“E’ nelle feci. L’ha nascosto lì perché nessuno
sarebbe andato a cercare.” Sherlock indica con la penna, le labbra che si
arricciano appena per il disgusto nonostante il resto di lui rimanga il
ritratto dell’eccitazione; cammina vivacemente per la scena del crimine
lasciando zampillare diverse deduzioni che ha indotto dai pezzi sparsi nei
paraggi.
Joan lo osserva a braccia incrociate, il tacco che
batte contro al pavimento senza sosta. Sta per piovere, lo può dire dalle
nuvole scure e pesanti che incombono minacciose.
Sherlock, ovviamente, ignora completamente il tutto
e continua a passeggiare, indicando alcune prove che si collegano alle
successive. Lei si sintonizza di nuovo su di lui, avendo scoperto che è più
facile lasciarlo correre fino a quando non si sfinisce. E’ divertente, ha
scoperto, quando non è di fronte a qualcuno che potrebbe essere causa di
imbarazzo (a volte si comporta in modi che… Dio).
Joan lo guarda voltarsi a parlare con Gregson,
accigliato mentre Sherlock agita le mani all’indirizzo delle prove, dicendogli guarda guarda devi capire andiamo con il
corpo. La sua bocca si piega in un sorriso quando si volta a guardarla, le
guance arrossate dalla frustrazione. Poi Gregson parla con uno dei suoi uomini
e mentre si complimenta con Sherlock gli posa una mano sul collo.
Sherlock si immobilizza. Apre le labbra, le parole
bloccate in gola e le guance che si arrossano un poco di più. Fuori è freddo.
La mano di Gregson è senza dubbio grande e calda. Solo Dio sa quanto bene Joan
conosca la sensazione di una mano pesante e calda sul collo, fiduciosa e
rassicurante. Non riesce ad immaginare come sia per il suo compagno.
Ma può indovinare.
Sherlock si scioglie al tocco, batte le palpebre
brevemente. Gregson non sta nemmeno guardando verso di lui, ed è sia un idiota
che un genio perché nonostante dica cose sbagliate Sherlock non pronuncia una sola
parola in protesta, con il pollice gli strofina gentilmente il collo.
Sherlock fissa Joan un po’ timoroso e bisognoso di
aiuto. Rabbrividisce, sembra vulnerabile. I suoi occhi sembrano dire la sua mano è sul mio la sua mano mano-
Non
ama il contatto fisico, contempla lei brevemente, uno
strano sentimento protettivo che le sale dentro.
“Mr. Gregson! Le dispiacerebbe venire qui un
momento?” lui annuisce, la mano gli scivola ignara dal collo di Sherlock e Joan
non sa dire se quella sul volto di Sherlock è un’espressione di gratitudine o di
disappunto.
Spazio traduttrice
Sono stata fulminata stasera mentre cercavo Sherlock/Gregson (anche detta Greglock, a quanto pare, anche se io mi confondo con le omonime nel fandom di Sherlock D: ) ed a quanto pare questa è l'unica esistente finora. Inutile dire che mi ci sono buttata a pesce e nel giro di due ore ho chiesto ed ottenuto il permesso dell'autrice (qui la storia originale, se sapete un po' d'inglese leggetela lì che la traduzione è stata parecchio ostica - poi è sempre meglio leggere in lingua originale - e quindi non so quanto possa essere buona) e voilà, tradotta!
Mi rimane solo da dire che spero questo sia il via per altre Elementary!Greglock o/
- G