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Autore: Birbi_alex    25/12/2012    5 recensioni
“Zayn Jawaad Malik, hai ufficialmente rovinato quel poco di animo natalizio che abbia mai avuto in vita mia” mormorai tra me e me in un sospiro, alzando gli occhi dai pantaloni grigi, e forse fin troppo usati, della tuta che avevo addosso per portarli senza volerlo a fissare una nostra foto messa chissà da quando e da chi sotto il televisore, come a volermi incolpare.
Ma incolpare di cosa poi? Era tutta colpa di quello screanzato se stavo passando la vigilia di uno degli anni più belli della mia età da sola in casa a fumare come una pensionata senza una ragione d’esistere.
Era senz’altro colpa sua, se proprio doveva telefonare alla sua amante avrebbe potuto farlo quando non ero in casa, o quando fosse stato sicuro che non avrei potuto sentire, non di certo tranquillamente in soggiorno ridendo anche in modo spensierato.
Sto cretino.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You and I go on at each other like we’re going to war
You and I go rough, we keep throwing things and slamming the door
You and I get so damn dysfunctional we start keeping score
You and I get sick, yeah I know that we can’t do this no more

But baby there you go again, making me love you
And I stop using my head, let it all go
Now you’re stuck on my body, like a tatoo
And now I’m feeling stupid, coming back to you






Ancora un tiro e poi basta, promesso.
Era da cinque minuti buoni che mi ripetevo quelle parole cercando di spegnere poi la sigaretta ormai cortissima tra le mie dita nel piatto pieno di briciole davanti a me.
Ogni volta mi ripromettevo di aspirarne ancora un po’ e di finirla lì, ma puntualmente stringevo maggiormente la presa del pollice e il medio sulla parte ormai quasi solo arancione della sigaretta e ne fumavo quel poco che potevo, rendendomi conto di non riuscire a darci un taglio.
Soffia via il fumo lentamente socchiudendo gli occhi arrossati, sedendomi in modo più raccolto sul divano verde scuro su cui avevo speso davvero troppo tempo quel giorno.
Non mi preoccupai di aprire la finestra per far andare via l’odore acerbo del tabacco, in ogni caso non avrebbe dato fastidio a nessuno in particolare.
Mi raggomitolai a gambe incrociate e appoggiai la schiena allo schienale morbido, portandomi un’ultima volta – speravo almeno che lo fosse – il filtro consumato della sigaretta alle labbra ingorda, ma allo stesso tempo stanca di accontentarmi sempre degli avanzi, anche in generale.
Sbuffai sovrappensiero e quasi tossii per un accenno di fumo che non riuscii completamente a soffiare via, decisi quindi che sarebbe stata ora di spegnere quello che rimaneva del mio piacere momentaneo nel piattino posato malamente sul tavolino davanti al divano.
Il posacenere era in camera da letto e non avevo né la voglia fisica né mentale per entrare in quella stanza, premetti allora le dita sopra la cicca consumata vedendo quell’accenno arancione del fuoco spegnersi del tutto, sporcando appena il piatto con la cenere scura.
Mi odiai mentalmente per quanto tutto ciò mi ricordasse quel cretino del mio ragazzo, entrambi vittime del fumo da non accorgerci quasi neanche più di quanto il nostro appartamento ne odorasse.
Tornai appoggiata con la schiena al divano e il mio sguardo stanco passò sull’accendino verde accanto a me, decorato malamente con delle fiamme nere disegnate da un pennarello indelebile neanche molto carico in verità, che sembrò quasi guardarmi con cattiveria.
C’era senz’altro troppo verde in quella casa, a cominciare dal divano alle tende, dalle piastrelle del bagno ai bicchieri in cucina, dall’innumerevole pila di barattoli inutili nella dispensa all’albero di Natale accanto alla tv, anche il verde pisello delle calze che indossavo mi infastidì al momento, ricordandomi quanto un tempo tutto ciò fosse piaciuto tanto sia a me che al mio fidanzato.
O meglio, era stato lui a contagiarmi con quella sua idea malsana, in quanto quello fosse il suo colore preferito.
Inavvertitamente mi passarono in mente le immagini di quella mattina, di come l’avessi trovato al telefono con una certa Margaret e di come lui mi avesse voluto tenere allo scuro di tutto, continuando a intimarmi che non fosse nessuna di importante.
“Allora passo oggi pomeriggio, mi raccomando sii puntuale” aveva detto quello stronzo al cellulare con quell’altra oca, meritandosi senz’altro tutte le mie urla che però aveva declassato.
Ma lo declassavo io, sto schifoso!
Per giunta, sebbene sapesse che mi mandava in bestia, aveva continuato a dirmi di calmarmi, che non c’era nessun motivo per scaldarsi.
Non c’avevo pensato due volte a spedirlo dritto fuori di casa, dicendogli che se tanto voleva uscire non gli sarebbe dispiaciuto andarsi a fare un giretto extra nonostante facesse effettivamente freddo quel giorno.
Che poi che giorno.. la vigilia di Natale, di bene in meglio.
Non gli avevo mai messo addosso troppe pressioni, ci eravamo promessi di lasciarci i nostri spazi, di non essere gelosi l’uno dell’altra, ma che altro avrei potuto fare?
Insomma, non è esattamente il miglior regalo del secolo svegliarsi dopo una notte d’amore, cercare forse l’unica persona di cui si fosse sicuri nella vita per ripetergli quanto davvero ci tenesse, e invece trovarlo sul divano, lo stesso su cui ero seduta io in quel momento, a parlare animatamente al cellulare con una ragazza di cui poi negava l’esistenza.
Mi prendeva forse per stupida?
Non ero quel genere di ragazza che si faceva abbindolare come se nulla fosse, anche se in realtà non appartenevo sul serio a nessun prototipo di ragazza, al massimo potevo essere declassata in un elegante ‘fumatrice dipendente innamorata e orgogliosa’.
“Zayn Jawaad Malik, hai ufficialmente rovinato quel poco di animo natalizio che abbia mai avuto in vita mia” mormorai tra me e me in un sospiro, alzando gli occhi dai pantaloni grigi, e forse fin troppo usati, della tuta che avevo addosso per portarli senza volerlo a fissare una nostra foto messa chissà da quando e da chi sotto il televisore, come a volermi incolpare.
Ma incolpare di cosa poi? Era tutta colpa di quello screanzato se stavo passando la vigilia di uno degli anni più belli della mia età da sola in casa a fumare come una pensionata senza una ragione d’esistere.
Era senz’altro colpa sua, se proprio doveva telefonare alla sua amante avrebbe potuto farlo quando non ero in casa, o quando fosse stato sicuro che non avrei potuto sentire, non di certo tranquillamente in soggiorno ridendo anche in modo spensierato.
Sto cretino.
Afferrai l’accendino posato sul posto ormai freddo e vuoto al mio fianco senza neanche guardare e lo scaraventai contro la foto finendo per farla cadere all’indietro, senza neanche preoccuparmi di cosa sarebbe potuto accadere se avessi colpito il televisore, in ogni caso avrebbe pagato Zayn i danni.
Però, ripensandoci bene, quello era l’ultimo accendino che mi era rimasto e forse era meglio non usarlo per i miei istinti omicidi.
Sempre colpa sua comunque, era stato lui a prendere in prestito gli altri finendo poi per perderli ogni volta, dannazione.
Mi feci forza sulle gambe e mi alzai finendo per chinarmi al pavimento per raccogliere il piccolo oggetto verde, tornando in piedi dopo e fulminando con lo sguardo i festoni messi malamente sopra il televisore da Harry, il migliore amico di quello screanzato.
E ovviamente di che colore sarebbero mai potuti essere? Verdi ovviamente.
“Vaffanculo” sibilai prendendone un capo per toglierli dall’apparecchio con forza, lasciandoli cadere per terra senza troppo interesse.
Non avrebbe dato fastidio a nessuno un po’ di disordine, neanche non fossi sola in casa. Tzè.
In quel momento avrei potuto essere con qualche mia amica in un pub a ubriacarmi di sicuro meglio di come potessero fare tre bottiglie di birra, avanzate dai festeggiamenti di qualche giorno prima per non essere stati colpiti da un’apocalisse imminente, se solo avessi trovato la forza di uscire da quell’appartamento dall’aria pesante per il troppo tabacco.
Non che non mi avesse fatto piacere uscire un po’ all’aria fresca, ma quella casa nel suo male mi faceva stare bene.
Era comunque il nostro posto.
Era il posto dove io e Zayn ci rifugiavamo ogni sera, dove qualunque cosa succedesse avremmo trovato sicurezza, protezione, qualcuno che ci amasse nonostante tutto.
E forse era per quello che ero rimasta lì nel mio silenzio, nel mio profondo speravo che lui sarebbe tornato ad amarmi perché io ne avevo bisogno.
Avevo bisogno di quello stupido, insensibile, cretino e vigliacco del mio ragazzo, se ancora potevo chiamarlo così.
“Dannazione” borbottai a denti stretti allungandomi verso l’anta del mobiletto superiore dove avrebbe dovuto esserci un altro pacchetto di sigarette, che puntualmente trovai ma vuoto.
Battei la mano sul legno infastidita, abbassandomi quanto bastava per frugare nel primo cassetto a sinistra, sperando di trovarne qualcuna lì, ma come prima finii a cercare a vuoto.
“Dove diavolo le ha messe quel cretino, mm?” commentai acida aprendo anche i cassetti restanti, sperando di trovare almeno una bustina con del tabacco e delle cartine, dato che ogni tanto Zayn si ‘fabbricava’ delle sigarette da solo, come se sapendo che fossero meno dannose lo facesse sentire meglio.
Ognuno le sue a quanto pare.
Finalmente aprendo l’ultimo cassetto trovai un pacchetto di Malboro, le sole e uniche che fumasse lui, dato che in quelle cose insignificanti però amava trattarsi bene.
Non esitai ad aprirlo e a tirarne fuori una sigaretta, ma quell’odore familiare mi fece inconsapevolmente pensare al profumo di Zayn, all’odore della sua pelle, al sapore dei suoi baci, e una morsa allo stomaco mi fece scivolare l’accendino dalle dita frenetiche.
Con la sigaretta tra le labbra imprecai quello che volle essere un insulto piegandomi a raccogliere il momentaneo aiuto al flusso dei miei pensieri contorti, e poi subito girai la rotellina dell’accendino accendendomi così la sigaretta dalla quale inspirai in fretta un lungo tiro lasciando un alone di fumo invadere lo spazio attorno a me.
Mi immaginai quasi un viso ambrato e squadrato comparire dietro la nube che andava a scemare, e un brivido mi attraversò la schiena pensando a come mi sarebbero serviti quei due occhi scuri in quel momento, avrebbero sicuramente allontanato via il dolore meglio di qualche sigaretta.
Sbuffai per i miei stessi pensieri e tornai ad aspirare altro tabacco senza ritegno, come se potesse farmi stare meglio in un certo senso, anche se era tutta una mia illusione.
Battei il piede sul pavimento insistentemente e quando il campanello di casa suonò fui seriamente tentata dal convincermi di essermelo sognata, ma poco dopo si aggiunsero anche dei colpi alla porta.
E io conoscevo fin troppo bene quel tocco da muratore mancato.
Mi allontanai la sigaretta dalle labbra e soffiai via il fumo, continuando a tenerla tra l’indice e il medio con insufficienza avvicinandomi allo spioncino della porta d’entrata, vedendo poi effettivamente la causa dei miei guai mordersi il labbro dal nervoso in modo davvero troppo familiare per me.
I capelli contrariamente al solito notai essere lasciati bassi sulla fronte, non avendo avuto tempo di metterli a posto quel mattino, ma stava dannatamente bene anche così il disgraziato.
Assottigliai gli occhi acida e feci un ultimo tiro di fumo velocemente, come a voler cancellare la vita di quell’insolente dai miei occhi.
“Ti prego Sam fammi apri la porta, so che sei la dentro perché la toppa non è chiusa a chiave” esclamò con tono deciso e il mio nome detto da lui suonò in un modo fastidiosamente invitante, sebbene fosse solo un diminutivo.
“Sam chiama tua sorella, per te ora sono solo Samantha” ribattei a tono continuando a guardarlo male dallo spioncino neanche potessi vaporizzarlo con lo sguardo in chissà quale maniera allettante.
“Non fare così, fammi entrare, possiamo parlare di quello che è successo stamattina? Perché davvero non mi hai dato il tempo di spiegare” disse lui dispiaciuto facendomi alzare gli occhi al cielo, ma rimasi in silenzio dato che dovetti anche tornare indietro sino al piatto vicino al divano per scaricarne dentro la cenere della sigaretta.
“No che non ti faccio entrare, non hai più nulla da fare qui” borbottai una volta tornata con le spalle alla porta, beandomi comunque del suono della voce di Zayn che infondo mi era mancato.
“Si dia il caso che questa sia anche casa mia, se non ti dispiace” sbottò velocemente neanche avesse avuto il tempo di prepararsi la risposta prima.
“Abbassa i toni signorino, in questo momento ho io il coltello dalla parte del manico” gli ricordai sentendomi tanto in uno di quei dibattiti assurdi degno di un reality show.
“Oh certo perché hai intenzione di farmi restare sul pianerottolo tutta la notte, fammi capire?” abbozzò con quel suo sarcasmo da mal di testa acuto che al tempo mi aveva fatto tanto innamorare.
“Non mi tentare.. sai che ne sono capace” commentai teatralmente, neanche fossi davvero pronta a fargli una cosa del genere.
“Senti perché non la smetti con questa pagliacciata e mi fai spiegare? È la vigilia di Natale e noi stiamo litigando divisi da una porta di legno, ti rendi conto?” continuò a dire con frustrazione facendomi sgranare gli occhi in un moto di incredulità, tanto che forse mi cadde della cenere sul pavimento dal colpo che le mie dita avevano fatto.
“Prima di tutto abbassa i toni Zayn, così ci parlerai con la tua amante, non con me. E poi puoi anche spiegarmi tutto il tempo che vuoi adesso, non ti ferma nessuno” gli risposi sentendolo sbuffare alla mia prima affermazione, e in quel momento ringraziai davvero di non averlo davanti, non sapevo come avrei potuto reagire.
“Adesso? Così tutto il condominio può sentirmi?” chiese lui sperando forse di aver capito male, ma un mio grugnito lo incitò ad andare avanti.
“Tanto non mi sembra tu abbia avuto problemi a farmi sentire le tue conversazioni segrete stamattina” ribattei con acidità soddisfatta però di quella mia affermazione.
“E va bene.. vada per il discorso qua fuori..” abbozzò in un sospiro prendendo fiato, cosa che feci anch’io dimenticandomi della sigaretta che avevo tra le dita.
“La.. la ragazza con cui ero al telefono questa mattina non era un’amante o qualunque strana idea tu ti sia fatta, ma era una commessa della fioreria qui vicino” cominciò a parlare e sentendo la sua voce chiusi gli occhi istintivamente, inarcando però un sopracciglio.
“Non mi importa quale diavolo di lavoro fa quella zoccola, ok?” replicai con schiettezza senza paura di apostrofarla così, conoscendomi avrei potuto chiamarla in un centinaio di modi peggiori.
“Ascoltami, la stavo chiamando per assicurarmi che il mio ordine fosse stato pronto in tempo, non per altro..” aggiunse aumentando la pressione sul mio sopracciglio sinistro, tanti erano i dubbi e le domande che mi stavano passando per la mente in quel momento.
“Spiegati” sibilai non capendo “Questa sera avrei voluto tornare a casa da te con un mazzo di rose per farti una sorpresa, ma a quanto pare le cose sono andate diversamente e non credo sarai tanto sorpresa” abbozzò e dal suo tono di voce intuii che si fosse piegato in un sorriso che per chissà quale ragione contagiò anche me.
“Non hai davvero delle rose, bugiardo” mormorai sicura delle mie parole, pensando a come avrebbe potuto mentirmi anche in quel momento.
“E come fai a saperlo? Che io sappia non mi hai ancora visto.. anche se conoscendoti mi avrai mandato i peggio insulti dallo spioncino della porta” mi corresse e sentire le sue parole mi fece sentire un po’ più leggera, riconoscendo quella sua ironia sinistra che mi toccava sentire ogni giorno da tre lunghi anni.
E sorrisi notando comunque come avesse indovinato le mie mosse.
“Non ti apro perché ho una sigaretta in mano e credo non resisterei a spegnertela in fronte” dissi ridacchiando appena quanto bastò per fargli fare lo stesso.
Dio, quanto lo odiavo.
“E vorresti davvero negarmi il brivido di tentare la sorte?” domandò aumentando senza volerlo il sorriso sulle mie labbra, e mi toccò scuotere la testa per cercare di non farmi prendere dalle farfalle nello stomaco.
Dio, quanto lo amavo.
Mi guardai intorno e il tappeto verde dell’entrata catturò la mia attenzione facendo crollare ogni cattivo proposito avessi in quel momento, piegandomi in una smorfia divertita.
C’era davvero troppo verde in quella casa, l’avevo detto io.
Aprii la porta lentamente sporgendomi a guardare il ragazzo sulla soglia con, effettivamente, un grosso mazzo di rose tra le mani intento a sorridermi.
“Sei inquietante” commentai colpita da quel suo sorrisetto sghembo e dai suoi occhi stanchi ma comunque limpidi e felici nel vedermi a quanto pare.
“Mai come te, ti prego dimmi che non mi userai come posacenere” bofonchiò intimorito da quel pensiero, aggrottando le sopracciglia scure in modo adorabile.
Lo guardai in tono di sfida vedendomi quasi riflessa in quelle sue iridi scure, e quando fece qualche passo nella mia direzione non riuscii neanche a spostarmi.
“Non lo farò solo se tu posi da qualche parte quelle rose, sono piene di spine” abbozzai posando la mano libera sul suo petto caldo, ritrovando il perfetto incastro in cui cadevano sempre i nostri corpi quando si sfioravano.
Chiuse la porta dandole un colpo col piede sinistro, cingendomi un fianco con un braccio fino a farmi indietreggiare di qualche passo, tanto che lo sentii allungarsi sul mio corpo per appoggiare il mazzo di fiori sul tavolo dietro la mia schiena.
“Posiamo anche questa già che ci siamo” sussurrò sfilandomi la sigaretta ormai praticamente consumata dalle dita, a quanto pare poi posando anch’essa sul tavolo alle mie spalle.
Ne approfittai per togliergli di dosso una sciarpa di lana, stranamente verde, e la feci cadere a terra nello stesso momento in cui lui in un movimento veloce posò le labbra sulle mie in un mezzo sorriso.
Allacciai le braccia attorno al suo collo mentre fece lo stesso con i miei fianchi, stringendo subito la presa attorno al mio corpo.
Giocherellai distrattamente con i capelli della sua nuca e mi beai del suo profumo, inimitabile davvero.. niente che potesse fare qualche Malboro.
“Che ne dici, la prossima volta mi lascerai finire di parlare prima di sbattermi fuori di casa?” chiese sulle mie labbra in un sussurro facendomi accennare un sorrisetto liberatorio.
“E se invece ti lasciassi il brivido di tentare la sorte?” ripresi le sue stesse parole di poco prima ricevendo in risposta un suo sorriso beffardo prima che potesse tornare a baciarmi ingordo.
Lui era migliore di qualsiasi respiro dopo una sigaretta, di ogni minuto rimasta chiusa nel mio orgoglio, della sensazione di pienezza che ti dava il secondo dopo un’imprecazione.
“A proposito.. buon natale” abbozzò sulla mia bocca strusciando appena il naso contro il mio in quel modo impertinente che era solito usare lui.
“Meglio tardi che mai” constatai felice che comunque se ne fosse ricordato, socchiudendo gli occhi quel tanto che mi bastava per vederlo avvicinarsi al mio viso, per poi lasciarmi andare al sapore del suoi baci.
Era migliore di ogni alcolico, di tutte le battute sul suo gusto per l’arredamento che mi facevano sentire superiore per qualche istante, di qualsiasi uscita con le amiche il sabato sera.
“Ti amo” mormorai ancora tra un bacio e l’altro sentendolo sorridere sulle mie labbra, come se fosse la prima volta che me lo sentiva dire.
Fece per rispondere ma i suoi occhi si sgranarono puntandosi su un punto dietro di me, e girandomi verso il motivo di tanto stupore trovai una delle tante rose che mi aveva regalato accesa da delle deboli fiammi ma comunque preoccupanti.
Notai in effetti la cicca della sigaretta lì accanto e capii come avesse potuto il fiore prendere fuoco, allora presi la prima cosa che mi capitò in mano, ovvero la sciarpa verde che Zayn aveva avuto al collo fino a poco prima, e la tamponai con forza sopra quei piccoli fiori facendoli così spegnere in breve tempo.
“Ah grazie tante per aver usato i miei vestiti come estintori” commentò con sarcasmo continuando a guardare allucinato il mazzo di rose ormai spento e un po’ rovinato, facendomi ridere.
“Tutto quel verde mi aveva stufato, capiscimi” risposi semplicemente con serietà, ma quando mi girai verso di lui e vidi la sua espressione accigliata scoppiai in una risata più aperta e sicura.
Mi aggrappai alle sue spalle e mi lasciai andare a quelle risate, beandomi di quando anche la sua si aggiunse alla mia donando un tono più completo al suono che riempì la casa.
Era che lui era migliore di qualsiasi brutta giornata, di ogni pippa mentale che avessi potuto mai farmi, di tutte quelle strane circostanze che mi avevano portato a litigare con lui quel giorno.
Zayn riusciva a farmi amare qualsiasi disaccordo, perché sapevo che lui mi avrebbe amata comunque, tanto cosciente di tutti i miei difetti che insisteva nel dire quanto lo riportassero da me ogni volta.
E io d’altro canto non riuscivo mai ad odiarlo sul serio, ci sarebbe sempre stata una parte di me che l’avrebbe continuato ad amare comunque.
Dannazione.











Okay eccomi qui anche la sera di Natale per postare questa OS natalizia.
All'inizio doveva essere tutt'altra trama, tutt'altra protagonista, ma ieri alla vigilia l'ispirazione ha avuto la meglio e mi è uscita questa cosa..
Non so neanche se mi piace, ma spero possa piacere a voi ahah
Potete trovarmi su twitter, sono @birbi_alex
Vi ricordo la mia long: You're different than other else
E tutte le mie altre One-Shot: 
- A letter for you
- Il problema è che Ti amo
- You'll follow me into my dreams
- Se solo potessi..

AUGURONI A TUTTE PER UN FELICE NATALE, UN BACIONE A TUTTE!
   
 
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