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Autore: parolepensate    27/12/2012    0 recensioni
Diario di una ragazza, Guendalina, atelofobica, ovvero che non si sente mai abbastanza per nessuno, inadeguata in qualsiasi situazione, imperfetta; soprannominata dal suo migliore, nonché unico amico "la ragazza senzatetto", è sempre alla ricerca di un riparo da tutti i litigi con suoi genitori, gli scherni e le crudeltà dei suoi compagni di classe e i pensieri che le si affollano nella mente non lasciandole il tempo di porre un ordine logico e facendola cadere nello scompiglio.
Un evento drammatico, la morte del suo unico amico, la porterà a riflettere sul senso della vita e ad aprirsi di più al mondo, lasciando entrare più persone nel suo cuore e facendo rimanere tutti senza fiato con la sua stravaganza e forza di spirito e affrontando, dopo molti anni di silenziosa sofferenza, i suoi genitori.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Caro Diario,
altre lacrime sono state versate, oggi, fra le braccia di Federico.
Ancora mi bruciano gli occhi.
A scuola, come al solito, Gino e la sua banda mi hanno perseguitata.
Stavolta è successo dietro la mia amatissima quercia, quella di fronte alla finestra della silenziosa e polverosa biblioteca della scuola.
Mi stavo rifugiando lì per finire di leggere l’ultimo capitolo del libro che ho trovato l’altro giorno in uno dei nascosti scaffali dell’immensa e sacra libreria di mio padre e per attendere Federico che, come sempre, sapevo sarebbe arrivato all’ultimo momento con l’usuale scusa “c’era fila alle macchinette”; ma io so che è colpa di quella Silvia di 4I.
Non so cosa ci trovi di bello in lei; è bassa, magra come uno stecco. I capelli sono ricci e secchi ed è piena di orribili lentiggini. Ha una voce stridula che non mi piace per niente.  
Lui se ne rimane lì, di fianco alla porta della sua classe e la osserva.
L’ho visto più volte ritto contro il muro, in preda a traballante agitazione, intento a saziarsi di ogni suo sguardo, mangiandola come fosse una di quelle merendine al cioccolato di cui va matto.
Spesso gli ho domandato perché non andasse lì a parlarle, ma lui ha costantemente liquidato il discorso con la ridondante frase “credi che risponderebbe ad un umile ciao, una nobile ragazza come lei?”.
 
Posizionatami comodamente ai piedi dell’albero, con la schiena appoggiata al tronco, e aperto il libro, non ho fatto neanche in tempo a leggere le prime due parole, che una voce, a me fin troppo conosciuta, ha pronunciato il mio nome.
Guendalina, che lieta sorpresa trovarti qui, tutta sola. Dov’è il tuo amichetto? Dall’ultima lezione ha forse compreso che contro di noi non può nulla ed è andato a rifugiarsi dalla mamma?
Gino e i suoi fido… ehm, scusa, fidati compagni.
Ho richiuso il libro e, mentre con la coda dell’occhio cercavo una via d’uscita, la mia mente formulava una qualche risposta da dargli.
Purtroppo non avevo modo di darmela a gambe e il mio cervello, dopo la noiosa lezione di storia, arrancava.
Il gatto ti ha mangiato la lingua? Ha masticato fra i denti uno del gruppetto.
Ed ecco tutti gli altri a ridere, come beoti imbecilli.
Ma io non possiedo gatti e benché ciò non c’entrasse molto, i miei pensieri sono volati all’idea di averne uno ed ho immaginato come sarebbe stato, che nome avrei potuto dargli e se avrebbe mai potuto realmente mangiarmi la lingua.
Tutto ciò mi ha distratto dal gruppetto, ma la terrificante frase di Gino ragazzi, prendetela! mi ha riportato bruscamente alla realtà.
Ho tentato di urlare un disperato “aiuto!”, ma le parole sembravano non voler uscire dalla mia gola, come pietrificate dalla paura.
Mi hanno slacciato la cintura e l’hanno usata contro di me come frusta, lacerandomi la schiena. Ma, non ancora del tutto soddisfatti, mi hanno sfilato i pantaloni e, mentre i compagni di Gino tentavano di tenermi ferma a terra, lui metteva le mani sulle mie mutande.
Ma la campanella mi ha “salvata”.
Così mi sono ritrovata legata su uno dei rami della quercia, con la maglia squarciata, senza pantaloni, con le mutande mezze strappate e scalza (sì, si sono portati via le mie scarpe).
 
 
Federico è arrivato poco più tardi.
All’inizio non mi ha notata, ma, dopo aver tentato di attirare la sua attenzione emettendo strozzati gridolini, si è accorto di me.
Mi ha tirata giù ed io sono scoppiata a piangere.
 
Mi ha accompagnata in vicepresidenza, dove non ho avuto il coraggio di raccontare l’accaduto, visto lo stato di shock in cui mi trovavo.
Così mi hanno spedita a casa.
 
Che giornata di merda.
 
Di pomeriggio è poi arrivato Federico che ha tentato di consolarmi, ma la verità è che, per quanto lui possa essere fantastico, divertente e premuroso, è difficile riprendersi da un tale avvenimento.
Mi ha consigliato di narrare la vicenda ai miei genitori e di convincere loro ad andare a parlare con i genitori di Gino&co.  
Ma la verità è che, se anche esponessi loro tutto, non farebbero altro che alzare le spalle e chiudere il discorso con una frase come “la prossima volta presta più attenzione”, perciò non credo proverò neanche a farne parola con loro.
A Federico ho promesso, per non farlo stare in pensiero, che avrei tentato di dire loro qualcosa.
Una volta rientrata mia madre, se ne è andato.
 
Non credo tornerò più dalla mia quercia.
 
   
 
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