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Autore: Colonnello    25/12/2012    0 recensioni
Diecimila anni dalla Fondazione di Roma (circa 3000 d.C.). L'Impero Romano domina su più della metà dell'Europa e dell'Asia e su tutto il Nuovo Continente... ma la sua egemonia sta per essere messa in discussione...
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti e Buon Natale!
Di recente mi è stato detto che sono piuttosto a brava a fare regali (mica vero, mi faccio sempre un sacco paranoie!), quindi per non deludere nessuno ecco a voi il Sacro Capitolo di Natale, a mio parere migliore di quello dello scorso anno.
Ad ogni modo, non sto qui a cianciare inutilmente.
Buona lettura e ancora Buon Natale!

XV

Decimo Valerio Massimo non gli piaceva proprio. Lo aveva incontrato di persona per la prima volta a Castra Regellis, poco prima di essere trasferito alla II Coorte, e già allora l'impressione che aveva avuto di lui non era stata positiva. C'era qualcosa in quell'uomo che gli suggeriva diffidenza.

Non aveva nulla a che fare con il suo aspetto fisico. Tutt'altro. Decimo Valerio Massimo era indubbiamente un uomo di bell'aspetto. Aveva fatto della vita militare la sua stessa esistenza, ma al contrario di molti militari di carriera non aveva un fisico possente e massiccio, nè l'espressione rude e dura tipica dei veterani rotti ormai a quel genere di vita. Era anzi alto e slanciato, i lineamenti del suo volto erano fini e delicati, benché segnati dall'avanzare dell'età. I capelli, castani e pettinati impeccabilmente, iniziavano qua e là ad ingrigire insieme alla barba, che portava lunga, ma ben curata.

Doveva essere un uomo che prestava molta attenzione al proprio aspetto, come testimoniava la cura a dir poco maniacale della sua uniforme, e anche della sua persona. Non c'era piega nella sua tunica bianca da generale che fosse fuori posto; il laticlavio sembrava invariabilmente cucito da poco su di essa, e persino le brache dell'uniforme apparivano come se fossero appena uscite da una stireria. La corazza era tirata a lucido fino al punto che ci si sarebbe potuti specchiare sopra. Sopra tutto questo, Valerio Massimo era solito indossare un mantello, nero, ma di ottima fattura, che gli conferiva un'aspetto austero e allo stesso tempo elegante. Si trattava indubbiamente di un'uniforme fuori ordinanza, commissionata privatamente e palesemente molto costosa, ma per Valerio Massimo non doveva essersi trattato di una grossa spesa.

Era risaputo, infatti, che il nobile patrizio figuarava anche fra i cittadini più ricchi dell'Impero, ricchezza derivatagli principalmente per via ereditaria, ma che lui aveva saputo proficuamente amministrare e incrementare grazie a oculati investimenti; naturalmente, circa le cause della sua ricchezza, circolavano anche voci meno benevole, ma fino a quel momento si era trattato sempre di calunnie, verso le quali Valerio Massimo aveva mantenuto un atteggiamento di assoluta indifferenza, come se la cosa non lo toccasse minimamente. Il risultato era stato quello di farle cadere nel dimenticatoio in pochissimo tempo.

Quelle sulla sua ricchezza, del resto, non erano le uniche voci che giravano sul suo conto. Un'aura di mistero aveva sempre circondato la figura di Decimo Valerio Massimo. Eccentrico quasi per impegno, era profondamente restio a vivere nell'Urbe e ad impegnarsi in politica, nonostante godesse, per diritto ereditario, di un seggio permamente in Senato. Le rare volte in cui si recava a Roma era poi costretto ad andarsene in tutta fretta dopo aver causato scandalo con le sue dichiarazioni pubbliche prive di qualsivoglia pudore. Difficile dire quale fosse il suo orientamento politico, perchè non esprimeva mai favore per l'una o l'altra fazione e, al contrario, aveva sempre da criticare su tutto e su tutti. Lucio Giulio Scipione, il padre di Publio, lo conosceva abbastanza bene e poteva quasi dirsi suo amico, eppure lui stesso aveva una volta affermato che Decimo Valerio Massimo perseguiva un solo ideale, ossia il suo interesse.

Forse era stata proprio questa ambiguità, evidente nel suo carattere e nel suo modo di fare, che aveva ispirato diffidenza in Publio. Valerio Massimo gli aveva dato l'impressione di essere un abile manipolatore, capace, con il suo sguardo magnetico e con i suoi modi sofisticati, di incantare le masse e manovrarle a suo favore. Era, d'altro canto, un ottimo oratore. Per certi versi, in verità, si trattava di un personaggio che poco si adattava al ruolo di comandante di eserciti, e questo aveva dato adito ad altre voci poco benevole suo suo conto. Si diceva, infatti, che il motivo per cui Valerio Massimo aveva accettato la nomina a comandante delle legioni d'Alasia era per garantirsi un corposo sostegno politico e militare presso le insoddisfatte popolazioni delle colonie romano d'oltreoceano, facilmente inclini a farsi trascinare da una voce forte e apparentemente solidale nei loro confronti.

Anche adesso, mentre lo accoglieva presso la piattaforma d'atterraggio della stazione di trasmissione di Visernia, Publio provò la medesima sensazione, quello strano campanello d'allarme che, nella sua testa, gli disse di rimanere a due passi di distanza dal comandante delle legioni alasiane.

Questa volta, tuttavia, il comandante delle legioni alasiane era molto meno incline ai convenevoli e alle chiacchiere di circostanza rispetto all'ultima volta che Publio lo aveva visto. Appena sceso dall'elicottero, rispose seccamente al saluto di Publio e dei due centurioni, prima di chiedere di parlare in privato con lui, possibilmente in un luogo meno freddo della piattaforma d'atterraggio.

Publio mise a disposizione l'alloggio del comandante dell'avamposto, di cui aveva preso possesso, ma che aveva in parte convertito a studio per le discussioni riservate fra lui e i centurioni Olbiano e Curzio. Non c'è più tempo per le adulazioni, eh, generale?, pensò mentre lo accompagnava dentro la stazione. Tanto meglio così. Discuteremo schiettamente e senza tanti giri di parole, come si conviene a due soldati.

Davanti alla porta dell'alloggio del comandante, Valerio Massimo congedò i due uomini di scorta ed entrò da solo, seguito da Publio, Curzio e Olbiano. Furono raggiunti quasi subito da Catulo e dall'optio del centurione Olbiano.

Valerio Massimo si sfilò il mantello e, dopo averlo ripiegato accuratamente, lo posò con delicatezza sulla branda, passandoci sopra una mano come per ripulirlo, anche se in realtà il nero della stoffa era talmente lucido da sembrare appena uscito dal negozio.

Si sedette sull'unica sedia lì presente. Gli altri ufficiali rimasero in piedi di fronte a lui; Curzio, Olbiano e i loro due attendenti se ne stavano rigidi e impettiti, come molle pronte a scattere alla prima sollecitazione. Publio, per quanto giovane e inferiore di grado, apparteneva alla stessa classe sociale del generale e mantenne una posa e un atteggiamento più rilassati, ma non meno rispettosi. 

Fu a lui che Valerio Massimo si rivolse per primo, dopo aver tirato fuori il proprio palmare personale.

-Vi farà piacere, innanzitutto, sapere che l'attacco a Castra Glaudilla è stato respinto e che l'aereoporto è di nuovo saldamente nelle nostre mani- disse.

Publio annuì, ma non manifestò troppo apertamente il proprio sollievo per quella notizia. Oltre al fatto che il generale non aveva parlato di annientamento totale del nemico, mostrare eccessivo entusiasmo per una piccola vittoria non si addiceva alla serietà e alla compostezza di un ufficiale e avrebbe potuto farlo passare per un immaturo. In ogni caso, sapere che la I Coorte aveva sventato il pericolo più grave era una notizia confortante.

-Le comunicazioni ci arrivano sporadicamente e non del tutto complete- riferì- L'avamposto ha subito parecchi danni. Ad ogni modo, ci siamo fatti una certa idea dell'accaduto, e...

Prima che potesse continuare, Valerio Massimo scosse seccamente la testa e sollevò una mano per metterlo a tacere.

-Ho richiesto la tua assistenza, tribuno, non un resoconto su fatti che sono avvenuti direttamente sotto il mio naso- disse con un tono pacato ed educato- Come hai tu stesso appena detto, le comunicazioni arrivano qui in maniera incompleta e irregolare. Mi sembra logico, quindi, ritenere di saperne più di voi in merito a quanto accaduto a Castra Glaudilla. Dico bene?

Publio lanciò un'occhiata ai due centurioni e vide che, come lui, non avevano apprezzato il velato disprezzo che il generale aveva appena manifestato con tanta eleganza nei loro confronti. Dopotutto, ci si aspettava che un comandante capace e accorto accettasse e prendesse in considerazione le informazioni e i pareri dei suoi subordinati sul campo. Ma evidentemente a Valerio Massimo bastava avere una visione globale della situazione.

Tornò a guardare l'uomo che aveva di fronte, verso il quale la sua opinione stava calando progressivamente, e si costrinse ad annuire e a non insistere sull'argomento. Del resto, il momento critico sembrava ormai passato.

-Quello di cui ho bisogno- riprese Valerio Massimo- È un rapporto completo e immediato sulla tua precedente spedizione qui alla stazione di Visernia, tribuno Scipione.

-Credevo che quello che avevo inviato a Umbricio fosse sufficientemente esauriente- rispose Publio, in parte infastidito, in parte perplesso.

Valerio Massimo fece un sorrisetto.

-Non del tutto- rispose - Questo avamposto... la banca dati interna si trovava sotto la supervisione di un mio stretto collaboratore, Marco Severo. Forse potresti illuminarmi sulla sua morte, tribuno.

Publio capì immediatamente a chi si stava riferendo il generale. L'uomo in abiti civili trovato morto insieme agli ausiliari, il padre del ragazzo che era sopravvissuto all'assalto e che lui si era affrettato a mandare via. Una spia di Valerio Massimo? Perchè? Perchè qui?

-Se ti riferisci ad un uomo sui sessant'anni, che aveva portato con se il figlio, allora non c'è molto da dire- rispose- Lo hanno ammazzato insieme al resto della guarnigione.

-I ronin, dunque.

Valerio Massimo ne parve sorpreso e al tempo stesso preoccupato. Perché mai?, si chiese Publio. Chi altri poteva essere stato?

-Gli stessi che hanno attaccato noi anche dopo l'occupazione dell'avamposto- specificò il centurione Curzio, intervenendo nella discussione- Subito dopo esserci imbattuti nel figlio del suo uomo. Uno di loro ci ha teso un'imboscata e...

-Questo non è rilevante, centurione!- lo interruppe bruscamente Valerio Massimo- Il ronin, ditemi di lui.

-Quello che stava per uccidere il ragazzo? Si è inizialmente nascosto e poi ha tentato di prendere in ostaggio il ragazzo per fuggire. Doveva essere il capo. Un samurai, senza alcun dubbio.

-Un samurai?!- esclamò Valerio Massimo, quasi allarmato- Ne sei certo, centurione?

-Il suo comportamento lo lascia supporre.

-E anche il seppuku che ha compiuto quando si è reso conto di non avere via di scampo- commentò distrattamente Publio. 

Intanto si chiedeva perché mai il comandante delle legioni alasiane fosse tanto interessato al nemico. Sembrava quasi che stesse cercando di farsi dire da loro l'identità personale di quell'uomo. Che fosse colluso? Che fosse in qualche modo in contatto con il nemico? Forse temeva che il ronin avesse parlato prima di morire. Poteva essere lui il traditore? Certo si trovava nella posizione più adatta per favorire il nemico. Forse era il caso di chiudere lì quel colloquio, prima che gli sfuggisse qualcosa riguardo al palmare che avrebbe dovuto consegnare al governatore dell'Alasia.

-Non abbiamo svolto ulteriori indagini sul conto del nemico- disse, effettivamente senza mentire- La nostra priorità era ripristinare le comunicazioni e rendere nuovamente funzionante la stazione.

-La vostra priorità?!- fece Valerio Massimo in tono deluso- Tribuno, come figlio di Lucio Giulio Scipione, mi sarei aspettato da te una maggiore perizia!

Publio s'irrigidì di colpo e dovette trattenersi dall'impulso di rispondere a tono a quella provocazione. Non aveva niente da rimproverarsi in merito alle decisioni che aveva preso fino a quel momento, e Valerio Massimo non aveva alcun diritto di mettere in discussione la sua competenza.

-Prego... in cosa avrei mancato?- chiese, sforzandosi di mantenere un contegno rispettoso.

-Alcune persone al Aleupoli, me compreso, ritengono che questa volta i ronin nionici stiano ricevendo appoggi esterni per i loro rinnovati tentativi di invasione. Le armi che hanno usato a Castra Glaudilla sembrano confermarlo. E chi li ha addestrati ad usarle con tanta maestria? Alcuni di loro sono stati un tempo dei samurai, è vero, ma per lo più si tratta di banditi, emarginati in cerca di fortuna, o magari avventurieri. Ad attaccare Castra Glaudilla, invece, è stato un vero e proprio reparto militare, ben equipaggiato e ben addestrato.

-Se avevate già i vostri sospetti, com'è che l'attacco vi ha colto di sorpresa?- chiese Publio, decidendo di prendersi una piccola rivincita alle insinuazioni sul proprio conto.

Valerio Massimo, tuttavia, non mostrò di sentirsi offeso, e anzi sorrise.

-Perchè, giovane Scipione, quando si paventa un complotto o un tradimento, si fa presto a dismetterne i possibili indizi con la scusa della loro inattendibilità, tacciando chi avanza dei dubbi di essere un paranoico- rispose- A nessuno piace l'idea di scoprire che in mezzo ai propri amici e alleati vi sia una talpa. In questo, lo ammetto, sono stato negligente anch'io.

Publio non fu affatto impressionato da quella elegante ammissione di colpevolezza. Sei stato negligente o accorto, Valerio Massimo?, si chiese. Quell'uomo gli piaceva sempre meno.

-Alla luce di quanto è accaduto qui a Visernia, ho ragione di credere che i ronin che hanno attaccato questa stazione non mirassero tanto al sabotaggio delle nostre comunicazioni- proseguì Valerio Massimo- O, almeno, non solo a quello.

-Che cosa potrebbero essere venuti a cercare qui?- chiese sospreso il centurione Curzio.

-Questo avamposto non si trova così vicino al confine solo per caso, centurione. Oltre ad essere un nodo importante per le comunicazioni da e per il Vallo di Alasia, è anche un avamposto di intercettazione.

-Per questo avevi messo un tuo uomo a supervisione la banca dati- ne dedusse Publio.

-Precisamente. E tu, tribuno, non hai indagato a fondo sulla faccenda!- rispose Valerio Massimo in tono accusatorio.

-Non avevo ricevuto alcuna informazione a riguardo!- si difese Publio con veemenza- E in ogni caso, al nostro arrivo, gli archivi erano intatti! Se anche fossi stato al corrente di questa faccenda, comunque, avevo altre e più urgenti priorità.

-Come dare l'allarme invasione- intervenne l'optio Catulo, sentendosi altrettanto incolpato ingiustamente, visto che era stato lui l'incaricato di verificare le condizioni della stazione dopo la riconquista.

Valerio Massimo lo fulminò con lo sguardo, ingiungendogli di tacere e Publio si voltò brevemente a guardarlo e scosse leggermente la testa, facendogli capire di lasciar parlare solo lui.

Tornò a rivolgersi a Valerio Massimo, che sospirò e scosse la testa con fare esasperato.

-L'ultima comunicazione vocale che ho ricevuto da Marco Severo era incompleta e piuttosto confusa, ma parlava chiaramente di un "pericolo grave e imminente per la Repubblica". Pericolo... per la Repubblica, capite? Non per l'Alasia, o per l'Impero in generale, ma per le istituzioni pubbliche!- si passò una mano sulla fronte, scendendo poi sugli occhi, e sospirò con fare rassegnato- Posso solo augurarmi, a questo punto, che di qualunque cosa si trattasse, si trovi ancora sul palmare che avete rinvenuto qui.

Publio sospirò. Aveva quasi sperato che anche il palmare trovato dal centurione Curzio rimanesse in mano loro, insieme a quello che aveva lui con se e di cui nessuno sapeva nulla. Ma a quanto sembrava, Valerio Massimo doveva sapere che Marco Severo aveva un palmare e non gli si poteva certo dire che non lo avevano trovato. Si voltò brevemente verso Catulo.

-Optio?

Catulo tirò fuori il palmare che fino a quel momento aveva custodito personalmente e lo consegnò a Valerio Massimo, che lo esaminò brevemente, senza però accenderlo. Qualunque cosa ci fosse dentro, non l'avrebbe condivisa con loro.

-Tanto per essere chiari- disse il generale, sollevando nuovamente lo sguardo e guardando Publio e gli altri con espressione severa- Sono stato avvertito nel momento stesso in cui avete tentato di accedervi- rivelò, sollevando il palmare- È la procedura normale in caso di violazione di archivi militari riservati come questo. Solo per questo, tribuno, potrei farti mettere agli arresti.

-Data la situazione attuale, generale, non credo che sia conveniente- intervenne Curzio, prima ancora che Publio potesse difendersi personalmente- Non abbiamo una tale abbondanza di ufficiali... non competenti come il tribuno Scipione.

Valerio Massimo fissò il centurione in silenzio per un lungo momento, ma non disse nulla. Tornò a guardare il palmare e lo accese.

-Centurione Curzio, tu e i tuoi uomini potete prepararvi a partire entro domani mattina- disse- Tribuno Scipione, tu andrai con loro. Un ufficiale della tua... competenza non serve a molto in un avamposto ormai sicuro come questo. Il centurione Olbiano può mantenerne il controllo insieme alla sua centuria. Inoltre al più presto verranno i genieri per riparare e sostituire tutte le apparecchiature danneggiate.

-Posso sapere dove siamo diretti?- chiese Publio.

-Castra Glaudilla- rispose semplicemente Valerio Massimo, alzando appena lo sguardo verso di loro- È tutto. Potete andare.

Publio osservò il generale per un momento, senza muoversi, poi si rese conto che sarebbe stato inutile rimanere lì nella speranza di scoprire che cosa c'era sul palmare di Marco Severo. Valerio Massimo non avrebbe effettuato l'accesso alle informazioni ivi contenute se non quando fosse stato sicuro di essere completamente solo.

Rassegnato, si batté il pugno destro sul petto in segno di saluto e, senza attendere una risposta, marciò fuori dall'alloggio, subito seguito dai centurione e dai loro attendenti. A quel punto poteva solo sperare che i sospetti che si era fatto su Valerio Massimo fossero infondati, perchè se davvero il palmare di Marco Severo conteneva informazioni su un complotto, allora queste erano appena finite in mano al nemico.

**********

Beh... forse è un po' cortino, in realtà avrebbe dovuto esserci un altro pezzo più sotto, ma ho deciso in parte di tagliarlo, in parte di inserirlo nel prossimo capitolo. Il che mi da la possibilità di impegnarmi per pubblicarne un altro a Capodanno.
Non si tratta esattamente di un capitolo portante, ma è servito ad ingarbugliare ulteriormente la trama e aggiungere qualche dettaglio circa il complotto che minaccia l'Impero Romano... o la Repubblica, se vogliamo dar retta a quell'antipaticone di Valerio Massimo! Spero di averlo caratterizzato bene, perchè si tratta di uno dei personaggi di mia invenzione ai quali tengo di più.
Per il resto, spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi auguro ancora Buon Natale e vi dico arrivederci al prossimo anno!!!
Ciao!
  
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