{
Where there is a flame someone’s
bound to get burned,
but just because it burns doesn’t mean you’re gonna
die }
Brucia,
Kakashi? Fa
male?
Ti
divora da
dentro. Poi sembra scoppiare via, fuori da te.
Ma
dopo rientra,
rientra sempre.
Non
scappare, non
puoi.
Brucia
con lui, ti
va?
Not enough
Fire, Fire’s not enough
Essere
un ninja comporta molte cose, non sempre piacevoli.
Kakashi
ogni tanto oltrepassa qualche regola, ma nulla di grave.
Riguarda solo lui.
Essere
un sensei spesso è più complicato e bisogna stare
attenti.
Kakashi
dà il meglio di sé, perché ci sono in
ballo le vite di tre
ragazzini che dipendono da lui, ma non sempre ci riesce. È
pur sempre umano.
Non
ci si affeziona troppo agli allievi, è pericoloso. Esistono
così
tante situazioni in cui l’affetto può essere
d’intralcio alla buona riuscita di
una missione che Kakashi non vuole nemmeno contarle, eppure sa che ci
sono e
questa è la cosa peggiore. Perché durante un
incarico per il villaggio della
Foglia è un conto, ma fuori è un altro.
Quando
il suo essere ninja si scontra con il suo essere sensei,
capisce che il peggio deve ancora arrivare.
~°~
Non
c’è niente di doloroso nel correre.
Sembra
piuttosto una forma di liberazione: resta tutto indietro
mentre Kakashi attraversa a grandi falcate la foresta. Non serve
pensare a
niente.
Però
c’è Sasuke, c’è sempre lui,
che è a Konoha ma che riesce ad
entrargli dentro anche a così grande distanza. Quel ragazzo
è il suo più grande
problema.
Kakashi
scuote la testa e si corregge: non è suo. Non
finché si
trova in missione, sotto ordine diretto del nuovo Hokage. Ha accettato
di
partire anche se il suo allievo preferito ha quasi ammazzato un
compagno di
squadra, o almeno ci ha provato.
Che
diavolo mi è preso?
Forse
non dovevi andartene, Kakashi.
Quando
tornerò sarà ancora lì. Ci
penserò una
volta terminata la missione.
Ne
sei sicuro?
Ormai
sono partito.
Puoi
ancora salvarlo, se lo vuoi davvero.
Kakashi
non si ferma. Gli basta fare perno sul piede del passo
successivo, compiere un giro su se stesso di centoottanta gradi e poi
avanzare,
dritto verso la direzione da cui è venuto.
Agile
e veloce, non ha interrotto i suoi movimenti nemmeno per un
secondo: è stato bravo, quasi degno di uno shinobi.
Quasi,
perché non solo ha disertato una missione senza un valido
motivo,
ha anche trasgredito gli ordini diretti dell’Hokage.
Ma
non è colpa sua se è un sensei. Dopotutto Minato
lo aveva
avvertito tante volte, no?
Se
sei un bravo shinobi, vuol dire che non svolgi a dovere il tuo compito
d’insegnante. Non ci si può far nulla, i due ruoli
non coincidono. Per i tuoi
allievi capiterà spesso di dover infrangere le regole del
codice ninja.
A
Kakashi non importa. Preferisce essere un bravo sensei, ecco
perché sta tornando di corsa a Konoha, basandosi solo sul
suo istinto.
Impreca
fra sé e sé: Minato lo aveva avvertito anche
riguardo a
quello.
Non
ti affezionare mai ad uno studente fino al punto di prediligerlo
agli altri. Non porta mai a niente di buono.
Oh,
quanto aveva ragione.
~°~
La
sua unica consolazione è che, almeno, il suo istinto non si
è
sbagliato: questo però non gli è di molto
conforto quando vede Sasuke stordire
Sakura e avviarsi vero l’uscita del villaggio.
Non
fa neanche male: svuota soltanto.
Sarebbe
stupido chiedergli perché, così Kakashi si limita
a
sbarrargli la strada.
Nemmeno
lui dice niente, però inizia a correre e i suoi occhi
brillano di ombra: sembra un controsenso, ma è
così. Lo sharingan rifulge alla
luce della luna, eppure è talmente buio da oscurare tutto il
resto.
Kakashi
è così adirato con se stesso per aver fallito da
smettere di
pensare. Quello davanti a lui non è più un
ragazzino, non è un suo allievo, non
è più niente se non la prova della sua sconfitta.
È il simbolo della storia che
si ripete: non ha salvato Obito, non salverà Sasuke.
Prepara
un chidori senza neanche rendersene conto. Rimane immobile
mentre l’ultimo degli Uchiha gli corre incontro, forse
più pazzo di lui.
È
stupido, è incosciente, non ha senso, ma Kakashi non si
sposta.
Il
ragazzino si fermerà prima di andarsi a schiantare contro il
chidori. È un colpo mortale e lo sanno tutti e due.
Sasuke
corre e il suo sguardo è quello della disperazione. Vuole
andarsene ma ha appena visto i suoi sogni andare a sbattere contro il
sensei.
Kakashi
non dà peso a quello sguardo e continua a fissarlo.
È sempre
più vicino.
Sa
che si fermerà.
Appena
pochi metri.
Kakashi
non si sposta. Sasuke non si ferma. Il chidori sfrigola.
Sempre
più vicino.
Quando
il ragazzino gli si avventa contro, Kakashi capisce di
essersi sbagliato, anche se lo capisce un secondo troppo tardi. Se
avesse
attivato lo sharingan avrebbe potuto scansarlo, ma Tsunade glielo ha
proibito
dopo la lunga degenza che ha dovuto portare avanti.
Così
non lo schiva. Tutto quello che può fare è alzare
il braccio
per evitare che il chidori colpisca il suo allievo preferito in pieno
petto.
Vede
l’impatto ma non lo sente. Poi sangue, carne e grida gli
macchiano le dita. Sasuke gli cade tra le braccia e lui non
può fare a meno di
pensare a quanto sia calda la sua pelle mentre il cuore gli pompa la
vita fuori
dal corpo.
Ogni
battito in più nel suo petto è uno in meno in
quello di Sasuke.
Corre
come mai ha fatto in vita sua, Kakashi. Stavolta però fa
male.
Brucia.
~°~
«Sei
un incosciente.»
Non
risponde, perché sa che è vero.
«Sei
un pazzo.»
Vero
anche quello. Non servono parole, basta un lieve cenno del
capo.
«Perché
lo hai fatto, Kakashi?»
Questo
è più difficile: Tsunade si aspetta che dica
qualcosa. Lui
non sembra in grado di farlo e il nuovo Hokage rivede davanti agli
occhi il
jonin che si è presentato appena poche ora prima con un
ammasso informe di
carne e sangue tra le braccia.
«Salvalo.»
aveva
detto.
Da
allora, più nulla. Poteva giurare che non si era neanche
mosso,
mentre aspettava in sala d’attesa che lei portasse qualche
notizia sul suo
allievo.
«È
vivo.» sbotta la donna, perché sa che non gli
interessa altro.
«Puoi andare a casa.» dice. Ma non si sorprende
quando lui si alza, la supera e
cerca la camera di Sasuke. Sa che starà lì fino
al suo risveglio.
Tsunade
pensa che forse dovrebbe avvertirlo, ma non fa in tempo ad
aprire bocca che l’uomo è già accanto
al ragazzo. Kakashi lo vede e capisce che
dovrà convivere per sempre con il suo peccato.
~°~
La
farfalla che non vola, il pesce che non nuota. La katana
incrinata, i sogni infranti.
La
tigre senza zanne e Sasuke senza un braccio.
La
fasciatura si chiude appena sotto la spalla in un turbinio di
bende rosse, Kakashi sogna ma le vede ancora gocciolare sangue. Non ha
ancora
chiuso la porta dietro di sé e già sa di non aver
abbastanza tempo. Una vita
non gli basterà mai per pentirsi quanto deve.
Il
ragazzino si agita nel sonno e dischiude le labbra, forse sogna
di urlare e forse il suo sensei vorrebbe che lo facesse davvero,
perché il
silenzio è così forte da impedirgli di pensare.
Cade in ginocchio accanto al
letto, afferra il polso bianco abbandonato sulle lenzuola fredde, sente
le dita
che si muovono di riflesso sotto la sua stretta. Ha bisogno
dell’inno alla vita
suonato da quel battito cardiaco così meravigliosamente
regolare.
Che
cosa ho fatto?
Tsunade
è sulla porta, ma è un’ombra;
un’eco sono le sue parole.
«Hanno
trovato Sakura. È appena rinvenuta e
dice…»
Ronzio.
Il cuore di Sasuke è così roboante da coprire
tutto il resto
e Kakashi accoglie dentro di sé quel rumore di mare. Fino a
quando l’Hokage non
arriva al punto. Allora sì che sente.
«Quello
che dice una tredicenne non basta. Il consiglio ti
sottoporrà ad un processo.»
È
giusto. Quasi liberatorio. Probabilmente la fine.
Passano
le ore più strane della sua vita: volano via ma sono troppo
lente. Trascorrono così in fretta che il tempo, una volta
arrivato, ricomincia
a scorrere da capo: Sasuke sembra non volersi svegliare mai.
Se
non lo fa, Kakashi è morto. Se fosse appena un po’
più egoista il
figlio di Zanna Bianca vorrebbe che accadesse. Aspettare che quegli occhi
scuri si
riaprano è un tormento, ma doverli affrontare
sarà ancora peggio e Kakashi non
aspetta altro che confrontarsi con il suo rimorso. Pregusta il momento
in cui
sarà libero di odiarsi.
Vuole
quello sguardo carico di risentimento fisso su di sé. Da
solo
non farà mai in tempo a sentirsi tanto in colpa da esaurire
il suo tormento, ha
bisogno che Sasuke lo aiuti e se lo conosce bene come crede sa che il
ragazzino
lo farà. Non ha paura del suo odio quanta ne ha del suo
perdono.
Sasuke
non si sveglia. Ore o giorni? Mesi o vite?
Poi
lo fa e da moccioso ferito passa ad essere uno shinobi senza un
braccio. Quindi non è niente. La manica vuota che svolazza
ogni volta che
compie un minimo movimento sembra voler schiaffeggiare chi ha compiuto
un tale abominio,
e Kakashi gode di quella violenza. Il tempo scorre ed è
sempre meno. Presto
sarà troppo tardi.
Niente
da fare per le protesi. I bordi della ferita sono troppo
irregolari e non si può installare un braccio artificiale,
così il baratro
diventa sempre più profondo.
Sasuke
non lo vuole vedere.
Kakashi
lo va trovare di notte, mentre dorme. Lui per farlo ha bisogno
di iniettarsi dei sedativi o il moncherino di un sogno che si
è portato via lo
andrà a trovare nel sonno, perché il sogno non
era suo ma l’allievo sì. Ha
tarpato le ali al ragazzo che avrebbe dovuto imparare da lui a volare
alto.
«Hatake
Kakashi, lei è accusato di tentato omicidio ai danni di
Uchiha Sasuke.»
Quanti
sono in grado di distruggere una persona al suo interno per
salvarla fuori? Il figlio di Zanna Bianca l’ha fatto. Il suo
studente preferito
è a Konoha e non da Orochimaru. Mutilato ma vivo. Alla fine
della giornata,
però, tutto questo non conta. Conta solo il fatto che al
mondo c’è un ragazzo
in più con un braccio in meno.
«Mi
perdonerai?» glielo chiede anche se lui non lo sente
perché è
sotto sedativi. Il dolore quel giorno era insopportabile.
Kakashi
brama che quel corpicino reciso scuota la testa per negargli
l’assoluzione perfino nel sonno. È la strada
più facile e lo sa. Comprende
anche che non gli sarà permesso vederlo a lungo, anche se
l’Hokage in persona
ha compreso il suo gesto. Tsunade capisce perché lo ha fatto
ma la folla brama
il suo sangue. E nemmeno lei, in fondo, vuole davvero togliergli la
punizione
che perfino Kakashi sa di meritare.
Sasuke
deve imparare di nuovo a scrivere, a mangiare, a spogliarsi.
Ha passato anni ad allenare la mano destra e ora deve ricominciare da
capo con
la sinistra. A fare il ninja no, però, perché
tanto non servirebbe. Niente
tecniche, niente armi a due mani, niente vendetta. A cosa lo hai
condannato,
Kakashi?
«L’imputato
ha qualcosa da dire a sua
discolpa?»
È
già tutto così penoso che aggiungere altre parole
sarebbe
un’agonia. Tanto sarebbero vuote perché non si
riempie una parola con il dolore
degli altri, non è giusto. Il suo ha degli spigoli troppo
acuminati per poterlo
infilare a forza dentro un “mi
dispiace” inutile,
così Kakashi tace.
Sasuke
non le vorrebbe comunque quelle scuse, lo sa. Probabilmente
ha paura che mitigherebbero il suo odio e lui non vuole,
perché quando hai
tredici anni e il tuo futuro si allontana così velocemente
che non puoi
afferrarlo nemmeno con le dita che ti restano, hai bisogno di qualcuno
da
detestare o non vai avanti. L’ha imparato da Itachi, lo
insegna a Kakashi.
Al
suo maestro va bene così, ma intanto il tempo scorre.
C’è
un piacere perverso nel guardare il moncherino. Non lo ha mai
visto senza bende e può immaginarselo come vuole, liscio,
purulento di piaghe,
infetto, mistico, un buco nero che non chiede altro che di
inghiottirlo. E lui
vuole essere divorato. Non sa come potrebbe sentirsi più in
colpa di così, ma
sa che deve riuscirci e deve fare in fretta.
«Questa
giuria condanna l’imputato alla pena di
morte.»
La
folla tace. Vuole bene a Kakashi, ma sa che è giusto
così. Sakura
piange. Naruto è immobile. È stato cacciato
così tante volte dalla camera di Sasuke
da finire ad assomigliare al suo maestro. Con un ammasso pulsante di
atri e
ventricoli proprio là dove sarebbe dovuto esserci il cuore.
Il
tempo è scaduto e sembra troncare tutto a metà.
C’è una vita non
scritta che aspetta Kakashi, ma la condanna cade su di essa con il
sibilo della
lama e lascia appiccicati al presente filamenti di futuro non vissuto.
Kakashi
li sente strisciare su di sé e morirgli addosso mentre si
avvicina al patibolo.
Sasuke
è lì. Non si è ancora ripreso del
tutto e la debolezza gli
sbianca le guance. La fasciatura immacolata agli occhi di Kakashi
gocciola e va
a formare una pozza di sangue ai suoi piedi. Chiude gli occhi per non
vedere ma
Sasuke glielo impedisce. Lui vuole che si confronti con quello che ha
fatto una
volta per tutte.
Kakashi
si siede e aspetta la sua iniezione mortale. Si scruta
dentro e sente la paura.
Non
della morte, ma di non essere in grado di provare il dolore che
merita. Non ce l’ha fatta, alla fine: il tempo lo ha battuto
ancora una volta.
Sasuke
gli si avvicina. È così pallido che sembra sul
punto di
svenire da un momento all’altro.
Kakashi
lo vede alzare un braccio, quello che resta, e poi l’altro,
quello fantasma. Chiude le dita una dopo l’altra
finché non rimane che l’indice,
puntato verso di lui. È l’indice destro che lo
punta, lo sa, sotto le sembianze
di quello sinistro. La sua colpa che si incarna per infliggergli
l’ultimo
tormento.
Sasuke
lo fissa ma dentro i suoi occhi di odio Kakashi vede Obito,
Zanna Bianca, Minato, tutto quelli che gli sono morti accanto. Dentro
quell’indice perduto c’è
l’ultima stilla di rimorso che esplode via e va a
iniettarsi come un proiettile nel suo cuore. Brucia più di
tutto il resto e
Kakashi brucia con la sua colpa.
Il
braccio morto di Sasuke lo indica ancora ed è lui la siringa
che
lo uccide. Kakashi chiude gli occhi, finalmente soddisfatto. Il suo
rimorso è
diventato così grande che ora può perdonarsi.
È
pronto a morire. L’ago gli trapassa la pelle e lui muore per
davvero. L’ultimo fuoco che lo incendia, poi
l’acqua gelida lo spegne e di lui
non rimane altro che un corpo vuoto.
Ora
è abbastanza.
Note:
-
La citazione iniziale proviene da “Try” di Pink;
-
In Giappone l’atto di indicare qualcuno con il dito
è un gesto di
disprezzo:
-
Non ho idea di come condannino a morte gli imputati, nel mondo di
Naruto, ma una ghigliottina mi sembrava troppo anacronistica e una
fucilazione
inverosimile, visto che non ci sono tracce di armi da fuoco nel manga,
quindi
ho inventato di sana pianta!
-
La storia partecipava al “Character Contest”
indetto da Tobi
Sensei sul forum di EFP, poi annullato.