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Autore: streetlightgirl    26/12/2012    3 recensioni
“Blaine… pecchè un cupcake al cioccolato?” chiese timidamente, cercando di non sembrare patetico, e per tutta risposta l’interpellato si sedette di fronte a lui, sempre con un sorriso stampato sul volto.
[...]
“Pecchè sono i miei dolcetti prefeliti. E sono dolci. E belli. E…” disse il riccio, e si fissò per un attimo le dita con la fronte corrugata, contando i motivi per evitare di dimenticarne qualcuno “e… e poi boh. E tu sei tutte quelle cose.” concluse con aria soddisfatta.
|baby!klaine|
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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questa os ha tre dediche:

la prima è per più bel regalo di natale di quest’anno,
Arianna (klainelicious), anche se mi aveva vietato di
convertirmi al verde ahahahahah c:

La seconda è per le persone che ho conosciuto quest’anno grazie
a quel gruppo di sgangherati anche detti “new directions”
se dovessi elencare tutti i nomi di queste meraviglie finirei a capodanno come minimo!
Grazie per avermi fatta sentire accettata davvero per la prima volta
 
e l’ultima dedica la faccio a tutti voi,
che leggete le mie ff
che recensite,
e che semplicemente apprezzate, la cosa più importante.
Doveva essere un regalo di natale, ma voi sapete meglio di me
che io e la puntualità non andiamo d’accordo lol
e allora un enorme abbraccio dal profondo del mio cuore!


 choco cupcake (thanks mum)




 
 
Ecco, era successo ancora.
 
Oh beh, non è che ci sperasse molto dopo tutto.
 
Con ancora la carta rossa con le stelline dorate appallottolata in mano e un’espressione di evidente disappunto sul volto, Kurt alzò lo sguardo dal suo regalo e guardò il padre per chiedere spiegazioni.
 
Burt sorrise speranzoso, ma in cuor suo sapeva di aver toppato un’altra volta.
La seconda per l’esattezza, contando anche compleanno.
 
Perché era così difficile accontentare il suo bambino?
Insomma, era molto speciale, e Margot gli aveva sempre ripetuto che i suoi gusti non erano come quelli degli altri bambini…
 
Se solo ci fosse stata lei…
 
“Allora Kurtie? Cosa ne dici? Babbo Natale è stato bravo?” chiese, accovacciandosi accanto al figlio che lo fissava con la stessa espressione di poco prima.
 
“Ma papino… io ‘on avevo chiesto un pallone da football però…” gli rispose questo, mentre due grossi lacrimoni iniziavano a scendergli sulle guance arrossate.
 
Perché quell’omone rosso non lo accontentava mai?
Era per caso sulla lista dei bimbi cattivi?
 
Kurt scosse la testa per rimuovere quel pensiero. No no, non era possibile, lui era sempre stato bravo: bei voti a scuola, cameretta sempre ordinata, non si faceva mai sgridare dal suo papà…
 
Kurt appallottolò la carta tra le ditina candide, tirando su col naso molto rumorosamente.
 
Se solo mamma fosse stata là con lui.
 
Quando gli anni precedenti riceveva un regalo che non gli piaceva, lei lo prendeva in braccio, lo poggiava sulle sue ginocchia e la abbracciava stretto stretto, promettendogli che il giorno successivo sarebbe andata personalmente al polo nord per cambiare il regalo.
 
E non c’era mai stata una volta in cui non era tornata con qualcosa di stupendo, quel qualcosa che Kurt aveva chiesto nella sua letterina.
 
Ma poi lei se ne era andata.
 
Se ne era andata portandosi via il suo profumo, il suo calore, la sua dolcezza.
 
Tutte le stanze sembravano più grigie senza il sorriso e gli occhi azzurri della sua mamma, il divano sembrava vuoto, l’armadio non aveva più i colori accesi dei suoi vestiti eleganti.
 
Kurt avrebbe voluto chiedere di riaverla indietro come regalo, ma sapeva benissimo che questo era troppo anche per la magia del natale.
 
Sospirò rassegnato, tornando a guardare quell’ovale ruvido che sarebbe stato il suo nuovo compagno di giochi.
 
Burt gli poggiò una mano sulla spalla e sorrise di nuovo, tentando di contagiarlo.
 
“Eddai tesoro, non è poi così male… andiamo, ti insegnerò io a giocare! Passeremo tanto tempo insieme!”
 
Kurt ricambiò il sorriso meccanicamente e si asciugò una guancia con la manica del maglioncino.
“D’accordo papà… ora posso andare fuori?”
 
 
 
***
 
 
“Giro giro tondo… casca il mondo… casca la terra…”
 
Kurt aveva iniziato a girare su se stesso, tentando di imitare uno dei giochi che vedeva sempre fare agli altri bambini al parco.
 
Quelli che non lo facevano mai giocare e lo prendevano in giro solo perché… perché… beh nemmeno lui conosceva il motivo.
 
Forse era perché non gli piaceva sporcarsi di terra e fare la lotta?
Oppure perché gli piaceva tanto il colore rosa?
 
Non lo sapeva, e alla fine si era abituato a non darci peso.
 
Infondo, stava bene anche da solo.
Forse.
 
Finita la canzoncina si buttò a terra, e sottile strato di neve che la ricopriva andò a mischiarsi con le sue ciocche bionde scure e a pizzicargli le orecchie, facendole diventare rosse e fredde all’istante.
 
Kurt alzò lo sguardo verso il cielo e chiuse gli occhi, due oceani azzurri con pagliuzze dorate qua e là.
 
“Mammina” pensò, corrugando la fronte per concentrarsi “mammina mi manchi tanto, e adesso che è natale tu saresti dovuta essere qua con me a giocare. Mammina, lassù hanno un posto per cambiare i legali? Magari se gli spedisco quel pallone mi ridanno te…”
 
“Che fai lì sdraiato?”
 
Kurt aprì gli occhi di scatto e si trovò davanti il più bello spettacolo che avesse mai visto.
 
Due occhi.
Color nocciola intenso, grandi e incorniciati da ciglia scure e lunghissime.
 
Per un istante il bambino pensò che appartenessero a una femmina, ma la vista dei capelli corti e riccissimi gli fece cambiare idea.
 
Questo continuò a guardarlo perplesso, piegando un po’ il capo di lato e sbattendo le palpebre velocemente.
 
“Sai che se stai nella neve ti ammali per il fleddo?” continuò con un tono di voce dolcissimo, che fece leggermente arrossire l’altro.
 
Si tirò su e si scosse la neve dal cappotto marrone, tornando poi a guardare quelle iridi meravigliose che notò con stupore non essere più del colore che aveva notato prima.
 
Ora erano più tendenti all’ambrato, tipo caramello.
 
Kurt strabuzzò gli occhi e gli puntò contro un dito.
 
“Ma di che colore hai i occhi?”
 
Il bambino sorrise e fece spalluccie.
Oh, c’era qualcosa di più adorabile?
 
“Boh, non lo so! Mamma dice che sono speciali…”
 
Il bimbo biondo ricambiò il sorriso, raggiante.
Non aveva mai avuto una conversazione così lunga con un'altra persona!
 
“Come ti chiami?”
 
“Blaine! Tu?”
 
“Kurt, piacere”
 
Blaine si spalancò in un sorriso ancora più grande, mostrando una fila di denti da latte bianchi e perfetti.
“Kurt, pecchè stavi sdraiato là?”
 
Il bimbo arrossì violentemente e iniziò a fare dei cerchi con la punta del piede destro, tenendo lo sguardo fisso su di essa.
Insomma, era un po’ patetico il motivo, non poteva di certo dirglielo, altrimenti l’avrebbe preso in giro.
 
Blaine, visto che non otteneva una risposta, si accucciò e gattonò fino all’altro, andando a stringergli la gamba che questo stava fissando insistentemente.
 
“Eddddddai Kurt, me lo dici?” disse, increspando il labbro inferiore e guardandolo con gli occhioni ancora più spalancati -era possibile che fossero ancora più grandi del normale?
 
Kurt quasi prese un infarto al tocco del bambino, e cadde alzando un velo di neve da terra.
Un perfetto sconosciuto gli si era avvinghiato alla gamba e lo stava pregando di parlargli dei suoi problemi! Aiuto!
 
Non sapeva se sentirsi sconvolto per le tante attenzioni o per il vero e proprio contatto fisico.
 
Lo guardò per un istante che sembrò durare un secolo, indeciso sul da farsi.
 
Si poteva fidare di quell’esserino che sembrava essere uscito da un cartone animato e che si era fiondato sulla sua gamba per attirare la sua attenzione?
 
“Io… ecco… non so se dirtelo…” sospirò infine, giocherellando nervosamente con i fili della sciarpa “pecchè poi sembro patetico ecco.”
 
Blaine alzò un sopracciglio -che Kurt notò essere stranamente triangolare- e lo guardò con aria interrogativa.
 
“Che significa patetico?”
 
Il bimbo biondo rise e per la prima volta mostrò i suoi denti bianchi al nuovo arrivato, che pensò di non aver mai visto un sorriso così luminoso.
 
“Significa stupido… all’incirca” gli spiegò con aria un po’ superiore, e a quelle parole il riccio si imbronciò, mostrando il suo disappunto con l’incrociare delle braccia.
 
“No.”
 
Kurt lo guardò stupito, incapace di comprendere il motivo per il quale se l’era presa.
 
“Non sei pateto…pete…patetico” continuò Blaine dopo uno sforzo sovrumano per pronunciare quella parola così complessa “sei un cupcake al cioccolato ok? E i cupcake al cioccolato non sono stupidi.”
 
Il biondo quasi andò in autocombustione sentendo quelle parole. Arrossì ancora di più e fu costretto a portarsi le mani sulle guance per coprire il color porpora che ormai si era impadronito di esse.
Come mai era diventato tutto così… caldo improvvisamente?
 
Blaine gli aveva appena detto… cosa?
Un bimbo che aveva incontrato sì e no dieci minuti prima lo aveva definito un… dolcetto al cioccolato?
 
Ok, ora aveva due possibilità: seppellire il volto nella sciarpa e scappare in casa oppure sorridere e rispondere a quel bimbo così dolce.
 
Per un attimo pensò che la prima opzione fosse la migliore, darsela a gambe levate senza ritegno per evitare di sciogliersi al momento.
 
Però quegli occhioni che lo stavano fissando così attentamente gli fecero cambiare idea: no, non sarebbe andato via perché quello era il primo bimbo che non lo aveva guardato dall’alto verso il basso e preso in giro.
 
“Blaine… pecchè un cupcake al cioccolato?” chiese timidamente, cercando di non sembrare patetico, e per tutta risposta l’interpellato si sedette di fronte a lui, sempre con un sorriso stampato sul volto.
 
Con sommo piacere Kurt constatò di non essere l’unico ad essere rosso, e questo lo fece tranquillizzare un poco.
 
“Pecchè sono i miei dolcetti prefeliti. E sono dolci. E belli. E…” disse il riccio, e si fissò per un attimo le dita con la fronte corrugata, contando i motivi per evitare di dimenticarne qualcuno “e… e poi boh. E tu sei tutte quelle cose.” concluse con aria soddisfatta.
 
Kurt strabuzzò gli occhi, cosa che fece incantare l’altro.
Aveva degli occhi veramente belli, azzurri come il cielo sopra di loro, come il mare d’estate, come… un sacco di altre cose.
 
Blaine poggiò l’indice sul naso a punta del nuovo amico.
“Sei buffo! E tutto rosso!” disse scoppiando a ridere.
 
Anche Kurt rise dolcemente, con la sua vocina acuta.
Ormai si era dimenticato di tutto: del motivo per cui era uscito, del brutto regalo, persino del freddo che lo circondava.
 
C’erano solo lui e Blaine in quel momento.
Due bimbi nella neve che sorridevano allegramente, due amici che si divertivano.
 
“Blaine?”
“Si?”
“Ti va… di essere mio amico?”
 
Se si fosse accesa una nuova stella lassù nello spazio, molto probabilmente avrebbe avuto l’intensità del sorriso che il riccio gli rivolse.
 
 
Kurt si stupì che non gli si fosse slogata la mascella, ma pensò che probabilmente se fosse successo non gli sarebbe dispiaciuto, perché avrebbe potuto guardare quello splendore per ore.
 
“Cetto che lo voglio!” rispose Blaine entusiasta, raccogliendo un mucchietto di neve e lanciandola in aria.
Risero ancora, e Kurt si rese conto di non aver mai riso così tanto in una volta sola.
 
“Blaine tesoro! Dobbiamo andare, zia Annie ci aspetta!”
 
Una donna alta stava sul vialetto di casa Hummel, avvolta in una candida pelliccia che doveva essere stata tirata fuori apposta per quell’occasione.
Kurt notò che aveva gli stessi capelli del bambino che era seduto accanto a lui, per non parlare del fantastico sorriso che le aleggiava sul volto, anch’esso senza dubbio ereditato dal figlio.
 
Blaine mise il broncio e guardò la madre supplicante.
“Mamma ma io voglio stale qua con il mio nuovo amico!”
 
Questa gli rivolse un’espressione dolce ma allo stesso tempo severa, avvicinandosi e affondando la mano nei capelli ricci del bimbo.
“Andiamo Blaine, lo rivedrai domani!” disse, e poi guardò Kurt “Ciao dolcezza, spero che Blainely non ti abbia infastidito…”
 
Lui scosse energicamente la testa e le sorrise.
“Nossignora! Domani però… può tornare a giocare con me?”
 
La donna annuì e il cuore dei due bimbi si fece più leggero.
 
Blaine si alzò, e così fece Kurt, guardandolo con un po’ di tristezza.
 
“Ciao Blaine… a domani!”
 
Il riccio come risposta si avvicinò e lasciò un piccolo bacio sulla guancia dell’amico, per poi abbracciarlo.
 
Se non lo avesse fatto, Kurt sarebbe molto probabilmente collassato al suolo in meno di un secondo sotto il dolce peso di quelle labbra.
Si ritrovò a sorridere contro il giubbotto di Blaine, felice come una pasqua.
 
Dopo diversi secondi di semi-apnea, si staccarono e si riguardarono per un’ultima volta negli occhi.
 
“Profumi anche di cioccolato!” constatò allegramente il bimbo dagli occhi caramellati “se la mamma mi fa i cosi al cioccolato, domani te ne porto uno giuro! Anche se…” ammise alzando le spalle “non so se puoi mangiarli!”
 
Kurt lo guardò un po’ perplesso.
“E pecchè no?”
 
“Pecchè non puoi mangiare i tuoi simili! Saresti cattivo!” disse semplicemente, e scoppiarono entrambi a ridere di nuovo.
 
“Tesoro…”
Blaine sbuffò.
“Arrivo… ciao Kurt, a domani!”
“Ciao Blaine!”
 
Kurt fissò il bimbo allontanarsi e raggiungere la madre, che lo prese in braccio scompigliandogli i capelli ricci.
Quando i due sparirono dietro l’angolo, alzò gli occhi al cielo e una lacrima gli scese sulla guancia, andando a fermarsi nel punto in cui Blaine gli aveva lasciato un bacio.
 
Un fiocco di neve cadde all’improvviso e si andò a posare sulla fronte del bambino, seguito da molti altri suoi simili che iniziarono a volteggiare nell’aria.
 
Lui corse sotto il porticato e, prima di entrare di nuovo in casa, mandò un bacio verso l’alto.”
 
“Grazie mammina, anche quest’anno ce l’hai fatta.”

 
  
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