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Autore: TooLateForU    23/12/2012    56 recensioni
New York è la città dei sogni. Del traffico, dei monolocali squallidi, delle amiche riccone, delle metro sempre piene, dei caffè freddi, di gossip girl..E, disgraziatamente, anche di Harry Styles.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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stasera mi girano i coglioni.
ho perso il conto di quanti spazi autore ho cominciato così, ma vabbè. comunque, non voglio che la mia ira funesta (?) si ripercuota su voi povere lettrici ignare.
che fate per natale? io un cazzo. ah no, il 30 dicembre vado in austria.
domani è il compleanno di lou #muchlove e, come hanno tenuto a ricordare tutte le psicopatiche larry shippers su twitter 'harry!1 tòrnaà a kasaà!1'
divertente come dicano che taylor stia '''''''''''manipolando'''''''''' harry. come se lui non avesse un cervello, una testa propria e fosse un idiota.
ma tanto, è difficile far comprendere anche le cose più basilari a chi mentalmente è fermo ai 5 anni e non riesce ad accettare che il proprio idolo NON GLIELO DARA' MAI, ed è FELICE con qualcun altro.
uuuuuh, come sono simpatica stasera eh? vabbè, smetto di ammorbarvi.
godetevi il capitolo (lo odierete) e buonnnnatale!

p.s. domani pensavo di pubblicare un'os, per natale #eeeh






24 DICEMBRE
 
Spalancai gli occhi, ritrovandomi a fissare il solito vecchio soffitto giallo della mia stanza.
Era giallo ocra come anche il minuscolo armadio appoggiato alla parete, giallo ocra come il piumino che mi avvolgeva, giallo ocra come le tendine alla finestra.
La mia camera era un indicibile trionfo di giallo ocra. L’avrei fatta ridipingere, se solo gli imbianchini avessero accettato di essere pagati in mille rupie che erano cadute dalla tasca di un’indiana in metro.
Sbuffai, mentre tiravo fuori una gamba dalla coperta per abituarmi al freddo polare della stanza.
Non voglio andare a scuola, non voglio andare a scuola, non voglio andare a scuol..
Momento.
Fermi tutti!
Oggi era 24 dicembre.
Congiunsi le mani e parlai al cielo (soffitto giallo) “Grazie Gesù, sono contenta che tu sia nato proprio oggi. Spero che tu nella grotta abbia avuto il piumino Eminflex che si riscalda, amen!”
Saltai giù dal letto, spalancai la porta della stanza e mi diressi trionfante verso la cucina.
“E’ la vigilia! Squarta il vitello grasso e stappa il Martini Rosé papà, si balla!” gridai, euforica.
L’unica risposta fu il rombare della lavastoviglie. Sul tavolo della cucina c’era una tazza di caffèlatte e un post-it giallo (..)
 
‘sono di turno in ospedale oggi, torno tardi. mi dispiace micia, buona vigilia :)’
 
“Fantastico..” borbottai, accartocciando il pezzo di carta. E’ la vigilia di Natale, ed io sono completamente sola a Brooklyn.
Non c’è neanche uno straccio di cane con cui giocare, in questa casa. Una volta avevamo un coniglio, ma si suicidò quando avevo tredici anni. Non aveva capito che eravamo al nono piano.
Fissai con una smorfia l’albero di Natale, sotto al quale c’erano solo due pacchetti.
Che tristezza sconfinata.
Bhè, io non ci sto a deprimermi anche il giorno della vigilia! Ci sarà qualcosa da fare in giro, no? Persone da incontrare, strade da..stradare, ragazzi che non vedono l’ora di afferrarti e sussurrarti ‘ehi..vuoi incendiare il natale con me?’
Certo, sicuramente.
 
24 DICEMBRE, ORE 11.24
Porca troia, non si cammina per le strade! Non ho mai visto tanta gente tutta insieme in vita mia, neanche quella volta che rimanemmo bloccati sulla sessantaquattresima per sei ore e Beyonce (intrappolata qualche macchina più avanti) aveva improvvisato un concerto.
Vidi l’insegna di TopShop, e mi precipitai nel negozio. Venni investita da un getto di aria calda, ma solo per un secondo perché subito dopo una biondona patinata mi diede una gomitata per afferrare un vestito rosso fuoco.
“EHI!”
La psicolabile fece finta di non sentirmi e proprio mentre stavo per sferrare un calcio volante roteante insieme a chuck norris sulla sua testa, una ragazza dal leggiadro peso di centosessanta chili mi pestò un piede.
Cercai di aggrapparmi ai vestiti, ma finì per trascinare giù tutta la fila di jeans insieme alle stampelle.
Silenzio.
La musica si era improvvisamente interrotta.
Le commesse mi fissavano.
Le clienti mi fissavano.
Persino il barbone sul marciapiede aveva smesso di pisciare nel tombino per fissarmi.
“Ehm..scusate..adesso rimetto tutto appos..”
“FERMA!” una commessa urlò istericamente, e mi venne incontro correndo per strapparmi le stampelle dalle mani “Metto io apposto, grazie.” mi fece un sorriso inquietante, e siccome avevo paura che cominciasse a ruotare la testa di 360 gradi come la bambola assassina mi allontanai velocemente.
Camminai a testa bassa fino all’uscita, fissando con grande interesse i miei piedi.
Non guardatemi, non guardatemi, non guardatemi..
“Oh!”
“Ah!”
Mi scontrai con qualcuno, e rimbalzai all’indietro come una molla. Alzai lo sguardo e bum, le ovaie si ridussero in ex-ovaie.
Occhi azzurri, belle spalle (una a destra, l’altra a sinistra della testa), abbronzatura stile 90210 e aria deliziosamente smarrita.
“Scusa, non ti ho proprio vista..” cominciò, e la sua voce smosse qualcosa nelle ex-ovaie “..tutto okay?”
Mi fissò per un po’, e mi stavo chiedendo se fosse andato a sciare o al mare per abbronzarsi quando mi accorsi che aspettava una risposta “Ah, mare.” dissi.
Lui: cosa?
Commesse: cosa?
Universo: cosa?
Cervello: sei spastica.
“Ehm, scusa, ero sovrappensiero. Tutto okay, sì certo, alla grande.” cercai di rimediare, mostrando un sorriso da persona normale.
Lui sembrava un po’ dubbioso, ma accennò un sorriso “Si, certo..allora ci vediamo.” mi fece un occhiolino, ed entrò nel negozio.
Restai a fissare la sua bellissima schiena (aveva una colonna vertebrale proprio al centro) per un po’, sperando che si girasse per attaccare bottone.
Ma non lo fece.
Dai dai, girati, sono ancora qui!
Okay, se non si gira entro tre secondi me ne vado. Uno, due…due e un quarto, due e mezzo, due e mezzo e un sedicesimo, due e mezzo e un ottavo..
“Senti..” cacciai fuori la voce, senza neanche volerlo “..fai qualcosa oggi?”
Mi fissò sorpreso, e in quell’istante realizzai che stavo filtrando con una sorta di dio greco dentro TopShop, e che non avevo alcuna speranza.
Oddio, no, sono un’idiota, dovevo stare zitta, zitta, zitta, zitta!
Stavo per dirgli di lasciar perdere, quando mi anticipò “Veramente, sto facendo il regalo di natale a mia sorella. Sai, sono stato fuori e passo la vigilia in famiglia..” cominciò, e mi sarei davvero voluta sotterrare.
Dio, quanto è orrendo essere una sfigata.
“Ma magari, potresti darmi il tuo numero.” continuò, rivolgendomi un sorriso ammiccante.
Oh cazzo. Oh cazzo. Ci stava!
Ci stava?
Sì, ci stava!
“Oh, sicuro.” risposi, afferrando con nonchalance il cellulare che mi porgeva. Memorizzai il mio numero, cercando di non sbagliare e di non scrivere il numero gratuito dei segni zodiacali che consultavo tutti i giorni (era già successo).
Abbronzatissimo riprese il cellulare, e chiamò il mio numero “Così puoi salvarti il mio, e qualche volta ci sentiamo.” mi disse, tranquillo.
Si comportava come se non facesse altro che prendere numeri delle ragazze dalla mattina alla sera. E probabilmente era così.
“Già, comunque io sono Eleanor.”
“E io sono Dave. Sai, non mi capita spesso che sia una ragazza a farsi avanti con me.”
“Oh bhè, io sono un po’ così, mi butto..” feci per spostarmi con eleganza un ciuffo di capelli, ma urtai con il gomito uno spigolo
“AHIA, cazzo, il nervo!” urlai, e Dave Miami Vice scoppiò a ridere. “Sei davvero un tipo, ci vediamo eh?” mi diede un buffetto sulla guancia (?) e si allontanò.
W.o.w.
 
Posai il telefono sulla spalla, lasciando che dall’altra parte squillasse, mentre posavo una gamba sul bordo della vasca.
Non so con quale coraggio l’estetista oggi non abbia voluto aprire il negozio. Neanche quando ho attaccato lo scotch al campanello (lei abita proprio sopra il negozio), neanche quando ho cominciato ad urlare che ero la polizia, neanche quando le ho detto che c’era un corpo morto sullo zerbino mi ha aperto. Si è limitata a lanciarmi una molletta per i panni e gridarmi di sparire. Bhè, poteva impegnarsi di più, io sono cresciuta in un quartiere dove lanciano coltelli.
Quindi, ora mi ritrovo a farmi la ceretta da sola il giorno della vigilia. Magari Dave domani mi avrebbe chiamata per uscire, non potevo presentarmi tutta pelosa.
“Andiamo Sam, rispondi!” esclamai al telefono.
 
‘Questa è la segreteria di Sam, in questo momento sto mangiando caviale su un volo per Parigi, richiamate tra nove ore, au revoir!’
 
“Sam, piantala di ingozzarti come una scrofa e rispondi al cellulare. Ho incontrato un tipo da favola, ho cominciato a flirtarci e ci siamo scambiati i numeri! Non è fantastico? Okay senti, devi richiamarmi per forza, perché sono sola a casa e mi sto deprimendo. Non è triste passare la vigilia da soli? Si lo è, quindi muovi il culo, e richiamami, e poi no..”
Un bip prolungato mi informò che era scaduto il tempo per il messaggio vocale, e attaccai con uno sbuffo.
Ora, in sottofondo, c’era solo la lavastoviglie. Che novità.
Diedi il primo strappo sulla gamba, e lanciai un gridolino di dolore.
Io. Odio. La. Ceretta.
 
DIECI MINUTI DOPO
Dio, fa troppo male. Ho fatto solo mezza gamba e già devo stendermi dal dolore.
E poi che angoscia, questo silenzio. Perché nessuno mi chiama?
Perché nessuno mi cerca?
 
UN MINUTO DOPO
“Pronto?”
“Ma si può sapere perché non chiami? Non mi cerchi?”
“Elle, sei tu?”
“No Harry, sono tua nonna. Quella pelata.” ribattei, ironica.
“Guarda che qui sono già le sette di sera, e stiamo per..TOM, NO, togliti la senape dalle mutande!” ci furono una serie di risatine in sottofondo, e il rumore di uno schianto.
“Che succede, Harold?” gridò qualcuno, in lontananza.
“Zia mi chiamo Harry, non Harold!”
“Che c’entra mia sorella Carol?”
“Ho detto Harold, non Carol!”
“Eh, chi mi chiama?”
“Harry!” urlai, stridula “Vai in bagno!”
Si sentì uno sbuffo, poi dei passi pesanti e lo sbattere di una porta “Dio, sembra di stare al circo qua dentro.” si lamentò, esasperato
“Almeno tu sei con qualcuno, io passerò la vigilia da sola.” commentai, amareggiata “Allora, che stavi facendo?”
“Perché questa improvvisa voglia di parlarmi? Sei in carcere, ti hanno presa i terroristi, hai finito le scorte di Vanity Fair?”
“Mi servi da distrazione mentre mi faccio la ceretta.”
“Ma che schifo!” commentò.
“Come credi che facciano le donne ad avere le gambe lisce, leccandosele?” ruotai gli occhi al cielo “Avanti, di’ qualcosa!”
“Non è successo niente di niente qui. Stanno preparando la cena da questa mattina alle nove, e ancora non hanno finito. Ci sono due tacchini ripieni.”
“Oddio!”
“Sì ma tranquilla, solo perché in uno mia cugino aveva messo sua sorella neonata al posto del ripieno.” spiegò
Ora era tutto logico “Adesso capisco da dove sei uscito tu, Styles.”
“Aspetta, dammi qualche secondo per rotolarmi dal ridere.” seguirono dei secondi di totale silenzio “Okay, fatto.”
“Ah-ah, sei troppo simpatico.”
“Rosie pensa che io sia estremamente divertente.”
Rosie.” ripetei, quasi sprezzante. Sprezzante? “Da quando è saltata fuori questa tua migliore amica?”
“Ci conosciamo da sempre, siamo praticamente cresciuti insieme.” rispose, con palese aria di sfida.
“Falle tanti auguri. E falle anche fare una lampada, perché suppongo che sia bianca cadaverica come tutti voi inglesi.”
“Oh no, lei è davvero davvero carina. Ha gli occhi azzurri, i capelli rossi ed è parecchio alta. Tu la dovresti guardare con il binocolo.” continuò, divertito
“..Scusa, hai detto qualcosa? Stavo rispondendo ad un messaggio. Sai, c’è questo Dave che ho conosciuto oggi che è uno schianto. Abbronzato, muscoloso..” cominciai ad elencare, prima di dare uno strappo più forte alla gamba.
Ahia, cazzo!
“E dove l’hai conosciuto? Su we heart it?” mi prese in giro
“No, da TopShop. Stava facendo il regalo per la sorella, e sai come funziona, da cosa nasce cosa..”
“Sì, certo.” mi interruppe, brusco.
Rimanemmo in totale silenzio per un po’. Completamente muti.
“Allora fai tanti cari auguri a Rosie.”
“Sicuro, e tu salutami Dave.”
“Lo farò di certo.”
“Bene.”
“Benissimo!”
“E allora ciao!”
“Già, ciao!”
Attaccai, e di nuovo ci fu solo il rumore della lavastoviglie in sottofondo.
Perché mi sembrava di aver appena litigato con Styles?
 
 
24 DICEMBRE, 23.40
Divano. Copertina di lana rosa. Fotogrammi de Il Grinch in TV. Vaschetta di pollo surgelato sulle gambe.
Era tutto terribilmente deprimente. Non avevo mai passato una vigilia così silenziosa, così..da sola.
Papà mi aveva chiamata prima ma poi non so, qualcuno avrà morso una flebo e chiamato di corsa l’infermiere, cioè lui, e mi aveva attaccato.
Sospirai, poggiando la testa sullo schienale del divano. Alzai il volume della TV, in modo che il rumore si diffondesse per tutta casa. Magari così i vicini avrebbero pensato che c’era una festa.
Guardai prima il cellulare alla mia sinistra, e poi il telefono di casa alla mia destra. Non mi avevano richiamato né Sam, né Dave, né Harry.
Sam starà mangiando baguette ripiene e abbordando camerieri francesi in giro per l’hotel, Dave sarà con la sua fantomatica sorella e Harry in mezzo alla baraonda dei suoi parenti.
Ed Eleanor è sul divano, da sola, a guardare Il Grinch, a venti minuti dalla mezzanotte.
Improvvisamente mi venne voglia di piangere, senza nessun motivo. Perché sono sempre da sola? Anche la vigilia?
Chi cazzo è questa Rosie poi? Styles è sempre stato uno sfigato, e adesso mi molla al telefono per una..una..una cavallona inglese con i capelli color carota avariata, sicuramente.
Oh, vaffanculo a tutti, fa tutto schifo. Tanto varrebbe che fossi morta, no? Se mi impiccassi con i lacci dei vecchi stivali da pesca di papà non se ne accorgerebbe nessuno.
Forse Sam dopo qualche giorno, ricordandosi che la sua piastra ce l’ho io.
E nessuno mi chiama per augurarmi buon natale.
Ho sedici anni, e sono già sola come una vecchia zitella con sessantasei gatti. Ma senza i sessantasei gatti e il catetere.
Gesù, se ci sei, se non hai un cazzo da fare e ridi delle mie sfighe, fai arrivare una chiamata. Anche da un maniaco, ma almeno una chiamata!
In quel preciso istante, il cellulare prese a squillare, e sul display apparve Dave.
Stavo per afferrarlo con forza, quando squillò anche il telefono di casa. Sul display lampeggiò il prefisso dell’Inghilterra.
Guardai il cellulare, poi il telefono.
DRIIIN. DRIIIN.
Telefono, cellulare.
DRIIN, DRIIN, DRIIIN.
Che faccio? Cosa faccio?
DRIIN. DRIIN.
DRIIN.
Risposi.
“Ehi, ciao Dave..”
E il telefono continuò a squillare.



   
 
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