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Autore: AkaRen    25/12/2012    2 recensioni
Un'Extra di Solo Tu.
Un momento romantico, dolce, incentrato sul Natale.
Il 23-24-25 Dicembre, tutto vissuto dai nostri personaggi preferiti (Edward e Bella) secondo il principio di professore/alunna.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Scusatemi per quell'altro Extra, mi sono resa conto che non andava bene, infatti quasi subito, appena me ne sono accorta, l'ho cancellato.
Scusate di avervi modificato tutte le idee. Davvero, vi chiedo perdono.
Comunque, come avete visto, questo è perfettamente in tema sulla fanfic Solo Tu. Dolce e romantica come piace a voi!
Grazie per leggere la storia, e grazie per aver letto questo 'gesto di scusa'.






                                                                             

23 Dicembre


Mi rilasso sul divano. Oggi è stata una giornata come le altre, ho incontrato Edward a scuola, poi lui mi ha dato uno strappo a casa e siamo rimasti lì.
Ora è seduto vicino a me, raggomitolato come un piccolo e tenero riccio, la sua mano stretta nella mia. Ha gli occhi chiusi, probabilmente si è addormentato da tempo.
Sorrido, staccandomi anche se di malavoglia dalla sua mano per andare a prendere una coperta per coprire tutti e due. Ma, appena cerco di divincolarmi da quella piccola stretta, sento Edward stringere di più.
Alzo le sopracciglia, sorpresa, e lo vedo muoversi per riuscire a guardarmi.
“Bella? Dove stai andando?” mi chiede, con gli occhi assonnati che mi fanno capire che fino a pochi secondi fa era in uno stato di dormiveglia e che io l’ho svegliato completamente.
Lo guardo un attimo, mi perdo ad osservare i suoi capelli dolcemente scompigliati, la sua bocca che impastata mi chiede cosa stavo cercando di fare e quegli occhi appena svegliati.
Mi mordo il labbro, pensando a quanto sia carino, poi sorrido e quasi gli vengo sopra, abbracciandolo.
Lo sento sorridere tra i miei capelli, che sono caduti disordinatamente sul suo corpo.
Mi stringe, facendomi cadere ancora più sopra di lui.
Mi ritrovo ad osservare incantata le sue labbra, leggermente socchiuse, e poi senza pensarci lo bacio. Le sue labbra sottili sulle mie, il suo profumo e la sua lingua mi inebriano, mi fanno dimenticare il presente e mi fanno andare al passato, al nostro primo bacio. Esattamente la stessa cosa, a distanza di mesi ho la stessa e meravigliosa sensazione.
E credo che anche lui ricorri alla prima volta in cui le nostre labbra si sono incontrate, perché, dopo ogni bacio, lo sento perso in un altro posto.
Lui ricambia il bacio, sorridendo sulle nostre labbra.
All’improvviso ci stacchiamo, a causa dell’assenza di fiato. Riprendiamo a respirare tutti e due, poi Edward dice, con un sorriso ancora stampato sul volto: “Che bel risveglio”.
Mi dà un altro bacio, a fior di labbra, ma comunque bellissimo.
Mugugno qualcosa, attirandolo a me, quando il rumore di una porta che si apre cattura la nostra attenzione. Mi volto verso la provenienza di quel rumore e vedo mio padre guardarci fisso, senza sbattere ciglio, o meglio, guardare Edward.
Mi faccio piccola piccola, perché mio padre, nonostante abbia accettato la nostra relazione, è ancora un po’ restio a vederci insieme. E a me, questo dispiace.
C’è silenzio, ognuno sta aspettando che l’altro intervenga, e, alla fine, sono io ad intervenire su quello scambio di sguardi.
“Ehm, papà, potresti smettere di fissare Edward così insistentemente?” chiedo, e mio padre sembra come riprendersi da uno stato di trance in cui era caduto.
“S-sì, scusa, Bella” balbetta, poi si guarda le maniche della giacca e con fare circospetto cerca di congedarsi. Piano, un passo alla volta, alla fine esce di scena, rientrando nella camera dalla quale era uscito, ed io mi ritrovo di nuovo da sola con Edward.
Sorrido, saltandogli in braccio, e lui mi prende al volo, sorridendo a sua volta.
“Tra pochissimi giorni è Natale! Vieni da me?” mi chiede lui, ed io subito sbuffo: non ho mai festeggiato un Natale senza mia madre o senza mio padre, e l’idea mi sa un po’ strana.
“Non lo so.. io..” cerco di dire, guardando in basso. Non lo so, vorrei, ma mi sento come se dicendo di sì stessi infrangendo una promessa silenziosa.
Lui mi alza dolcemente il viso, aspettando che i miei occhi guardino i suoi, e quando succede mi sorride. Un sorriso dolce, lieve, non troppo marcato; un sorriso che ha tanti significati, e che mi fa star bene.
“Ehi, che cos’hai?” mi dice, con vera preoccupazione.
Lo guardo, sorridendo tristemente, con un nodo che mi si è formato alla gola.
“E’ che.. non lo so.. ho sempre passato il Natale con i miei genitori..” dico, abbassando di nuovo lo sguardo.
Mi perdo tra i pensieri, tra tutti i Natali passati, ma Edward mi riporta alla realtà.
“Ehi, Shh.. Tranquilla! Se non vuoi, non devi per forza.. Posso venire io da te!” cerca di rimediare subito lui, e sorrido, annuendo. Improvvisamente il nodo che avevo scompare, come se non l’avessi mai avuto.
Lo abbraccio, mentre lui, sempre sorridendo, ricambia quell’attenzione e si lascia andare.
Restiamo un po’ così, senza calcolare il tempo che passa, e senza quasi sentire Charlie che esce dalla camera e se ne va via da casa, per farsi una passeggiata. Oppure semplicemente per evitare di sentire ancora le battute dolci che io ed Edward ci scambiamo.
Mi sto quasi per addormentare tra le sue braccia, sulla sua spalla, quando lui mi risveglia, dolcemente.
“Ti stai addormentando, amore? Però qui in piedi, con questo freddo non va tanto bene.. Spostiamoci sul divano, che dici?”.
Mi bacia dolcemente i capelli, per poi posare le sue labbra sulla mia fronte.
Io annuisco, con ancora gli occhi chiusi, e mi lascio guidare da lui fino al divano.
Lui mi lascia posare la testa sul suo petto, e così alla fine mi addormento.
Se potessi passare tutta l’eternità così, non mi stuferei di vivere per sempre.
Se potessi passare la vita a baciare il mio professore, sarei felice ogni secondo.
Se potessi passare questi attimi particolari in ogni istante, amerei ancora di più il mio professore. Certo, se fosse possibile.*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

24 Dicembre

La vigilia di Natale. Che bel nome, non avrei mai saputo trovarne uno migliore.
Questo giorno mi piace, mi è sempre piaciuto, sin da quando era bambina.
Perché, questo giorno, era l’unico dei rari momenti in cui mio padre e mia madre si rincontravano, in cui potevo passare le ore a giocare con tutti e due. Certo, giocavo pur sempre con mia madre, e mio padre se ne stava solamente a fissarci in un angolo, timido, ma questo è un dettaglio insignificante se paragonato alla vicinanza dei miei due genitori.
E adesso, a distanza di anni, quei ricordi mi bruciano vividi nella mente, come se fosse fuoco che impregna la pelle.
Così, carica di questi ricordi, mi sveglio con un sorriso stampato sul viso.
Certo, oggi ci sarà da litigare con mio padre per riuscire a stare con Edward, ma la prospettiva di passare una giornata da sola con lui, la vigilia di Natale, a passeggiare tra le strade innevate è meravigliosa e mi darà la forza di discutere.
Scendo le scale, quasi senza accorgermene, e mi incanto a fissare l’Albero di Natale.
Sorrido, ripensando a come mi sono divertita ad addobbarlo insieme ad Edward e a come poi le nostre labbra sono finite per incontrarsi, come sempre.
All’improvviso mi disincanto e mi guardo intorno, cercando mio padre, che mi restituisce lo sguardo dal tavolo.
Sta facendo colazione, la tazza di caffe ben posizionata davanti a lui.
Sempre continuando a sorridere mi avvicino a lui e gli do un veloce bacio sulle guance, per poi esclamare: “Buona Vigilia di Natale, papà!” e rido, senza nemmeno sapere perché. O forse, il fatto è che Charlie mi sta guardando stupito, e credo sempre di più che non se l’aspettasse.
“B-buon compleanno a te, Bella..” balbetta, per poi riprendere la tazza di caffe e riportarsela distrattamente alle labbra.
Sorrido, andandomi a preparare la colazione e quindi versandomi, come al solito, il latte dentro la tazza e, accompagnando il tutto con dei biscotti, sedendomi di fronte a mio padre.
Inizio così a mangiare, e i minuti passano in silenzio, ma non è un silenzio pesante, è un silenzio che mi piace, che mi fa bene. Non mi da fastidio.
Ma, alla fine, mio padre lo interrompe: “Oggi che fai? Resti con me o.. beh, vai con.. Edward.. da qualche parte?”.
Il suo tono è titubante, ha detto con forza il nome del mio professore. Inoltre, nel suono della voce vi leggo anche una traccia di speranza, perché, come credevo, mio padre spera che io resti a casa con lui, perdendo l’occasione di passare un giorno, la Vigilia di Natale, con il mio meraviglioso e dolcissimo fidanzato.
Fa ancora strano pensarlo, nonostante sia passato tanto tempo; pensare che ormai Edward non è più semplicemente il mio professore, ma ora è diventato il mio fidanzato, e spero questa cosa non cambi mai.
Persa tra i miei pensieri, non mi accorgo che Charlie "esce di scena", probabilmente ha capito tutto dal sorriso che ho stampato, inconsciamente, in volto. Oppure, dal fatto che io sia stata in silenzio tutto questo tempo.
Comunque, alla fine è il campanello che suona a risvegliarmi.
Mi riscuoto, pensando che sono ancora in pigiama, e con un lieve rossore sulle guance vado ad aprire la porta e poi il cancello.
Così mi ritrovo per strada, con il pigiamone con su stampato un orsacchiotto, al freddo, con un Edward che mi guarda come se stesse per scoppiare a ridere.
Gli do un occhiata di sufficienza, lievemente infastidita da quello sguardo, da quelle labbra tirate un po’ in su, e poi chiudo il cancello dietro di me.
“Vuoi entrare in casa?” dico, facendomi più diffidente di quanto vorrei.
Tanto che Edward smette subito di ridere e mi viene incontro, baciandomi sulle labbra. E, anche se prima mi sono tenuta un po’, adesso mi lascio completamente andare.
Questo bacio sa di salato e di dolce allo stesso tempo, questo bacio sa di amore, e, come sempre, affogo in quest’incontro di labbra e di lingue su lingue.
“Come mai così fredda, amore?” mi chiede, riprendendomi sul mio distacco, allontanandosi lievemente dalle mie labbra, per poi ritornare a giocarci, quasi con furia, mordicchiandole.
Mugugno qualcosa, poi gli circondo le spalle con le braccia e lo bacio di nuovo.
Passiamo un po’ di minuti così, poi Edward si stacca e mi chiede: “Allora? Non vorrai uscire così, spero” e lascia andare la risata che si era trattenuto, per poi darmi un bacio lieve sui capelli ed aspettare che io salga di sopra e mi metta qualcosa di più adatto.
Quindi lo saluto con un altro piccolo bacio e vado di sopra, in camera mia, a mettermi dei jeans, una maglietta e sopra il Columbia. Mi metto anche un paio di guanti, un cappellino e mi avvolgo una sciarpa intorno al collo, visto che oggi fa particolarmente freddo.
Quando scendo noto, con grande sorpresa, Charlie ed Edward seduti al lato opposto del divano, che si guardano negli occhi con aria quasi di sfida.
Rompo quel silenzio carico di tensione con un secco colpo di tosse, poi prendo per mano Edward e, come se niente fosse, trascinandolo verso Charlie, saluto mio padre.
“Non fare tardi” è l’unica cosa che dice lui, facendo poi una smorfia.
“Sì, sì” rispondo solamente, anche se so che non seguirò il suo consiglio.
Dopotutto, Natale si fa da lui, a casa mia, ma la Vigilia di Natale si fa da Edward, e non ho voglia di ritornare presto. Ho voglia di ubriacarmi e di restare a casa del mio fidanzato per la notte.
Mio padre sembra capire i miei pensieri, ma decide di ignorarli e così ci fa andare via da casa.
Quando chiudo la porta dietro di me, Edward mi prende per il busto e mi issa sopra la sua spalla, cominciando a camminare velocemente per il giardino.
Appena mi sento sollevare urlo di sorpresa, poi rido ed inizio a sbraitare come un’ossessa: “Metti giù, Mettimi giù, Mettimi GIÙÙÙÙ!!!”.
Continuo a ridere, mentre Edward continua a non avere nessuna intenzione di fare quanto dettogli, e solo dopo che siamo arrivati al cancello mi mette giù.
Mi ricompongono velocemente, guardandolo con un largo sorriso, e lui fa lo stesso. Ma, invece di fissare me, fissa la chiave che va ad aprire il cancello.
E poi, in men che non si dica, mi ritrovo di nuovo issata sulla spalla, a guardare per terra, mentre lui avanza per la piccola strada coperta di neve.
Continuo ad agitarmi, a sbraitare e a ridere finché non arriviamo vicino alla sua macchina, dove mi posa.
“Bene, entri, mia damigella” mi fa, ridendo e facendomi l’occhiolino, aspettando che io entri dentro la macchina, da dove il mio professore mi apre la portiera.
Rido, mettendomi sul sedile del passeggero ed aspettando che Edward si metta affianco a me.
Quando siamo tutti e due dentro la macchina, Edward, prima di partire, mi guarda e mi chiede: “Allora, signorina, pronta per questa giornata?”.
Il sorriso gli increspa leggermente le labbra, ed anche il mio credo faccia lo stesso, mentre annuisco e gli prendo la mano.
“Sì, professore, prontissima” e gli bacio, per quanto possibile, la guancia.
Lui sorride ancora di più a quel gesto, poi mette in moto e parte.
La destinazione è un po’ lontana, ma dobbiamo andare in posti in cui nessuno ci conosce per evitare di essere indicati e sparlati. O, cosa ancora più brutta, per evitare che la polizia intervenga.
Non ho ancora capito perché tutti credono che una relazione tra un’alunna e un professore sia illegale, perché se c’è di mezzo l’amore, nulla è impossibile. Nulla è proibito.
Mah, la gente è stupida, penso, vedendo il paesaggio scorrermi velocemente davanti agli occhi.
Le case innevate, le strade innevate, i palazzi innevati mi fanno venire voglia di correre tra quella neve, di rotolarmici dentro, e penso con attesa e un po’ di tristezza al fatto che, dove stiamo andando, di neve non ce ne potrebbe essere per niente.
Ma mi riscuoto non appena vedo con un’allegra sorpresa che la strada, vicino alla quale ci siamo fermati, è ancora più ricoperta di neve di quanto era quella vicino a casa.
Sorrido, e, senza nemmeno guardare il mio professore, esco dalla macchina ed inizio a saltellare come una stupida, per poi sdraiarmi con poca delicatezza sopra quello strato soffice, che però attutisce il mio peso senza fare rumore.
Rido come una bambina, battendo le mani e facendo la stella.
Ho sempre adorato il Natale, la neve, e non ho mai rinunciato a comportarmi da piccola bambina quando mi ci trovavo in mezzo.
Sento prima la portiera di Edward e poi la mia chiudersi, e poi vedo il mio professore ridere sorpreso del mio comportamento, venendomi vicino.
“Bella.. sono felice che la neve ti piaccia” dice, sedendosi anche lui sopra le neve e scompigliandomi affettuosamente i capelli con il guanto che si è messo poco prima in macchina.
Rido ancora più forte, annuendo, per poi prendere una palla vicino e scagliarla contro il mio professore, che rimane prima sorpreso, e poi, per tutta risposta, contrattacca, lanciandomene un'altra in pieno viso.
Sputo un po' di neve, ridendo, per poi urlare: “Guerra di palle di neve!!” ed iniziare ad attaccarlo.
Così passiamo la mattina e il pomeriggio, tra scherzi, risate, palle di neve, cibo, e baci.
La sera siamo tutti e due stanchi, per la ‘guerra’ che ci ha rubato tutta l’energia, ma felici.
Rido, venendogli vicino e baciandolo delicatamente sulle labbra.
“Hai visto che bello che era il tramonto?” dico, ricordando con un sorriso quello splendido scenario che ci si era parato davanti agli occhi.
Lui annuisce, sorridendo, poi mi mette una mano tra i capelli e ci giocherella affettuosamente.
“Sì, era davvero meraviglioso” risponde, come a confermare ancora di più i suoi gesti.
Restiamo un po’ così, appoggiati alla macchina, io a guardarlo e lui a toccare i miei capelli.
Poi, improvvisamente, starnutisco, ed Edward, da bravo fidanzato qual è, si allarma subito.
“Bella, hai freddo? Meglio rientrare..” dice, aggrottando le sopracciglia e aprendo lo sportello.
Mugugno qualcosa, non mi va di andarmene, sto così bene qui.. 
Ma ad un suo sguardo fermo, severo e convinto lascio perdere ed entro in macchina, sentendo lo sportello chiudersi e riaprirsi dalla parte di Edward.
Questo si chiude velocemente in macchina, attento a farmi prendere il meno freddo possibile, e poi accende il motore per mettere l’aria condizionata calda a palla.
“Fuori fa freddo, non ho pensato al fatto che restando così tanto appoggiati alla macchina, di fuori, ti potessi ammalare. Scusa..” dice, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa, incolpandosi mentalmente di quanto successo.
Sono felice che si preoccupi per me, ma non deve per nessuna ragione al mondo pensare che sia colpa sua, e così gli dico, con il tono di voce più severo di quanto era stato il suo sguardo prima: “Non ti devi incolpare. E nemmeno io mi devo incolpare. Solo il tempo si deve incolpare, solo il freddo lo deve fare. Ma tu, soprattutto, non ti devi incolpare. Mi hai sentito? Tu non c’entri niente, non sei me, non dovresti pensare a queste cose. Semmai dovevo essere io a dire di rientrare, tu non hai fatto niente. Capito?” dico, guardandolo seria e prendendogli la sua mano, nascosta dal guanto, tra le mie, altrettanto nascoste.
Lui annuisce, sorpreso delle mie parole, ma non accenna a sorridere, ancora preoccupato com'è.
Così, decido di continuare il mio discorso, che credevo ormai finito: “E poi, un raffreddore che vuoi che sia? È morto mai qualcuno per un raffreddore?”.
Lui annuisce, ed io gli chiedo, curiosa ma allo stesso tempo esasperata dalla sua testardaggine: “E quando?”.
“Anni fa, quando ancora non esistevano le medicine” dice lui, guardandomi serio, allorché io scoppio a ridere.
“Sì, ma adesso abbiamo le medicine, no? Sei troppo pessimista!” esclamo, venendogli vicino e baciandogli le labbra. “Tranquillo, non morirò”, dico tra le risate, e finalmente lui si apre in un sorriso.
“Allora, professore, dove mi vuole portare?” chiedo, mentre lui continua a sorridermi lievemente.
Il mio professore sembra pensarci su, poi chiede: “Casa mia?”.
Io annuisco, ribaciandogli dolcemente le labbra.
E, come a voler confermare ancora di più le mie parole, sussurro, vicino alle sue labbra: “Casa tua”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 












25 Dicembre

Sorrido, prendendo il regalo tra le mani di Edward. Mi sono appena svegliata, e mi ritrovo subito con in mano un regalo, che bello! Se potessi, saltellerei per tutta casa dalla contentezza!
Un regalo.
Appena sveglia.
Da parte di Edward!!

Lui sorride alle mie reazioni, venendomi ancora più vicino e baciandomi la fronte, gli occhi e la bocca.
“Su, scartalo” dice, quando si allontana da me, aspettando impazientemente la mia reazione al suo regalo.
“Se vuoi, puoi cambiarlo” dice, apprensivo, mentre io sto scartando velocemente la carta.
“Ho lo scontrino..” continua, ancora più impaurito, ma quando apro la scatola nera che ho tra le mani rimango senza fiato.
Un cuore.
Che si stacca.
Che sarà diviso a metà.
Da mettere al collo di tutti e due.
Rimango con la bocca aperta, tanto che Edward mi chiede, preoccupato: “Che te ne pare?”.
Non ho parole per rispondere, se non accusatorie, per il solo fatto che il mio professore abbia pensato che non mi potesse piacere.
Quando lui si avvicina ancora di più, corrucciando ancora di più lo sguardo, però, mi risveglio dalla mia trance.
“È.. è.. meraviglioso..” non so che altro dire, se non che è stupendo, e le lacrime mi salgono velocemente agli occhi.
E, prima che possa fermarle, scoppio in un pianto silenzioso.
Edward pare preoccupato, mentre mi avvolge in un dolce abbraccio, e mi culla ancora più dolcemente.
Ma ciò non fa che aumentare il mio pianto: lo amo, lo amo davvero, ed avere qualcosa che mi lega a lui al collo, avere qualcosa che lega il nostro amore al collo, è un qualcosa di così bello, di così astratto e di così perfetto che non posso fare a meno di piangere.
Perché, questo regalo, è perfetto.
Non credo che il mio sarà altrettanto bello, ma adesso non c'è tempo per preoccuparsene.
Lui continua a cullarmi, poi, visto che non smetto di piangere, decide di far finire il più presto possibile quel regalo meraviglioso.
“Allora, vuoi staccarlo tu o lo faccio io?” chiede, baciandomi dolcemente i capelli e mettendomi, poi, il cuore tra le mani.
Annuisco, cercando di staccarlo, ma la mia non forza si fa sentire subito, e così lascio il lavoro ad Edward, che, ridendo, stacca i pezzi.
Mi sfilo velocemente la collana che porto al collo e guardo Edward che mi mette il cuore, mi rimette la collana e poi mette il cuore anche alla sua collana.
Continuo a piangere, il pianto si fa più forte, più deciso, più vivo, perché più vivo è questo gesto, perché avere un qualcosa di così profondo che ci lega è troppo perfetto.
“T-ti amo..” dico tra il pianto, abbracciandolo di slancio.
Lui si lascia abbracciare, sorridendo, e mi stringe a sé, rispondendo: “Anch’io, vita mia”.
Mi lascio andare a quelle parole, e rimaniamo così fino a che il mio stomaco non brontola.
Mugugno qualcosa, mentre Edward ride, e tutto sembra farsi più leggero, ma non quel gesto, non quel cuore, che, messo vicino al mio collo, mi fa sentire ancora più in contatto con il mio amore.
Con il mio professore.
Con il mio fidanzato.
Con la mia vita.
Edward mi riscuote dai miei pensieri, dicendo, dolcemente: “Hai fame?”.
Annuisco, arrossendo leggermente, ma appena vedo Edward alzarsi per scendere di sotto e prepararmi la colazione lo fermo.
Gli prendo la mano e lo ritiro sul letto, dicendo: “Ora arriva il mio regalo!”.
Lui sorride, come se non aspettasse altro che io glielo dicessi, ed aspetta con quasi ansia di scartare un'altra cosa che ci legherà ancora di più.
Quindi prendo da sotto il letto un regalo ben impacchettato e aspetto che lui lo scarti.
Non passa molto affinché la carta cada tutta a terra, e la guardo, per poi vedere Edward tenere in mano due braccialetti di oro bianco con dentro un cuore e, scritti a caratteri minuscoli, ancora più dentro del cuore, le nostre iniziali.
Lui sorride, e noto per la prima volta una lacrima sfuggire al suo autocontrollo e scivolare dentro la sua bocca.
Senza pensarci gli bacio l’angolo delle labbra, per poi chiedere, a un centimetro di distanza: “Ti piace?”.
Lui non mi risponde, o, almeno, non a parole.
L’unica cosa che fa è saltarmi addosso, sempre con una delicatezza che io non avrei mai saputo avere.
Mi abbraccia e mi bacia, più volte, ripetutamente, e così passiamo i minuti, ad occuparci dolcemente uno dell’altro.
Io sorrido, ricambiando i suoi baci, e lasciandomi trasportare da questo momento magico.
Quando ci stacchiamo, sempre per mancanza di fiato, guardo Edward, sopra di me, che mi sussurra all’orecchio: “Ti amo.. Questo regalo è.. Wow” dice solamente, e un’altra lacrima sfugge al suo autocontrollo, che io dolcemente asciugo.
Quasi non ci speravo che mi dicesse questo, perché dopo il suo regalo il mio sembrava quasi banale.
Sorrido, osservandolo mettersi il braccialetto e lascio che me lo metti anche a me, come prima.
Continuo a sorridere, e in quella casa solo i nostri sorrisi regnano sovrani.
Solo i nostri sorrisi sono concessi, nessuna parola, nessun movimento.
Solo il nostro amore galleggia,  toccandoci il collo e i polsi con il suo amorevole e delicato tocco.
E, in questo silenzio, in questa perfezione, ci dimentichiamo di tutto il resto.
Niente ha più importanza, dopo questo.
Perché il nostro amore è così forte da annientare tutto il resto.








* Volevo dire "certo, se fosse possibile amare ancora di più il mio professore", non so se si è capito.








Grazie, ancora, di aver letto, di essere arrivati fin qui.
E poi, un grazie speciale a chiunque metterà la storia tra preferite/ricordate/seguite o chiunque mi RECENSIR
ÀÀÀ!!!! :D
AkaRen
   
 
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