Anime & Manga > Saint Seiya
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Autore: Scarlett Rose    27/12/2012    1 recensioni
Restauro completato. Grazie per la pazienza!
Sequel di "Aspettami, non scappare!", anche se non è necessario averla letta per seguire questa fanfiction.
Siete convinti che il difficile sia dichiararsi a chi ci piace, ma che poi la strada sia tutta in discesa?
Ebbene, forse Marin ed Aiolia potrebbero non essere d'accordo! Una fanfiction dove l'Aquila ed il Leone dovranno affrontare i grattacapi di una relazione fra Saint e non solo. Ci saranno sorrisi, lacrime, combattimenti e ricongiungimenti. Se sei un Saint, puoi permetteri di amare?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eagle Marin, Leo Aiolia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi qui!!!
Chiedo scusa per l’attesa, ma impegni di lavoro mi hanno tenuta a lungo lontana. Se ancora non vi siete stufate di seguirmi, buonissima lettura a tutti!
 
 
 
 
 
Mentre il torneo proseguiva, mi ritrovai a riflettere se fosse davvero il caso di nascondere a tutti gli altri, Gold Saint esclusi, le informazioni che Talia della Terra aveva dato a me e Shaka, quando in India avevamo raggiunto il tempio dove riposava il corpo di Ippolita.
Erano passate più di due settimane dalla nostra missione, ma ancora non concordavo con la strategia adottata dal Saint di Virgo. Specialmente ora che un nuovo compagno si era unito alle nostra fila.
Il flusso di ricordi mi riportò laggiù, dentro quella bassa costruzione a pianta quadrata, apparentemente anonima. Davanti all’ingresso, giacevano due corpi senza vita, due giovani uomini vestiti con tuniche chiare e con un turbante scarlatto.
Shaka si chinò su di loro, mormorando qualcosa in hindi. Gli posai una mano sulla spalla “Mi spiace molto. Li conoscevi bene?”
“Li avevo addestrati, ma non possedevano un Cosmo abbastanza ampio per essere dei validi Saint.” annuì lui, e potei scorgere un eco di dolore nella sua voce pacata “Perciò li avevo assegnati alla vigilanza di questo posto.”.
Attesi che finisse di salutarli e rendere loro l'omaggio dovuto ai defunti, aspettandolo sull’ingresso.
L’Athena della dell’ultima guerra sacra aveva sparpagliato in varie parti del mondo i resti degli avversari che si erano uniti ad Hades, nascondendoli ai Cosmi oscuri ed al contempo sigillandoli affinchè non tornassero più a nuocere.
Eppure qualcuno aveva scovato la regina amazzone e si era preso la briga di farla resuscitare. Avevamo raggiunto la camera centrale in pochissimo tempo, passando attraverso una serie di cunicoli disadorni. Il sarcofago giaceva nel mezzo della sala, senza recare alcuna iscrizione che ad un estraneo potesse dare idea di chi vi fosse sepolta lì. Nelle mura tutt’attorno c’erano delle urne più piccole ed anche loro erano scoperchiate.
Shaka si era impegnato in una meditazione profonda, per tentare di rinvenire una qualche traccia di Cosmo, mentre io mi concentravo su tracce più concrete.
Davanti al sarcofago principale c’erano i resti di una serie di emblemi, con qualcosa che assomigliava al sangue era stato tracciato il sigillo simbolo di Athena e poi era stato spezzato, rigando il pavimento con qualche tipo di lama. Sempre più strano.
Non essendo stata una divinità, la regina poteva risorgere solo grazie ad un intervento divino ed in quel caso nessun rituale sarebbe stato necessario.
Ma quale divinità poteva ora avercela con Athena e soprattutto perché far rialzare propri l’armata amazzone? Certo, Ippolita voleva vendicarsi sui Silver Saint che tempo prima avevano annientato le sue schiere, eppure c’erano nemici ben più potenti di lei.
La presenza dei resti di un rituale sembravano indicare la presenza di una mano umana, tuttavia nessun umano aveva il Cosmo divino sufficiente a resuscitare chi dea non era mai stata.
Shaka si mosse dalla sua posizione e disse a mezza voce “Capto le tracce di un Cosmo potente. Un Cosmo divino, direi, ma non lo riconosco. Ha fatto di tutto per occultarsi.”
“Eppure questi segni sono prove di una specie di rito. Gli dei non ne hanno bisogno.”replicai, sfiorando uno dei simboli sul pavimento di pietra polverosa.
Il palesarsi di una terza presenza ci fece scattare in piedi e correre verso l’uscita.
Una fanciulla che sembrava dimostrare a malapena vent’anni ci stava aspettando, seduta ai piedi di un grande albero che, ero pronto a giurarci, prima non c’era.
“E così i gloriosi Saint di Athena con il tempo sono divenuti profanatori di tombe?” ci apostrofò con un ghigno sprezzante.
Nella gran massa scomposta di capelli castani era rimasta impigliata qualche foglia e i suoi occhi verdi erano di una limpidezza che strideva con il suo tono beffardo.
“Non abbiamo profanato nulla” replicò con calma Shaka “al contrario di voi Amazzoni che vi siete introdotte al Santuario, violando il dominio della dea Athena, e che non avete rispettato l’usanza di onorare i defunti caduti in battaglia.”
“Oh, come sei formale…”
“Shaka della Vergine.”
“Ed io sono Aiolia del Leone.” mi intromisi, giusto per ricordarle che non le conveniva fare troppo la smargiassa.
Lei si alzò in piedi con calma, annuendo “Io sono Talia della Terra, Amazzone della Quattro Sorelle al servizio della regina Ippolita. E sono qui per vendicare mia sorella Selene della Luna.”.
Si fermò un attimo, soppesandoci con lo sguardo “Anche se temo non sia stato nessuno di voi due ad avere ragione di lei. Bè, la mia regina sarà comunque contenta di far soffrire la dea vergine della Grecia con la dipartita di due dei suoi damerini.”.
Strinsi i pugni “Perché tanto astio verso Athena? Fu vostra la colpa di quel che accadde con Hades, non avreste dovuto accettare di servirlo.”.
Talia sporse il labbro, in una smorfia imbronciata falsamente infantile “Fu l’Athena del nostro tempo, l’era che voi chiamate del Mito, a mettersi in mezzo e a salvare Eracle dalla giusta collera della mia regina. Inoltre, l’onta di aver perso la battaglia di due secoli fa con degli esseri così infimi come i vostri Silver Saint del passato non può essere lavata via che con una grandiosa vittoria.”.
“Segui il mio consiglio, Talia della Terra,” disse Shaka indossando il proprio elmo “torna da Ippolita e suggeriscile la resa, perché noi non vi permetteremo di nuocere a nessun altro.”.
Ovviamente l’Amazzone aveva scelto di ignorare il saggio consiglio del mio compagno d’armi e con lui aveva ingaggiato un violento combattimento.
Shaka mi aveva mandato via, reclamando l’avversaria per se e suggerendomi di andare ad aiutare Detel del Pavone e Seiya.
Avevo obbedito molto a malincuore, però eravamo nel territorio di Shaka e suoi amici erano i due guardiani caduti sotto la furia delle Amazzoni.
Seiya e Detel erano rimasti dove li avevamo lasciati ed erano impegnati a lottare strenuamente, per difendersi da una fitta selva di rami appuntiti come spade.
In realtà Seiya stava combattendo praticamente da solo, visto che Detel aveva una profonda ferita al fianco. Mi chinai su di lui e tamponai la perdita di sangue con un lembo strappato la mio mantello, poi corsi ad aiutare il valoroso, per quanto confusionario e chiassoso, Bronze Saint di Pegaso.
In capo a poche decine di minuti, non solo avevamo estirpato quelle piante malefiche, ma avevamo sentito un’esplosione che sembrava segnalare la fine dello scontro. Mi caricai Detel in spalla, non fidandomi a lasciarlo da solo, e inseguii Seiya che si stava dirigendo dove avevo lasciato Shaka.
Talia della Terra spuntava quasi a metà da un grosso tronco, che stava rapidamente avanzando lungo il suo corpo. I rami pendevano ormai morti e il fogliame, affilato come quello che avevamo appena affrontato, sembrava immobile.
Un rivolo di sangue le scendeva dalla bocca e dalle tempie, eppure trovò la forza di alzare il capo e sorriderci mestamente “Sembra che anche stavolta io debba andarmene priva della mia vendetta. Ma anche io sono una guerriera e devo riconoscere che è stata una bella battaglia, Saint della Vergine.”.
Shaka annuì in silenzio, rispettando l’avversaria morente. Lei tossì e poi sospirò “Ti ho fatto una promessa durante il nostro combattimento: se tu mi avessi fermata, io avrei risposto a due domande. Falle dunque, prima che il mio tempo scada. Non voglio avere debiti verso di voi.”
“Molto bene. Dicci chi vi ha riportate in vita.”.
Lei scosse il capo “Prevedibile. Non conosciamo quell’uomo, solo la nostra regina l’aveva già visto, ma posso dirti che aveva al collo un glifo a forma di pavone.”.
Un pensiero comune ci attraversò la mente: i devoti ad Hera portavano il simbolo dell’animale prediletto della sposa di Zeus come simbolo.
Era dunque lei il nostro avversario?
Shaka non tradì alcuna emozione, mentre formulava la seconda domanda “Qual è il reale scopo di Ippolita?”.
Talia raddrizzò lievemente il capo, mentre un pallore mortale si diffondeva su quella porzione di volto ancora visibile, al di sotto della corteccia che l’aveva quasi ricoperta del tutto “Sta cercando qualcuno, però non ha mai detto chi. Tutto ciò che sappiamo è che per scovarlo dobbiamo prima eliminare l’ostacolo dei Silver Saint. Dobbiamo…ucciderli tutti.” ansimò.
“Che cosa? Perché?” tuonò Seiya, alzando i pugni.
Lei rise, rantolando per lo sforzo “Due sole domande, Saint. Due sole.”sussurrò, mentre l’albero di cui era divenuta parte iniziava a disgregarsi e a disperdersi come polvere nell’aria del tardo pomeriggio. Il mio cuore era sprofondato nel petto a quelle notizie.
“E scommetto che non hai sentito mezza parola.”.
Sbattei le palpebre, scuotendomi dal mio torpore. Milo, seduto accanto a me, alzò seccato un sopracciglio “Un’eccellente analisi delle possibilità che altri due Silver Saint si facciano vedere è andata sprecata, visto che eri addormentato.”sbottò stizzito.
“Non stavo dormendo!” protestai, segretamente felice tuttavia, che mi avesse distratto da quei ricordi mesti.
“Bè, spero almeno che fosse un bel sogno.”replicò lui, dando segno di non aver udito la mia replica.
*
Anthenos fissò Fulco, pallido ed immobile nel letto dell’infermeria allestita per i partecipanti al torneo “Si riprenderà?”.
Marin annuì con un gesto secco del capo, passando i un asciugamano imbevuto d’acqua fresca sulla fronte del ragazzo steso sulla brandina.
Alla fine il suo controllo non perfetto del Cosmo, unito al braccio fuori uso, avevano fatto sì che l’Armatura dell’Auriga avesse scelto di appartenere all’avversaria del suo allievo.
L'Aquila avrebbe voluto intervenire e bloccare l’incontro, avendone chiaro l'esito dopo pochi minuti, ma aveva promesso al ragazzo che avrebbe deciso lui quando e se fermarsi, cosa che era accaduta solo una volta perso i sensi. Ed ora era lì, pieno di lividi e col braccio ingessato.
Pur delusa essa stessa e sinceramente spiacente, non poteva mostrarsi troppo tenera. Le sconfitte bruciavano, ma andavano superate.
Lei ed Anthenos lo vegliarono fino a che non riprese i sensi e nel vederli chini su di lui sorrise, pur con indubbia fatica “Dubito di avere vinto, se Anthenos ha quella faccia.”.
Il cuore di Marin si riempì di orgoglio per la sua forza d’animo e gli strinse con delicatezza una spalla “Sei stata bravo e la sconfitta vuol dire solo che devi affinarti un po’. C’è ancora un’Armatura in cerca del suo Saint.”.
Il torneo era infatti finito senza che la Silver Cloth del Centauro fosse stata guadagnata da alcuno. Era spiacevole, però a volte poteva capitare.
“Mi spiace di aver fallito, Marin.” disse fissandomi con i grandi occhi color nocciola, adombrati come li aveva visti poche volte.
“Farai meglio alla prossima occasione.”
Fulco era deluso nel profondo, lo capiva, ma aveva una buona tempra e in breve sarebbe tornato ad allenarsi. Si animò tutto d’un tratto “Ehi, amico” disse rivolgendosi ad Anthenos “fammi vedere la tua Cloth!”.
Sapevano che la loro maestra non approvava l’esibizione di un’Armatura come mera vanità, così Marin ne approfittò per una piccola ramanzina supplementare sui doveri e sulla disciplina. Visto che la situazione era sotto controllo e che le cure non gli sarebbero mancate, raccomandò ai due di riposarsi e poi se ne andò. Finse di ignorare il lampo argenteo sprigionatosi da dietro la tenda che fungeva da separè, segno inequivocabile di una Cloth estratta dal suo scrigno.
In fondo, non era così inflessibile come pensavano.
Si diresse verso casa, ansiosa di farsi una doccia calda, ricambiando distrattamente i saluti dei pochi che ancora stazionavano nei pressi dell'arena.
Magari sarebbepotuta andare da Aiolia, dopo cena…, ponderò massaggiandosi il collo.
L’ultima cosa che si aspettava di vedere aprendo la porta di casa era il sopracitato Aiolia, con il grembiule di Marin addosso, che si affaccendava attorno alla sua cucina economica.
“Ciao!” la salutò sorridendo “Come sta il tuo combattente?”
“Malconcio e un po’ ammaccato, dentro e fuori, ma si riprenderà.” ripose lei automaticamente, cercando di soffocare un sorriso divertito. Non avevo mai visto la versione casalinga del Leone, però a sè stessa poteva confessare che le piaceva moltissimo. Posò la maschera sul letto e fissò oltre le sue spalle muscolose.
Seguendo lo sguardo interrogativo della donna, il Leone indicò le pentole sul fuoco “Puoi non credermi, ma è tutto cibo commestibile. Zuppa di funghi e bistecche ai peperoni. Confesso che so cucinare bene solo questo!” sorrise “Ho pensato che saresti stata piuttosto stanca e così ti ho preparato la cena.”.
Vedendo che rimaneva in silenzio, si grattò la base della nuca con aria vagamente impacciata “Credevo avessimo fatto pace, oggi pomeriggio…non volevo certo invadere il campo.”.
Marin si avvicinò e intrecciò le dita con le sue “Questo è il gesto più carino che qualcuno abbia fatto per me da molto tempo. Grazie!”.
Lui rispose al suo sorriso. Più tardi, mentre eravano seduti a tavola, chissà perché gli parlò di una cosa che la sua zuppa leaveva ricordato.
“All’orfanotrofio dove sono stata cresciuta la cuoca, la signora Hineda, ci propinava una zuppa diversa ogni fine settimana.” raccontò la donna assorta, portando il cucchiaio alle labbra “Però la tua è decisamente migliore!”.
“È la prima volta che mi parli della tua infanzia.” osservò Aiolia, prendendo un pezzo di pane “Conosco un bel po’ del tuo passato qui, ma non mi hai raccontato del periodo trascorso in Giappone.”.
Era vero, riflettè Marin, forse perché era un periodo così remoto da somigliare più ad un vago sogno che ad una serie ordinata di ricordi.
“Non c’è molto da dire” relicò “mi hanno raccontato che sono stata trovata in fasce davanti alla porta di un orfanotrofio di Tokyo, però questo già lo sai. Le suore che lo gestivano ci hanno sempre trattati bene, erano molto gentili e anche con gli altri bambini non stavo male. Mi ricordo che ognuno di noi aveva un pezzetto dell’orto da poter coltivare.”
“Tu cosa coltivavi?” chiese lui con un mezzo sorriso. Alla sacerdotessa sfuggì una smorfia “Il mio pollice verde è inesistente, ma prima di ammetterlo ho piantato gerbere, fagiolini e insalata. Non è mai spuntato nulla che sia durato più di mezza giornata!” ridacchiò.
Lui inclinò il capo “Cosa ti piaceva fare da bambina? Quando sei arrivata al Santuario ti ho vista sempre e solo allentarti.”
“Bè, non amavo granchè le bambole, però mi divertivo con i puzzle e gli album da colorare.”.
Marin posò il mento su una mano, lo sguardo lontano da quel tavolo, quando era una bambina che ignorava completamente dei, guerre e via discorrendo “Per Natale facevamo una recita ed io finivo a fare la pecora. Non ridere!” lo ammonì scherzosamente, mentre lui si mordeva le labbra per non sghignazzare. “A volte ci portavano a fare una gita in campagna e ci ingozzavamo di panini e tortine.” Lo fissò negli occhi “Ho dei bei ricordi anche se non li rievoco spesso, ma a volte mi chiedo com’è avere una famiglia propria. Un padre, una madre, qualcuno che ti prepari lo zaino e ti sgridi se non fai i compiti.”.
Ci sorridemmo. Lui inarcò un sopracciglio “Aiolos si divertiva a farmi i dispetti quando mi allenavo.” rivelò.
“Cosa?”
“Sì, mi faceva il solletico a tradimento, sosteneva che così sviluppavo i riflessi. In realtà, gli piaceva solo vedere quanto riuscivo a resistere prima di scoppiare a ridere!”.
Prendendole una mano proseguì “Anche io ho dei bei ricordi e sono felice di poterli rivivere. Sono sicura che gli saresti piaciuta.”.
Marin si emozionò suo malgrado a quelle parole così cariche di sentimento. I Saint erano sempre proiettati nel presente, senza pensare troppo al futuro, ma a volte finivano per dimenticare anche il passato. Molti avevano dei trascorsi terribili e chi vantava più lieti ricordi trovavo spesso più facile andare avanti in quella dura realtà senza voltarsi indietro. Nessun ricordo, nessun rimpianto. Concedersi di ricordare quello che era stato era un lusso inaspettato e Marin fu felice di poterlo condividere con la persona che amava più di chiunque altra al mondo.

 
 
 
 
cloudofstars : sono davvero molto felice che gli ultimi due capitoli ti siano piaciuti e che Athena in versione “umana” ti abbia divertita!
Kira_Lira: Thanks a lot for sharing your opinions! I’m so glad that you like my little fanfiction!
 
  
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