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Autore: Perla_Nera    25/12/2012    1 recensioni
Jackie è a Londra, scappata da una claustrofobica situazione familiare, che, pian piano, la stava consumando come fosse cenere. Nella moderna metropoli si ritrova ad affrontare quelle che sono le difficoltà e le insicurezze che una giovane donna incontra tra i propri passi quando riconosce il cambiamento della crescita. Dopo che la vita, in passato, le ha insegnato solo razionalità e cinismo incontra qualcuno pronto a scombussolare i suoi fasulli equilibri. Un qualcuno che le svela il suo mondo, le spiega che i sogni non feriscono e, anche se su di lui incombe la più grande ombra di follia, le mostra le scelte che ognuno di noi può prendere in considerazione. Jackie si ritrova, così, sul precipizio di una cascata costretta dal suo cuore e dalla sua mente a decidere se tornare indietro o tuffarsi nel vuoto.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Note: Ho pensato di farvi un regalino e postare proprio oggi (: Eccomi con il secondo capitolo della storia. Spero vivamente vi piaccia ma sopratutto di poter leggere qualche vostra recensione. Grazie mille per i commenti ai capitoli precedenti e per aver inserito la storia tra le seguite, grazie davvero di cuore. Con la pancia piena di prelibatezze natalizie vi auguro buon fine serata e buon capitolo ^^ Perla ♥
p.s.: vi lascio il link della pagina qualora vorreste seguire gli aggiornamenti e gli spoiler http://www.facebook.com/PerlaSavvy

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Capitolo 2


- Grace sei sicura? Non voglio farti arrivare in ritardo in facoltà!

Gridai dal bagno alla mia coinquilina mentre rilegavo, come ogni mattina, i miei capelli in una coda.
- Non dire sciocchezze Jackie! Non è un problema darti un passaggio, stamattina ho lezione alle 9.00!
- Okay, sono pronta! – avvertii raggiungendola all’ingresso.
Uscimmo dal nostro appartamento e ci dirigemmo verso la sua Mini grigia. Arrivare con l’auto da Beks impiegava solo pochi minuti che dedicammo a poche chiacchiere.
- Sai, Kaleb ieri mi ha chiesto l’orario! – esordì entusiasta Grace, mentre guidava.
- Dovresti finirla! – risposi tra il suono della mia risata divertita – Ma dai Grace, ti conosce a malapena, fagli capire che c’è un interesse da parte tua, altrimenti non andrai da nessuna parte!
- No, no e no! Deve fare lui il primo passo.
- Ma come può se non sa che ti piace?
- Un uomo dovrebbe intuirlo.
- Una donna intuisce, l’uomo non riflette su certe cose. – puntualizzai.
- Io sento che accadrà qualcosa, è destino Jackie! Siamo fatti l’uno per l’altra, lo so. Lui è bello da morire e io ho un certo fascino. Ama i cavalli, proprio come me, e ha una Mini come la mia. Meglio di così! – disse sarcastica e profondamente autoironica provocando le mie risa.
- Si, si okay! Ma non esistono queste cose, lo sai? Niente principe, amore eterno o destino.
- Odio il tuo cinismo e non finirò mai di dirlo! – scherzò alzando gli occhi al cielo – Prima o poi dovrai innamorarti anche tu!
- Lo so, me lo ripeti da un mese ormai. Ma lo sono stata Grace e sai come è andata a finire!
- Beh, non era quello giusto e hai avuto la sfortuna di avere un’amica poco seria, che se l’è portato a letto.
- Grazie per avermelo ricordato! – dissi con un tono quasi rassegnato.
Furono pochi i secondi di pausa prima che Grace riprendesse a parlare.
- Ho una proposta che non potrai rifiutare… - rifletté assottigliando lo sguardo pensierosa.
- E’ una minaccia stile “Il padrino”?
- No volevo fare la tipa con la citazione! – sorrise – Sabato sera c’è una festa in facoltà. In verità è un incontro organizzato da un’associazione che collabora con l’università, ma ci saranno tanti ragazzi, musica buona e qualcosa da mettere tra i denti!
- Lo sapevo, è una minaccia! – conclusi sorridendo.
- Tu mi prometti che verrai con me e io ti giuro che farò comprendere il mio interesse a Kaleb. Mi servirà un sostegno! – disse sbattendo le ciglia in maniera supplichevole mentre parcheggiò l’auto a pochi metri dalla caffetteria.
- E va bene. Ma lo faccio per abbracciare la tua causa, non di certo per le maliziose intenzioni che so ti frullano per la testa.
- Mi basta questo! – affermò soddisfatta alzando il mento in segno di vittoria.
La caffetteria era già aperta, segno che Mike, arrivato presto, era di buon umore. Notai la vecchia auto rossa di Eleonor ferma non lontana dall’ingresso.
- Buongiorno! – dissi entrando seguita dalla mia coinquilina che ripeté il medesimo saluto.
- Grace, sei venuta a salutarci? – esordì Mike uscendo dalla porta del deposito sul retro.
- Si stamattina ho lezione tardi e ho deciso di iniziare la giornata con uno dei tuoi eccezionali pancake!
- Te li preparo subito! – le rispose mettendosi all’opera mentre io indossavo il mio grembiule e riponevo giacca e borsa sul retro del bancone.
- ¿Donde esta mi niña? – sentii la voce armoniosa di Eleonor provenire dal deposito quando, dopo pochi secondi, sbucò proprio da quella porta.
Venne ad abbracciarmi, proprio come ogni mattina, schioccando un delicato bacio sulla mia guancia infreddolita.
- E così stamattina està anche Grace con noi! Vai a sederti pure un minuto con lei, vi porto un cappuccino.
- Grazie Ele. – le dissi con un sincero sorriso, mentre il suo braccio cingeva forte le mie spalle.
Raggiunsi Grace al tavolo, proprio quello accanto alla finestra, prendendo posto di fronte a lei.
- Ho fatto una cosa che ti farà arrabbiare tanto. – la sua espressione era preoccupata, aveva la fronte aggrottata e le labbra arricciate in una strana smorfia.
- Ehm, cioè? – chiesi senza andare in panico. Infondo cosa poteva aver combinato?
- Prometti che non te la prendi?
- A meno che tu non abbia pubblicato una mia foto su uno di quei siti per incontri, no, non mi arrabbierò.
- Okay. Ecco, ieri sera, quando sono tornata da lezione, avevo voglia di leggere un libro. Essendo che non c’era nulla che mi attirasse esposto in libreria, ho adocchiato lo scatolone che è riposto in cima. Non sapevo esattamente di cosa si trattasse così ho iniziato a leggere…
Grace rallentò il suo discorso in attesa di una mia reazione. Non ero di certo infuriata ma molto infastidita. Non mi reputo brava, le mie storie non sono un granché e la grammatica è pessima. Il solo pensiero che la mia coinquilina fosse incappata nei miei racconti e nei miei pensieri, dei quali io non mi sentivo affatto soddisfatta, non era certo motivo di entusiasmo.
- Grace ma… m-ma…non avresti dovuto…- cercai di spiegare con calma.
- Lo so. E mi dispiace. Ma le tue storie sono così belle, ho iniziato a leggere e non sono riuscita a fermarmi.
- Come? – chiesi sorpresa.
- Ma si! I tuoi personaggi sono delineati in modo esauriente e sono tutti molto interessanti. Per me scrivi benissimo e ancora non ho capito il motivo che ti frena nell’inviare qualcosa ad una qualsiasi casa editrice!
- Lo dici perché sei Grace e sei la mia coinquilina e anche perché ti ho prestato la mia sciarpa blu lo scorso week-end! – cercai di sdrammatizzare la situazione che non gioiva certo al mio imbarazzo.
- Non cambiare discorso. Scusami ancora per aver letto le tue storie ma, ragazza mia, lasciatelo dire, stai facendo una grande cavolata a non cercare di far fortuna con quello che scrivi! – disse seria stavolta, fissandomi negli occhi.
Fin dal primo istante il rapporto con Grace è stato eccezionale. Abbiamo subito trovato una forte chimica e siamo riuscite ad andare davvero d’accordo in circa un mese che conviviamo. Si è trasferita a Londra da Uxbridge. I suoi genitori sono abbastanza facoltosi e le permettono di studiare senza la necessità di lavorare. Questo sarebbe potuto essere motivo di presunzione e boria per Grace, ma non ha mai mostrato alcun tipo di antipatia. E’ sempre stata gentile, generosa e non troppo invadente, anche se un po’ esuberante nei modi di fare. Insomma, ero davvero contenta di aver scelto lei come mia coinquilina.
- Ecco i vostri pan cake e i cappuccini.
- Grazie Eleonor. Perché non ti siedi con noi? Non c’è ancora nessuno qui in caffetteria!
- Gracias Grace! Ma preferisco tener d’occhio Mike, è di buon umore e, quando lo è, tende a far pasticci! – rispose la donna allontanandosi verso il bancone.
- Non provare a riprendere il discorso a meno che tu non voglia che mi arrabbi! – dissi scherzando sperando, però in questo modo, di far cadere l’argomento prima intrapreso.
- Come vuoi… - rispose sbuffando Grace.
Consumammo la colazione in pochi minuti, dato il fatto che entrambe avevamo altro da fare. Dopo che Grace aveva salutato Mike ed Eleonor, l’accompagnai fuori dalla caffetteria, anche per approfittare del tempo di fumare una sigaretta.
- Ti chiamo dopo! – urlò quasi, mentre entrava nella sua Mini.
Sorridente le feci cenno con la mano e, dopo pochi istanti, avevo già la sigaretta accesa tra le dita. Le strade cominciarono a popolarsi. Taxi, auto e bus erano sempre di più per le vie. Le persone camminavano in fretta e i bambini si recavano verso le scuole. Senza rendermene conto il mio piede tamburellava sull’asfalto riproducendo un certo ritmo, mentre consumavo la mia sigaretta e mi accorsi del perché dopo aver realizzato che le mie labbra mimavano un motivo conosciuto. Alla radio trasmettevano la mia canzone preferita dei Coldplay e la mia mente, inaspettatamente, materializzò, come una diapositiva, l’immagine di uno sguardo che feci fatica a riconoscere. Assottigliai gli occhi mentre cercavo di riflettere. Inspirai l’ultima boccata di fumo e gettai in un posacenere la sigaretta ormai spenta. Occhi verdi, anelli e sorriso ammaliante. Ricordai, d’un tratto, con un leggere sorriso immotivato il ragazzo che, un mese prima circa, mi aveva chiesto scusa tre volte e aveva dichiarato di essere un principe. Non seppi spiegarmi perché non risi subito delle sue insensate parole ma, probabilmente, non ricordavo bene quella sua voce che mi frenò dal farlo.


***


- E io ti ripeto che avresti dovuto indossare quelle marroni con il tacco!
Durante tutto il viaggio in auto verso la facoltà, Grace mi ripeté come avrei o non dovuto vestirmi per la festa alla quale ci stavamo dirigendo.
Riuscivo a sentire la musica anche da fuori mentre ci avviavamo alla porta d’entrata.
- E’ normale la musica così alta durante un incontro del genere?
- Credo sia un gruppo che suona dal vivo. Diciamo pure che ne approfittano di queste organizzazioni per dare una festa vera e propria in un luogo grande e conosciuto come questo appunto!
- Ah, capisco! – sentenziai annuendo con la testa.
Una volta entrate venimmo inondate dal forte suono delle casse presenti su una specie di palco allestito per la band. Era pieno di ragazzi e c’erano diversi banconi con su cibo e bevande. Molte persone ballavano, altri chiacchieravano seduti su alcune sedie presenti ai bordi di quella che pareva una pista da ballo formata dal nulla. Le luci erano poche e affievolite per rendere ancor di più l’atmosfera di una vera e propria festa. Solo un grande striscione appeso per gli estremi al soffitto indicava il reale scopo benefico dell’incontro.
- Eccolo! – mi urlò Grace all’orecchio rischiando di rompere il mio timpano già messo sotto sforzo dalla musica.
- Ma chi? Kaleb intendi?
- Si, si. E’ lui! Lo vedi quel ragazzo di colore vicino al bancone alla tua destra. Ha una giaccia blu e i capelli rasati – mi disse dando le spalle al punto che indicava mentre si torturava le mani arrossate.
- Ehm, credo proprio di si! E… beh, sta guardando proprio verso di noi, credo abbia visto che lo indicavi. Anzi, a dirla tutta, viene qui! – dissi d’un fiato seguendo le azioni che avvenivano.
- Respira Grace, non morde mica! – scherzai quando la mia amica iniziò a boccheggiare.
- Grace? Grace Hill?
- Si? – rispose al richiamo del ragazzo con voce tremante prima di voltarsi verso di lui – Ah, ma sei tu! Kaleb giusto?
- Si esatto! – disse il ragazzo sorridendo e abbassando il viso.
- Vado a prendermi da bere… - sussurrai all’orecchio di Grace, così da darle un po’ di privacy.
Mi avviai al bancone dove avevo adocchiato della birra, facendomi spazio tra alcuni ragazzi che ballavano. Afferrai una Tennent’s e la stappai, versandola in un bicchiere monouso. La musica cambiò e riconobbi le note di Honky Tonk Women dei Rolling Stones. Iniziai a fissare il gruppo che suonava, mentre sorseggiavo la birra. Spostai lo sguardo verso Grace, un po’ lontana da me, e vidi che chiacchierava con il suo Kaleb allegramente, segno che tutto andava per il meglio. Quando tornai al gruppo, una figura mi impedì di ottenere la stessa visuale di prima. Un ragazzo si versava della birra appena aperta mentre alcune ciocche di capelli ricaddero sul suo viso, così da non permettermi di vederne i lineamenti. Una mano con su diversi anelli portò i ciuffi dietro le orecchie mostrando, con mia sorpresa, un aspetto conosciuto.
Gli occhi del ragazzo caddero distrattamente sui miei, poi al gruppo e ancora una volta su di me, mostrandomi il suo sguardo assottigliato.
- Ci siamo già incontrati vero? – esordì con un sorriso dopo pochi istanti spalancando un pò gli occhi, segno forse di un’intuizione.
- Si, credo di si. Se non sbaglio sei venuto da Beks per un macchiato. Io lavoro lì. – spiegai urlando un po’ per via del volume alto della musica.
- Ricordi che ho preso un macchiato? – chiese alzando un sopracciglio.
Mi bloccai con le labbra socchiuse con la volontà di proferir parola ma non riuscii a formulare nulla di sensato. Sorrisi e abbassai lo sguardo imbarazzata.
- Io sono Harley! - la sua voce ruppe il silenzio agghiacciante e allungò il braccio aprendo la mano.
- Jackie! – afferrai la sua e come un coniglio che sbuca dalla tana mi venne in mente l’episodio della scossa elettrica del nostro primo incontro.
- Si, lo so! Ricordo il tuo nome.- sorrise entusiasta – Come mai sei qui? Studi?
- No, no. In verità ho accompagnato un’amica, è lì che parla con un ragazzo. – dissi indicandola con il dito e approfittando per tener d’occhio i movimenti di Grace. – Tu studi qui?
- No, faccio anche io da accompagnatore.
- Ah, capisco, alla tua ragazza. – affermai decisa senza pensarci due volte.
Harley si aprì in un divertito sorriso scuotendo un po’ la testa e catturando i miei occhi con uno sguardo magnetico.
- In verità sono qui con mia sorella!
In quell’istante avrei voluto sotterrarmi. Con mia grande sorpresa quel ragazzo sconosciuto sapeva mettermi in imbarazzo per via del suo sguardo, della sua voce e del suo sorriso. Probabilmente fu quello l’istante in cui ebbi la consapevolezza di essere attratta fisicamente da Harley.
- Anche lei è una principessa? – chiesi sarcastica curiosa della risposta che avrebbe dato.
- Chi Amélie? No, non lo è.
- Ah! Mentre tu, quindi, sei un principe, giusto?
- E a te sembra assurdo, giusto?
Arricciai il naso e cercai di fargli capire il mio scetticismo. Lui sorrise scuotendo il capo e abbassando lo sguardo.
- Ti ripeto Jackie, non devi credermi per forza…
- Sono curiosa. Anche se penso che tu mi stia prendendo in giro…
- No, assolutamente! Non fa parte di me.
Sorrise ancora ed entrambi ci accorgemmo di aver finito la birra.
- Ti va di…?
- Oh no, non so ballare!
- Jackie – mi guardò divertito -  volevo solo chiederti se ti va di uscire un po’ fuori, la musica è assordante!
- Oh! – risi di me stessa e desiderai per la seconda volta di poter scomparire via – C-certo, si!
Raggiungemmo l’esterno e ne approfittai per fumare una sigaretta.
- So che non te ne potrà importare quasi nulla, ma non posso non dirlo. Non dovresti fumare…
Era appoggiato con la schiena ad una colonna ed il suo sguardo era sincero e quasi dispiaciuto. Guardai il suo corpo asciutto ma muscoloso. Indossava una camicia bianca risvoltata ai gomiti con una leggera scollatura. I jeans che portava erano scuri e terminavano arricciandosi leggermente su dei vecchi anfibi neri. La sua testa era un po’ inclinata e il suo labbro inferiore finì in una morsa lenta sotto i denti. La sua fronte un po’ aggrottata forse rifletteva su ciò che aveva appena detto e indirettamente chiesto di fare.
- G-grazie… - dissi spontaneamente. Decisi di riposare la sigaretta in borsa, non sapevo neppure se potevo fumarci lì, e mi accomodai su di un gradino della lunga scala esterna.
Harley prese posto accanto a me e posò i gomiti all’indietro per appoggiarsi. Il suo viso sempre sorridente mi parve interessato ad iniziare una conversazione.
- Come mai “Yellow” è la tua canzone preferita dei Coldplay?
Rimasi un po’ stranita per alcuni secondi. Il fatto che ricordasse quel particolare mi lasciò lusingata e sorpresa.
- Beh… Okay, è una cosa assurda ed ero ubriaca – risi abbassando il viso – Ero sulla terrazza del mio appartamento. Avevo con me un i-pod che collegai a delle casse. La radio mandò questa canzone e in pratica cominciai a danzare lentamente e urlare a squarciagola verso questa distesa di luci che vedevo dall’alto che la mia mente molto poco lucida associò a tante stelle.- risi di gusto ripercorrendo con l’ immaginazione quel momento e portandomi le dita alla bocca, come a trattenere quel sorriso imbarazzato – E in pratica tutto il vicinato mi mandò a quel paese. Questa è stata la mia prima notte in questa città e da allora è il mio cavallo di battaglia.
Evitai di raccontargli la parte in cui dicevo che mi ero appena trasferita da Londra, dopo il disagio famigliare, e che mio padre cambiava, cambiava la mia famiglia e cambiavo io.
- No che non è assurdo. E’ irrazionale e intenso.
- Oh beh, sono tutto meno che irrazionale io.
- Magari allora però non lo eri…
Incontrai il suo sguardo. I suoi occhi, da sotto le ciglia scure, mi scrutavano con gentilezza. Lo sbattere delle sue palpebre mi parve un movimento così ipnotico e sensuale come nulla mai visto prima.
- Come mai sei a Londra? Il tuo accento sembra irlandese. – chiese distogliendo lo guardo e prendendo a giocare con i soliti anelli. In quel momento avrei voluto chiedergli come mai amava gli anelli e perché ne aveva così tanti, ma decisi di rispondere prima alla sua domanda.
- Diciamo per lavoro e per piacere. Sono nata qui, in verità, ma ho sempre vissuto ad Ennis, in Irlanda per l’appunto.
- Ne ho sentito parlare, dicono sia una cittadina molto caratteristica.
- Si, lo è!
- Permettimi, non credo tu sia venuta fin qui per lavorare da Beks…
- Vedo che non ti sfugge nulla… – dissi scuotendo un po’ la testa – Beh, in verità…
- Ecco dove ti eri cacciata Jackie! Ti ho cercato ovunque…
La voce inconfondibile di Grace, annunciata dal forte rumore della porta d’ingresso chiusa con uno slancio, fermò la conversazione e mi fece alzar di scatto, come se fossi stata beccata a far qualcosa di illegale o immorale.  Harley seguì il mio movimento e solo in quell’istante la mia amica parve accorgersi di lui.
- Ah! Ehm, ciao. Scusatemi, non volevo interrompervi…
- No, ma che dici! – la ripresi aggrottando la fronte – Lui è Harley, ci siamo rincontrati per caso…
Sentivo lo sguardo del ragazzo che avevo accanto su di me e la cosa non so perché mi faceva sorridere.
- Mi dispiace Jackie, dobbiamo andare. Mi ha chiamato Mike, hanno derubato il deposito della caffetteria.
- Cosa? – dissi allibita – Perché non ha chiamato me?
- Dice che non avevi linea, rispondeva la segreteria. Eleonor già è lì, però sai com’è lui, è in panico ora.
- Okay, si, andiamo subito, certo!
- Ti aspetto all’auto.
Annuii a Grace mentre si avviò alla Mini parcheggiata sul retro. Il mio sguardo tornò a Harley che mi guardava preoccupato mentre una mano passò tra i suoi capelli sistemandoli dietro le orecchie. Quel suo gesto inaspettato mi provocò una piccola morsa allo stomaco.
- Vai, vai pure. Mi dispiace per la caffetteria.
- Si, Mike sarà fuori di senno. Devo andare…
- Certo, capisco tranquilla. – mi disse comprensivo aprendosi in un ammaliante sorriso.
- Mi ha fatto piacere rivederti Jackie.
- E’ stato un piacere… principe! – scherzai sorridente mentre ricambiò la mia espressione.
Mi voltai e scesi i gradini delle scale in fretta. Non so perché lo feci, ma in maniera del tutto spontanea mi voltai verso le scale a cercare quella che era stata la mia compagnia degli ultimi minuti. Harley assottigliò lo sguardo e inarcò le labbra, mentre il suo corpo simulò un inchino quasi regale.
Mi fece sorride e scossi la testa.
Non riuscivo a pensare alla caffetteria lucidamente per quanto mi dovessi preoccupare delle circostanze, perché l’unica domanda che avevo per la testa mi chiedeva se mai avrei rivisto Harley e soprattutto chi fosse davvero questo misterioso ragazzo che si spacciava per principe?
   
 
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