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Autore: Nindia Cobs    23/12/2012    7 recensioni
*storia arrivata prima a ben due contest che ho deciso di continuare*
Io: Lauren Edwards, parlavo con gli angeli, ma la gente mi aveva chiuso in un manicomio perché non riusciva a vedere quello che vedevo io senza usare gli occhi, ad essere quello che ero io senza sapere la propria identità, a fare quello che facevo io senza soccombere mai.
Io li vedevo, sentivo il loro calore, la loro luce, perché essere diversi era un problema?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                   Dicevano che non ero normale, ma ero solo speciale.
                                                Dicevano che ero una persona, ma qual era la mia identità?
                                                  Dicevano che mi volevano bene, ma non lo dimostravano.
                                                   Dicevano tante cose, ma io ci credevo?
                                                   Si ed era quello che mi rendeva matta.



Era novembre mi sembra, la clinica appariva sempre più buia e tetra, la luce non filtrava dalle finestre forse perché non c'erano, le disegnavano soltanto per non farci sentire prigionieri loro e della nostra mente, la cella mi dava l'impressione di diventare ogni giorno più stretta, raffiguravano tante immagini per non farci sentire soli, ma noi eravamo soltanto incompresi, perché non eravamo matti (non la maggior parte), erano loro che non sapevano vivere.

I giorni sembravano non passare mai, andavo avanti con la consapevolezza che in quel manicomio ci avrei trascorso tutta la vita, sarei stata veramente pazza se non l'avessi accettato, non vivevo d'illusioni, bastava rifiutare la realtà e doverci vivere dentro a farmi piangere ogni notte.

Ma i medici, i psichiatra, i psicologi e ogni addetto alla manutenzione fingevano di non sentire, noi fingevamo di essere matti, loro di essere sordi, spesso ridevo a quel pensiero quando non avevo nulla da fare, cioè sempre...

Mangiavo, pregavo, dormivo e nascondevo la mia tristezza, i sogni s'infrangevano prima di spiccare il volo e oltrepassare quelle mura.

Prima di essere ricoverata pensavo che nei manicomi andassero solo i veri matti, ma poi vivendoci dentro, stando a contatto con quelle persone come gli altri avevo capito che non era così, mi ero ricreduta subito.

Essere diversi è un problema? Non sono io che sono matta, sono gli altri che non sanno vivere.*

La mia storia era triste e lunga, la raccontavo molte volte alle mie compagne di ''cella'' dove sostavamo sempre, avevo il cuore pieno di ricordi, non c'era spazio per altro, ma le lacrime prevalevano su tutto, aveva senso?

Nulla aveva senso, nemmeno una donna che parlava agli angeli, perché io si li vedevo e comunicavo con loro, mi avvolgeva la luce quando lo facevo, ma quel posto era talmente oscuro e brutto che non venivano mai a farmi compagnia.

Avevo bisogno di loro ma non c'erano, li avevo sempre visti, ci parlavo in continuazione, ma da quando mi avevano portato in quella clinica ritenendomi fanatica, non c'erano più per me.
Non aveva senso nemmeno quello, mi chiamavano ''l'angelo che parlava agli angeli'', ma adesso se n'erano andati, la cosa più triste non era essere rinchiusa tra quelle quattro mura, ma non poter più godere di quella pace, di quella serenità che mi provocava parlare con loro.
L'unica cosa importante era che io sapevo che non m'immaginavo niente, loro c'erano, io esistevo, non ero matta, ero solo diversa e migliore.

Angeli, dove siete?

Gli angeli esistono, ma non ci credevano, non guardavano al di la dell'apparenza, vedevano soltanto una povera matta che parlava con il nulla, con qualcosa che non esiste, potevano anche avere ragione, ma avrebbe cambiato le cose?

Comunque sarei rimasta la per sempre, come una vittima, come un'incompresa, come una pazza, come una persona che non meritava di vivere.

Ma era così? Non avrei smesso di crederci, preferivo sembrare pazza che una persona debole e fragile che si arrende, preferivo stare tutti gli anni della mia vita li e lasciare che il tempo mi consumasse, invece di tradire la mia mente e non pensarla allo stesso modo, non mi avrei fatto manipolare da niente e da nessuno!

Pativo le pene dell'inferno come un angelo a cui avevano strappato le ali privandolo del volo, della libertà, solo perché possedeva un manto di piume nere corvino e non bianche, delle straordinarie ali diverse dagli altri ma pur sempre ali capaci di volare...

Gli angeli erano miei amici, mi amavano per quello che ero, ma chi ero esattamente?

Permettetemi di vivere e io v'insegnerò ad amare, perché solo i folli amano veramente.
   
 
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