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Autore: Shirangel    26/12/2012    5 recensioni
Brucia, Kakashi? Fa male?
Ti divora da dentro. Poi sembra scoppiare via, fuori da te.
Ma dopo rientra, rientra sempre.
Non scappare, non puoi.
Brucia con lui, ti va?
(Ambientata dopo il combattimento tra Sasuke e Naruto sul tetto dell'ospedale)
[Kakashi/Sasuke]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kakashi Hatake, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Naruto prima serie
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 { Where there is a flame someone’s bound to get burned,
but just because it burns doesn’t mean you’re gonna die }

 

Brucia, Kakashi? Fa male?

Ti divora da dentro. Poi sembra scoppiare via, fuori da te.

Ma dopo rientra, rientra sempre.

Non scappare, non puoi.

Brucia con lui, ti va?

 

Not enough Fire, Fire’s not enough

 

Essere un ninja comporta molte cose, non sempre piacevoli.

Kakashi ogni tanto oltrepassa qualche regola, ma nulla di grave. Riguarda solo lui.

Essere un sensei spesso è più complicato e bisogna stare attenti.

Kakashi dà il meglio di sé, perché ci sono in ballo le vite di tre ragazzini che dipendono da lui, ma non sempre ci riesce. È pur sempre umano.

Non ci si affeziona troppo agli allievi, è pericoloso. Esistono così tante situazioni in cui l’affetto può essere d’intralcio alla buona riuscita di una missione che Kakashi non vuole nemmeno contarle, eppure sa che ci sono e questa è la cosa peggiore. Perché durante un incarico per il villaggio della Foglia è un conto, ma fuori è un altro.

Quando il suo essere ninja si scontra con il suo essere sensei, capisce che il peggio deve ancora arrivare.

~°~

 

Non c’è niente di doloroso nel correre.

Sembra piuttosto una forma di liberazione: resta tutto indietro mentre Kakashi attraversa a grandi falcate la foresta. Non serve pensare a niente.

Però c’è Sasuke, c’è sempre lui, che è a Konoha ma che riesce ad entrargli dentro anche a così grande distanza. Quel ragazzo è il suo più grande problema.

Kakashi scuote la testa e si corregge: non è suo. Non finché si trova in missione, sotto ordine diretto del nuovo Hokage. Ha accettato di partire anche se il suo allievo preferito ha quasi ammazzato un compagno di squadra, o almeno ci ha provato.

Che diavolo mi è preso?

Forse non dovevi andartene, Kakashi.

Quando tornerò sarà ancora lì. Ci penserò una volta terminata la missione.

Ne sei sicuro?

Ormai sono partito.

Puoi ancora salvarlo, se lo vuoi davvero.

Kakashi non si ferma. Gli basta fare perno sul piede del passo successivo, compiere un giro su se stesso di centoottanta gradi e poi avanzare, dritto verso la direzione da cui è venuto.

Agile e veloce, non ha interrotto i suoi movimenti nemmeno per un secondo: è stato bravo, quasi degno di uno shinobi.

Quasi, perché non solo ha disertato una missione senza un valido motivo, ha anche trasgredito gli ordini diretti dell’Hokage.

Ma non è colpa sua se è un sensei. Dopotutto Minato lo aveva avvertito tante volte, no?

Se sei un bravo shinobi, vuol dire che non svolgi a dovere il tuo compito d’insegnante. Non ci si può far nulla, i due ruoli non coincidono. Per i tuoi allievi capiterà spesso di dover infrangere le regole del codice ninja.

A Kakashi non importa. Preferisce essere un bravo sensei, ecco perché sta tornando di corsa a Konoha, basandosi solo sul suo istinto.

Impreca fra sé e sé: Minato lo aveva avvertito anche riguardo a quello.

Non ti affezionare mai ad uno studente fino al punto di prediligerlo agli altri. Non porta mai a niente di buono.

Oh, quanto aveva ragione.

~°~

La sua unica consolazione è che, almeno, il suo istinto non si è sbagliato: questo però non gli è di molto conforto quando vede Sasuke stordire Sakura e avviarsi vero l’uscita del villaggio.

Non fa neanche male: svuota soltanto.

Sarebbe stupido chiedergli perché, così Kakashi si limita a sbarrargli la strada.

Nemmeno lui dice niente, però inizia a correre e i suoi occhi brillano di ombra: sembra un controsenso, ma è così. Lo sharingan rifulge alla luce della luna, eppure è talmente buio da oscurare tutto il resto.

Kakashi è così adirato con se stesso per aver fallito da smettere di pensare. Quello davanti a lui non è più un ragazzino, non è un suo allievo, non è più niente se non la prova della sua sconfitta. È il simbolo della storia che si ripete: non ha salvato Obito, non salverà Sasuke.

Prepara un chidori senza neanche rendersene conto. Rimane immobile mentre l’ultimo degli Uchiha gli corre incontro, forse più pazzo di lui.

È stupido, è incosciente, non ha senso, ma Kakashi non si sposta.

Il ragazzino si fermerà prima di andarsi a schiantare contro il chidori. È un colpo mortale e lo sanno tutti e due.

Sasuke corre e il suo sguardo è quello della disperazione. Vuole andarsene ma ha appena visto i suoi sogni andare a sbattere contro il sensei.

Kakashi non dà peso a quello sguardo e continua a fissarlo. È sempre più vicino.

Sa che si fermerà.

Appena pochi metri.

Kakashi non si sposta. Sasuke non si ferma. Il chidori sfrigola.

Sempre più vicino.

Quando il ragazzino gli si avventa contro, Kakashi capisce di essersi sbagliato, anche se lo capisce un secondo troppo tardi. Se avesse attivato lo sharingan avrebbe potuto scansarlo, ma Tsunade glielo ha proibito dopo la lunga degenza che ha dovuto portare avanti.

Così non lo schiva. Tutto quello che può fare è alzare il braccio per evitare che il chidori colpisca il suo allievo preferito in pieno petto.

Vede l’impatto ma non lo sente. Poi sangue, carne e grida gli macchiano le dita. Sasuke gli cade tra le braccia e lui non può fare a meno di pensare a quanto sia calda la sua pelle mentre il cuore gli pompa la vita fuori dal corpo.

Ogni battito in più nel suo petto è uno in meno in quello di Sasuke.

Corre come mai ha fatto in vita sua, Kakashi. Stavolta però fa male.

Brucia.

~°~

«Sei un incosciente.»

Non risponde, perché sa che è vero.

«Sei un pazzo.»

Vero anche quello. Non servono parole, basta un lieve cenno del capo.

«Perché lo hai fatto, Kakashi?»

Questo è più difficile: Tsunade si aspetta che dica qualcosa. Lui non sembra in grado di farlo e il nuovo Hokage rivede davanti agli occhi il jonin che si è presentato appena poche ora prima con un ammasso informe di carne e sangue tra le braccia.

«Salvalo.» aveva detto.

Da allora, più nulla. Poteva giurare che non si era neanche mosso, mentre aspettava in sala d’attesa che lei portasse qualche notizia sul suo allievo.

«È vivo.» sbotta la donna, perché sa che non gli interessa altro. «Puoi andare a casa.» dice. Ma non si sorprende quando lui si alza, la supera e cerca la camera di Sasuke. Sa che starà lì fino al suo risveglio.

Tsunade pensa che forse dovrebbe avvertirlo, ma non fa in tempo ad aprire bocca che l’uomo è già accanto al ragazzo. Kakashi lo vede e capisce che dovrà convivere per sempre con il suo peccato.

~°~

La farfalla che non vola, il pesce che non nuota. La katana incrinata, i sogni infranti.

La tigre senza zanne e Sasuke senza un braccio.

La fasciatura si chiude appena sotto la spalla in un turbinio di bende rosse, Kakashi sogna ma le vede ancora gocciolare sangue. Non ha ancora chiuso la porta dietro di sé e già sa di non aver abbastanza tempo. Una vita non gli basterà mai per pentirsi quanto deve.

Il ragazzino si agita nel sonno e dischiude le labbra, forse sogna di urlare e forse il suo sensei vorrebbe che lo facesse davvero, perché il silenzio è così forte da impedirgli di pensare. Cade in ginocchio accanto al letto, afferra il polso bianco abbandonato sulle lenzuola fredde, sente le dita che si muovono di riflesso sotto la sua stretta. Ha bisogno dell’inno alla vita suonato da quel battito cardiaco così meravigliosamente regolare.

Che cosa ho fatto?

Tsunade è sulla porta, ma è un’ombra; un’eco sono le sue parole.

«Hanno trovato Sakura. È appena rinvenuta e dice…»

Ronzio. Il cuore di Sasuke è così roboante da coprire tutto il resto e Kakashi accoglie dentro di sé quel rumore di mare. Fino a quando l’Hokage non arriva al punto. Allora sì che sente.

«Quello che dice una tredicenne non basta. Il consiglio ti sottoporrà ad un processo.»

È giusto. Quasi liberatorio. Probabilmente la fine.

Passano le ore più strane della sua vita: volano via ma sono troppo lente. Trascorrono così in fretta che il tempo, una volta arrivato, ricomincia a scorrere da capo: Sasuke sembra non volersi svegliare mai.

Se non lo fa, Kakashi è morto. Se fosse appena un po’ più egoista il figlio di Zanna Bianca vorrebbe che accadesse. Aspettare che quegli occhi scuri si riaprano è un tormento, ma doverli affrontare sarà ancora peggio e Kakashi non aspetta altro che confrontarsi con il suo rimorso. Pregusta il momento in cui sarà libero di odiarsi.

Vuole quello sguardo carico di risentimento fisso su di sé. Da solo non farà mai in tempo a sentirsi tanto in colpa da esaurire il suo tormento, ha bisogno che Sasuke lo aiuti e se lo conosce bene come crede sa che il ragazzino lo farà. Non ha paura del suo odio quanta ne ha del suo perdono.

Sasuke non si sveglia. Ore o giorni? Mesi o vite?

Poi lo fa e da moccioso ferito passa ad essere uno shinobi senza un braccio. Quindi non è niente. La manica vuota che svolazza ogni volta che compie un minimo movimento sembra voler schiaffeggiare chi ha compiuto un tale abominio, e Kakashi gode di quella violenza. Il tempo scorre ed è sempre meno. Presto sarà troppo tardi.

Niente da fare per le protesi. I bordi della ferita sono troppo irregolari e non si può installare un braccio artificiale, così il baratro diventa sempre più profondo.

Sasuke non lo vuole vedere.

Kakashi lo va trovare di notte, mentre dorme. Lui per farlo ha bisogno di iniettarsi dei sedativi o il moncherino di un sogno che si è portato via lo andrà a trovare nel sonno, perché il sogno non era suo ma l’allievo sì. Ha tarpato le ali al ragazzo che avrebbe dovuto imparare da lui a volare alto.

«Hatake Kakashi, lei è accusato di tentato omicidio ai danni di Uchiha Sasuke.»                       

Quanti sono in grado di distruggere una persona al suo interno per salvarla fuori? Il figlio di Zanna Bianca l’ha fatto. Il suo studente preferito è a Konoha e non da Orochimaru. Mutilato ma vivo. Alla fine della giornata, però, tutto questo non conta. Conta solo il fatto che al mondo c’è un ragazzo in più con un braccio in meno.

«Mi perdonerai?» glielo chiede anche se lui non lo sente perché è sotto sedativi. Il dolore quel giorno era insopportabile.

Kakashi brama che quel corpicino reciso scuota la testa per negargli l’assoluzione perfino nel sonno. È la strada più facile e lo sa. Comprende anche che non gli sarà permesso vederlo a lungo, anche se l’Hokage in persona ha compreso il suo gesto. Tsunade capisce perché lo ha fatto ma la folla brama il suo sangue. E nemmeno lei, in fondo, vuole davvero togliergli la punizione che perfino Kakashi sa di meritare.

Sasuke deve imparare di nuovo a scrivere, a mangiare, a spogliarsi. Ha passato anni ad allenare la mano destra e ora deve ricominciare da capo con la sinistra. A fare il ninja no, però, perché tanto non servirebbe. Niente tecniche, niente armi a due mani, niente vendetta. A cosa lo hai condannato, Kakashi?

«L’imputato ha qualcosa da dire a sua discolpa?»

È già tutto così penoso che aggiungere altre parole sarebbe un’agonia. Tanto sarebbero vuote perché non si riempie una parola con il dolore degli altri, non è giusto. Il suo ha degli spigoli troppo acuminati per poterlo infilare a forza dentro un “mi dispiace” inutile, così Kakashi tace.

Sasuke non le vorrebbe comunque quelle scuse, lo sa. Probabilmente ha paura che mitigherebbero il suo odio e lui non vuole, perché quando hai tredici anni e il tuo futuro si allontana così velocemente che non puoi afferrarlo nemmeno con le dita che ti restano, hai bisogno di qualcuno da detestare o non vai avanti. L’ha imparato da Itachi, lo insegna a Kakashi.

Al suo maestro va bene così, ma intanto il tempo scorre.

C’è un piacere perverso nel guardare il moncherino. Non lo ha mai visto senza bende e può immaginarselo come vuole, liscio, purulento di piaghe, infetto, mistico, un buco nero che non chiede altro che di inghiottirlo. E lui vuole essere divorato. Non sa come potrebbe sentirsi più in colpa di così, ma sa che deve riuscirci e deve fare in fretta.

«Questa giuria condanna l’imputato alla pena di morte.»

La folla tace. Vuole bene a Kakashi, ma sa che è giusto così. Sakura piange. Naruto è immobile. È stato cacciato così tante volte dalla camera di Sasuke da finire ad assomigliare al suo maestro. Con un ammasso pulsante di atri e ventricoli proprio là dove sarebbe dovuto esserci il cuore.

Il tempo è scaduto e sembra troncare tutto a metà. C’è una vita non scritta che aspetta Kakashi, ma la condanna cade su di essa con il sibilo della lama e lascia appiccicati al presente filamenti di futuro non vissuto. Kakashi li sente strisciare su di sé e morirgli addosso mentre si avvicina al patibolo.

Sasuke è lì. Non si è ancora ripreso del tutto e la debolezza gli sbianca le guance. La fasciatura immacolata agli occhi di Kakashi gocciola e va a formare una pozza di sangue ai suoi piedi. Chiude gli occhi per non vedere ma Sasuke glielo impedisce. Lui vuole che si confronti con quello che ha fatto una volta per tutte.

Kakashi si siede e aspetta la sua iniezione mortale. Si scruta dentro e sente la paura.

Non della morte, ma di non essere in grado di provare il dolore che merita. Non ce l’ha fatta, alla fine: il tempo lo ha battuto ancora una volta.

Sasuke gli si avvicina. È così pallido che sembra sul punto di svenire da un momento all’altro.

Kakashi lo vede alzare un braccio, quello che resta, e poi l’altro, quello fantasma. Chiude le dita una dopo l’altra finché non rimane che l’indice, puntato verso di lui. È l’indice destro che lo punta, lo sa, sotto le sembianze di quello sinistro. La sua colpa che si incarna per infliggergli l’ultimo tormento.

Sasuke lo fissa ma dentro i suoi occhi di odio Kakashi vede Obito, Zanna Bianca, Minato, tutto quelli che gli sono morti accanto. Dentro quell’indice perduto c’è l’ultima stilla di rimorso che esplode via e va a iniettarsi come un proiettile nel suo cuore. Brucia più di tutto il resto e Kakashi brucia con la sua colpa.

Il braccio morto di Sasuke lo indica ancora ed è lui la siringa che lo uccide. Kakashi chiude gli occhi, finalmente soddisfatto. Il suo rimorso è diventato così grande che ora può perdonarsi.

È pronto a morire. L’ago gli trapassa la pelle e lui muore per davvero. L’ultimo fuoco che lo incendia, poi l’acqua gelida lo spegne e di lui non rimane altro che un corpo vuoto.

Ora è abbastanza.

 

Note:

- La citazione iniziale proviene da “Try” di Pink;

- In Giappone l’atto di indicare qualcuno con il dito è un gesto di disprezzo:

- Non ho idea di come condannino a morte gli imputati, nel mondo di Naruto, ma una ghigliottina mi sembrava troppo anacronistica e una fucilazione inverosimile, visto che non ci sono tracce di armi da fuoco nel manga, quindi ho inventato di sana pianta!

- La storia partecipava al “Character Contest” indetto da Tobi Sensei sul forum di EFP, poi annullato.

   
 
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