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Autore: Kooskia    26/12/2012    1 recensioni
Fanfiction sul Ciclo dell'Eredità di C. Paolini. Ambientata durante lo svolgimento della trama della serie (copre complessivamente un'arco temporale della durata di un anno). Presenta personaggi e ambienti di mia creazione senza influire/modificare/alterare i personaggi originari del Ciclo.
In questa storia vedremo un Cavaliere solitario e il suo drago: nati e cresciuti fuori dai confini noti di Alagaesia, essi si batteranno per riportare la pace in questo angolo di mondo inesplorato scoprendo la verità di un passato a loro ignoto e plasmando il loro futuro in una terra aspra e selvaggia.
Epilogo contentene Spoiler.
Un capitolo conterrà tematica erotica (rating Arancione)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 19 - Diventare un capo.

L’impronta era leggera, appena visibile, ma chi l’aveva lasciata non era stato accorto a tal punto da poter prevedere le abilità di un elfo.
-Secondo te da quanto tempo sanno che siamo qui? E perché non si sono fatti avanti?-
L’espressione di Brelan era preoccupata, l’uomo teneva il palmo della mano sinistra sul pomo della spada che portava al fianco mentre il suo sguardo vagava da un punto all’altro dell’arido profilo intorno a loro.
-Da ieri direi, e riguardo al motivo della loro timidezza, ciò è alquanto evidente … -
Rispose l’elfo con voce inespressiva.
-State dicendo che sarebbe colpa mia? – scattò irritata Niya – Non ho intenzione di volarmene via solo per far avvicinare questa gente e se vogliono continuare a giocare a nascondersi, per me possono restare lì dove sono. –
Kooskia avanzò al fianco della sua dragonessa, posando una mano sulla sua zampa anteriore destra e parlandole dolcemente per calmarla.
-Nessuno ti chiede di fare questo naturalmente, sei nervosa Niya? Sai che non hai nulla da nascondere con me. -
Rimorso e affetto fluirono dalla mente della dragonessa dorata verso quella del suo cavaliere.
-E’ soltanto che sono stanca di vagare nel deserto: non credo mi abituerò mai ad un ambiente del genere. -
La sagoma di Khamal si avvicinò lentamente verso di lui: il gigante indossava una tunica color porpora, che lasciava scoperta la spalla e parte del fianco sinistro, ed impugnava un lungo bastone.
-Col tuo permesso Cavaliere, penso di poter riuscire a parlare con loro. –
-Sei sicuro che vorranno aiutarci, Khamal?-
Lo sguardo del gigante si fece incerto per la prima volta da quando il Kooskia l’aveva incontrato.
Era strano vedere un uomo talmente imponente e temibile mostrare sconcerto o timore e il Cavaliere comprese che tale espressione non lasciava presagire nulla di buono.
-Le nostre usanze potranno essere rimaste invariate da quelle di alcune generazioni fa… ma quelli del nostro popolo che non furono schiavizzati si isolarono sempre più e a parte sporadici attacchi contro i soldati dei quali sentivamo parlare, i contatti tra loro e noi vennero interrotti anni or sono.-
-Insomma… non siamo sicuri se sono disposti ad accoglierci a braccia aperte o a riempirci di frecce fino a farci sembrare dei ricci!- commentò Niya e immediatamente il pensiero della dragonessa dorata ricoperta di una folta pelliccia spinosa come quella dei ricci si formulò nella mente del giovane Cavaliere, facendolo sorridere. Non fece però in tempo a nascondere quel pensiero alla sua compagna di cuore e di mente, perché ella si voltò fissandolo con i suoi grandi occhi dorati.
-Quello... non era niente, non pensarci Niya.-
Lei sorrise mostrando i suoi denti affilati -Lo spero bene per te, se ci tieni al fatto che non ti riduca in cenere i pantaloni lasciandoti a vagare nudo nel deserto.-
Kooskia si annotò mentalmente di badare ai suoi pensieri raminghi, se questi avevano a che fare con Niya in qualche situazione poco decorosa.


Qualche ora dopo, Kooskia stava risposando contro il fianco di una Niya ancora non del tutto riappacificata, quando il monotono richiamo di Khamal si fermò. L’uomo aveva levato la sua possente voce da diverso tempo parlando nella sua lingua natia a chiunque potesse essere in ascolto tra le aride colline circostanti: il fatto che avesse interrotto il suo richiamo significava che i loro osservatori avevano deciso di mostrarsi, oppure che egli aveva desistito.
Quando si alzò e notò l’agitazione ed il cicalio di voci aumentare intorno a loro, Kooskia ebbe conferma che l’ipotesi corretta fosse la prima.
-Non abbiate paura! Sono i nostri fratelli! Tenete giù le armi!- parlava ad alta voce Khamal, mischiandosi agli uomini più forti del gruppo di ex-schiavi che avevano sollevato con espressioni guardinghe le lance e le spade recuperate nella battaglia precedente.
-Ci hanno proprio circondati…- commentò Niya, e Kooskia dovette aguzzare lo sguardo per realizzare quanto questo corrispondesse al vero.
Una lunga fila di guerrieri si stagliava sul profilo delle colline che circondavano la loro postazioni, essi indossavano lunghe tuniche color sabbia o terra che sembravano ideali per mimetizzarsi in quel terreno.
Il Cavaliere non poté fare a meno di notare come tutti loro impugnavano leggeri scudi fatti di fasci di legno secco intrecciati tra loro: davano l’idea di essere molto leggeri e Kooskia si chiese se avessero potuto reggere l’impatto di una spada. Un’altra visibile caratteristica dei guerrieri era che essi impugnavano tutti corte lance e a volte tenevano sulla schiena archi e faretre.
Nessuno di loro sembrava indossare armature o possedere spade d’acciaio: qualche altra protezione in legno adornava le loro spalle o avvolgeva il capo, coperto anch’esso da altri veli e che lasciava esposto solo lo scintillio di occhi cauti.
Khamal si fece avanti verso di loro e un paio di quei guerrieri gli vennero incontro.
Il Cavaliere era troppo distante per rendersi conto cosa stessero dicendo, ma era evidente la preoccupazione dei due uomini ed uno di essi indicò da lontano Niya con la punta della lancia.
-Si stanno chiedendo perché dei Mashujia abbiano portato un tale mostro nella loro terra.
Si riferiscono a Niya ovviamente … - disse la voce limpida dell’elfo.
Laér si era messo al fianco del Cavaliere senza che quest’ultimo se ne accorgesse.
-Evidentemente non hanno mai sentito parlare dei draghi, almeno non nel dettaglio… o sarebbero ben più spaventati.-
Dopo alcuni lenti minuti, Khamal si voltò verso di loro e fece cenno di proseguire: lentamente la colonna degli ex-schiavi riprese il cammino, sotto lo sguardo attento dei guerrieri disposti sulle colline; il giovane Cavaliere rimase nel mezzo del gruppo, fianco a fianco con la sua dragonessa.
Il paesaggio attorno a loro iniziò a cambiare: le colline divennero via via sempre più rocciose fino a sollevarsi in duri rilievi e secchi alberi crescevano tra le crepe di quella pietra rossa.
Fu solo verso sera che il gruppo giunse a destinazione.
All’interno di una gola rocciosa, si rivelò un conglomerato di tende di svariata grandezza: molte voci si levarono dagli abitanti di quel villaggio nascosto, mentre il gruppo si avvicinava.
Kooskia fu sorpreso nell’osservare Khamal dirigersi verso di lui.
-Cavaliere … ci hanno accolto ma dubito fortemente che abbiano interesse ad unirsi alla nostra battaglia, temo che si dovrà rinunciare ad ogni proposito di guerra.-
Il ragazzo rimase interdetto un istante mentre attorno a lui i suoi compagni diedero voce ai suoi sentimenti.
-Ma… avevate detto che ci avreste sostenuti! Lo sai anche tu… vi daranno la caccia e vi rintracceranno fino a qui. Che lo vogliate o no, tu e il vostro popolo siete parte di questa battaglia!-
La voce di Brelan era intensa e decisa ma il gigante d’ebano scosse la testa con fare sconsolato.
-E’ già tanto che i nostri fratelli ci abbiano accolto, nel dirigerci qui ho ascoltato le loro conversazioni: temono il drago e credono che lei e gli stranieri possano solo essere portatori di sventura.-
-Un momento, noi abbiamo combattuto! Abbiamo combattuto e vi abbiamo aiutati, siete in debito nei nostri confronti! Eravate prigionieri e noi… -
Khamal scostò il capo, nel cercare di ignorare le parole del nano Kalgeck.
-Sì è vero, ma per gli abitanti di questo villaggio l’arrivo di nuovi membri significa nuove bocche da sfamare… e più probabilità di essere individuati e scoperti. Onestamente penso che in cuor loro molti dei Mashujiaa che sono qui avrebbero preferito che noialtri restassimo degli schiavi. –
Quelle parole risuonarono intorno a loro mentre il silenzio si propagò nel gruppo.
Gli ex-schiavi si erano accalcati ai margini del villaggio mentre i guerrieri, le donne e i bambini locali guardavano con paura e sospetto. Solo alcune anziane si erano avvicinate per distribuire un po’ di acqua e cibo ma nessuno dei Mashujaa liberati si era avvicinato alle tende.
All’improvviso dalla tenda più grande del villaggio si mosse un piccolo gruppo di uomini.
Alcuni di essi erano agghindati con tuniche più colorate, che variavano dal viola al rosso intenso mentre indossavano intorno al collo o alle braccia monili d’oro scintillanti.
Kooskia conosceva quello strano metallo giallo, perché a volte il Popolo dei Lupi lo trovava tra le rocce dei torrenti: ma a parte il fatto di costituire un curioso ornamento, esso non aveva altro valore. L’attenzione di Kooskia venne presto distratta da un lampo di consapevolezza che sembrò provenire dagli occhi di Laér.
-Osserva le braccia del loro leader… è un rituale di cui ho già sentito parlare.-
La voce dell’elfo risuonò nella mente del ragazzo.
-Forse c’è una possibilità… se qualcuno sfidasse il loro capo per il comando e ne risultasse vittorioso, il vincitore avrebbe il diritto di poter condurre il suo popolo in guerra.-
Kooskia rifletté rapidamente, mentre il gruppetto di uomini si faceva sempre più vicino.
-Lo sfiderò io, è mia responsabilità… - rispose all’elfo con la mente, per poi ritrovarsi travolto da un senso di fredda e profonda consapevolezza.
-Tu sei un Cavaliere: una carica che comporta grandi privilegi. Galbatorix è il chiaro esempio che nessun Cavaliere dovrebbe mai ottenere una posizione di comando alla testa di un popolo o di una nazione. Le tue intenzioni sono genuine ma c’è un motivo se i Cavalieri non hanno mai ricoperto una carica da regnante fino ad oggi: sarai tentato di utilizzare la tua forza e la tua influenza quando le responsabilità di Cavaliere sono di diversa natura.
No. qualcun altro dovrà affrontare questa sfida: qualcuno nato per essere un capo, qualcuno che appartiene a questo popolo.-

Kooskia volse lo sguardo verso Khamal. L’espressione del gigante si era fatta improvvisamente spaventata: gocce di sudore colarono dalla sua fronte scura.
Il Cavaliere si rese conto che Laér stesse parlando al Mashujaa nella mente, ma non comprese il motivo della paura evidente dell’uomo.
-Questa sfida è davvero così terribile? Oppure c’è dell’altro?- pensò Kooskia privatamente.

Le stelle rilucevano nella notte buia sopra di lui, Kooskia le osservava con un vago interesse mentre sedeva sulla roccia rossa del ciglio di un crepaccio.
Sotto di lui si stagliavano le luci del villaggio che illuminavano le tende nella notte. Il Cavaliere percepì la presenza di Khelia avvicinarsi a lui.
-E’ salita sin qui da sola… stai attento.- Lo mise in guardia Niya, che riposava alcuni metri più in la ma la cui mente era vigile anche durante quel finto sonno.
-Non ho nulla da temere Niya… -
Quando la ragazza si sedette ad un metro di distanza da lui, Kooskia volse leggermente il capo osservandola. Era innegabilmente una giovane attraente, ma troppe cose di lei restavano velate dal mistero.
-Non è ancora finita… da quel che ho capito è una prova di resistenza a chi sopporta il dolore. Mi sono stupita che non ti sia offerto tu per sfidare il loro capo. –
Il giovane Cavaliere tenne lo sguardo fisso verso l’orizzonte, cercando di non posare gli occhi sui lunghi capelli neri di lei: li trovava fin troppo affascinanti e lo turbava il fatto di provare interesse per una fanciulla del genere.
-Non era la scelta giusta da fare.-
Gli occhi castani di Khelia cercarono il suo sguardo, come se non fosse affatto sicura della saggezza della scelta di Kooskia.
-Io… credo che hai il diritto di saperlo, Lord Aseld è un nemico pericoloso. Se lui cade, i Mashujaa non saranno i soli a ritrovare la propria libertà… ma non devi sottovalutarlo. –
Il Cavaliere era sul punto di porle delle domande ma la fanciulla si alzò e fece alcuni passi, dandogli la schiena: tutto nel suo modo di comportarsi faceva trasparire i rimpianti e le sofferenze di un passato che non voleva rivelare a nessuno e Kooskia rispettò la sua intimità.
-Non saremo soli, quando marceremo su di lui. Khamal è un uomo d’onore e farà di tutto per aiutarci, al momento non possiamo fare altro che attendere e sperare.-
Dovettero passare alcuni lenti minuti finché agitazione e confusione nel villaggio confermarono come la prova fosse finita, qualsiasi sia stato il risultato.
Una figura solitaria si incamminò sul brullo sentiero che risaliva lungo il fianco della gola e quando essa raggiunse la cima, Kooskia e Khelia osservarono la sagoma imponente di Khamal.
Le sue braccia erano avvolte da grezze fasciature, macchiate di sangue fresco.
-E’… è accaduto, sono il nuovo capo del mio popolo. E ora ti confermo la promessa da me fatta: i Mashujaa cammineranno insieme a te per sconfiggere Lord Aseld, Cavaliere.-
Egli guardò il terreno, trattenendo un espressione visibilmente scossa.
-Spero di non dovermene pentire… quello che più temevo è successo: non affrontare il dolore o anche la morte in battaglia, ma essere un capo. Sapendo che le mie decisioni potrebbero causare la rovina della mia gente.-
-Non sei da solo, guerriero-color-della-notte. Il tempo è giunto per far tremare il cuore ai nostri nemici: zanne e artigli, fuoco e frecce faranno ricordar loro il destino dei tiranni. –
Tuonarono le parole di Niya, nella mente dei presenti.
  
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