Scrivevo
precipitosamente, la penna mi scivolava dalla mano, sudavo. Però sorridevo,
sorridevo di quei sorrisi sinceri e felici, con gli occhi pieni di lacrime. Ma
non erano lacrime di dolore, io sono una di quelle persone che non piange per il
dolore.
La lampada accesa sulla mia
scrivania illuminava quello straccio di foglio. L’inchiostro della mia penna era
di un blu elettrico, macchie di colore di spargevano sulla superficie bianca e
si confondevano nel mio cervello, prendevano forma.
Era la notte di Natale ed io mi ero
finalmente decisa a scrivere quella lettera. Non pensavo di poter tornare a
credere ad una cosa talmente folle come il suo amore per me, ma era già da un
paio di giorni che ci pensavo. Mi incolpavo per essermene dimenticata, per
essermi lasciata deviare, imbrattare la mente con stupide bugie. Mi si strinse
il cuore. Perché nessuno mi aveva detto la verità? Perché nella mia famiglia
nessuno mi voleva bene? Come si può tenere qualcuno lontano dal proprio
amore?
Mi passai una mano sulla guancia
bagnata, ecco, lo sapevo, adesso avrei ricominciato a piangere. Era una
sensazione liberatoria ed angosciante al contempo, la testa mi girava
vorticosamente.
-
Che
succede, Simona? Che stai facendo?-
Mia sorella spalancò la porta e si
fece avanti, guardandomi con apprensione. Aveva sentito i miei singhiozzi, ecco
perché era accorsa. Diventava particolarmente affettuosa quando mi sentiva
piangere, era come se inconsciamente il mio pianto risvegliasse la sua
sensibilità, il suo amore verso di me. Non eravamo mai state granché legate, a
quello che ricordo, ma in questi momenti lei sarebbe stata capace di lasciare il
mondo per correre da me. Guardai il suo viso, così simile al mio, i suoi grandi
occhi scuri come spauriti. Abbozzai un sorriso, non volevo sembrarle triste,
volevo che vedesse che stavo bene.
-
Sto
scrivendo una lettera, - risposi, alzando la penna dal foglio in modo teatrale,
- una lettera a Gabriele-
Gli occhi di mia sorella si
riempirono di paura. Si avvicinò a me con passi lenti e guardò il foglio pieno
di parole confuse e macchie che tenevo davanti.
-
Mio Dio,
non di nuovo…- biascicò, portandosi le mani alle labbra.
Mi guardò di nuovo, stavolta colsi
un cipiglio di rimprovero. Ecco, lo sapevo. Non avrei dovuto dirglielo. Lei non
approvava la mia storia con Gabriele, come nessuno del resto. Mi tenevano
lontano da lui in tutti i modi, e ci erano quasi riusciti. Non so come ci
fossero riusciti, ma c’erano stati dei momenti in cui ero stata io stessa a
rifiutarlo, e lui era sparito, senza far troppa resistenza. Non era mai stato
capace di imporsi alla mia volontà, Gabriele, era un bravo ragazzo. Ma loro non
lo capivano.
-
Mamma!-
chiamò irritata mia sorella, correndo verso la porta.
Io ero arrabbiata. Smisi di
piangere, strinsi la lettera tra le mani. Gabriele, perché ci fanno questo?,
pensavo. Non mi permettono di salutarti neanche la notte di Natale. Non è forse
crudeltà questa?
Mia madre arrivò velocemente,
potevo sentire i suoi passi svelti lungo il corridoio.
-
Che
succede, Mariella?- chiese a mia sorella, che adesso aveva gli occhi lucidi. Lei
le sussurrò qualcosa all’orecchio che io non potei sentire, e a dirla tutta, non
avevo nemmeno voglia di sentire. Me ne stavo con la testa china sul foglio,
lasciando che i capelli mi cadessero sugli occhi affinché non potessi vedere
quello che avrebbero fatto del mio amore, del mio mondo, della mia
vita.
-
Simo,
tesoro…- mamma si avvicinò, mi poggiò una mano sulla spalla ma io mi scostai
nervosa.
-
Lasciami- mormorai, con un tono
così scuro che mamma arretrò di qualche passo.
-
Non hai
preso le medicine, non è vero?- chiese Mariella, portandosi le mani ai fianchi,
asciugatasi le lacrime.
Non risposi.
Mamma sospirò, lei e Mariella si
scambiarono uno sguardo eloquente.
Mariella afferrò il foglio con la
lettera, io scattai come un animale al quale stavano sottraendo il
cucciolo.
-
No! Non
prenderla! Devo spedirla! Stasera devo spedirla!- gridavo, mentre gli occhi mi
si iniettavano di sangue.
-
Simo,
Simo, stai calma!- mamma mi afferrò per le spalle per evitare che saltassi
addosso a Mariella, - vieni a prendere la tua medicina, dopo ti sentirai
meglio-
-
Non
voglio! Non voglio star meglio! Voglio Gabriele! – gridavo con tutta la voce che
mi restava in gola, agitando braccia e gambe.
Vidi Mariella allontanarsi dalla
mia camera con la mia lettera.
-
Tesoro,
- iniziò mia madre, scostandomi i capelli dal volto, - Gabriele non c’è,
d’accordo? Non puoi scrivergli lettere-
Il suo tono era solenne, parlava
come si parla ai bambini.
-
Non è
vero… mamma… lui c’è, è qui… verrà questa sera… a cena… ieri me lo ha detto!-
dissi, sperando che mi credesse.
Lei scosse la testa con un sorriso
amaro, gli occhi le si stavano riempendo di lacrime.
-
Gabriele
non esiste, Simo. E’ nella tua testa. Come tutto il resto-
Note:
Inquietante racconto di Natale, festa che non amo affatto. Ma è sempre bello ricevere gli auguri per periodi migliori, successi, sorrisi. Auguri a tutti voi!
Lara