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Autore: CaiusJ    27/12/2012    3 recensioni
Sette anni dopo la sua morte, il suo ricordo non è mai cessato. A raccontarlo è l'unico ragazzo che mai gli sia stato vicino, Jake Carter. Da un trauma della gioventù, alla storia di una grande amicizia che legherà per sempre Jake al suo maestro...
Joker
Genere: Azione, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Violenza
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Prologo
 
 
Dal diario di Jake Carter.
 
 
 
Gotham City, 24 dicembre 2017 ore 20:32.
 
 
 
 
 
Quella sera la città sembrava un gigantesco formicaio illuminato. Credo fosse normale, in fondo era la vigilia di Natale. Ah il Natale…che magnifico periodo, tutti sono più gentili, si respira aria di festa; poi ci sono i regali, le cene, come non parlare dell'immancabile celebrazione in chiesa?
Tutto questo era fantastico, se non fosse stato che io ho sempre odiato il Natale, ma questa è un'altra storia. Tornando a noi, quella sera stranamente mi trovavo a camminare per le trafficate strade di Gotham City, con la testa bassa e un passo molto spedito; alle persone che, pur non conoscendomi, mi rivolgevano gli auguri, io rispondevo con uno sguardo vuoto, carico di quella tristezza che si era accumulata negli anni. Quel giorno era il settimo anniversario dalla morte del mio più grande maestro ed io ero stato invitato a Channel 3 proprio per parlare di lui. Una tortura.
Svoltai in un vicolo buio e stretto per evitare gli sguardi della gente, la loro felicità mi metteva a disagio. Ripercorsi brevemente nella mia testa quanto avrei dovuto dire ai giornalisti e mi accorsi che la storia era veramente lunga e ricca di avventure, di fatti e di eventi che erano rimasti sepolti dentro i miei ricordi e che stavano per riprendere vita.
Lo studio televisivo era dall'altra parte della città rispetto al mio appartamento ed era ormai quasi un'ora che camminavo, arrivai quasi a pensare di essermi pentito di non aver preso la Metro. Sbuffai e mi sfilai i guanti di pelle nera per sistemarmi i capelli: avevo caldo anche se la temperatura era a dir poco polare; osservai con occhi incantati le particelle della nuvola di vapore che si era formata dalla mia bocca fino a quando non si dissolse nell'aria.
Mi sorpresi a sorridere di fronte ad un ladruncolo di strada che rubava ad una delle innumerevoli bancarelle che costeggiavano il marciapiede per tutta la via principale di Gotham City. 
Sorridere, sì. Ormai non mi capitava più molto spesso, anzi quasi mai; ma per la seconda volta sorrisi a distanza di pochi minuti nel vedere un uomo distrutto e deluso dalla sua vita che si stava per buttare da un grattacielo. Oh avrei potuto chiamare la polizia, certo, ma per cosa? Per prolungargli le sofferenze e dover perdere tempo con inutili scartoffie burocratiche? No di certo. 
I grattacieli erano l'unica cosa che realmente mi piacesse della mia squallida città. I loro lunghi profili si innalzavano per molti e molti piani; al mattino, al sorgere del sole, si creava un meraviglioso gioco di luce-ombre che era uno spettacolo mozzafiato.
Mentre fantasticavo su quei capolavori architettonici, ricordai il vero motivo per cui ero uscito. L'intervista. 
Finalmente, dopo quell'interminabile camminata, giunsi a destinazione: la sede di Channel 3, il grattacielo più alto della città. 
Dovete sapere che Channel 3 era la più famosa rete televisiva di Gotham City; in ognuno dei 117 piani del grattacielo era presente uno studio per ogni diversa trasmissione. Ovviamente l'ordine dei piani non era casuale, ma si trattava di una perfetta scala gerarchica; al primo piano si trovava l'ingresso con annessa reception, a seguire più si saliva, maggiore era l'importanza della trasmissione, fino ad arrivare all'ultimo piano, sede del direttore e studio della sua trasmissione, la più vista della città: Gotham Stories.
Varcai la soglia e subito venni accolto come un ospite illustre: mi presero il cappotto e mi scortarono fino all'ascensore, ma non prima di avermi offerto del caffè e ogni tipo di dolce natalizio che la vostra mente possa immaginare.
Il viaggio verso l'ultimo piano durò meno del previsto, gli ascensori erano diventati più veloci di quanto mi ricordassi.
Una volta giunto in cima, mi accompagnarono in un camerino e mi diedero tutto quello che mi sarebbe potuto servire durante il mio intervento: un blocco di fogli, una bellissima penna stilografica (che ancora oggi conservo) e un biglietto con scritta la password per sbloccare il proiettore dello studio, per proiettare le diapositive che avevo portato con me.
Ero molto nervoso, non perché sapevo che avrei parlato di fronte a milioni di telespettatori, ma perché avevo paura di non rendere giustizia alla figura del mio maestro.
Dopo qualche minuto mi vennero a chiamare e fui invitato a sedermi su una poltrona imbottita che stava nella parte sinistra dello studio.
Appena mi fui seduto, fece il suo ingresso nello studio uno degli uomini più ricchi e conosciuti di tutta la città: Larry Hempton.
Larry era un uomo sui cinquanta, di corporatura medio- grossa che ricordava il suo passato da giocatore di football; aveva i capelli neri e due occhi color smeraldo che mandavano fuori di testa qualunque donna di mezza età nel raggio di un chilometro. Era vestito con il suo immancabile completo nero da sera, uno smoking di  tessuto pregiato,  fatto su misura dai migliori sarti italiani. Sopra la camicia pendeva una bellissima cravatta rossa; dalla mancia sinistra si intravedeva un costoso orologio svizzero. Qualunque cosa nella sua figura incuteva rispetto e ammirazione; persino io in un primo momento mi sentii fuori luogo per il mio abbigliamento di fronte a lui, con i miei pantaloni di velluto marrone e una di quelle giacche, sempre marrone, con le toppe più scure sui gomiti.
La diretta stava per cominciare, dopo gli ultimi preparativi e controlli tecnici, Larry esordì con il suo solito:
-Buonasera Gotham City! Questa sera per Gotham Stories è qui con noi un ospite molto speciale, lui è… No, lasciamo che si presenti lui e che ci dica il motivo per cui è qui-. 
Larry mi guardò e io cercai di sembrare il più naturale possibile:
-Salve Larry, innanzitutto grazie per avermi invitato. Sono passati ormai sette anni dalla sua morte e io sono veramente onorato di poterne parlare. Lo ricordiamo in modo molto diverso, voi come il più grande genio criminale di tutti i tempi, io come un grande uomo leale nei miei confronti-.
Ricordo ancora l'espressione delle persone presenti nello studio quando si accorsero della luce che c'era nei miei occhi; un brivido di terrore e di stupore li colse di sorpresa quasi quanto le mie parole.
-Ebbene sì- continuai - questa sera sono qui per parlarvi dell'uomo che ha cambiato la mia vita, il suo vero nome non lo conosco (mentivo) ma nel tempo ne ha avuti molti, Mr. Kard, Jack White... Joseph Kerr, o come lo conoscete tutti,
Joker-.
 
  
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