente pentito Dudley. Non pensava minimamente che quello del cugino fosse uno scherzo. I suoi occhi parlavano chiaro.
“Va bene BigD. Hai il mio perdono.” disse infine.
Il cugino esultò dentro e fuori di sé, scavalcò la scrivania e andò ad abbracciare Harry. Anche se dimagrito, Dudley era comunque più grosso di Harry, che si trovò a soffocare contro il petto del cugino. Dudley lo lasciò andare e sistemò gli occhiali sul naso di Harry sorridendo.

Poi Harry stesso stupì lui e suo cugino. “Dud, vuoi rimanere a pranzo?” domandò senza esitazione.
Dudley annuì felice e Harry si voltò verso la porta: “Ginny, aggiungi un posto a tavola.”
Una voce femminile tintinnante riempì l’atmosfera: “D’accordo, amore, chi resta?”
Harry sorrise e si voltò con decisione verso Dudley.  “Mio cugino.” 


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Eccomi qua, era da un pò di tempo che non pubblicavo su questa sezione. Questa fanfic mi piace molto, è forse è una delle fanfic che trovo migliore. So che ci sono fanfic che parlano di Dud e di una sua riconversone, ma spero che vi piaccia anche questa mia ultima fanfic, anche se inizialmente era molto diversa rispetto a questa stesura. 

Questa fanfic è anche per agurarvi buon Natale, e visto che stiamo vicini al periodo Natalizio, come regalo vorrei un pò di recenzioni. Grazie.

 

 

 

 


   
 
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