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Autore: ClaryMorgenstern    24/12/2012    7 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Author's corner:  Hi everybody! Ho un annuncio da fare: Once upon a time è finito! Non nel senso che questo è l'ultimo capitolo, nel senso che l'ho finito di scrivere u.u  Thess è l'unica persona a sapere come va a finire a parte me, ovviamente. Quiiiindi, si spera che io possa aggiornare più regolarmente, d'ora in poi.
Comunque sia, buona Vigilia di Natale, e tanti auguri per domani! Che il vostro Natale sia pieno di libri e cioccolata(?) !

Ignorance never settles a question
B. Disraeli

 


Capitolo XXI
Ignorance

 

Con ogni probabilità, Alec si era innamorato di Jace la prima volta che l'aveva visto.
Lui aveva appena tredici anni, e Jace era seduto su un divano della biblioteca, infagottato in abiti troppo grandi per lui. Si stringeva le braccia, come in cerca di altro calore guardandosi gli stivali incrostati di fango. E Alec l'aveva trovato bello come si trova bello un fiore sopravvissuto al freddo dell'inverno. Vivo, nonostante la morte che lo circondava.
Con Magnus era stata tutta un'altra storia.
La prima volta che l'aveva visto, l'aveva trovato piuttosto irritante, a essere sincero. Vestito in quella maniera eccentricamente orrenda, col glitter ovunque si potesse mettere e truccato come una Drag Queen di infima categoria.
Eppure, l'aveva trovato bello.
Non si era innamorato subito, di lui. C'era voluto tempo e fatica. E dolore, molto dolore. Per entrambi. Alec ci aveva rimesso parte della sua sanità mentale nel capire che tipo di amore provava per il suo parabatai e per quello che provava per il folle sommo stregone di Brooklyn.
Ad un certo punto si era reso conto di aver sempre idealizzato Jace in qualcosa  che forse lui non era proprio. Se l' era sempre figurato come l'amore della sua vita e l'arrivo di Clary l'aveva dovuto mettere di fronte a quella verità: Il Jace nella mente e nel cuore di Alec era solo quello: un'idea. Un'immagine sfocata e fatta di desideri repressi e verità non dette. Di tutto ciò che il suo cuore voleva e la realtà gli negava.
Mentre Magnus era un uomo di carne e sangue. Era calore sotto le dita e dentro l'anima ed era molto di più di quell'amore che aveva idealizzato nei confronti di Jace. Era un amore reale e tangibile: Era realtà pura e incontrastata.
Ma, nel lento cammino che Alec aveva percorso conoscendo Magnus, aveva conosciuto molto di sé. E la scelta di stare con Magnus non l'aveva fatta per nessuno tranne che per sé. Scegliendo Magnus Bane, aveva scelto per la prima volta in vita sua di essere felice.
Ma come faceva a essere felice, se in quel momento lo vedeva felice insieme ad un'altra persona?
Il veleno della gelosia gli scorreva corrosivo nelle vene, quella sera. E tutte le sere in cui aveva visto Camille Belcourt. Alec aveva sentito parlare di lei anche nel suo tempo. Era una vampira potente e bellissima. Di quelle bellezze che durano, letteralmente in eterno.
Come avrebbe potuto competere un misero Nephilim di diciotto anni appena, insicuro come un adolescente e senza niente di speciale?
Stava pensando a tutto questo e a molto altro mentre ballava con Jessamine Lovelace. Al contrario di quello che pensavano Jace e Clary, Jessie era simpatica. Molto dolce, delle volte, divertente e persino sagace. Bisognava solo conoscerla bene.
Il problema consisteva solo nel fatto che, prima o poi, Jessamine avrebbe preteso qualcosa di più da quel rapporto. Qualcosa che Alec non aveva la minima intenzione di darle. D'accordo, Jessamine era molto bella, lo ammetteva. Ma lo era come la Gioconda. Si vedeva che era bella, lo si constatava, ma mica la si voleva.
E sperò di ritardare il più possibile il momento di spezzarle il cuore. Era qualcosa che non gli era mai successo: Dover spezzare il cuore ad una ragazza. Forse perché alle ragazze lui non si era mai nemmeno avvicinato.
La melodia finì con un ultima nota e Jessamine e Alec si separarono tra gli scrosci di applausi per l'orchestra. Alec le accennò un sorriso.  «Vado a prendere da bere» le mormorò. Non appena si allontanò di un passo, fu felice di constatare che l'ennesimo pretendente le si era avvicinato chiedendole un ballo.
Seduti su uno dei divanetti rossi vicino al tavolo del buffet, c'erano Jace, seduto composto sul divanetto sorseggiando qualcosa che sembrava scotch, Clary al suo fianco che chiacchierava con una fata dai lunghi capelli color delle foglie secche e Isabelle, seduta comodamente con le gambe su quelle di Jace, che cercava di scacciarsele di dosso, invano. Appena lo vide, sua sorella gli fece posto. «Allora, la signorina Lovelace ti ha lasciato libero?»
Alec la indicò tra la folla. «Sopravvivrà senza di me per un ballo o due»
Clary si voltò verso di lui sorridente e raggiante. Nonostante non nutrisse poi più tanto risentimento nei suoi confronti, Vederla così felice in quel momento gli diede sui nervi. «Lo sapevate che le fate mangiano il polline? Io no.»
Jace alzò gli occhi al cielo, facendole pat-pat sulla chioma rossa. «Ha bevuto troppo champagne» mormorò divertito, guardandola con uno sguardo traboccante dolcezza.
«Non è vero.» mugolò Clary addolcita dalle carezze del ragazzo. «Solo...» alzò quattro dita della mani, per poi correggersi e aggiungere altre due. «..sei»
«A stomaco vuoto. » rise Isabelle.
«Senti chi parla!» esclamò Clary. «Tu nei hai bevuti...» aprì entrambe le mani a ventaglio sventolandole davanti all'altra. «..tanti così!»
Isabelle si sporse con fare altezzoso, facendo scendere le gambe da quelle di Jace. «Io però sono sobrissima.» ma, nel pronunciare quelle parole, aveva avuto un piccolo singhiozzo.
Jace rise e, posando il bicchiere sul tavolo, si alzò in piedi passando un braccio sotto le gambe di Clary e un altro dietro la schiena, per portarsela di peso. «Ti porto a prendere una boccata d'aria, ubriacona»
Clary rise appena accoccolandosi sul petto del ragazzo. «Ti avverto» mormorò. «Se mi fai volare, è la volta buona che ti vomito addosso.»
Alec non sentì la risposta di Jace, che si era allontanato ridendo verso le scale. «Vado anche io» disse Alec in direzione della sorella. Lei arcuò le sopracciglia. «Lasciami stare, okey?» sbottò poi. «Lui può starsene con quella lì e io non posso ballare con Jessamine?»
Isabelle sospirò. «Non farle del male, Alec.»
Quelle parole lo colpirono. Sono io a essere ferito. Avrebbe voluto dire. Sono io a star male.
Senza dire nulla si avviò al tavolo. Disposte sul banchetto c'era ogni tipo di leccornia gli venisse in mente: Agnello, maiale, vitello, coniglio in ogni salsa e in ogni cottura. Piatti vegetariani, piatti vegani, timballi di foglie e miele per le fate, caraffe di sangue animale per i vampiri, carne al sangue per i licantropi. C'era di tutto e di più. Gli tornò dell'appetito e andò per prendere uno spiedino misto quando sentì una mano sporgersi accanto alla sua.
Una mano piena di anelli.
«Alexander, giusto?» gli chiese Magnus Bane portandosi alla bocca uno degli spiedini. l'olio aveva reso le sue labbra brillanti sotto la luce della candele, quasi fosse lucidalabbra.
«Si» mormorò Alec meccanicamente, distratto dal pensiero di quelle labbra. Delle sue labbra. «Buona serata» e si voltò per andarsene.
Ma lo stregone fu più veloce. Si piazzò davanti a lui, sbarrandogli la strada. «Ho la strana sensazione che vi sentiate a disagio in mia presenza» gli fece notare lui.
Alec resse il suo sguardo. Erano le stesse iridi. Gli venne da pensare. Lo stesso verde. E quelle erano le stesse labbra che aveva baciato, le stesse mani che lo avevano toccato. Era il suo Magnus, e al tempo stesso non lo era. Esisteva peggiore sensazione di amare qualcuno che non sa nemmeno chi tu sia? «Non vedo perché. Nemmeno vi conosco.» Quanto gli parvero amare sulle labbra, quelle parole.
«Dimostratemelo, allora.» posò il contenuto delle sue mani sul tavolo, per poi porgergliene una mentre posava l'altra dietro la schiena. «Concedetemi un ballo»
Alec sbiancò. «Non mi sembra una buona idea..»
Magnus alzò lo sguardo infastidito. «Vi preoccupa che l'Enclave e i nascosti ci vedano, Alexander? È solo un ballo.» e, facendo un gesto verso la sala, fece notare ad Alec che c'erano molte persone dello stesso sesso a ballare insieme, anche se per la maggior parte erano femmine.
Alec indietreggiò appena. «Io..non..»
«Oh, per favore. Ho vissuto parecchio, Alexander. Ma se è questo a preoccuparvi..» schioccò le dita e un velo trasparente calò intorno a loro. Alec se ne accorse dal leggero brillio che aleggiava intorno a loro, come se fossero circondati da migliaia di minuscole lucciole. «..possiamo evitare che ci vedano.»
«La mia compagna...»
Magnus sorrise. «Sopravvivrà senza di voi per un ballo o due.» disse, ripetendo le parole che lui aveva ripetuto prima a Isabelle.
Alec sospirò. Magnus era fatto così: quello che desiderava, lo prendeva. Senza esclusione di colpi. E glielo faceva desiderare anche a lui. Quindi, accettò la mano che lo stregone gli porgeva. Lui sorrise di trionfo posando una mano sulla sua schiena e portando le loro mani unite in alto.
Attorno a loro solo le note di Lacrimosa.
Magnus lo stava facendo volteggiare, perfetto padrone di sé e del ballo. Alec si ritrovò a pensare che forse quell'epoca era più azzeccata, per lui, rispetto alla sua. E poi, doveva ammettere a sé stesso che non stava affatto male, con quella redingote nera.
«Allora» fece Magnus ad un certo punto. «Nel vostro tempo c'è qualcuno che reclama il vostro cuore?»
Alec sorrise appena, con tristezza. «Oh, si.» Ballare con un uomo era strano. Sentire il petto duro contro il proprio, al posto del seno soffice di Jessamine, e le mani ruvide da uomo. Stranamente bello, si corresse.
Lo stregone parve appena contrito. «E lui com'è?»
«In un certo senso è come voi.»
Magnus arricciò le labbra in un sorriso. «Affascinante e incredibilmente divertente?»
Alec arrossì appena, ma questo non gli impedì di sorridere a sua volta, mentre il suo filtro bocca-cervello andava in tilt.
«No, uno stregone.»
Quindi, si staccò da lui. Un'espressione scioccata che si mescolava solo alla sorpresa, sul suo viso. Provò il profondo desiderio di allontanarsi da Magnus, e in fretta. Tanto che andò a sbattere contro qualcuno. Non gli capitava mai, ovviamente. Come Shadowhunter si supponeva che avesse una grazia perfetta. Certo, quando non aveva appena ballato con un uomo che amava e che non si ricordava di lui.
«Attenzione» sibilò un uomo. Quello contro la quale era andato a sbattere. Era Gabriel, una delle guardie del diurno. Assunse un'espressione strana. «State bene?»
«Si certo» borbottò Alec. «Avete visto Jessamine Lovelace, per caso?»
Gabriel fece un sorriso. «E' piuttosto..occupata, al momento.» Spostandosi, gli offrì la vista di Jessamine, bella come l'aveva lasciata, mentre ballava con Luigi de Luca. Alec fu piuttosto sorpreso. Da quello che aveva capito, Luigi avrebbe dato qualunque cosa per un ballo con Jessie, eppure da come ballava in quel momento sembrava come un automa: Troppo meccanico, troppo freddo. Guardando Jessamine, gli parve un po' delusa. Forse si era aspettata che, dopo tutte quelle dichiarazioni d'amore, lui le mostrasse quanto l'amava, quantomeno in un ballo.
Alec scrollò le spalle e si mise al fianco di Gabriel. «Comunque» gli disse, attirando l'attenzione del ragazzo. «Io sono Alexander. Alec.» gli avevano detto dei suoi legami di parentela con Gabriel, anche se qualcosa l'aveva già intuita. Quel ragazzo era la quasi copia di suo padre: I tratti del viso, la forma degli occhi, la curva del naso, il fisico asciutto ma col petto e le spalle larghe. Era come guardare suo padre da giovane, con dei capelli e occhi diversi. Si domandava come avessero fatto Isabelle e Jace a non accorgersene. Comunque, il console era stato chiaro. Nessuno, all'infuori di loro e dell'istituto Branwell doveva essere a conoscenza del loro segreto. Se il console non lo aveva detto a Gabriel e Luigi, non sarebbe stato certo lui a farlo.
Gabriel si voltò verso di lui. Aveva uno sguardo di sufficienza nei confronti dell'universo che gli dava sui nervi. «Gabriel Lightwood» e strinse la mano che Alec gli porgeva.
Mentre osservava Jessamine ballare con Luigi de Luca, l'attenzione di Alec fu sviata da qualcos'altro. Vicino al colonnato, Camille e Magnus si stringevano per un ballo, con mani molto più lascive di quelle che Alec aveva mai posato su Jessamine. Magnus teneva le mani sui fianchi di Camille, tendendo le lunghissime dita verso il basso. Alzò poi la mano sinistra per accarezzarle il viso, sfiorandole quasi distrattamente un'altra guancia, che di certo di Camille gli interessava molto di più.
Ma chi voleva prendere in giro?  Non poteva continuare a fingere in quel modo, ad amare segretamente un uomo che amava una donna, mentre un'altra donna stava già decidendo i fiori per il loro matrimonio. Azzurro o blu, probabilmente, per intonarlo ai suoi occhi.
Intanto che Alec era perso nei suoi pensieri, la canzone era volta al termine. Jessie e Luigi si erano separati tra scrosci di applausi. Alec notò qualcosa, nello sguardo di lei. Era risentita, parecchio, perché lui non le aveva dimostrato quanto la amasse. Piuttosto melodrammatica.
Jessie si affrettò nuovamente verso di lui, trotterellando allegra. «Che cafone, quel de Luca. Mi ha fatto una corte spietata per mesi, e adesso che gli faccio la concessione di un ballo mi tratta così...»
«Jessie» la interruppe Alec. Se non l'avesse fermata, sarebbe andata avanti ore. Jessamine Lovelace era una maestra dell'arte del blaterare. Le prese le mani e la condusse in uno dei balconcini liberi. Mentre passava, aveva visto Jem, Will e Tessa in uno di essi.  «Devo dirti una cosa.»
Gli occhi di Jessamine erano castano scuro. L'esatto colore del cioccolato al latte. Quando loro ballavano, o quando erano soli a parlare, o quando semplicemente si sfioravano, sembravano quasi schiarirsi, diventando solo di poche  tonalità più scuri di quelli di Jace. In quel momento, erano quasi color oro dalla felicità.. «Oddio, Alec. Si, si e ancora si!» disse saltellando, e portandosi le mani al viso per coprire la bocca. «Mi aspettavo una proposta in grande, con fiori e festoni, quantomeno un anello, ma va benissimo anche così, Si, si, niente mi renderebbe più felice!»
Cazzo. Era l'esatto opposto di quello che voleva. E allora fece una cosa che, per l'Angelo, fu più difficile di ogni cosa avesse mai fatto in quel momento. Persino più della battaglia di Alicante, persino più di vedere Magnus e Camille insieme. «Jessamine, hai frainteso.» disse. Jessamine bloccò all'istante il fiume di parole che uscivano dalla sua bocca. «Io non voglio sposarti, né mai lo vorrò»
Le spezzò il cuore.
Gli occhi le si riempirono di lacrime amare. «Ma..perché?»  la sua voce era piagnucolante. «Stiamo così bene, insieme.»
A malincuore, Alec si trovò ad annuire. «E' vero, ma vogliamo cose diverse...»
«Non è così! Entrambi vogliamo essere felici, e perché non esserlo insieme?» ribatté lei.
Alec, in preda al panico, giocò la sua ultima carta. «Io dovrò tornare nel mio tempo, Jessie. Come potremmo mantenere vivo un matrimonio?»
«Potremmo» disse lei, con voce sottile. «Se mi portassi con te»
Ahi. Era lì, che voleva arrivare. Se ci pensava su, era la soluzione più logica. Anche ammesso che non avesse funzionato con lui, nel ventunesimo secolo sarebbe stata libera di vivere sola, non lavorare, sposarsi e vivere felice con un marito fantoccio. Ciò che, nel XIX secolo non poteva fare, non ancora.
Non aveva più scampo. Non avrebbe mai rinunciato a quell'idea, mai. Quindi non c'era niente da fare, se non dirle la verità.
Chiuse gli occhi e sospirò. Jessamine prese quel gesto come una sconfitta, ma quando poi lui aprì gli occhi, fu quasi come se Jessamine lo sapesse già.
«A me piacciono gli uomini, Jessamine.»
Gli occhi scuri di Jessie si spalancarono. «Tu che cosa
Alec indietreggiò. «Io..»
«No, tu niente.» Era diventata rossissima dalla rabbia, intonata alla perfezione con il vischio sopra le loro teste. Che ironia. «Per un mese mi hai fatto credere una cosa che non sarebbe mai potuta essere possibile!»  Le guancie erano in fiamme, e non per il freddo.
Alec si rese conto di dover smettere di osservarla e dire o fare qualcosa. «Jessie, mi dispiace. Ma non è colpa mia..»
«Si, invece!» urlò. Non aveva mai visto una donna più arrabbiata di così in vita sua. Nemmeno sua madre. Alec fece per aprire la bocca di nuovo, ma fu allora che il vaso di Jessamine traboccò. Gli diede uno spintone che lo fece finire dritto sul cornicione. Alec fu così sorpreso da non reagire nemmeno. Lei si avvicinò di nuovo minacciosa e gli puntò il tacco della scarpetta nel piede. Alec cadde a terra per il dolore.
All'interno della sala, la musica e le chiacchiere erano troppo alte perché qualcuno potesse sentirli. Il silenzio era calato tra di loro, e fu interrotto da qualcosa che Alec non si sarebbe mai aspettato.
Jessamine scoppiò a ridere.
Non una di quelle risate nervose che fanno le ragazze quando sono arrabbiate, o una risata incredula che di solito sfociava in lacrime. Era un riso vero e autentico. La ragazza si lasciò cadere in ginocchio. «Mi dispiace, Alexander» disse, tra le risa. «Non volevo farti male.»
Anche Alec si mise a ridere, mettendosi a sedere sul freddo pavimento. «E' stato un bel colpo» disse, senza che gli sfuggisse l'ironia della situazione.
Jessie gli passò una delle sue manine tra i capelli. «Sono solo stanca di innamorarmi della persona sbagliata» disse, con una dolcezza che sapeva di tristezza. «Vorrei solo che qualcuno riuscisse a salvarmi.»
Alec le prese la mano che gli stava accarezzando ai capelli e la strinse tra le sue. «Lo troverai, Jessie» le disse. «Sei una ragazza bellissima, e dolce, e arguta, e puoi anche stendere un uomo.» sorrise, e lei con lui. «Hai solo diciassette anni. Non hai alcuna fretta.»
Lei tirò su col naso, alzando gli occhi su di lui. «Grazie» disse, e sembrava sincera. «Quindi, direi che è finita.»
Alec scosse le spalle. «Si, Jessie. Direi di si.»
«Ho una domanda» gli disse. Lui le fece un cenno, come a dire 'vai'. «Hai mai baciato una ragazza?»
Alec arrossì di colpo. Scosse il capo.
«Beh» disse allora.  «Se mai succederà che cambierai idea, un giorno, vorrei essere io la prima.»
Alec capì. Raddrizzò la schiena e le prese entrambe le mani tra le sue. Aveva le guancie arrossate e lo sguardo vivo. Alec si chinò, con lentezza, e posò le labbra su quelle di Jessamine. Sapeva di fragole e neve. Erano labbra morbide, labbra delicate, labbra di fanciulla. Le mani di Jessie erano delicatissime tra i suoi capelli, come le carezze sulle sue guancie.
Quando si separarono, Jessie sorrise, poggiando la fronte su quella di Alec. «Chiunque reclami il tuo cuore» gli disse. «è un uomo fortunato.»
Alec strinse la mano di Jessamine, sulla sua guancia. «Lo è anche chiunque reclamerà il tuo.»

  
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